di Daniela Cassini e Sarah Clarke Tra le tante storie incontrate, in un campo largo che ha unito intenti e percorsi diversi, abbiamo voluto approfondire con curiosità e passione la storia di una figura rimasta ai margini...
di Luca Vidotto Pasolini si trova costretto in un’isola solitaria in mezzo al mare della modernità, è il poeta imprigionato in un mondo in cui tutto funziona con una precisione meccanica e l’uomo stesso è diventato un’“arancia ad orologeria”.
di Luca Vidotto Se la rivoluzione delle infrastrutture ha determinato un tale stravolgimento dal punto di vista materiale, ben peggiore è ciò che opera la televisione.
di Luca Vidotto Pasolini ebbe una doppia appartenenza: una legata agli ambienti cittadini bolognesi e di altri centri urbani, soprattutto veneti, in cui visse da ragazzo con la famiglia seguendo gli spostamenti del padre, e una totalmente differente nelle campagne casarsesi, a stretto contatto con il mondo contadino.
di Nadia Agustoni
Un poeta è una voce. A volte, nella grande poesia, la voce è distanza e vicinanza insieme. Ci sono autori appartati che ci vengono incontro per un sorta di fortuna e aiutano chi non smette mai di cercare, interrogare le parole, perché proprio nella concretezza della parola un poeta dice qualcosa di sé e del mondo.
di Orsola Puecher ... è una storia piccola, di un piccolo eroismo, un piccolo gesto di normale umana solidarietà, che la portò a esaurire al Campo di Concentramento di Ravensbrück i giorni di una vita bellissima e inconsueta.
di Luca Vidotto Hedàyat ci narra questa storia dando voce a un io perverso che si rivolge alla sua ombra e che prende le sembianze di una civetta cieca – nella cultura persiana simbolo di sventura, di mala sorte, di un che di maligno.
"Ci sono delle storie che valgono solo per quello che non è immaginabile e... le storie valgono di più se... se sono... se c'è tutto un in... non immaginabile che sta dietro le parole e le cose. Perchè credo che sia quello il regno dei narratori: quello che non è immaginabile."
di Nicolò Cattaruzzo
D. F. Wallace ricorre spesso all’uso di incisi nella prosa non narrativa, costruisce periodi interi attorno agli incisi tanto che se venissero rimossi il testo continuerebbe a funzionare ma risulterebbe scarno e arido.