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L’incredibile vicenda di Baye Lahat. Storie di un paese incivile.

di Marco Rovelli

(Ho rintracciato questa vicenda in rete. Per adesso non è ancora uscita dal perimetro sardo. Grazie alla rete lo sta facendo. Ne ho scritto oggi sull’Unità, facciamo che diventi un caso nazionale.)

Baye, in senegalese, significa padre: non ha un senso religioso, ma indica una persona rispettata, considerata saggia dai suoi conoscenti. Abdou Lahat Diop è chiamato Baye: ha trent’anni, sta in Italia da cinque. Abita in provincia di Oristano. O meglio, abitava. Fino al 16 dicembre. Quel giorno si appartò a pregare, lungo una strada isolata. Baye appartiene alla confraternita dei murid, il ramo sufi dell’Islam senegalese, più in particolare è un baay fall (soldato murid), che ha consacrato la sua vita a Dio. Era arrivato a uno stato estatico di unione mistica, con pratiche ascetiche di autoinduzione del dolore mediante un bastone. In quel momento è passata una pattuglia delle forze dell’ordine, che lo hanno interrotto, chiedendogli le generalità. Non sappiamo com’è andata, a quel punto, sappiamo solo che è stato immobilizzato e arrestato per resistenza a pubblico ufficiale e rifiuto di fornire le proprie generalità. Il giorno successivo c’è il rito direttissimo, e il giudice ordina una perizia psichiatrica.

Che lo giudica “incapace di intendere e di volere” e “socialmente pericoloso”. Il 9 gennaio ne viene ordinato l’internamento in un Ospedale psichiatrico giudiziario (Opg). Ecco, il modo più sbrigativo per togliersi di torno problemi fastidiosi. Basta una semplice perizia frettolosa, senza nessuna garanzia per l’osservato, come questa perizia che dal Comitato per l’abolizione degli Opg definiscono “ingiusta e piena di contraddizioni”, per internare qualcuno in un luogo che continua a essere un vero e proprio manicomio. Non si può dire nemmeno che si tratti di un manicomio “criminale”, perché il concetto di “pericolosità sociale” non implica aver commesso un reato. Abdou, se ha commesso un reato, può essere stato quello di resistenza a pubblico ufficiale. E’ per quello, eventualmente, che dovrebbe essere giudicato. Invece è finito in un girone infernale, scontando un regime di doppia segregazione: perché “folle” e perché “nero”. E’ il suo essere incomprensibile allo sguardo che l’ha giudicato ad averne fatto un “matto” da internare (disse Franco Basaglia: “Il manicomio ha la sua ragione d’essere nel fatto che fa diventare razionale l’irrazionale”). E quell’incomprensibilità è dovuta a una differenza culturale che nessuno, né il giudice, né il perito psichiatrico (non risulta ci fossero nemmeno un interprete né un mediatore culturale), ha sentito il dovere di prendere in considerazione. Abdou è stato “sovrascritto” da una sentenza, che ne ha ordinato la chiusura nell’Opg di Aversa. E gli Opg sono un vero e proprio orrore, ormai lo sappiamo. Quantomeno lo dovremmo tutti sapere, almeno dopo le conclusioni della commissione d’inchiesta parlamentare, presieduta da Ignazio Marino (e approvate all’unanimità), e fatte conoscere al pubblico da una puntata di Presa Diretta. Se non l’avete vista, guardatelo e inorridite: per esempio sul sito del Comitato. Che adesso si sta impegnando, come dicevo, nella campagna per la liberazione di Abdou: la sentenza del magistrato è fuori della legalità, secondo il comitato, perché non ha rispettato le sentenze della corte costituzionale che privilegiano l’accoglienza, la cura e l’accesso alle misure alternative. E questo accade troppo spesso. Lo stesso presidente della repubblica ha detto che questa è una situazione intollerabile, e che occorre restituire alla libertà e ai percorsi individualizzati di cura molte persone chiuse lì dentro per nessun motivo. Tocca al governo, dice il comitato, farsi carico della soluzione di questo orrendo problema. E tocca a noi non girarci dall’altra parte.

(pubblicato su l’Unità, 14/1/2011)

 

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12 Commenti

  1. una drammatica storia di ordinaria ingiustizia; poi i sufi sono di cultura nonviolenta. Purtroppo il mondo della psichiatria in Italia ha fatto grandi passi indietro.

  2. ma qualcosa in più da fare per la liberazione di Abdou?…che so, qualcuno può andargli a fargli visita oppure un interessamento legale da parte dei canali diplomatici senegalesi?…non è normale che si venga rinchiusa sine die, senza garanzie…che Paese siamo diventati…

    • Il comitato stop opg sta lavorando. Hanno chiesto una controperizia e un riesame. Vediamo. Noi possiamo solo tenere l’attenzione alta sul caso, per il momento.
      (e comunque è purtroppo “normale” che si venga rinchiusi sine die, senza garanzie: è normale negli Opg così come nei Cie…)

  3. Il comitato sardo stop opg ha predisposto un appello da inviare al Capo dello Stato.
    Questo è il testo:

    Oggetto: Appello per Abdou Lahat Diop

    Gentile Presidente,

    ci rivolgiamo a Lei affinché intervenga sulla vicenda di Abdou Lahat Diop, un ragazzo senegalese di 30 anni che vive in Sardegna. Il giorno 16 dicembre 2011, Abdou, pregava di primo mattino in una strada fuori dal centro abitato, nella zona di Abbasanta/Ghilarza. E’ stato avvicinato da un maresciallo dei carabinieri preoccupato che non avesse bisogno di aiuto; alla risposta negativa di Abdou, che evidentemente voleva continuare a pregare, e alle insistenze del maresciallo, la situazione è degenerata, tanto da richiedere l’intervento delle forze dell’ordine. Questo fatto si è concluso con l’arresto di Abdou per resistenza, violenza e minaccia a pubblico ufficiale. La perizia psichiatrica richiesta dal tribunale, formulata da un perito che non conosceva l’imputato, si è conclusa con una dichiarazione di incapacità di intendere e di volere e la dichiarata pericolosità sociale (senza peraltro spiegarne le ragioni). Attualmente Abdou si trova ristretto nel Carcere di Oristano in attesa di essere trasferito all’Ospedale Psichiatrico Giudiziario di Aversa. Il nostro Comitato si è mobilitato in questi giorni su richiesta di alcuni familiari di Abdu, nominando immediatamente un difensore di fiducia e un perito per una urgente contro perizia.

    Precisiamo che Abdu non risulta essere mai stato in cura per patologie psichiatriche e non ci risulta che il servizio territoriale di salute mentale abbia assunto una presa in carico, né che sia stato in qualche modo attivato dal 118. Inoltre parrebbe che non gli sia stato garantito in tutte le fasi del fermo, del successivo processo, del trasferimento in carcere e durante la perizia, un interprete e un mediatore culturale. In questa vicenda ci sono ancora dei punti che devono essere chiariti, ma riteniamo che ad Abdou debba essere data la possibilità di difendersi dalle accuse che le vengono mosse e (nella eventualità che sia accertata la presenza di un disturbo mentale) la possibilità di essere curato adeguatamente e di effettuare un percorso di ripresa circondato dalle persone a lui care, nel suo territorio. Lei Signor Presidente ha assunto una posizione ben chiara definendo gli Ospedali Psichiatrici Giudiziari luoghi di orrore, noi da tempo ci battiamo affinchè questi luoghi di orrore cessino di esistere e condividiamo il lavoro fatto dalla Commissione Parlamentare di inchiesta sugli O.P.G.

    Ci rimettiamo alle iniziative che Ella vorrà assumere in difesa dei Principi Costituzionali che riteniamo siano stati violati.

    Cordialmente.

    Il Portavoce del Comitato Sardo Stop Opg
    Roberto Loddo

    L’appello va inoltrato attraverso questo indirizzo:
    https://servizi.quirinale.it/webmail/

  4. Ringrazio Marco di aver segnalato questo caso, e il gruppo di stopopgs sardo per il lavoro che stanno facendo. Siamo un paese allucinante. Della riforma Basaglia, e di internamenti violenti e ingiustificati nei confronti di un innocuo “diverso”. Eppure ci sono realtà anche molto belle. Recentemente ne ho conosciuta una a Livorno. Guardate che fanno: http://pac180.blogspot.com/

  5. Grazie per questo pezzo, Marco. Certe cose mi stanno particolarmente a cuore, lo sai.Il documentario l’avevo visto a Presa Diretta, straziante, osceno come pochi. L’oscenità che sta “fuori dalla scena”, nel retro, indicibile. Perciò bene che certe notizie circolino. ( e dunque, come dire: meno commentatori “seminatori d’odio” e più commentatori “seminatori di circolarità”, perché in effetti la crescita esponenziale di commenti all’altro post e il silenzio per questo è particolarmente fastidiosa).

  6. Possiamo quindi inviare la mail al Quirinale ricopiando l’appello del Comitato Sardo Stop Opg e sottofirmandolo o come o cosa?

    Scusate la domanda da ingessato, ma non vorrei far scattare una operazione “ammuina” fuori luogo.

    Un saluto,
    Coda

  7. Gli opg sono strutture da chiudere immediatamente, io visitai quello di Montelupo Fiorentino e ne rimasi molto colpita.
    Soltanto un’osservazione , negli opg non ci sono soltanto “diversi” innocui ma anche persone responsabili di gravissimi atti.
    Questo ovviamente non cambia nulla, ma lo dico per conoscenza.
    Maria M.

  8. Abdou è libero.

    Cagliari, Mercoledì 18 gennaio 2012

    Comunicato Stampa
    oggetto: Abdou Lahat Diop è un uomo libero. Risultato importante per il comitato sardo “stop Opg”, che continua la campagna per l’abolizione degli Ospedali Psichiatrici Giudiziari.

    Da oggi Abdou Lahat Diop può sentirsi nuovamente un uomo libero. Il giudice del tribunale di Oristano ha pronunciato una sentenza di assoluzione perché al momento del fatto Abdou non risultava in grado di intendere e di volere. Ora Abdou Lahat è un cittadino libero a tutti gli effetti. Nei prossimi giorni tutte le organizzazioni aderenti al comitato metteranno in campo iniziative di raccolta fondi per sostenere le spese legali e organizzative.

    L’avvocato Dario Sarigu, legale di Abdou, durante l’udienza ha presentato la richiesta di disponibilità ad accogliere temporaneamente Abdou Lahat Diop presso la struttura residenziale del centro sardo di solidarietà – associazione “l’Aquilone” di Cagliari. Il presidente dell’associazione “L’Aquilone” Don Carlo Follesa, sensibile alle istanze del comitato, in presenza dei rappresentanti del comitato sardo “Stop Opg” Gisella Trincas e Roberto Loddo, ha sottoscritto il documento di disponibilità all’accoglienza temporanea di Abdou per tutto il periodo della libertà vigilata senza prescrizioni. Ringraziamo del sostegno la comunità senegalese, tutte le organizzazioni e i liberi cittadini sensibili al rispetto dei diritti civili che hanno sostenuto le iniziative di mobilitazione. Cosi come ci siamo mobilitati per Abdou Lahat, chiediamo che rimanga altissima la vigilanza e la segnalazione di casi simili perché fino a quando non chiuderanno definitivamente gli Opg, nessun cittadino deve essere più internato.

    Invitiamo tutti a continuare con noi questa battaglia di legalità, Il 26 Gennaio saremo a Roma alla riunione del comitato nazionale per avviare la campagna nazionale “Un Volto, Un Nome”, perché sono ancora 35 i cittadini sardi ancora internati negli OPG della penisola. Un orrore che deve essere cancellato definitivamente dal Governo e dal Parlamento. Per questo motivo, come comitato sardo “Stop Opg” chiediamo che la Regione Sardegna, insieme alle Asl e i Dipartimenti di Salute Mentale, si mobilitino per assistere e curare i nostri cittadini sardi internati, nei propri luoghi di residenza. Vogliamo evitare che il loro ritorno avvenga attraverso la costruzione di “piccoli manicomi” mascherati da strutture terapeutiche. Vogliamo che la loro accoglienza sia connessa alla reale attivazione di progetti e percorsi individuali di recupero e reinserimento sociale.

    Cordiali Saluti
    La segreteria organizzativa del comitato sardo “Stop Opg”
    Gisella Trincas
    Roberto Loddo

    stopopgsardegna@gmail.com
    3316164008
    http://stopopgsardegna.com/

  9. Consolante notizia.

    Resta anche aperto l’interrogativo: se degli agenti incontrano un uomo che per motivi non immediatamente comprensibili – l’ascesi mistica non credo sia tra le pratiche quotidiane in provincia di Oristano – è alle prese con l’autoinduzione del dolore con un bastone, cos’altro dovrebbero fare, se non intervenire?

    Quando la soluzione del mettere al chiuso chiunque non rientri nella nostra “norma” sarà del tutto riconosciuta come indegna, sarà comunque un bel passo in avanti per tutti.

    Un saluto,
    Antonio Coda

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Marco Rovelli nasce nel 1969 a Massa. Scrive e canta. Come scrittore, dopo il libro di poesie Corpo esposto, pubblicato nel 2004, ha pubblicato Lager italiani, un "reportage narrativo" interamente dedicato ai centri di permanenza temporanea (CPT), raccontati attraverso le storie di coloro che vi sono stati reclusi e analizzati dal punto di vista politico e filosofico. Nel 2008 ha pubblicato Lavorare uccide, un nuovo reportage narrativo dedicato ad un'analisi critica del fenomeno delle morti sul lavoro in Italia. Nel 2009 ha pubblicato Servi, il racconto di un viaggio nei luoghi e nelle storie dei clandestini al lavoro. Sempre nel 2009 ha pubblicato il secondo libro di poesie, L'inappartenenza. Suoi racconti e reportage sono apparsi su diverse riviste, tra cui Nuovi Argomenti. Collabora con il manifesto e l'Unità, sulla quale tiene una rubrica settimanale. Fa parte della redazione della rivista online Nazione Indiana. Collabora con Transeuropa Edizioni, per cui cura la collana "Margini a fuoco" insieme a Marco Revelli. Come musicista, dopo l'esperienza col gruppo degli Swan Crash, dal 2001 al 2006 fa parte (come cantante e autore di canzoni) dei Les Anarchistes, gruppo vincitore, fra le altre cose, del premio Ciampi 2002 per il miglior album d'esordio, gruppo che spesso ha rivisitato antichi canti della tradizione anarchica e popolare italiana. Nel 2007 ha lasciato il vecchio gruppo e ha iniziato un percorso come solista. Nel 2009 ha pubblicato il primo cd, libertAria, nel quale ci sono canzoni scritte insieme a Erri De Luca, Maurizio Maggiani e Wu Ming 2, e al quale hanno collaborato Yo Yo Mundi e Daniele Sepe. A Rovelli è stato assegnato il Premio Fuori dal controllo 2009 nell'ambito del Meeting Etichette Indipendenti. In campo teatrale, dal libro Servi Marco Rovelli ha tratto, nel 2009, un omonimo "racconto teatrale e musicale" che lo ha visto in scena insieme a Mohamed Ba, per la regia di Renato Sarti del Teatro della Cooperativa. Nel 2011 ha scritto un nuovo racconto teatrale e musicale, Homo Migrans, diretto ancora da Renato Sarti: in scena, insieme a Rovelli, Moni Ovadia, Mohamed Ba, il maestro di fisarmonica cromatica rom serbo Jovica Jovic e Camilla Barone.
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