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Monsieur de Sainte Colombe [1640 ca. – 1700 ca.]
Tombeau des regrets: Les pleurs
[ per due viole, Jordi Savall, Bass Viol – Christophe Coin, Bass Viol ]

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21 Commenti

  1. impressionante orsola.
    bellissimo anche, in qualche senso.
    senso, in tutti i significati, dialettali e dialettici.

  2. Visto che l’indignazione è aria fritta, che non impedirà i progetti attuali e prossimi venturi delle compagnie petrolifere, potrebbero fare un bel riempimento, lì nel Golfo del Messico, magari con scorie tossiche e radiattive, poi asfaltarlo (ché il bitume, oramai, non gli manca) e farci sopra una bellissima disneyland, tutto coi soldi della bp, naturalmente, che non vede l’ora di farsi perdonare

  3. Spettacolo affascinante.
    L’indignazione non capisco bene da dove dovrebbe avere origine.
    Non si può starsene comodamente adagiati in una società tecnologica affamata di energia e indignarsi perché accadono incidenti di questo genere.
    Si può parlare di fonti di energia alternativa quanto si vuole, ma il petrolio ancora ci serve e ci servirà per molto tempo.
    Serve a tutti, voglio dire, inutile far finta che si tratti di roba che si produce per far fare soldi ai «cattivi» del mondo.
    Si chiama capitalismo globale e ancora non è finito, anzi, comincia adesso.
    E non è che il socialismo reale fosse da meno in fatto di distruzione dell’ambiente, anzi.
    Il prezzo per la tecnologia avanzata di cui godiamo è la distruzione della forma attuale del pianeta Terra.
    Ci si avvia verso una prima forma post-naturale, un primo stadio di artificializzazione globale in cui la così detta «natura» sarà ridotta a citazione di se stessa, in reperti ristretti e musealizzati.
    È un procedimento molto lungo, che è iniziato più o meno diecimila anni prima dell’era cristiana, col passaggio dallo stato di cacciatori-raccoglitori allo stato di agricoltori.
    Nessuno che sia dotato di un minimo lucidità può davvero chiamarsene fuori.
    La tecnologia è un pacchetto globale, è fonte di immensi profitti, di immensi benefici, di immensi rischi: si può prendere, ma non si può lasciare.
    Mi si passi il tono oracolare.
    Amen.

  4. francesco pecoraro, la “tecnologia” non è neutra, non è il fardello dell’uomo bianco né va per volontà divina tutta nella stessa direzione
    dipende da chi la gestisce e la sviluppa, da quali sono i suoi scopi, a quali interessi viene asservita, ecc.
    io trovo ancora una differenza qualificante tra, poniamo, la tecnologia che applica a un carro armato o a un aereo l’ultimo modello di puntamento per uccidere meglio più persone e quella con cui si costruiscono pannelli solari o pale eoliche
    quanto al profitto, se ne fa con entrambi gli esempi, ma c’è grande differenza

  5. @robugliani
    “dipende da chi la gestisce e la sviluppa, da quali sono i suoi scopi, a quali interessi viene asservita, ecc”.
    non credo che esistano reali gestioni “alternative” della tecnologia a questi livelli, vista l’entità degli investimenti in ballo, né penso che il solare e l’eolico siano una soluzione realmente alternativa al petrolio, per ora: la logica dell’uso capitalistico della tecnologia è quella di realizzare il massimo del profitto per poi buttare via tutto quando non rende più.

  6. mah… a parte che per il petrolio pare si sia vicini all’esaurimento e trovare un’alternativa non è l’utopia di pochi sognatori, ma una necessità globale, direi che dal passaggio dallo stato di cacciatori-raccoglitori allo stato di agricoltori ci sia stata una certa inquietante e incontrollata accelerazione del processo di artificializzazione e non vorrei che il pessimismo cosmico diventasse una forma di disimpegno e di rinuncia a salvare il salvabile e a promuovere nuove teconologie pulite, o una sub specie dell’indifferenza alle tematiche ambientali, una sorta di rassegnazione che ci porterà a beccarci di nuovo centrali nucleari sul patrio suolo fra non molto. Passa quasi sotto silenzio la condanna a due anni delle maestranze indiane, identificate come uniche responsabili della catastrofe di Bhopal, o la necessita della costruzione di un nuovo sarcofago di cemento che ricopra l’attuale in decadimento sopra il reattore nucleare Chernobyl, le cui emissioni, invisibili e silenziose e certo meno fascinose della nuvola nera acherontica subacquea del golfo del Messico, ci mettono pochissimo a diffondersi e con conseguenze ben peggiori e persistenti.
    Se esistono le tecnologie, più esse si evolvono, maggiore deve essere possibile (ed è possibile, uscendo di poco dalla logica del profitto selvaggio) il controllo dei loro effetti.
    Utopia per utopia io credo che sul nucleare in Italia possa anche rinascere un grande movimento trasversale di opposizione dal basso.
    Chissà… chi si occupa di cultura e di informazione forse avrà una grande occasione di riscattare un certa visione ombelicale…
    ,\\’

  7. nessuna rassegnazione ursula.
    a me davvero interessa il post naturale.
    nel quale siamo immersi ormai da molto tempo, anche se facciamo finta di no, cioè facciamo finta che la così detta “natura” esista ancora, se mai è esistita.
    aggiungo che la natura siamo noi, che la macchia de petrolio è natura, così come è natura un missile saturno o un caccia f15.
    nel senso che non esiste niente fuori della natura.
    nel senso che modificazione, anche radicale non significa uscita dalla natura, ma natura diversa.
    il fito-plancton, o i batteri, o i lombrichi, hanno modificato il mondo in modo assai più radicale di quanto non abbiamo fatto noi, finora.

  8. [ con la OO di Otranto… ci tengo… diamine… ]

    La macchia di petrolio sarà natura ma la Guardia Costiera Usa ieri ha dato alla BP un ultimatum di 48 ore per fermarla. Non si sa poi cosa succederà. Per una fuoriuscita di foglioline di tè rovesciate in mare, in altro golfo, a fine ‘700 America e Gran Bretagna facevano la guerra… altri tempi: oggi siamo nel post-qualsiasi-cosa… certo tutto è post di qualcosa… dal post-naturale al post-moderno, dai post-fascisti al post-sovietico, però io farei di tutto per evitare il post-atomico con scarafaggioni lustri e grossi come cani a scorazzare in solitaria fra le rovine delle città fantasma… e anche questa natura diversa qui, se possibile, farei di tutto perché non si manifestasse:
     

     
    mi interessa assai meno delle mutazioni del becco dei Fringuelli di Darwin o dei pesci siluro del Po lunghi cinque metri, che si sono sbafati tutti gli altri pesci, nuotando fra le tracce di orina piena di cocaina degli abitanti della Padania.
    Ci sono gradi in tutte le cose, anche se poi nel sistema natura non esistono gerarchie: la mutazione di un battero, l’inquinamento di una falda acquifera estende a catena la sua influenza in ogni grado e livello.

    ,\\’

  9. non è che io goda a fronte di tutto questo ed è vero, come dici, che ci sono gradi accettabili e gradi che non lo sono (sul momento): il punto è che l’ambientalismo è diventato l’ultimo rifugio delle anime belle che fingono di vivere su un pianeta diverso da questo, dove non ci sono tre miliardi e mezzo di persone in cina e in india e in indonesia che pretendono di accedere a un livello di risorse e tecnologia pari a quello di cui gode l’occidente, ed è solo un esempio. la pressione verso benessere e sviluppo subito non produce certamente modelli alternativi al capitalismo occidentale, ma, al contrario, versioni ancora più selvagge e estreme, dove sfruttamento e inquinamento e distruzione delle risorse raggiungono livelli orripilanti. può la politica fermare davvero tutto questo? no. può ottenere il rispetto delle regole? difficile, si è visto. solo l’evidenza e la prossimità del baratro (crollo della produzione di energia, prezzi alle stelle, violenza, guerre energetiche, cambiamenti climatici catastrofici, eccetera: nel futuro può esserci di tutto) potrà forse produrre un cambiamento di rotta. quanto alla visione del mondo post naturale, non si tratta di un vezzo curturale, quanto una presa d’atto che una categoria filosofica come Natura, beh andrebbe un po’ rivista, almeno nella sua vulgata.

  10. Mah… una visione post apocalittica… a me fa piacere che nei tombini di Bologna abbiano messo gamberetti di fiume per divorare le larve della zanzara tigre al posto di sostanze velenose e che qui, un paesino delle Marche, con due pale eoliche due sia autosufficiente e venda pure energia all’Enel… mi fa orrore, certo, che lo sviluppo capitalistico dei paesi del terzo mondo sia peggio dei primordi della nostra rivoluzione industriale, ma penso anche che più si parla di queste cose, più si crea vasta coscienza, e non mi rifarei solo alla macchietta dell’ambientalista anima bella che ha montato il pc su di una bicicletta e lo fa andare pedalando e che crede di risolvere i mali del mondo con gli impacchi di cipolla, c’è un ambientalismo molto serio e motivato… certo che dal mito di Tennyson de La Natura, rossa di zanne e d’artigli si sia passati allo shampoo definito naturale nello scaffale del supermercato, che contiene solo l’1% di estratto d’ortica, è fuor di dubbio che ci sia stato un deterioramento del concetto.

  11. Questo è un disastro atteso. Spero che a BP come a molti altri tutto questo costi cosi caro che finalmente si rendano conto che è meglio investire in energia veramente pulita … con intelligenza, ne avremmo tanta se ci applicassimo.
    Ma si trova una disegno del impianto che stà distruggendo il mare? Con dei disegni magari uno, con un pò di cervello, trova una soluzione. Fin qui mii sembra che le soluzioni siano molto tecniche e poco funzionali.

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