I dati da salvare sul 21 agosto 2013

di Lorenzo Declich

Ricorre in questi giorni il secondo anniversario dell’attacco al sarin in alcune aree della periferia di Damasco, la Ghuta.

Casualmente da qualche giorno si rincorrono le notizie sull’uso della stessa sostanza da parte del gruppo Stato Islamico in Iraq.

Sarebbero in questo caso fonti militari statunitensi ad affermarlo.

Le due cose non sono connesse fra loro. O meglio, potrebbero essere connnesse fra loro in una forma non intuitiva, non facile, della quale non discuterò qui.

Al tempo dei fatti della Ghuta il gruppo Stato Islamico, che ancora si chiamava Stato Islamico di Iraq e Siria, non si trovava nell’area di Damasco.

La vicenda della Ghuta si legò alla famosa “linea rossa” tracciata dal presidente americano Barack Obama, superata la quale la superpotenza atlantica sarebbe intervenuta in Siria.

Per questo motivo su di essa si esercitò un’imponente opera di propaganda, tendente a dimostrare che a compiere l’attacco non fu l’Esercito del presidente Bashar al-Asad, bensì qualche gruppo dell’opposizione – possibilimente jihadista – che, appoggiato dall’esterno, voleva costringere Obama all’intervento.

Ne disserro di tutti i colori, fiorirono rapporti più o meno segreti, più o meno basati su fonti verificabili, relazioni di tutti i generi, giornalisti vari pensarono di fare scoop raccontando di spie che sapevano tutto.

Tutto ciò non riportò in vita nessuno e, soprattutto, contribuì a dimenticare le vittime.

E a rimuovere il fatto che quelle vittime sono lì a chiederci giustizia.

Barack Obama non intervenì in Siria, Bashar al-Asad ammise di avere armi chimiche (proprio quellle del tipo usato nella Ghuta) e Vladimir Putin lo convinse a procedere in un’operazione tesa a smantellare quell’arsenale.

Nessuno sa cosa il dittatore abbia smantellato.

Come tutti sanno i controlli, in Siria, non si possono fare se non seguendo le regole imposte dal regime: fare altrimenti rappresenterebbe una violazione di sovranità di tipo prettamente imperialista.

Il risultato è paradossale: in Siria, da quel 21 agosto 2013 a oggi, passano sotto silenzio le decine e decine di attacchi chimici contro la popolazione da parte dell’aviazione siriana.

Mentre le accuse “chimiche” (da confermare) riguardo al Nemico Designato, l’ISIS, vanno per la maggiore.

Questo post di oggi vorrebbe riportare la barra al centro del problema “chimico” nell’area segnalando due ottimi articoli che ripercorrono la storia dell’attacco chimico della Ghuta.

Il primo lo scrive Alberto Savioli, si  intitola “Siria, a due anni dall’attacco chimico. Mai più?

Il secondo, “Attacco chimico a Damasco, 2 anni dopo” è di Samantha Falciatori.

Qui, invece, trovate la testimonianza diretta di un fotografo (reuters), Mohammed Abdullah, che si trovava nell’area il giorno dell’attacco.

Buona lettura.

 

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7 Commenti

  1. E tu citi sul serio Spondasud? Spondasud è notoriamente un’accolita di amanti del dittaore Bashar il quale, lo dico così per ricordarlo, riuscì anche a negare l’esistenza dei barili bomba.

  2. Tutti sanno che l’attentato di cui parli è stato organizzato dal MIT, i servizi segreti turchi, e che al-Assad non ha mai ordinato un solo barile bomba per combattere i mercenari di al-Qaeda e Is proprio per proteggere il suo popolo, piuttosto l’esercito premeva in questo senso.

    Libia e Siria… che destini terribili! non si può accettare che chi ne scrive continui a mistificare i fatti nonostante le evidenze più che conclamate… persino dalla Nato! mi chiedo e con questo chiudo: ma tu sul serio credi nelle cose che hai scritto?

  3. Tutti sanno che… “mistificare”… “Asad “protegge il suo popolo”.

    Vedete, valutate voi. Capirete, cari lettori, che su questo piano del “credere” ragionare è inutile.

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