Stronzi di successo

di Andrea Bajani

A un mese dalla sua uscita in libreria, Il metodo antistronzi è un successo. Il manuale di sopravvivenza aziendale firmato dal professore di Ingegneria sociale Robert L. Sutton, pare proprio vada a ruba. Questo mi sembra un dato interessante, non tanto perché certifica la sana e robusta costituzione del nuovo marchio editoriale Elliot, quanto perché dice il tasso di frustrazione che alberga nel mondo. Mai come nell’ultima settimana mi è capitato di sentir fioccare tanti “stronzi” in libreria, urlati da gente che cercava il libro sui banconi. Di nuovo: più che un successo editoriale, è un allarme sociale. Si tratta di uno di quei casi in cui il tipo di ricezione di un libro è quasi più indicativa del suo contenuto. Mi spiego. Il libro di Sutton delimita il campo di applicazione del metodo, circoscrive l’habitat degli “stronzi”: l’azienda. Il sottotitolo parla chiaro: “Come creare un ambiente di lavoro più civile e produttivo o sopravvivere se il tuo non lo è”. Il destinatario esplicitato, dunque, è il manager, colui che si occupa dell’ “ambiente di lavoro”. Solo in seconda battuta (“O sopravvivere se il tuo non lo è”), il destinatario del libro viene identificato (anche) nell’impiegato. Il metodo antistronzi è dunque in qualche modo un testo di organizzazione aziendale scritto da un accademico che insegna Ingegneria sociale. Eppure viene acquistato come fosse un manuale di sopravvivenza quotidiana, di filosofia applicata. O al limite come un manuale di pratica domestica: liberarsi delle tarme, far fuori le blatte, i vermi, i topi, o per l’appunto gli “stronzi” che infestano i luoghi in cui trascorriamo le giornate. Le manifestazioni carnevalesche a cui ho assistito in libreria, il sollievo con cui ho visto chiedere il libro, sono indicative proprio di una ricerca di generica sopravvivenza quotidiana. Specchio di un’epoca in cui il problem solving ha trionfato sul pensiero: ti aiuta nella contingenza e non ti fa correre il rischio di passar per ideologico.

Ma Il metodo antistronzi è qualcosa di più e qualcosa di meno, di un trattato di saggezza per postmoderni frustrati, illivoriti dalle intemperie dei rapporti interpersonali. Il libro di Sutton offre uno spaccato del mondo del lavoro contemporaneo identificando una costante: la tendenza alla prevaricazione, alla sopraffazione, all’arroganza. Il fatto poi che prevaricazione, sopraffazione e arroganza siano diffuse anche al di fuori dei recinti lavorativi, spiega l’attesa messianica, la speranza di salvezza sulla terra che anima gli acquirenti del Metodo. Ma andiamo con ordine. Sutton usa gli “stronzi” come rappresentanti di un tipologia antropologica molto ben rappresentata nei luoghi di lavoro: l’arrivista a tutti i costi. Quello per intenderci che nella vulgata comune viene definito “arrogante con gli umili, zerbino coi potenti”. Gli uffici di tutto il mondo pullulano di questi personaggi. Li si riconosce dall’odore, dalla camminata e da quell’accenno di sudore che gli imperla ogni centimetro di faccia facendoli sembrare salsicce dentro una pellicola di cellophan. In realtà lo “stronzo” di Sutton è sì l’arrivista ma è anche un altro tipo d’uomo (o di donna): è anche l’arrogante perché potente. Ovvero: l’unico che fuma il sigaro dove non si può fumare, che spalanca le porte senza bussare, che dispensa commenti sgradevoli e lascivi, che parla a voce alta quando gli altri sono riuniti, che si siede sulla scrivania dei suoi sottoposti masticando panini che sembrano bucati, tante sono le briciole che precipitano giù. Più che darne una definizione vera e propria, dello “stronzo”, Sutton insegna a riconoscerlo con un atto di autoascolto, di autoconsapevolezza. Lo “stronzo” si riconosce soprattutto per l’effetto che fa: “Dopo aver parlato con il presunto stronzo, il ‘bersaglio’ si sente oppresso, umiliato, sgonfiato o sminuito. In particolare, la vittima si sente a disagio con se stessa”. Si tratta di un tipo umano – quasi di una figura professionale – che rilascia malessere dove passa, che aggredisce sempre gratuitamente, senza pentirsene mai. Parafrasando una vecchio tormentone degli anni Settanta, si potrebbe dire che essere “stronzi” significa non dover mai dire mi dispiace.

Ma Sutton non si limita soltanto a identificare la sua “bestia nera”. Il metodo antistronzi fornisce test pratici per riconoscere il nemico, tassonomie dettagliate di “Misfatti comuni e quotidiani commessi dagli stronzi” (tra cui gli insulti personali, le interruzioni sgarbate, le battute scarcastiche, il contatto fisico non richiesto), esempi di “stronzi” celebri o aspiranti tali (il produttore Scott Rudin, “uno dei boss più cattivi di Hollywood”, o Linda Wachner, ex amministratore delegato della Warnaco), piccoli espedienti per sopravvivere in ufficio a contatto con i cattivi, e un rapido vademecum per arginare lo “stronzo” che pascola dentro ognuno di noi ma che è bene saper tenere a bada. Ma soprattutto, Sutton parla dei danni arrecati dagli “stronzi” alle aziende. Ecco, questo mi sembra l’elemento più interessante della sua posizione. Un atteggiamento prevaricatore e arrogante nuoce, oltreché alle persone coinvolte, anche alla produttività dell’azienda. Sutton identifica persino un coefficiente, che chiama CTS (Costo Totale degli Stronzi), quantificabile in denaro speso dall’azienda per riparare ai disastri commessi dai prevaricatori. In un momento come quello attuale di ostentazione dell’arroganza, di furbismi esibiti, di aggiramento sistematico delle regole – nel mondo del lavoro e non solo – una posizione come quella di Sutton potrebbe aiutare a ridurre la barbarie. Se infatti l’unico parametro che conta, che ha diritto di parola, è quello del denaro, allora dire che un atteggiamento incivile è anche poco redditizio in termini di profitto, può aiutare se non a farlo scomparire, quantomeno a ridurlo. Che significa appunto affontare la barbarie restando nell’ambito del problem solving, più che in quello dell’esercizio del pensiero. Ma forse è meglio di niente.

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25 Commenti

  1. ho appena finito ” mi spezzo ma non mi impiego”, complimenti, gran belle trovate. Bisognerebbe farlo leggere al ministro Schioppa che ci chiama bamboccioni…assieme al metodo antistronzi!!
    Mi interessa molto anche il prossimo libro “Viva ceausescu!”, visto che son nato a Timisoara. Son curioso di vedere come è ritratta la Romania.

    Catalin florin maggi
    http://www.allafrutta.blogs.it

  2. Per circoscrivere il comportamente degli stronzi e definirlo dannoso, serve quantificarlo in denaro e metterlo sotto la voce “costi”. Il danno che deriva dalla loro semplice esistenza non basta per una condanna.
    Vivo in Veneto, terra di aziende e di stronzi di varia natura e dimensione. Posso testimoniare che l’idea di perdere soldi se in azienda si ritrovano troppi stronzi può fare presa, mettere paura. Mi sa che resteranno in pochi a lavorare…

  3. @Elena, in effetti nel libro di Sutton l’argomento dei costi è trattato in maniera approfondita. Quella dei costi è una delle sue tesi principali.
    @Catalin Florin Maggi, grazie delle cose che scrivi su “Mi spezzo ma non m’impiego”. Il titolo del mio romanzo nuovo nel frattempo è cambiato, e si intitolerà “Se consideri le colpe”. “Viva Ceausescu” era soltanto un titolo di lavorazione.
    @Sergio. Grazie davvero.

  4. strano che bajani veda “la tendenza alla prevaricazione, alla sopraffazione, all’arroganza” solo come una costante del lavoro contemporaneo.
    per me è una costante universale, trans-storica, trans-culturale, trans-oceanica, trans-galattica.
    dentro ciascuno di noi si annida lo stronzo: per vederlo manifestarsi basta appena un po’ di potere, di successo.
    se e quando arrivano allora lo vedi, cioè lo vedono gli altri.

  5. ho incontrato un tale, ho scoperto che è un consulente filosofico.
    è un mestiere attinente al tema del post?

  6. Hai ragione Tashtego, a dire che la prevaricazione è una costante non solo del mondo del lavoro. Per questo scrivo: “Il fatto poi che prevaricazione, sopraffazione e arroganza siano diffuse anche al di fuori dei recinti lavorativi, spiega l’attesa messianica, la speranza di salvezza sulla terra che anima gli acquirenti del Metodo”.

  7. non mi sorprende il fuggi fuggi disperato verso la libreria alla conquista del saggio mascherato da farsa di costume.Il turpiloquio gratuito tira sempre,come tutto ciò che tittilla la pruderie.Quando vendevo narrazioni altrui nei mercati della domenica mi resi conto che gli acquisti erano mossi dallo stesso spirito.Tutti cercavano Bukowski(tralasciando la corsa ai testi sui facili guadagni),confidando di carpirgli segreti relativi alle sue poderose erezioni,sorvolando sul fatto che la forza dello zio buck stava nella sua capacità di scovare la poesia annidata nella feccia e di restituircela con un sorriso quasi mai scontato.Chi acquista il libro in questione quasi sempre dimentica lo stronzo che ci alberga dentro,cresciuto nell’indifferenza dei torti visti e dimenticati

  8. A proposito di prevaricazioni nel mondo del lavoro, leggetevi il romanzo di Andrea Carraro “Il sorcio” (c’è un bel Sorcio in giacchetta in copertina), uno dei più bei libri italiani degli ultimi tempi, chissà perché in questo sito nopn ne parla nessuno. Un libro che affronta, in modo lucido e duro, il tema del mobbing nei posti di lavoro.

  9. Sì, l’ho comprato “Il sorcio”, ma ho letto solo una parte, finora mi piace molto anche se fa soffrire perché il personaggio del Sorcio (il mobbizzatore) è un vero stronzo, anzi direi che è il prototipo dello Stronzo, è Lo Stronzo Cosmico. E’ vero quello che dice Tashtego: “in ciascuno di noi si annida lo stronzo” e infatti ne “Il sorcio” anche il personaggio derl protagonista mobbizzato è tutt’altro che uno stinco di santo.

  10. Io sono un “mobbizzato” che si è ribellato al Sorcio di turno rivolgendosi al sindacato. Adesso sono in causa, spero di spillare allo Stronzo-Sorcio un po’ di soldi… Peccato che “penalmente” non c’è reato!

  11. bene, comprerò subito Il metodo antistronzi e “Il sorcio” di Andrea Carraro che se ho capito bene è un romanzo sul mobbing. Di Andrea Carraro avevo letto solo Il branco che era un libro intenso ma durissimo. Speriamo che questo sia un po’ meno “cazzotto nello stomaco”, io ho lo stomaco debole.

  12. Ecco il solito lettore medio (o lettrice media) italiano che vuole essere rassicurato non solo in politica (Veltroni) ma anche in letteratura. Sforzxatevi di leggere anche libri che fanno male, ma che dicono la verità!

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