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Venezuela: chi manovra l'”opposizione studentesca democratica”? Ovvero, un autosputtanamento che rimarrà storico

[Le riviste online non sono isole, ma luoghi di passaggio, e magari di affratellamento. Perciò riproduco questo scritto pubblicato da Valerio Evangelisti su Carmilla, parte essenziale di un discorso che si snoda “in rete”: conviene tornare ad approfondire una questione a mio parere decisiva, impostata, su NI, da un recente post di Francesco Forlani. m.r.]

di Valerio Evangelisti

Ricapitoliamo i fatti, già esposti in dettaglio qui e qui. Il 31 maggio scade la concessione dello Stato venezuelano al canale televisivo RCTV. Il governo del Venezuela decide di non rinnovarla, e di cedere le frequenze a una nuova tv non commerciale (“di strada” o “di quartiere”, la definiremmo in Italia).
Immediatamente, i corifei del neoliberalismo iniziano a starnazzare come galline. Si accusa il governo venezuelano, e in particolare il suo presidente Hugo Chávez, di avere chiuso un canale televisivo vicino all’opposizione, per motivi solo politici. Sarebbe la conferma che in Venezuela regna una dittatura.
Certo che i motivi erano politici. Nel corso del tentato colpo di Stato del 2002 RCTV aveva apertamente appoggiato i golpisti, ospitato nei propri studi loro riunioni, mandato propri tecnici a chiudere il canale 8, allora l’unica fonte di comunicazione televisiva in mano al governo.

Mettiamo che in Italia, al tempo dell’assassinio di Moro, una delle nostre tv private avesse detto che avevano fatto bene ad ammazzarlo. Per quanto tempo sarebbe rimasta nell’etere? Ma il Venezuela ha il torto di ribellarsi al Fondo Monetario Internazionale, alla Banca Mondiale, agli schemi del neoliberalismo. Fomenta, invece delle tanto lodate privatizzazioni, la ri-nazionalizzazione (dietro risarcimento, invero fin troppo generoso) delle industrie strategiche, prima di tutte di quella petrolifera, un tempo completamente in mano ai cartelli stranieri. I criteri di valutazione del grado di democrazia del Venezuela sono dunque differenti. Poco importa che vi si svolgano elezioni completamente libere, che vedono Chávez ogni volta riconfermato (per forza, dicono gli oppositori: ha fatto iscrivere nelle liste elettorali indios, poveri e altra gentaglia che, prima di lui, non risultavano nemmeno all’anagrafe). Sottraendosi alle leggi del mercato ipercapitalista, costui è per definizione un dittatore spietato. Ciò che non erano i suoi predecessori di destra, corrottissimi, macchiati del sangue di centinaia di dimostranti, pronti a cedere ai gringos le ricchezze del paese. Brava gente, per definizione.

La campagna pro RCTV è guidata, in Europa, dal quotidiano El País, ritenuto “di sinistra”. La Spagna è stata tra i paesi più colpiti dalla nazionalizzazione del petrolio venezuelano, che ha arricchito il Venezuela e tolto entrate quasi gratuite agli spagnoli. El País lo trova scandaloso. Visti i precedenti della Spagna in America Latina, viene alla mente il proverbio “Un bel tacer non fu mai scritto”. Traduzione: abbiate almeno il pudore di starvene zitti, vecchi genocidi. Sputare giudizi su un continente che avete saccheggiato non fa per voi.

Il buffo è che RCTV, di cui tutti denunciano la chiusura, non è mai stata “chiusa”. Non rinnovata la concessione della frequenza in analogico, è stata lasciata libera di trasmettere via cavo, via satellite o per Internet. Il gruppo che la controlla possiede molti altri media, da compagnie telefoniche a quotidiani. In pratica, RCTV ha avuto la stessa sorte che il centrosinistra italiano auspicava, in un programma disatteso (nessuno lo ricorda più), per Rete 4 e, quale par condicio, per Rai Tre. Ciò che in Italia è ammissibile, “normale”, in America Latina diventa un attentato alla democrazia. La prova provata di una dittatura amorale. Condoleeza Rice è angosciata dalla morte in analogico di RCTV. Forse rimpiange le telenovelas che si interromperanno (in analogico), o i telegiornali scandalistici con colonna sonora sul fondo delle notizie, per renderle più drammatiche. L’impressione è che non sappia nemmeno cosa sia RCTV, e in generale le televisioni assurde che, legate a canali nordamericani, trasmettono in America Latina. Si sa, Condoleeza è un maschiaccio. Ha dunque bicipiti e muso canino in America, e coglioni in Europa.

La prima estensione europea di Condoleeza si chiama Gian Antonio Stella, e scrive su Il Corriere della Sera. Del Venezuela, e della vicenda specifica, non sa una mazza, è chiaro. Tuttavia reputa opportuno occuparsi di RCTV, denunciarne in tono iracondo la “chiusura” (inesistente), chiamare Chávez “caudillo rosso” e “dittatore”. Copre di contumelie, senza la minima documentazione, un presidente legittimo accusandolo di crimini mai commessi, tipo una repressione “spietata” degli studenti oppositori di cui non c’è traccia negli archivi. A chi si oppone al verbo neoliberale pare lecito addossare di tutto. Si noti che Stella è meritoriamente duro verso certi potentati nazionali. Se si passa però a quelli internazionali, vale per lui il motto recato da una nota marca di carte da briscola. Flector nec frangor. Mi piego ma non mi rompo. Soprattutto, mi piego, e da neoliberale mi sento autorizzato ad attribuire al nemico colpe che non ha.

Peggio ancora fa – lo dico con rammarico – l’altre volte ottima Giovanna Botteri, sul TG3 delle 19, lo stesso giorno in cui Stella eruttava disquisizioni infondate sul Corriere. Adesso la Botteri, di cui tutti conoscono il coraggio, è corrispondente dagli Stati Uniti. Forse vittima delle tv nordamericane – Murdoch docet – combina assieme fine concessione per RCTV, assassinio in Russia di Anna Politovskaia e censure in Cina e Iran. Illustra il mix con immagini di Chávez in visita al presidente iraniano. La libertà di informazione è minacciata in tutto il mondo, ma, si direbbe dal servizio, soprattutto in Venezuela. Dove, peraltro, l’80 per cento delle fonti informative sono in mani private, e principalmente in quelle dell’opposizione antichavista. Che cosa può saperne la Botteri? Come nel caso di Stella, pare preciso dovere dei nostri giornalisti parlare senza raccogliere elementi. E, se poi ne vengono a conoscenza, guardarsi bene dallo smentire quanto affermato.

A Caracas scendono in strada, a difesa di RCTV, gli studenti delle università private. La manifestazione è autorizzata, ma si verificano atti di vandalismo e aggressioni a una polizia che non carica né manganella. Sono arrestati 180 dimostranti, quasi tutti rimessi in libertà il giorno dopo. E’ questa la repressione “feroce” denunciata da Stella. Naturalmente i media europei, su impulso di quelli nordamericani, enfatizzano la protesta “spontenea”, mentre tacciono delle dimostrazioni, ben più massicce, a sostegno della neonata “tv di strada”.

Il 7 giugno si verifica un fatto insolito, per una “dittatura”. L’Assemblea Nazionale venezuelana invita a esprimersi al suo cospetto tanto gli studenti oppositori che quelli pro-governativi. Parleranno alternandosi ed esponendo le ragioni sia di consenso che di dissenso. Il tutto sarà ripreso dalle tv nazionali, sia pubbliche che private. Sono i video riportati più sotto, pubblicati su YouTube. Purtroppo sono in spagnolo, durano a lungo e sono meglio visibili in banda larga. Peccato, perché li conclude un vero e proprio colpo di scena, che infligge alla “opposizione democratica” studentesca un colpo da cui, temo, stenterà a riprendersi.

Per chi non può vedere i video, cerco di riassumerli. Prima, però, ricordo a chi non l’abbia vista la puntata di Report andata in onda su Radio Rai Tre domenica scorsa, e in particolare il segmento Revolution.com (chi non l’abbia seguito lo trova qua). Vi si parlava delle agenzie statunitensi che mobilitano masse studentesche in paesi ostili agli Usa, dotandole di finanziamenti, volantini, gadgets vari, manuali di istruzioni, persino logos, fino a innescare un colpo di Stato “pacifico”. Tecnica già sperimentata con successo in Serbia, nella Georgia, in Ucraina, nel Kirghizistan, e in corso di sperimentazione in altri paesi dell’Est europeo.

Ma torno ai video venezuelani. Nel primo vediamo uno studente oppositore di Chávez, tale Douglas Barrios, venire accolto alla tribuna da un applauso amichevole e leggere un discorso piuttosto efficace. Le frasi, martellanti, sono di quelle che si imprimono nella memoria. Reclama la libertà dei telespettatori di vedere ciò che preferiscono, fosse anche una merda come RCTV. Si dichiara estraneo alla politica. Accusa Chávez di stare instaurando una dittatura. Con un gesto plateale si sfila la maglietta rossa che indossava (il simbolo degli chavisti), dicendo che non vuole uniformi. Afferma che lui e i suoi compagni si ritirano por ahora (una sottigliezza dialettica: por ahora era stato il motto di Chávez, dopo il fallito tentativo insurrezionale del 1992). Esce dall’aula imitato dagli altri contestatori.

A quel punto, la parola è agli studenti “bolivariani”, mentre gli assenti cui dovevano alternarsi sono chiamati inutilmente. Il tono è tutto diverso: parlano per lo più senza leggere, con impeto ed emotività. Bellissime le parole di Osly Hérnandez. Lei, che ha la pelle scura, e per di più il seno piccolo, non sarebbe mai potuta apparire su RCTV. Altrettanto efficace l’intervento di un’altra studentessa, Libertad Velasco. Conferma la confluenza, nel discorso chavista, di temi femministi, sociali ed ecologici. Si merita un abbraccio da parte di Iris Varela, la bellissima e leggendaria “pasionaria” di Chávez, nota a chiunque abbia visto il documentario La rivoluzione non sarà teletrasmessa.

Gli interventi si susseguono, fino a quello, conclusivo, del leader studentesco Héctor Rodríguez. Ed è qui che si produce il colpo di scena. L’oppositore “democratico” Douglas Barrios aveva dimenticato sul tavolo l’ultima pagina del suo intervento scritto. Rodríguez la legge ai deputati. Si tratta di una vera e propria sceneggiatura, in cui sono indicati persino i gesti (“togliere la maglietta”). C’è anche la firma di chi ha scritto il copione: la società pubblicitaria Arts Publicidad, vincolata agli Stati Uniti. Scoppiano risate e applausi.

Ma c’è di più. Rodríguez mostra la pagina web dell’opposizione studentesca “democratica”. Vi figura un logo, che rappresenta un pugno chiuso. E’ lo stesso logo, disegnato negli Stati Uniti, già visto in Serbia perché adottato dall’organizzazione Otpor, poi riapparso nel Kossovo, in Georgia, in Ucraina, nel Kirghizistan ecc. Un logo ormai ben noto a chi abbia visto la puntata di Report che sopra ho indicato. Formidabile il commento di Rodríguez. Hanno abbattuto Milosevič. «La differenza è che Chávez non è Milosevič.»

Naturalmente, le nostre Stelle del giornalismo non prenderanno mai visione dei filmati. Non sia mai che i sussiegosi opinionisti nostrani parlino con cognizione di causa. Ne andrebbe della loro deontologia professionale. Per fortuna, Carmilla [così come Nazione Indiana, N.d.C.] è molto più letta di tanti quotidiani. Ecco dunque, finalmente, i video da vedere, per capire quale “opposizione democratica” ci sia in Venezuela. Con un bonus: gli interventi degli studenti fanno comprendere come il “Socialismo del XXI secolo” venezuelano, lungi dall’essere fenomeno “populista”, “bonapartista” o “comunista” (il riferimento a Cuba non significa assunzione della stessa ideologia), abbia fatto proprie tematiche fondanti della sinistra attuale (non del centrosinistra: vade retro! Anzi, vada a farsi fottere tout court): femminismo, ambientalismo, antimperialismo, autogestione, ecc. Argomenti squisitamente libertari. Non è un caso se in Messico, quando viene proclamato uno sciopero, è ancora consuetudine esporre una bandiera rosso-nera.

Qui si trovano riuniti tutti i filmati dell’audizione degli studenti, davanti all’Assemblea Nazionale del Venezuela (fare caso, come già detto, agli interventi di Douglas Barrios, di Osly Hérnandez, di Libertad Velasco, di Héctor Rodríguez).

Qui le grasse risate di Hugo Chávez davanti alla miserabile messinscena, e all’uso del suo motto “Por Ahora”.

Qui, infine, l’elemento comico. L’accusa alla studentessa bolivariana Andreina Tarazón di avere rubato l’ultima pagina della sceneggiatura degli oppositori, quando invece se la trovò sul tavolo.

[Pubblicato su Carmilla il 10/6/2007]

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31 Commenti

  1. La cosa buffa sono le somiglianze che si trovano con i testi degli apologeti Berlusconiani sul caso di Biagi, Santoro e Luttazzi:

    Chavez non chiude una TV, semplicemente non viene rinnovata la licenza delle frequenze TV, se vuole può continuare via cavo o satellite, o altro? Be’ c’è chi ha scritto che non è che Biagi sia stato cacciato dalla TV, ma che a fronte di un calo di ascolti rispetto a Striscia la Notizia, la dirigenza RAI ha pensato di adoperare lo spazio dopo l’edizione principale del TG1 in altro modo, lasciando a Biagi la possiblità di continuare a fare il Fatto su Rai3, ad esempio…

  2. “Mettiamo che in Italia, al tempo dell’assassinio di Moro, una delle nostre tv private avesse detto che avevano fatto bene ad ammazzarlo. Per quanto tempo sarebbe rimasta nell’etere?”. Negli anni settanta c’era la carta stampata, e il quotidiano Lotta continua, dov’era scritto che avevano fatto bene ad ammazzare Calabresi, rimase in edicola altri 6 anni, per infine morire di morte naturale.

    “Spagnoli, abbiate almeno il pudore di starvene zitti, vecchi genocidi. Sputare giudizi su un continente che avete saccheggiato non fa per voi.” Rimbrotto vagamente razzistico.

    Stajano sull’Unità si è detto pure lui contrario al provvedimento di Chavez.

  3. Non ho ben compreso dove voglia andare a parare Evangelisti quando paragona la protesta studentesca venezuelana ad altre proteste studentesche in Serbia, nella Georgia, in Ucraina, nel Kirghizistan. Vuole forse affermare che la ‘rivoluzione arancione’ in Ucraina è stata un errore e Kushna era un santo? Che Milosevic era uno che passava le giornate a piantare fiori? Che il tentativo Russo di destabilizzare la Georgia era una fandonia inventata ad arte dagli sporchi occidentali? Che il Kirghizistan o l’Uzbekistan sono luoghi tranquilli nei quali gli studenti possono permettersi di manifestare senza alcun problema?
    Proprio non riesco a capire il paragone. Forse perché sono culturalmente limitato…

    Che Chavez, sganciando il Venezuela dal FMI e dalla Banca Mondiale, nazionalizzando il petrolio e soprattutto l’acqua, proponga un esempio di politica economica difficile da digerire per i Paesi che fino ad ora (Italia compresa) hanno sfruttato le risorse del Venezuela restituendo pochissimo, è un dato di fatto.
    Ma confondere questo dato di fatto con i finanziamenti Statunitensi alle manifestazioni studentesche dei 4 Paesi che cita mi pare quanto meno fuori luogo. Per fortuna qualcuno ci pensa!

    Ancora peggio l’intervento di Pensieri Oziosi; prende spunto da una vicenda esterna per rispolverare la solita fanfara del Biagi maltrattato. Biagi NON è stato cacciato dalla RAI; se n’è andato incassando una liquidazione milionaria (in Euro). E’ un dato di fatto provato da documenti ufficiali e non da chiacchiere da bar. Anche in questo caso non capisco cosa c’entri con Chavez e con il Venezuela e, personalmente, avrei di gran lunga preferito, all’ennessimo ritorno (sempre milionario) di Biagi nella pubblica televisione, che la RAI mollasse una buona volta questi dinosauri pretenziosi e ricchissimi e investisse i nostri soldi creando spazi per giornalisti giovani e sicuramente in grado di garantire ALMENO lo stesso livello qualitativo di Biagi. Gran ciambellano del cerchiobottismo.

    Uscendo fuori tema, trovo molto più grave il comportamento di questo governo sinistro che azzera in un colpo solo i vertici dei Servizi (prima volta nella storia della Repubblica). Non è ancora chiaro cosa c’entrasse nella vicenda Pollari (pretesto per l’azzeramento) il Gen. Mori. Persone non compromesse con la politica; queste le affermazioni del buffone Prodi per motivare il cambiamento e, per confermare che non mente mai, nomina al CESIS (l’organo di coordinamento dei Servizi) il Gen. Cucchi: da anni uno dei suoi consiglieri personali. Ma non basta. Questo governo sinistro è anche riuscito, dopo un anno dal primo tentativo fallito di azzeramento dei vertici della Guardia di Finanza di Milano – che indagavano sulle note vicende delle scalate bancarie – , a demolire il vertice della Guardia di Finanza: tutto.
    Padoa Schioppa ha persino avuto la faccia tosta di andare a raccontare al Senato, e a tutti noi, la balla colossale che Speciale era un delinquente camuffato e Visco un santo.
    Per questo volevano ‘promuoverlo’ alla Corte dei Conti.

    Dove voglio andare a parare? Non l’ho ancora capito nemmeno io. Forse a mettere in discussione un punto: non basta chiamarsi Evangelisti per imbastire, senza conoscerli e avendoli letti solo su internet (come i giornalisti che sbeffeggia) o visti in TV, argomenti credibili a sostegno di una tesi che vuole dimostrare che la chiusura di una TV è un atto democratico.

    Prima di paragonare le proteste studentesche dell’Ucraina o della Georgia a quelle degli studenti Venezuelani anti Chavez dovrebbe provare a pigliare l’aereo, andare a Kiev, e rimanerci qualche mese.

    Lo aspetto. E aspetto anche Chavez: l’inizio è buono (economicamente parlando e chiusura della TV esclusa), attenderò il seguito.

    Blackjack.

  4. @ pensieri oziosi
    Mettiamo pure che questa vicenda sia speculare a quella di Biagi-Luttazzi. I “nostri” media hanno forse per ciò asserito apoditticamente e dandolo per cosa naturale (così come non c’è bisogno di dimostrare che il sole sorge ogni mattina) che Berlusconi era un dittatore populista? Non mi pare (non ci credono davvero neppure quelli del Partito Marxista Leninista Italiano che hanno fatto i manifesti con Berlusconi/Mussolini). Inoltre, mi pare che Biagi e Luttazzi non avessero appoggiato un coup contro Berlusconi. Al di là delle analogie formali, la sostanza è ben diversa.

    @ carlo
    La vicenda Calabresi e quella Moro sono assai diverse, e arrivano in due momenti assai diversi. E’ la vicenda Moro che ha quella centralità per la vita dello Stato paragonabile alla vicenda del coup. Io credo che sia anzi da stupirsi che Chavez non l’abbia chiusa all’indomani del tentato golpe. Chiunque altro l’avrebbe fatto. Lui no (certo, non perché è “buono”, ma perché non ne aveva ancora la forza).

  5. che poi, in definitiva – a rifletterci – ci si potrebbe anche domandare quanti sappaino dov’è il Venezuela; che cosa sia il Venezuela.

    che poi, a rifletterci ancora meglio, ci si potrebbe pure chiedere cosa importi parlarne.

    che poi sicuramente si dirà che Parlare del Venezuela, altro non è che Parlare di noi stessi.

    io preferisco parlare di noi stessi.

  6. alla fin fine Chavez tende ad operare (certo, coi suoi limiti di caudillo) una forma di crescita “liberale” (nel senso libertario del termine) di una parte esclusa della popolazione (indios etc.), esclusa appunto dai diritti di cittadinanza – a fronte di minoranze proprietarie, di cui la destra pesudoliberale è corifea

  7. e prendetevela la briga di ascoltare gli studenti di cui parla evangelisti, solo il discorso di osly hernandez vale una giornata del nostro senato. e se nn capite lo spagnolo fa nulla, capirete uguale. solo il fatto che ci sia stata una discussione del genere deve farli riflettere. sono altri i difetti di chavez (come i suoi parenti) ma il suo sforzo di democrazia è enorme rispetto alla storia del suo paese.

  8. @ albert
    hai ragione quando dici: “e prendetevela la briga di ascoltare gli studenti di cui parla evangelisti”
    Troppo facile pretendere che certi commentatori parlino con cognizione di causa. Troppo difficile prendersi la briga di verificare le fonti, quando si ha il discorsetto bello pronto. Troppo scomodo Evanglisti, che parla sempre con elementi verificabili in mano.
    Come diceva il Berni ai petrarchisti, parlando di Michelangelo poeta: “e’ dice cose, e voi dite parole: / così, moderni voi scarpellatori, / et anche antichi, andate tutti al sole.”

  9. “Scomodo”? Quanto sono “scomode” certe rappresentazioni del Venezuela? Per esempio la foto della nonnina in copertina.

    Ad ogni modo, messi in saccoccia i “discorsetti”, si potrà avere almeno il diritto di dubitare?

    Voglio dire, visitiamo per bene questo sito: http://www.eymerich.com/
    Non è che sia proprio la Jane’s review. Con tutto il rispetto per lo scrittore Evangelisti, le sue ricerche e la sua saga.

  10. E poi, proprio fuori dai denti, non so in Venezuela, ma se si “manovra” la dissidenza iraniana, da quel poco che so, e da quel che leggo, a me sta bene. Sempre meglio di un’altra guerra, o no?

  11. se questa nn fosse una repubblica fondata sugli umori, evangelisti firmerebbe i suoi pezzi per il crs. magari il sito nn sarà l’Atlantic’s monthly ma è fatto bene. la questione è un’altra, quel pezzo racconta come si possa parlar male a prescindere di un paese senza conoscerlo. lui entra nella questiene e la racconta citando fonti e mettendole a disposizione di tutti. qui è stato postato solo un pezzo, ma su carmilla sono apparsi altri pezzi di persone che vivono in venezuela e a leggerli nn mi sembrano servi in orgasmo chaveziano, raccontano i fatti, anche loro. poi suoi luoghi comuni si può discutere. cmq davvero ascoltate il discorso di quella ragazza, la sua critica sui modelli proposti da quella tv, e sulle sue grandi speranze.

  12. perdonami th o.c. ma iran e venezuela sono due paesi molto diversi. il paragone nn regge. in iran nn si sta sperimentando nei comuni una democrazia partecipata dal basso, casomai si sperimenta una maggiore pressione dall’alto: religiosa e politica. strano è che si parli tanto del venezuela che sperimenta partecipazione e poco dell’iran che serra i ranghi.

  13. Io non faccio paragoni tra Chavez e Berlusconi (o forse sì ma non in questa circostanza). Faccio paragoni su quello che si scrive a proposito di Chavez e di Berlusconi. Faccio paragoni sulle interpretazioni che vengono offerte a proposito delle vicende venezuelane ed italiane: ma è una mia impressione oppure Evangelisti dice di Chavez quello che Bondi potrebbe dire a proposito di Berlusconi?

  14. BJ come mai ce l’hai tanto con Chávez, e pure con Evangelisti?
    Non è che chavez sia perfetto, ma neppure da detestare a prescindere, come vedo che capita sempre più spesso. Io non simpatizzo molto con chavez, come non simpatizzo con nessuna forma di populismo, ma l’accanimento contro chávez per me è come una cartina di tornasole del nostro paese. nessuno che parli mai delle cose buone e tutti che parlano a iosa delle cose negative. la cosa è molto, ma molto sospetta.
    tra l’altro non rinnovare la licenza a una tv (che in passato ha tentato il golpe contro l’odierno governo) non è la stessa cosa che chiuderla di forza o anche solo epurarla dei giornalisti più scomodi. Ma capisco che in un paese dove ogni tentativo di regolamentare il conflitto d’interessi o di impedire che tutta la pubblicità si concentri nel monoplio televisivo privato, è visto dai più come atto illiberale e golpe contro berlusconi (capo del governo o meno a toccarne gli interessi sembra sempre che sia in atto un golpe contro le *istituzioni*), sia un po’ difficile rimanere lucidi di fronte ad un mancato rinnovo di una concessione pubblica;-)
    geo

  15. sempre per BJ, non credo che Visco sia un santo (diffcile sostenerlo) mentre Speciale … beh, non mi sembra molto al servizo dello stato e delle istitituzioni e stop ;-)
    geo

  16. Georgia, io avercela con Chavez? Sicuramente con lo Chavez che, maldestramente, chiude una televisione creando un’enfasi mediatica che ha già oscurato tutto ciò che (fino ad ora ma sarà il tempo a confermarlo) ha proposto sul fronte economico: nazionalizzazioni di petrolio e acqua, uscita dal FMI, uscita dalla Banca Mondiale e creazione di una struttura economica alternativa. E’ quello che ho scritto e che confermo; poi trai tu le tue deduzioni come vuoi.

    Ad Evangelisti rimprovero invece lo stesso pressappochismo che lui rimprovera ai giornalisti che scrivono articoli senza sapere di cosa scrivono; o basta un servizio della Gabanelli a spacciarsi per esperti? E’ semplicemente assurdo il suo paragonare la contestazione di una parte degli studenti universitari in Venezuela, a contestazioni simili avvenute o ancora in corso, in Georgia (che caso), in Ucraina, in Kirghizistan, etc…
    Evangelisti non sa nemmeno come sono fatti quei Paesi, non sa che problemi hanno, come vivono, che rischi corrono gli studenti che manifestano, perché manifestano. Semplicemente Evangelisti offre ai suoi un paragone inutilizzabile, una retorica fasulla a sostegno delle sue opinioni. Commette lo stesso errore dei giornalisti che accusa perché non ha alcuna conoscenza di quei Paesi e non basta aver scritto 4 libri e chiamarsi Evangelisti per diventare automaticamente immuni dallo scrivere cazzate. Prosaico e supponente il suo atteggiamento.

    Georgia, prendo atto delle tue considerazioni su Speciale; dovresti provare a motivarle oppure anche tu segui la linea TPS? Inventare la realtà e poi vedersela respinta dalla Corte dei Conti che scrive: non esistono motivazioni, decisione da rivedere.

    Ma il bello è proprio lì: qui ognuno ha il diritto di interpretare la propria realtà, indipendentemente dai dati di fatto.

    Blackjack

  17. RACCONTO DI UN VENEZUELA BIPOLARE

    “Mammaaaaaaaaaa!!! Si può sapere dove hai messo la mia camicia nera? Cioè, mamma, oggi c’è la manifestazione contro la chiusura di RCTV e dobbiamo vestirci tutti di nero in segno di lutto per la morte della nostra libertà di espressione!” Così comincerebbe, un lunedì di due settimane fa, la giornata di una qualsiasi studentessa universitaria venezuelana, che non sa dove arriverà la sua protesta, e che é spinta a lottare contro quella che lei, come molti altri venezuelani, chiamano dittatura travestita, a causa della quale lei viene catalogata come una sporca oligarca ANTICHAVISTA.

    “Che ridicoli, in piazza per RCTV, loro che hanno i soldi e che guardano DIRECT TV!”(via cavo) “RCTV é un canale “golpista!”, “Qualsiasi concessione può essere rinnovata oppure no, e può anche essere revocata!”, “ora é il turno di Globovisión”. Queste ed altre simili, sono le posizioni governative, indotte e animate da una decisione che, più che per ragioni mediatiche, é stata presa per ragioni politiche.

    Situazioni come queste, sono quelle che si vivono quotidianamente in Venezuela, un paese in cui la politica é diventata l’argomento di conversazione di una festa o di un pranzo, un ambito dal quale non ci si allontana neppure in presenza di bambini o anziani, il retroscena principale di qualsiasi notizia, in breve, si é trasformata nei buongiorno e nei buonanotte di ogni venezuelano che “decide” di vivere la sua realtà. Non é più sufficiente conoscere la sagacia governativa con cui ha a che fare il Venezuela, ma si é reso necessario mantenere un criterio politico polarizzato che non ammette sfumature di grigio, o si é “OFICIALISTAS” (con il governo) o si è ESCUÁLIDOS (oppositori), i “NI-NI” (né – né, neutrali) sono inaccettabili.

    Non esiste dunque un punto neutro che possa sopravvivere in questa situazione ed ogni giorno di più é evidente il controllo dell’informazione nei mezzi di comunicazione, qualsiasi sia la tendenza politica, perché – fate attenzione – adesso viene la cosa più importante, le reti radiotelevisive e i mezzi di comunicazione venezuelani, sono fortemente politicizzati e gestiti dal governo, ad eccezione di un solo canale televisivo, destinato a coprire esclusivamente il profilo cronachista delle notizie venezuelane, e che é diffusamente definito come oligarchico dal resto delle catene televisive Chaviste. Bisogna evidenziare che, all’inizio del regime Chavista, esistevano quattro canali nazionali apertamente oppositori, adesso: a uno non é stata rinnovata la concessione, un altro ha deciso di trasmettere informazione “giusta e bilanciata” e nei suoi notiziari si limita a ritrasmettere le notizie del canale Statale, il terzo é stato acquisito da uno dei governatori del paese e l’unico sopravvissuto é stato minacciato di chiusura dal Presidente, circa due giorni dopo l’uscita dall’etere di RCTV.

    Si tratta quindi di politica o di libertà d’espressione? In questo caso non è possibile scindere le due cose. Nel momento in cui si attenta alla libertà di espressione non sappiamo più a cosa attenerci: sarà vero ciò che vediamo nei canali Statali? Sarà vero ciò che vediamo nei canali che “dissimulano” la propria posizione ogni giorno di più? Non lo sappiamo, sapremo forse sempre ciò che il governo vuole che sappiamo, soprattutto adesso che il Presidente Chávez ha appena iniziato il suo secondo mandato e ha ottenuto il potere assoluto? E nel caso in cui qualcuno rompa questa norma, dovrà poi eventualmente ritrattare? E ancora una volta torneremo al silenzio che ha caratterizzato questi giorni giacché, a parte le costanti manifestazioni studentesche, tutto sembra eccessivamente normale, come disse l’allora Vicepresidente della Repubblica, José Vicente Ranger, durante i mesi incerti del blocco petrolifero.

    All’interno dello stesso contesto sorgono allora molti interrogativi su entrambe le facce della moneta politica: quanto potrà risultare democratico che un paese abbia otto canali di televisione pubblica dei quali sei sono Chavisti, uno è stato chiuso per “non aver rispettato la Legge sui Contenuti” e l’altro è stato minacciato di chiusura a due giorni dall’interruzione delle trasmissioni di RCTV?; ma l’altra faccia domanda: se non esiste libertà d’espressione in Venezuela, allora perchè permettono che gli “ingenui studenti manipolati politicamente (oligarchi)”, scendano in piazza a marciare e protestare contro la chiusura di un canale televisivo, chiudendo le autostrade e concentrando i cortei nelle piazze della capitale? Tutto questo non rappresenta forse libertà d’espressione? É indignante ascoltare accuse come quest’ultima, quando in due settimane di manifestazioni continue non ce n’é stata una in cui non si sia dovuto lottare per ottenere un permesso ufficiale che permettesse di realizzare la protesta in una determinata zona, e persino gli stessi enti governativi si sono visti obbligati a ricordare alle forze dell’ordine che la Legge stabilisce la protezione da parte loro, a tutti i cittadini coinvolti in una protesta di indole pacifica.

    Studenti di tutte le Università a livello Nazionale si sono riuniti quotidianamente per due settimane per lottare a favore della Libertà di espressione “senza distinzioni politiche”. Esclamazioni come: Popolo matura, questa è dittatura!, Siamo studenti, non siamo “golpisti”!, Libertà di espressione!, Autonomia!, Il popolo unito, non sarà mai sconfitto!, Popolo, ascolta e unisciti alla lotta!, La gente domanda cos’é ciò che vede, siamo gli studenti della U.C.V.! ecc, hanno accompagnato la marcia e hanno causato i famosi “cacerolazos” al loro ascolto, e persino le lacrime e le benedizioni di quelli che ieri hanno lottato per la libertà del Venezuela ed oggi la vedono allontanarsi ogni giorno di più, tra le sbarre della “Libertà della Rivoluzione Bolivariana” la cui massima espressione é “PATRIA, SOCIALISMO O MORTE”.

    Come conseguenza, si sono formate proteste Universitarie interne causate dalla violazione dell’Università centrale del Venezuela (U.C.V.), Patrimonio Culturale dell’Umanità, in quanto la notte stessa in cui è stata chiusa Radio Caracas Televisión, la sicurezza e l’integrità della Scuola di Comunicazione Sociale sono state oltraggiate da scritte sulle pareti della stessa, con graffiti politici simboleggianti il Presidente della Repubblica Hugo Chávez e la nuova catena televisiva del governo TVES, che sostituirebbe RCTV, atto di vandalismo che ha ferito gli studenti ed anche importanti esponenti del mondo dei vignettisti di satira politica venezuelano provenienti dalla cosiddetta “Casa che sconfigge le ombre” (U.C.V), che vede la sua autonomia sempre più compromessa per la dichiarata intenzione del Presidente Chávez di controllare le Università dalla fine del 2007.

    Si intravede, dunque, in Venezuela, una società polarizzata, da una lotta dei poveri contro i ricchi, come affermano gli “Oficialistas” che esigono un “socialismo a morte della patria”, ma questa rivoluzione é accompagnata da un accentramento del potere da parte dei dirigenti, che mette in secondo piano la transizione da una società capitalista verso una socialista e che ricerca evidentemente la marcata distinzione di due classi politiche, economiche e razziali, infatti non è raro ascoltare (appellativi come?) “biondini oligarchi” o “emarginati Chavisti” in mezzo ai quali esiste un miscuglio di entrambi, che si riflette in una classe media che lotta per non sparire. Che succede allora a coloro che non riescono a identificare i propri ideali socio-politici in nessuna delle due direttrici attuali? Vengono facilmente conquistati dalla turbolenza che si vive e finiscono per aderire al fanatismo politico o semplicemente emigrano dal paese, lasciando alla nazione un deficit intellettuale e sociale, con la speranza che grida che tutto si aggiusterà, che potremo tornare a vivere in un Venezuela libero.

    É così che la bilancia che sostiene l’integrità e la pace del Venezuela si è squilibrata per otto lunghi ma non infiniti anni, e il controllo della situazione sfugge dalle mani di qualsiasi cittadino che viva la disintegrazione del suo ambiente tra notizie, dichiarazioni, bombe lacrimogene, politiche petrolifere, aumenti di stipendio, e inflazione, tra le altre cose. Facciamo, pertanto, un appello agli organismi Europei, perchè possano apportare alternative che contribuiscano alla risoluzione della rovente situazione che si vive attualmente in Venezuela, senza distinzioni di politica, classi, religioni ecc., perchè la vera intenzione è di diffondere nel mondo quello che realmente sta succedendo nel paese, oggettivamente e senza sensazionalismi.

    Studenti venezuelani
    Anonimi per forza

    “Chi non è stato comunista a 18 anni, non aveva cuore, chi continua ad essere comunista a 30 anni, non ha cervello.”

    Arturo Úslar Petri

  18. @caraco

    Lo so bene che sono due paesi diversi. Ma è stato Evangelisti a paragonare le “manovre” studentesche: lui con l’Ucraina, io con Teheran.

    Detto questo, tanto per ampliare la discussione, che tipo di identità culturale è quella chavista?

    “Un paese in cui la politica è diventata l’argomento di conversazione di una festa o di un pranzo”, è un paese che rientra ancora nella ‘civiltà’ occidentale oppure è un paese che torna al passato, oppure è un paese che guarda a nuove identità?

    Ad ogni modo mi sembra una discussione interessante.

  19. mi annoiate, scrivete dei post più lunghi del pezzo. io lavoro mica posso passare il tempo a leggervi, c’è di meglio. siate brevi e invece di scrivere tanto ascoltatevi gli studenti.

  20. ma io son breve, e poi son caraco :-). ho avuto l’ardire di ascoltare quei ragazzi per capire. cmq ripeto, basta sentire osly hernandez.

  21. Qualcuno sa spiegarmi perché non riesco più a vedere i video? (due giorni fa ce la facevo)

  22. E’ ridicola la versione che i media han dato dell’accaduto.
    anzi a mio parere hugo è stato fin troppo tollerante con le le tv private del suo paese.

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marco rovelli
marco rovelli
Marco Rovelli nasce nel 1969 a Massa. Scrive e canta. Come scrittore, dopo il libro di poesie Corpo esposto, pubblicato nel 2004, ha pubblicato Lager italiani, un "reportage narrativo" interamente dedicato ai centri di permanenza temporanea (CPT), raccontati attraverso le storie di coloro che vi sono stati reclusi e analizzati dal punto di vista politico e filosofico. Nel 2008 ha pubblicato Lavorare uccide, un nuovo reportage narrativo dedicato ad un'analisi critica del fenomeno delle morti sul lavoro in Italia. Nel 2009 ha pubblicato Servi, il racconto di un viaggio nei luoghi e nelle storie dei clandestini al lavoro. Sempre nel 2009 ha pubblicato il secondo libro di poesie, L'inappartenenza. Suoi racconti e reportage sono apparsi su diverse riviste, tra cui Nuovi Argomenti. Collabora con il manifesto e l'Unità, sulla quale tiene una rubrica settimanale. Fa parte della redazione della rivista online Nazione Indiana. Collabora con Transeuropa Edizioni, per cui cura la collana "Margini a fuoco" insieme a Marco Revelli. Come musicista, dopo l'esperienza col gruppo degli Swan Crash, dal 2001 al 2006 fa parte (come cantante e autore di canzoni) dei Les Anarchistes, gruppo vincitore, fra le altre cose, del premio Ciampi 2002 per il miglior album d'esordio, gruppo che spesso ha rivisitato antichi canti della tradizione anarchica e popolare italiana. Nel 2007 ha lasciato il vecchio gruppo e ha iniziato un percorso come solista. Nel 2009 ha pubblicato il primo cd, libertAria, nel quale ci sono canzoni scritte insieme a Erri De Luca, Maurizio Maggiani e Wu Ming 2, e al quale hanno collaborato Yo Yo Mundi e Daniele Sepe. A Rovelli è stato assegnato il Premio Fuori dal controllo 2009 nell'ambito del Meeting Etichette Indipendenti. In campo teatrale, dal libro Servi Marco Rovelli ha tratto, nel 2009, un omonimo "racconto teatrale e musicale" che lo ha visto in scena insieme a Mohamed Ba, per la regia di Renato Sarti del Teatro della Cooperativa. Nel 2011 ha scritto un nuovo racconto teatrale e musicale, Homo Migrans, diretto ancora da Renato Sarti: in scena, insieme a Rovelli, Moni Ovadia, Mohamed Ba, il maestro di fisarmonica cromatica rom serbo Jovica Jovic e Camilla Barone.
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