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Con i vili o con l’ignoto

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di Franco Arminio
 
Domenica sera a casa di mia suocera c’era il televisore acceso sul programma di Fazio. Viene intervistato il direttore del tg1 che dice di non aver mai avuto telefonate da politici.

Si sente che intervistato e intervistatore non vanno alla ricerca di nessuna verità, ma stanno semplicemente facendosi belli reciprocamente agli occhi degli spettatori (e l’impresa non è ardua considerando l’orrida concorrenza). Finita l’intervista Fazio presenta Claudio Baglioni con grande enfasi e questi si presenta cantando una canzone di Luigi Tenco. Un’esecuzione memorabile, almeno per me. Il titolo della canzone era Lontano lontano, ma in questo caso indicava la lontananza abissale di Baglioni dalla poesia di Tenco e dalla poesia in generale. Non è la prima volta che nella stalla televisiva il belato di qualche pecorella incipriata viene salutato come una visita del divino. Qualche sera prima avevo assistito allibito a un personaggio proveniente dalla Pupa e il secchione che ha sfilato cinquemila euro ai ragazzi di un liceo solo per salire sul palco e dire che trovava tutti molto simpatici.
Non sono di indole invidiosa e credo che sia un bene il disinteresse dei vili verso la poesia. Quello che non mi piace è il disinteresse che c’è tra chi scrive. Si scrive per trovare compagnia, per essere amati e invece ci si ritrova più soli, più abbandonati. Se qualcuno ti dice che hai scritto una cosa importante è come se la dicesse al vento. È come se tra il recensore e il recensito fosse tutto un affare privato. La letteratura sembra un gioco di pistole ad acqua. Sembra che la vita non sia in gioco mai, in nessun caso. E invece la vita è in gioco sempre, quando ceniamo  e quando ci facciamo uno shampoo, figuriamoci se non è in gioco quando siamo visitati dalla poesia. Tutti abitando un corpo abitiamo l’ignoto e la letteratura è sempre un viaggio più o meno lungo in direzione dell’ignoto, un viaggio che non può avere mete e neppure stazioni intermedie. Non sappiamo neppure se si va verso casa o se si torna. E per questo è bello e importante che i libri siano discussi, è importante che siano trattati per quel che sono, una parte del nostro corpo offerta agli altri.
Chi non vuole questa carne lo dica. Chi vuole Baglioni, Venditti e Lucio Dalla è meglio che smetta di leggere e di scrivere. Leggerà male e scriverà malissimo.

(Nella foto: Luigi Tenco)

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64 Commenti

  1. caro john
    ho scritto questo pezzettino dopo una telefonata con franz k.
    la scrittura non come scudo o scudetto (nel senso calcistico)intellettuale, ma come qualcosa che ci sorge dentro, arrivando da fuori. un dentro e un fuori che, come nel nastro di moebius, appare indistinguibile.

  2. arminio, ormai è fatta, niente da dire: sei un mito: riesci a piazzare banalità da oratorio, come questa qua sopra, per meditazioni trascendentali. credo che non ti resti che pubblicare i temi delle elementari e delle medie, con la prefazione giusta, s’intende. il pubblico ce l’hai.

    ‘Sembra che la vita non sia in gioco mai, in nessun caso. E invece la vita è in gioco sempre, quando ceniamo e quando ci facciamo uno shampoo, figuriamoci se non è in gioco quando siamo visitati dalla poesia’.

    ma come fai ad essere così profondo e, soprattutto, originale? tu sì che sei veramente ‘visitato dalla poesia’.

  3. Arminio,
    anche a me ‘sta faziata con Baglioni, pure stonato, roco e completamente fuori Tenco,
    ed il continuo minestrone di applausi, comunque e cosunque, provoca prurito e anche peggio e tutto ‘sto: va ben madama la marchesa, è irritante.
    Ma io guardo poco la tibbù, per fortuna.
    Però quello che tu scrivesti dopo:
    “Si scrive per trovare compagnia, per essere amati e invece ci si ritrova più soli, più abbandonati”
    non lo condivido, anzi ti chiederei spiegazioni, amichevolmente, s’intenda.
    Anzi ti dico, a volte, si scrive per trovar compagnia in sè stessi, per cercarsi direi, per chiarirsi, perché la parola, il discorso cercato, indagato costruito e pulito possa farci avere barlumi nuovi di noi medesimi,
    e molte, molte altre cose ancora.

    MarioB.

  4. ecco un seguace di baglioni. ce ne sono molti anche al governo, tra l’altro.
    bisognerebbe fare un test di baglionite a chi scrive. il problema è che molti scrittori vi tengono alla larga e invece a gente come voi bisogna guardarla in faccia, perché siete voi la classe dirigente, esseri svagati nei confronti del trascendente, accaniti al contingente.

  5. ‘perché siete voi la classe dirigente’

    vedo con piacere che, oltre che paesologo e, da stasera, metereologo di scuola faziana, sei anche un veggente…

    ma perché te la prendi tanto, se uno ti dice che quel pezzullo ‘telefonico’ è di una banalità sconcertante, un concentrato di luoghi comuni? perchè chiunque ti muove una critica è da te bollato di complottismo o di altre amenità paesane? rilassati, arminio, hai, per tua fortuna, scritto di meglio: quello è un temino per ribadire che in classe ci sei anche tu.

    considerato poi che hai scoperto il ‘trascendente’, cerca di non abusarne troppo: c’è il rischio di assuefazione.

    rilassati caro, rilassati, pensa ai prossimi ospiti delle trasmissioni televisive che segui, pensa agli spunti interessanti che ne potrai trarre per le tue illuminanti metafore.

  6. grande è ormai il tuo carisma, arminio: ti basta anche un leggero accenno di fastidio, e i fedeli accorrono adoranti…

  7. Posso dire una cosa Arminio? Lo chiedo in punta di piedi, come chi odia lo scontro gratuito e le polemiche inutili e oziose. Posso chiedere perché replichi a certe provocazioni basse? Hai scritto un pezzo bellissimo (non fosse per quel di più didascalico delle ultime tre righe; quelle che scappano, a chi scrive, dalla carne e, come quella, spesso sono in eccesso); perché replicare?

  8. ecco l’aplomb dell’accademico di razza: la trasformazione di una critica a una riflessioncina, stile ‘ascolta, si fa sera’, in una ‘provocazione bassa’. chi sa qual è il metro utilizzato. io avrei un paio di idee. ma mi limito ad estrinsecarne solo una: l’odore d’incenso. lasciamo perdere l’altra.

    non raccogliere, arminio, non replicare. lascia che a ‘raccogliersi’ siano i devoti.

    amen.

  9. prima di tornare a vedere qui che succedeva ho letto un centinaio di pagine di un libro bellissimo, apparecchiato da mimmo scarpa intorno alle cronache cinematografiche di soldati. pare che non c’entri nulla e invece c’entra. sono testi scritti pochi anni fa e si sente che tutto è ben distinto, critiche e lodi, sentimenti, giudizi, perplessità. adesso invece è tutta una calca di parole che ci cadono addosso, le nostre e quelle degli altri. è sempre una fatica non farsene travolgere. mi si dirà che la soluzione può essere il tacere. io penso da tanto, ma non ci riesco.

  10. cara serafini
    sulle ultire tre righe forse ha ragione, ma mi piace lavorare e spedire a caldo…
    sul dicorso delle repliche mi vengono in mente quei cani che stazionavano una volta davanti alle macellerie del mio paese. abbaiavano perchè il macellaio buttasse loro qualche osso, perché erano incapaci di procurarsi cibo da soli.

  11. …E a me piace pubblicare a caldo. Questo (NI) è anche una sorta di laboratorio, per me. Arminio ( come tutti quanti) puo’ anche chiedermi di fare dei cambiamenti al testo già pubblicato. Altrimenti di internet facciamo una “copia” del cartaceo con possibilità di commentare/inveire/lodare/discutere. Che va bene, anzi benissimo. Ma secondo me il mezzo va sfruttato ulteriormente, dobbiamo ancora scoprirlo del tutto.

  12. caro franz
    questo è il punto, capire che siamo all’inizio, e che in questo mezzo e con questo mezzo si può esplorare ulteriormente quell’ignoto di cui parlo nel pezzo. gli scrittori che se ne tengono alla larga avranno le loro ragioni ed è chiaro che quando uno prova a sguainarsi dai conformisi esistenti corre il rischio della sguaiatezza, che è tutt’altra cosa. io penso anche che la scrittura senza rischi è niente e che la scrittura è un processo di accaloramento. a freddo si fanno gli omicidi, non si dà gloria alla lingua.

  13. con franz al telefono parlavo di certi commenti come forme di bullismo, mas i può anche pensare i facitori di certi commenti somiglino a quelli che lanciavano sassi dal cavalcavia.

  14. Voglio Baglioni, Venditti, Dalla, Tenco, De André, Guccini, Vecchioni, Bennato, Branduardi, ecc. ecc.
    Un libro dovrebbe essere libero una volta in mano al lettore: e il lettore è libero di buttarlo via o di non leggerlo affatto, o di leggerlo e dirlo brutto se non gli piace.
    Non sono una parte del corpo di nessuno: solo un prolungamento della mente. Anche in questo momento sto portandoti un frammento della mia mente: poi tu lo dirai bullismo e sassetto dal cavalcavia.
    E allora io per il momento per ne vado lontano lontano.

  15. non so se ti rendi conto, mio piccolo insipido guru dalla presunzione ipertrofica, che la differenza tra chi scrive, di un testo pubblicato, che si tratta di una banalità e di un concentrato di luoghi comuni, e chi, come te, paragona chi critica a un potenziale assassino (quelli che lanciano sassi dal cavalcavia) la può benissimo fare il codice. prova a pensare quale, magari dopo un consulto con i tuoi sponsors e i tuoi fans.

    ormai, nel vostro delirio di onnipotenza e nella vostra totale incapacità di accettare il fatto che a qualcuno possa non piacere quello che scrivete, non vi rendete nemmeno conto di quello che lasciate, a futura memoria, del vostro passaggio.

    con sincera pena.

  16. Ma non è questione di bullismo. Non nel tuo caso. E’ che i giudizi andrebbero più motivati. Nel male ma anche nel bene, sia chiaro. Non per altro: ci sarebbe, per tutti, un maggiore arricchimento.
    C’è gente che sì, getta i sassi dal cavalcavia, anche questo è vero.
    Un libro dev’essere lasciato libero; ma qui siamo su internet, è diverso. Si critica e si ha facoltà di ripondere alle critiche come meglio si crede. Arminio è uno che “interagisce” parecchio; lo fa per carattere, per altri motivi, per tutto, per metà del tutto? Non m’interessa. C’è chi non risponde mai; va bene anche questo.

  17. Caro Arminio, sputa su tutti ma, ti prego, non su DALLA! Lucio è un ottimo pluristrumentista e sa suonare molto meglio di tanti scribacchini di regime che ritengono di saper scrivere…

    Marco

  18. Non lo dico da uno che passa di qua e gli va di sputare su NI, lo dico da uno che ogni tanto ci scrive su NI: perché questo pezzo qui sopra?
    Franz, si rischia di disegnare quello che si critica con la stessa forma del criticato. Non c’è nessuna differenza di stile e intenti tra la Tv che Arminio critica e il suo pezzo.

  19. Stiamo sperimentando, l’ho scritto, Simone. Sull’ultima tua frase non sono d’accordo, anche se tu di tv sei l’esperto.

  20. Da Fazio la poesia è sempre costretta a copulare con il bon ton di sinistra, tutti sono “dei grandi” alla pari per il soave conduttore, ti becchi Cohelo confuso a Rigoni Stern.
    Grazie Franco!

  21. Fazio lo considererò un essere pensante solo se m’inviterà alla sua trasmissione in seguito al mio aver sbaragliato tutte le classifiche di vendita…

  22. Nella polemica intercorsa io non ebbi alcuna risposta,
    vabbè,
    benché ponessi non sarcastica domanda,
    cioè si da retta pure qui a qui tronfio bulleggia,
    lasciamo perdere

    MarioB.

  23. Franco Arminio ha dato una risposta di quelle, che è meglio lasciar perdere: comunque, e sottolineamolo pure, mi ha praticamente dato del delinquente, della peggior specie. Per lui sarei un assassino non diverso da quei pazzi che ammazzano gettando sassi dai cavalcavia: “ma si può anche pensare i facitori di certi commenti somiglino a quelli che lanciavano sassi dal cavalcavia”, sue parole.

    E’ chiaro che se non si è d’accordo con quanto espresso, allora diventi un troll, un delinquente, un fascista (perché qualcun altro ha avuto pure il coraggio di darmi del fascista per le mie opinioni), e adesso pure “un assassino, uno che getta sassi dai cavalcavia”. Ciò la dice lunga circa lo spirito che anima certe piattaforme dove alla pluralità di opinioni si sostituisce un imperativo nicciano che non ammette la discussione ma solo accetta lodi. Le lodi, anche quando non giustificate, sempre accolte a trentadue denti. Se avessi detto: “Complimenti”, Arminio si sarebbe fatta una risata e m’avrebbe (forse) ringraziato. Purtroppo io le cose le dico come stanno: le categorizzazione fatte da Arminio sono banali, poco o nulla esplicative, se non nel tracciare, per l’ennesima volta, un confine risibile e illusorio, ovvero che le canzoni sono canzoni e forse neanche quello e la poesia invece è tutt’altro territorio.

    Be’, come qualcuno ha visto giusto qui predomina lo spirito di onnipotenza: vi faccia buon pro.

    saluti

    g.

  24. bel pezzo – bisogna cmq. relativizzare: come scrisse un tempo Jannacci, “Trattasi di canzonette” (anche Fazio e le sue trasmissioni lo sono, pur gradevoli, ma nulla di più ) – poi ci sono le eccezioni, in cui non ci sono scissioni tra la vita e le sue rappresentazioni (Tenco ne è un luminoso esempio)…

  25. “anche Fazio e le sue trasmissioni lo sono, pur gradevoli, ma nulla di più “.
    Gradevoli? Sono spazzatura.

  26. Nel post di Arminio ritrovo una serie di temi che aleggiano sin dall’apertura di NI.2, provenienti, tra l’altro, da NI.1, che ne fu squassata.
    Il principale è un ipotetico conflitto in atto tra la Cultura propriamente detta e il culturame mediatico.
    Taglio con l’accetta.
    A parte la sopravvalutazione di Luigi Tenco che è un bel luogo comune, il supposto dualismo mercato/arte, vile denaro/poesia, letteratura/baglionismo, eccetera, mi è sempre sembrato non solo artificiale, ma estremamente “umanistico” et “liceale” (secondo il concetto di cultura che ci ha trasmesso il liceo classico e che dovrebbe costituire il nostro primo, vero nemico, altro che televisione).
    Credo occorra prendere atto, e questo secondo me vale soprattutto per coloro che hanno un’idea alta dell’esprimersi attraverso parole (senza dover necessariamente giungere alla concezione eucaristica di Arminio), che d’ora in poi, non si sa per quanto, IL MONDO E’ QUESTO, e non è né “vile” né “nobile”, ma è semplicemente l’ambiente dove viviamo e dove vivono i nostri simili.
    Ritengo che, per chi scrive, narrare QUESTO mondo sia un imperativo fondamentale.
    Si prenda Walter Siti, ad esempio.
    Lui non arriccia il naso, non si lamenta della viltà della televisione a fronte della nobiltà della propria anima di poeta, eccetera.
    Walter Siti affonda le mani in questa melma, che siamo noi tutti, e la canta.

  27. posso dirlo?
    che bel coraggio!
    di solito si parte dalle “piccole cose” per fare chiarezza!
    e la strada è assai lunga…

  28. Any way the wind blows
    Is-a fine with me
    Any way the wind blows
    It don’t matter to me
    ‘Cause I’m thru with-a fussin’
    And-a fightin’ with-a you
    I went out and found a woman
    Who is gonna be true
    She makes me oh so happy now
    I’m never ever blue
    Any way the wind blows
    Any way the wind blows
    Any way the wind blows

    She is my heart and soul
    And she loves me tenderly
    Now my story can be told
    Just how good she is to me
    Yes, she treats me like she loves me
    And she never makes me cry
    I’m gonna stick with her
    Till the day I die
    She’s not like you, baby
    She would never ever lie
    Any way the wind blows
    Any way the wind blows
    Any way the wind blows

    Any way the wind blows
    Any way the wind blows
    Any way the wind blows

    Now that I am free
    From the troubles of the past
    Took me much too long to see
    That our romance couldn’t last
    I’m gonna go away
    And leave you standing at the door
    I’ll tell you, pretty baby,
    I won’t be back no more
    ‘Cause you don’t even know
    What love is for
    Any way the wind blows
    Any way the wind blows
    Any way the wind blows

  29. una mia poesia scritta in morte di un amico bosniaco che ospitammo a suo tempo al mio paese finiva così:
    la tavola del mondo è inospitale.
    un dio barbaro
    getta i sassi dal cavalcavia.

    è evidente che in questo caso il vittimismo non è di arminio ma è di chi
    segue una vecchia regola:
    molesto dunque sono.

    quanto alla materia del pezzettino direi che non mi pare un gesto banale difendere la scrittura e la sua specifità. capisco anche che il mio parlare chiaro e semplice possa essere scambiato per semplicità o addirittura per banalità.
    l’equivoco ormai si è installato al centro della comunicazione tra gli umani e sarò difficile scalzarlo.

  30. ………………………………………………………………………………………………..
    ………………………………………………………………………………………………..
    ………………………………………………………………………………………………..

    Son qui da tre minuti buoni a chiedermi se devo rispondere a Il Giusto.

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    ………………………………………………………………………………………………..
    ……………………………………………………………………………………………….

    Non devo.

  31. Io trovo in questo pezzetto, formalmente ben scritto, alcune incongruenze che me lo rendono misterioso.

    Riassumendo: l’altra sera Arminio, a casa della suocera, incappa in Baglioni da Fazio. Qualche sera prima, in luogo imprecisato, s’era imbattuto in un Secchione che taglieggiava una scuola superiore.

    Orbene, queste due epifanie lo indispongono: comprensibile, direi quasi salutare, seppure, lo si evince, chiari indici di scarsa conoscenza dei palinsesti – fatti come sono da lustri di simile paccotiglia riversata nei tinelli ventiquattrore al giorno per decine di canali.

    Poi s’arriva al bivio: “credo che sia un bene il disinteresse dei vili verso la poesia”. Fin qui penso di esserci: i vili immagino siano Fazio, Baglioni, il Secchione, i loro mandanti e i loro estimatori.

    “Quello che non mi piace è il disinteresse che c’è tra chi scrive”: e qui comincio a interrogarmi. Che c’entrano i rapporti tra gli scrittori con Fazio e Baglioni?

    “Se qualcuno ti dice che hai scritto una cosa importante è come se la dicesse al vento. È come se tra il recensore e il recensito fosse tutto un affare privato. La letteratura sembra un gioco di pistole ad acqua. Sembra che la vita non sia in gioco mai, in nessun caso”.
    Uhm, qui pare si specifichi ulteriormente: non tanto il rapporto fra scrittori, quanto il rapporto tra scrittore e chi valuta e valorizza il suo lavoro (sia esso critico, altro scrittore, o chi per loro). Però ammetto di far fatica a seguire: perchè il gioco di pistole ad acqua, l’affare privato, la non-vita? Vado a tentoni, e cerco un qualcosa che dia congruenza al tutto: perchè tutto si consuma negli orti chiusi di pubblicazioni e rivista specializzate e tra cultori, anziché, per dire, sulla scena aperta della tv?
    Rimane però aperto il dubbio su quale consequenzialità vi sia tra questo e Baglioni da Fazio. A meno che Arminio non intenda dire che da Fazio sarebbe meglio ci andasse lui, non Baglioni. Però, se lo dice, non mi è chiaro.

    Poi, dopo un breve excursus poetico sul significato dello scrivere, si arriva alla chiusa: “E per questo è bello e importante che i libri siano discussi, è importante che siano trattati per quel che sono, una parte del nostro corpo offerta agli altri. Chi non vuole questa carne lo dica. Chi vuole Baglioni, Venditti e Lucio Dalla è meglio che smetta di leggere e di scrivere. Leggerà male e scriverà malissimo”.
    E qui mi perdo definitivamente. Chi è questo chi che scrive e legge, e che vuole Dalla e Baglioni anziché la poesia? Fazio? L’audience? Un qualche capostruttura RAI? Ed è lo stesso chi cui ci si riferiva parlando di “disinteresse tra chi scrive”?
    Francamente, se l’autore non mi aiuta, non riesco a trovare risposte plausibili.

  32. scrivo da lontano e lo scritto di arminio mi pare chiarissimo. nella colonna dei commenti tutto si complica. non capisco perché uno scrittore importante e folgorante come arminio si metta a discutere col primo che capita. non è lui che deve dare spiegazioni, sono gli altri a doversi spiegare meglio.

  33. Angela Meredith, visto che t’interponi fra i miei direi abbastanza chiari quesiti e Arminio – la cui scrittura, sia detto per inciso, apprezzo molto -, tenuto conto che nel pezzo ti è tutto chiarissimo, considerato che tu non sei una scrittrice importante e folgorante, ma sei, al pari di me e a quanto ne so, la prima che capita, perchè non assumi fino in fondo il ruolo di tramite col Dio e rispondi tu, con mossa oracolare, al posto suo?

    Prometto che terrò in debito conto la tua opinione.

  34. caro carlucci
    un testo letterario non è una fattura fiscale e può capitare che i conti non tornino. comunque ho apprezzato il tono del suo intervento.
    se può servire a chiarire, dirò che il problema non è tra poeti e cantanti, ma sull’idea di scrittura e sul fatto che ci sono scrittori che parlano e scrivono ormai come i cantanti. loro sono in concorrenza coi cantanti.
    io, tanto per esagerare e stimolare altre ingiurie, voglio scrivere la frase che dio non ha scritto….

  35. qui si può fare di tutto, si può giocare con le parole, ci si può sputtanare da soli e si può essere ingiuriati dal primo che capita. nessuno fra cento anni studierà queste parole. il mistero della morte, il mistero di tutto ciò che è passato per la vita non lo acciufferà nessuno.

  36. Avevo scritto questa cosa, che mi appare ora (fin troppo) adatta alla discussione. Si parla sempre di un vuoto di memoria. (Basterebbe, forse, sostituire alla parola cinema la parola televisione)
    Lorenzo Esposito

    “L’unica cosa reale è la decisione di scrivere. Conta solo assumersi la responsabilità. Prima ancora della parola (romanzo, poesia, saggio). Prima ancora del film o del regista. Prima ancora del cinema. Ma questa (la mia) è una generazione che, per timidezza o per vigliaccheria, nasconde i suoi entusiasmi, rinuncia alle sue scoperte, chiudendosi in un riserbo autoreferenziale. Prende le pagine e le immagini che ama e le serra nello scrigno di un io illusorio, senza che il grido erompa e il vento gelido tagli la faccia. Più ideologica dei suoi padri, sospetta che il mercato del denaro orienti qualsiasi scelta editoriale. E benchè questo sia quasi sempre vero, sceglie un silenzio che impedisce a se stessa di parlare attraverso quelle voci e toglie loro la possibilità di rimanere rivoluzionarie. Nessuna recensione, nessun film strenuamente difeso contro tutti, è sufficiente a assolverci dallo sterminio della scena politica, che è anzitutto lo sterminio di chi crede che un film non vi partecipi o che non abbia sempre a che fare col nostro parteciparvi e con l’esserne esclusi o auto-esclusi.
    Io a sua volta è semplice. Io è una buona scappatoia per cominciare. Si dice io e le parole vengono da sé e ci si crede protetti, cullati dalla maschera, mimetizzati nel corpo di una parola che, una volta scritta, si finge non appartenga più. Ma ciò che si crede un’alba è già la fine del giorno. Questo liquido amniotico chiamato cinema, che se fosse solo il film – e non per caso nei film il cinema è sempre meno – sarebbe un alibi ancora maggiore.
    Responsabile dunque sarebbe accettare che il cinema, la storia del cinema, è un vuoto di memoria, al massimo un’introduzione infinita (Godard docet), da qualunque parte lo si prenda (compreso “il mondo cinematografico è un mondo morto, illusorio e fatto a pezzi” di Artaud). Aurora è sempre la prima cosa che sovviene, un tram che avanza e all’arrivo la città è come un abisso. Poi subito una palude bruna e, oltre i raggi ultravioletti, insieme a Murnau, almeno Joseph H. Lewis (La sanguinaria) e King Vidor (Ruby fiore selvaggio) – fingendo di non verificare l’attinenza dell’automatismo con cui emergono in serie Fejos, Nick Ray, Kubrick, Herzog, Hill… Un tram che porta in città ma che è già una deriva, un tram dove si raccontano storie o si cantano canzoni, Chabrol (L’Œil du malin, La Rupture…), Monteiro (Va e vem), Skolimowski (Bariera). E perchè Murnau e non Griffith, visto che nell’ossessiva sperimentazione Biograph l’occhio è già una grande macchina impersonale proprio come l’aurora? Il problema di chi scrive di cinema è che la scrittura non è più un tabù (ecco perchè Murnau…?). Cioè non si può scrivere dell’altro (d’altro) se prima non ci si interroga sullo scrivere. Così il vuoto di memoria è giustamente inarrestabile e la storia stessa dovrebbe esserne il tabù. Il dito medio di Georgina Spelvin in The Devil in Miss Jones che si fruga fra le gambe aperte, è in un bagno forse, qualcosa di asettico comunque, rosso cupo, marrone infetto, mestruale, umido. Anche il Bressane di Tabu ruba pellicola muta porno e pellicola-Murnau, capovolgendola nel riciclo dell’accumulo. Il vuoto stesso è tabù. Lo è anche il reverse, guardare dietro e da dietro, l’occhio fra i tendaggi dello Scorsese Made in Milan, oppure sotto le tonache dei samurai in Tabù di Oshima, il cui cinema è da sempre un volto bianco vergine che si riflette nel riflesso ghiacchiato di una spada insanguinata…
    Ma poi la flagranza del cinema capace di toccare la propria im-presentabilità, di afferrare per un istante l’illusione stessa di un luogo (invece è fuori luogo o al massimo in luogo di), può dimorare nella scissione folle dello scrittore che mentre dice io è già altrove e semplicemente non-è (l’ultimo formidabile Lunar Park di Bret Easton Ellis); oppure negli abissali mancamenti fra ogni singola parola, il neologismo stesso che diventa fuori campo, curvando oltre il tempo e diventando puro spazio (gli ultimi due seriali geniali Scasso con stupro e Jungletown Jihad di James Ellroy)…
    La parola e l’immagine comprendono sempre il proprio intervallo, e dell’intervallo, qualunque esso sia, si deve provare a scrivere, ed è l’intervallo che si deve provare a filmare. Scrivere qualcosa in cui la parola non sia più che parola; filmare qualcosa in cui l’immagine non sia più che immagine. Sapere sempre la propria inadeguatezza.
    Uno scrittore non scrive racconti, racconta l’orrore del raccontare. Se le parole mancano, se continuano a non sembrare quelle giuste, si è sulla buona strada. Oggi gli scrittori sono tanto filmici quanto è a-filmica la scrittura sul cinema. In entrambi i casi il cinema e lo scrivere rimangono in mezzo (nei casi peggiori un mezzo). Sarebbe già qualcosa limitarsi a studiare il punto di emissione (della parola e dell’immagine). Emettere per dismettere. Non scrivere per intervenire”.

  37. io qui faccio esprimenti, esperimenti sull’autismo corale. per me vivere è tutto un esperimento. l’unica cosa certa è che a un certo punto l’esperimento dovrà finire.

  38. Diana, tu scambi per accanimento quel che era solo scrupolo intellettuale: ovvero il cercar di motivare, con la massima chiarezza, cos’è che, in tutta sincerità, non capisco in quel testo. Per altro sono convinto che, finché si rimane agganciati al testo con onestà, nessun accanimento sia davvero possibile. Per parafrasare Arminio, è bello e importante che i pezzi su N.I. siano discussi. Molto meno bello e importante è battibeccare con gli scrittori, come spesso avviene – ma questo è un altro paio di maniche.

  39. Beato te Arminio e spero ti abbia offerto anche un’ottima cena che la mia di suocera non mi invita mai. Ma anche se stavo in casa per i fatti miei con il televisore in balia degli altri membri della tribù – ahimè – anch’io ero sintonizzata sul tre. Forse avrei fatto meglio a seguire la puntata di Elisir sull’altro canale dove si parlava di Alzeimer visto il mio stato mentale attuale. Comunque di solito mi avvicino all’elettrodomestico di rado e per il programma de quo solo se l’ospite di Fazio mi aggrada: ammetto che mi divertono i monologhi della Littizzetto con “eminems”. Anch’io ho avuto un moto di fastidio riconoscendo la voce del direttore che – chissà perché non riesco a togliermelo dalla testa – è riuscito persino a scrivere un intero articolo sul suo essere stato ottista di liceo classico. Se proprio dovevano metterci uno con la frangetta avrei preferito Beppe Severgnini. Più o meno mi ritrovo con molto di quello che è stato scritto da te e dai commentatori – a parte uno. Forse un pò di fretta con cui sembra essere scritto il tuo pezzo lo ha penalizzato, ma l’argomento proposto è oltremodo interessante eppoi tutto ciò mi ha dato modo di conoscere il tuo buon lavoro.
    Mi permetto di riportare qui stralci da “lettera a un giovane poeta” di V.W. che le tue parole mi hanno fatto ricordare. “Non pensare mai di essere unico, non pensare mai che il tuo caso sia più duro di quello di altri.” Ed ancora “…..Imparerai a scrivere. Ma se pubblichi, la tua libertà verrà incrinata; penserai a quello che dirà la gente; scriverai per gli altri mentre dovresti scrivere per te.”.
    Ma dunque scrivi, e fregatene.

  40. Luca, lei per caso è un critico?

    a volte, seguendo le discussioni, mi sembra che manchi un un tantino di…chiamiamola comprensione, magari mi sbaglio, per questo ho parlato di accanimento.
    è così facile fraintendersi con la scrittura…

    Buon pomeriggio

  41. Cara Angela Arminio Meredith,

    lei scrive “un testo letterario non è una fattura fiscale e può capitare che i conti non tornino”.
    Non generalizziamo. Da un scrittura tagliente e iconoclasta come quella di Arminio mi aspetto la crudele lucidità della diagnosi e, perchè no, della fattura fiscale. Trovo che le sfocature del pensiero mal si sposino con la qualità di quella scrittura: da oggetto tagliente, lo rendono oggetto facile – e a trasformare l’analisi spietata in piagnisteo basta poco.

    Lei scrive altresì: “se può servire a chiarire, dirò che il problema non è tra poeti e cantanti, ma sull’idea di scrittura e sul fatto che ci sono scrittori che parlano e scrivono ormai come i cantanti. loro sono in concorrenza coi cantanti”.
    Aiutare, aiuta. Ma ho trovato poca precisione a questo proposito nel suo pezzo. Presuntuoso come tutti i lettori, imputo questo non trovare a una debolezza del pezzo anziché a una debolezza del mio comprendonio. So che mi perdonerà.

  42. Diana,

    lei mi chiede se sono un critico, e le rispondo che no, sono molto più semplicemente un lettore. Lei ha trovato mancanza di comprensione nelle mie parole proprio perchè sono imperfetto come tutti i lettori, e giust’appunto chiedevo lumi.
    Se poi per mancanza di comprensione intendeva mancanza di calore e di pietas testuale, gli è che a volte un po’ di sbudellamento testuale è il prezzo da pagare se si vuol esprimere con esattezza il punto.
    Poi, intendiamoci, magari son solo tignoso io.

  43. caro franco
    siamo campaesani e ti stimo ma non te la prendere con quei poveracci dei miei colleghi.
    tu sei robusto e fine, noi siamo guitti con la brillantina.
    sto leggendo il tuo ultimo libro. per me è troppo difficile, però immagino che sarai contento per tutte quelle recensioni

  44. arminio parla nel suo ultimo libro di sé come un morto e fa a questo morto una bellissima intervista. arminio non ama nessuno, non ha mai vissuto, non sa chi è non sa chi siamo. lui scrive da dentro un pozzo. nessuno può scrivere come lui. nessuno può raccontare meglio di lui l’abisso in cui siamo. questo pezzo l’avrà fatto in dieci minuti e poi avrà pensato alla morte, l’unica cosa che lo interessa veramente.
    io lo conosco bene. arminio è mio fratello

  45. caro carlucci
    non ho nessun problema ad ammettere che il mio testo non è particolarmente rigoroso e il suo approccio favorisce questo tipo di ammissioni da parte degli autori. ma poi autori di che? vortichiamo come atomi nell’aria mentre il tempo passa. chi pensa di essere un punto fermo può fare solo danni.

  46. Hey ragazzi…
    la vita è bella,
    pensiamo questo e
    pensiamo alla grande libertà che abbiamo di esporre le nostre idee,
    senza pretese, esporle e basta
    è già una bella cosa!

    Buona serata a tutti.

  47. posso capire che baglioni sia più famoso di arminio nella società in generale, ma in mezzo agli scrittori non dovrebbero esserci dubbi. arminio si espone con coraggio, arminio è platino, baglioni è merda.

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