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assAlto al cielo

 
 di Marco Rovelli

La casa editrice Eleuthera ha pubblicato A-cerchiata. Storia veridica ed esiti imprevisti di un simbolo. Una storia per immagini di un segno forte, recente (nasce nel 1964 a Parigi) eppure di una potenza quasi archetipica. Un libro fatto di bellissime immagini e fotografie (il progetto fotografico e il design sono di Gianluca Chinnici), e di contributi testuali di natura differente (storici, scrittori, grafici, semiologi, artisti, critici…): di fatto, una traversata nell’immaginario contemporaneo. Qui la scheda. Di seguito, il mio breve contributo.

E’ una grafia sghemba, la mia, che fa sempre una distratta violenza ai contorni del mondo. Come per anticiparlo, per ritrovarsi sempre giusto davanti a lui, anche solo un passo. E’ una grafia che affretta il compimento – o almeno lo vorrebbe. Che le cose si chiudano, se lo devono.

E’ una volontà manifesta nel cerchio della A (ho davanti agli occhi le mie A cerchiate, d’un tempo, e di adesso). Non è un cerchio, tracciato da me, ma un ovale. Come a stringere i tempi, a prendere una scorciatoia – se l’anello deve chiudersi, che si chiuda prima. Tanto quell’anello dovrà essere sfondato, e allora che importa se non è davvero un cerchio. Ciò che conta, di quell’anello imperfetto, è ciò che lo sfonda. E’ quella A che lo sfonda dal basso, incuneandosi con la punta nel suo vuoto, e lo trapassa, emergendo in alto. E allora la A sì che è perfetta. E’ la A il vettore del movimento. Quella A che è la figura perfetta dell’assalto al cielo.

La A cerchiata è stata il mio primo riconoscimento (e io mi riconosco in quella grafia sghemba, contorta, frenetica). Quando, nell’adolescenza, si prende coscienza e ci si rischiara – se è vero che rischiaramento significa uscita dallo stato di minorità. A cerchiata come affermazione di sé – ma un’affermazione labile, un puro contorno, una traccia: A che è alfa privativa, in due direzioni: da una parte, sottrarsi alla condizione imposta dal mondo, quella condizione che non si è scelta, che ti è accaduta in sorte, per la famiglia in cui sei nato, per l’educazione che hai scelto, per il nome hai preso; e dall’altra, designare un altrove, un altro luogo dove iniziare daccapo, dove essere madri di se stessi.

La A cerchiata, dunque, è una soglia – un puro transito – a nulla rimanda, ma designa la volontà di “farla finita”, e insieme di “fare daccapo”. Designa il luogo del puro (ri)cominciamento: il cerchio è la stasi del nulla, e la A che lo sfonda l’estasi della creazione.

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8 Commenti

  1. … e verrà il giorno in cui Stato, bandiere, frontiere, discriminazioni, classi sociali, ineguaglianza, economia, guerra, miseria, mercato e lavoro coatto, violenza non saranno che il brutto ricordo della preistoria dell’umanità.

  2. Sarà una risata che vi seppellirà – è un richiamo carnevalesco il cui valore, per me, sta però anzitutto nella prassi dell’immanenza ch’essa proclama (il ben noto “voglio dei di cui ridere”) – e c’è qualcosa di più appropriato a un’etica di un mondo “globale”? – non dico multiculturale, perchè anche il multiculturalismo, in fine, è un dio di cui ridere… Quell’orizzonte tutto immanente che consiste in quell’utopia qui cerchiata (quel volo della donna a seno nudo, bello).

    Ciao Pralina! Felice di farti da sfondo visionario – prossimamente spero di ispirarti col disco nuovo di libertAria…

    Ciao Nadia.

  3. Grazie a Marco Rovelli per questi squarci libertari su N.I, aspetto (aspettiamo, non siamo pochi a quanto leggo) altri contributi

  4. Non son l’uno per cento ma credetemi esistono
    In gran parte spagnoli chi lo sa mai perché
    Penseresti che in Spagna proprio non li capiscano
    Sono gli anarchici
    Han raccolto già tutto
    Di insulti e battute
    E più hanno gridato
    Più hanno ancora fiato
    Hanno chiuso nel petto
    Un sogno disperato
    E le anime corrose
    Da idee favolose
    Non son l’uno per cento ma credetemi esistono
    Figli di troppo poco o di origine oscura
    Non li si vede mai che quando fan paura
    Sono gli anarchici
    Mille volte son morti
    Come è indifferente
    Con l’amore nel pugno
    Per troppo o per niente
    Han gettato testardi
    La vita alla malora
    Ma hanno tanto colpito
    Che colpiranno ancora
    Non son l’uno per cento ma credetemi esistono
    e se dai calci in culo c’è da incominciare
    Chi è che scende per strada non lo dimenticare
    Sono gli anarchici
    Hanno bandiere nere
    Sulla loro Speranza
    E la malinconia
    Per compagna di danza
    Coltelli per tagliare
    Il pane dell’Amicizia
    E del sangue pulito
    Per lavar la sporcizia
    Non son l’uno per cento ma credetemi esistono
    Stretti l’uno con l’altro e se in loro non credi
    Li puoi sbattere in terra ma sono sempre in piedi
    Sono gli anarchici

    http://video.google.com/videoplay?docid=-4703007642058040951&hl=en

  5. Però è troppo rotondo il cerchio che incornicia la A graffiato sui muri dai nostri (miei?) amici anarchici. Bisognerebbe sghembarlo od ovalizzarlo un po’

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Marco Rovelli nasce nel 1969 a Massa. Scrive e canta. Come scrittore, dopo il libro di poesie Corpo esposto, pubblicato nel 2004, ha pubblicato Lager italiani, un "reportage narrativo" interamente dedicato ai centri di permanenza temporanea (CPT), raccontati attraverso le storie di coloro che vi sono stati reclusi e analizzati dal punto di vista politico e filosofico. Nel 2008 ha pubblicato Lavorare uccide, un nuovo reportage narrativo dedicato ad un'analisi critica del fenomeno delle morti sul lavoro in Italia. Nel 2009 ha pubblicato Servi, il racconto di un viaggio nei luoghi e nelle storie dei clandestini al lavoro. Sempre nel 2009 ha pubblicato il secondo libro di poesie, L'inappartenenza. Suoi racconti e reportage sono apparsi su diverse riviste, tra cui Nuovi Argomenti. Collabora con il manifesto e l'Unità, sulla quale tiene una rubrica settimanale. Fa parte della redazione della rivista online Nazione Indiana. Collabora con Transeuropa Edizioni, per cui cura la collana "Margini a fuoco" insieme a Marco Revelli. Come musicista, dopo l'esperienza col gruppo degli Swan Crash, dal 2001 al 2006 fa parte (come cantante e autore di canzoni) dei Les Anarchistes, gruppo vincitore, fra le altre cose, del premio Ciampi 2002 per il miglior album d'esordio, gruppo che spesso ha rivisitato antichi canti della tradizione anarchica e popolare italiana. Nel 2007 ha lasciato il vecchio gruppo e ha iniziato un percorso come solista. Nel 2009 ha pubblicato il primo cd, libertAria, nel quale ci sono canzoni scritte insieme a Erri De Luca, Maurizio Maggiani e Wu Ming 2, e al quale hanno collaborato Yo Yo Mundi e Daniele Sepe. A Rovelli è stato assegnato il Premio Fuori dal controllo 2009 nell'ambito del Meeting Etichette Indipendenti. In campo teatrale, dal libro Servi Marco Rovelli ha tratto, nel 2009, un omonimo "racconto teatrale e musicale" che lo ha visto in scena insieme a Mohamed Ba, per la regia di Renato Sarti del Teatro della Cooperativa. Nel 2011 ha scritto un nuovo racconto teatrale e musicale, Homo Migrans, diretto ancora da Renato Sarti: in scena, insieme a Rovelli, Moni Ovadia, Mohamed Ba, il maestro di fisarmonica cromatica rom serbo Jovica Jovic e Camilla Barone.
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