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Portarsi avanti con gli addii

francesco-tomadadi Francesco Tomada

Da L’infanzia vista da qui (Sottomondo, 2005)

 

Nelle campagne dietro Cormons

Quanta limpidezza d’aria che c’è oggi

se lo sguardo ha spazio siamo tutti viaggiatori

bastano i filari delle viti come rotta

e le scie di aerei a sostenere il cielo

 

 

Impercezione

Dormi e il tuo corpo si fa sottile

come un quadrifoglio tra le pagine

e non è carta ma stoffa di lenzuola

e non è libro ma tu portaci fortuna

in questa escoriazione fino al vivo

che per paura di essere banali

solo di rado chiamiamo amore

 

(a Stefania, finalmente)

Eri troppo minuta per essere donna e sorella maggiore

come sembrava impossibile che tu fossi madre

come sembrava impossibile morire di parto

nell’anno duemila di Dio

 

pesavi di meno di questo cognome che oggi

io porto da solo che se si potesse prenderlo

in braccio e sollevarlo come facevo con te

sarei un uomo diverso e avrei un sorriso

più facile da regalare ai miei figli

 

Da A ogni cosa il suo nome (Le voci della Luna, 2008)

 

Il terremoto del ‘76

Quando venne il terremoto del ‘76

era sera ed io avevo otto anni

uscimmo tutti di corsa nei cortili

così come eravamo, noi bambini già in pigiama

 

ricordo la casa che tremava nel buio

e non ho mai pensato che potesse cadere

ma avevo paura, paura per il rumore

e perché si muoveva la terra

e restava ferma l’aria

 

una cosa sconosciuta

 

il contrario del vento

 

 

A mia madre

Guardo la casa dove vivi sola

la stessa dove anch’io sono nato

e ho vissuto

 

dici che più niente ti lega a questa terra

che verrai ad abitare più vicina a me

non si sa mai, un’influenza

o soltanto un mobile da spostare

 

intanto hai rinnovato le stanze

cambiato la cucina lucidato i pavimenti

dipinto la ringhiera dello stesso colore bruciato

che ha sempre avuto

 

è come se prima di andare

tu mettessi in ordine i ricordi

 

e ho paura di pensare che hai più di settant’anni

e senza dirmi niente per non farmi preoccupare

ti stai preparando a qualcosa di più grande

di un trasloco

 

Tre diviso due

Ricordo che un giorno scherzavamo

se ci lasciassimo cosa sarebbe dei nostri tre figli

uno e mezzo a testa?

li taglieremmo a metà?

 

era un gioco stupido, ancora più stupido

adesso che sembra avverarsi

c’è una realtà dove tutti si perde

e tre diviso due fa zero

 

 

Da Portarsi avanti con gli addii (Raffaelli, 2014)

 

Mezzo vuoto mezzo pieno

Io ti osservo e penso sempre a tante cose

che vorrei avere più tempo

e più attenzione da te

che invece per i figli sei presente e ti consumi

come io non sarei mai capace

 

ma anche quando resto ai margini di te

comunque c’è bellezza nel vederti

in fondo

neanche i fiori fioriscono per noi

 

 

A conti fatti

Lo puoi vedere ancora nei miei occhi:

sono stato un bambino con poca gioia

 

invece il tuo sorriso esplode spesso senza alcun motivo

allora ho pensato che ne potesse avanzare per me

e anche per altri

 

per questo è nel tuo ventre

che ho cercato i miei figli

 

 

Izet

 

Devo cercare da qualche parte

una nuova sorella.

 

Perché io non posso

non essere fratello.

Izet Sarajlić

 

Non è così semplice

non essere più fratello

 

per anni continui a voltarti

aspettandoti la stessa faccia conosciuta

 

per anni ti viene da telefonare

a un numero che conosci ancora a memoria

anche se suona vuoto

 

pensi che a Natale devi fare gli auguri

a tutti i parenti e non

a tutti meno uno

 

non è così semplice

non esserti più fratello

 

e quando ti abitui

e quando poi ti abitui

capisci che i figli unici

soffrono sempre di solitudine

 

 Una forma di gelosia

Ti sei addormentata ancora nuda

adesso il tuo torace si muove lentamente

lo sento appoggiandoti le mani sulla pelle

penso al fiato veloce di prima

che era tuo e nostro insieme

mentalmente faccio la differenza

per capire quanta parte del tuo respiro

sia dedicata a me

 

[Una mia nota di lettura sul recente libro Portarsi avanti con gli addii si può trovare qui.

Di seguito una scheda bibliografica dell’autore presentato.B.C.]

Francesco Tomada è nato nel 1966 e vive a Gorizia, dove insegna Biologia e Chimica nelle scuole superiori. Dalla metà degli anni novanta ha partecipato a letture ed incontri nazionali ed internazionali, così come a trasmissioni radiofoniche e televisive in Italia e all’estero. I suoi testi sono apparsi su numerose riviste, antologie, plaquettes  e siti web in Italia, Slovenia, Canada, Francia, Slovacchia, Lituania, Austria, Messico, Spagna, Svizzera, Belgio, Bulgaria, Croazia. La sua prima raccolta, “L’infanzia vista da qui” (Sottomondo), è stata edita nel dicembre 2005 e ristampata nel marzo 2006. Nel 2007 ha vinto Premio Nazionale “Beppe Manfredi” per la migliore opera prima. La seconda raccolta, “A ogni cosa il suo nome” (Le Voci della Luna), è stata pubblicata nel dicembre 2008 ed ha ricevuto riconoscimenti in diversi concorsi a carattere nazionale. Ma i premi che non ha vinto sono molti di più. Recentemente ha curato un’antologia sulla produzione letteraria della Provincia di Gorizia dal 1861 ad oggi. Nel 2014 è stata pubblicata la sua terza raccolta, “Portarsi avanti con gli addii”, per Raffaelli Editore.

 

 

 

 

 

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9 Commenti

  1. Condivido a pieno la bella lettura che ne fa Biagio nel video linkato in calce al post, soprattutto laddove Biagio evidenzia la necessità e – direi quasi – “la dichiarazione di poetica” che Tomada manifesta sin dalla scelta dei titoli delle sue tre raccolte, indefinibilmente liriche ma al contempo assolutamente lontane da tecnicismi di ricerca e manierismi metrici, in cui emerge la necessità di far sì che l’io del poeta più che crogiolarsi in intimismo lirico autocompiacente si fa espressione di consapevolezza e consequenziale bisogno di tradurre il proprio poiein in un qualcosa che renda la manifestazione artistica prova ed evidenza di identità che coincida a se stessa.
    Al di là di ogni manierismo tecnico, la poesia di Francesco Tomada è “coincidenza” tra metodo ed essere, coerenza tra espressione artistica e il proprio stare al mondo.

  2. “Portarsi avanti con gli addii” e’ un titolo sublime. Posso usarlo per il mio romanzo? E’ proprio quello di cui ho bisogno

  3. Magnifico il titolo e magnifiche le poesie: la selezione è solo un assaggio, nella completezza dell’opera acquistano una forza maggiore.

  4. Grazie a Ni per l’ospitalità, a Biagio per il supporto (ti sono riconoscente) e a tutti quelli che hanno lasciato un segno.
    Non c’è nessun copyright sul titolo, certo che si può usare!
    Grazie ancora.

    Francesco

  5. Ho sentito parlare spesso di quest’autore ma non mi era mai capitato di leggere le sue poesie. Quelle postate qui sono davvero belle, coerenti, “oneste” nel rappresentare dettagli e soprattutto affetti; non a caso l’ho sentito vicino nella descrizione di situazioni di vita e nel ricordo di un’assenza incolmabile, avendo vissuto io stessa una grave perdita. Eppure non ho colto intimismo fine a se stesso, piuttosto una grande abilità nel raccordare il privato con la storia, il passato con la realtà attuale delle cose. Finalmente un poeta consapevole di sè e degli altri, autentico, che sa trasmettere emozioni.

  6. “Finalmente un poeta consapevole di sè e degli altri, autentico, che sa trasmettere emozioni.”

    Prendo a prestito queste parole di Deborah Mega, la sua meraviglia nello scoprire la “limpida profondità” di Francesco Tomada. Descrivere la poesia di Francesco è possibile in pochissime parole. E’ la poesia allo stato della purezza, il suo tessuto originario. Penso che pochi oggi siano al livello della sua scrittura, perché pochi sanno maneggiare la materia prima dell’universalità del sentimento umano senza cadere, prima o poi, in qualche inciampo (retorica? iperletterarietà? autoreferenzialità?). Tomada è quanto di più lontano dalla trappola di Holan, che diceva “è sempre il poetico che uccide la poesia”. Lui è poetico nel senso alto del termine, in quanto scrive del sentimento senza mai scivolare nel sentimentale. La sua è poesia perché la sua struttura (quasi una micronarrazione con climax finale), ha un procedere armonico che, nelle proprietà di questo stile, ha raggiunto lo stato dell’arte. Quindi é Poesia. Con la lettera maiuscola.

    “Portarsi avanti con gli addi” è un libro splendido che non dovrebbe mai mancare sugli scaffali di chi ama questo genere letterario, intendendolo come “dono”, come esperienza alta di corrispondenza umana.

    Nino Iacovella

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biagio cepollaro
Biagio Cepollaro, nato a Napoli nel 1959, vive a Milano. Esordisce come poeta nel 1984 con Le parole di Eliodora (Forum/Quinta generazione), nel 1993 pubblica Scribeide (Piero Manni ed.) con prefazione di Romano Luperini e Luna persciente (Carlo Mancosu ed.) con prefazione di Guido Guglielmi. Sono gli anni della poetica idiolettale e plurilinguista, del Gruppo 93 e della rivista Baldus . Con Fabrica (Zona ed., 2002), Versi nuovi (Oedipus ed., 2004) e Lavoro da fare (e-book del 2006) la lingua poetica diventa sempre più essenziale aprendosi a una dimensione meditativa della poesia. Questa seconda fase del suo percorso è caratterizzata da pionieristiche attività editoriali in rete che danno vita alle edizioni on line di ristampe di autori come Niccolai, Di Ruscio e di inediti di Amelia Rosselli, a cui si aggiungono le riviste-blog, come Poesia da fare (dal 2003) e Per una Critica futura (2007-2010). Nello stesso periodo si dedica intensamente alla pittura (La materia delle parole, a cura di Elisabetta Longari, Galleria Ostrakon, Milano, 2011), pubblicando libri che raccolgono versi e immagini, come Da strato a strato, prefato da Giovanni Anceschi, La Camera Verde, 2009. Il primo libro di una nuova trilogia poetica, Le qualità, esce presso La Camera Verde nel 2012. E' in corso di pubblicazione il secondo libro, La curva del giorno, presso L'arcolaio editrice. Sito-archivio: www.cepollaro.it Blog dedicato alla poesia dal 2003: www.poesiadafare.wordpress.com Blog dedicato all’arte: http://cepollaroarte.wordpress.com/
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