Portarsi avanti con gli addii
Da L’infanzia vista da qui (Sottomondo, 2005)
Nelle campagne dietro Cormons
Quanta limpidezza d’aria che c’è oggi
se lo sguardo ha spazio siamo tutti viaggiatori
bastano i filari delle viti come rotta
e le scie di aerei a sostenere il cielo
Impercezione
Dormi e il tuo corpo si fa sottile
come un quadrifoglio tra le pagine
e non è carta ma stoffa di lenzuola
e non è libro ma tu portaci fortuna
in questa escoriazione fino al vivo
che per paura di essere banali
solo di rado chiamiamo amore
(a Stefania, finalmente)
Eri troppo minuta per essere donna e sorella maggiore
come sembrava impossibile che tu fossi madre
come sembrava impossibile morire di parto
nell’anno duemila di Dio
pesavi di meno di questo cognome che oggi
io porto da solo che se si potesse prenderlo
in braccio e sollevarlo come facevo con te
sarei un uomo diverso e avrei un sorriso
più facile da regalare ai miei figli
Da A ogni cosa il suo nome (Le voci della Luna, 2008)
Il terremoto del ‘76
Quando venne il terremoto del ‘76
era sera ed io avevo otto anni
uscimmo tutti di corsa nei cortili
così come eravamo, noi bambini già in pigiama
ricordo la casa che tremava nel buio
e non ho mai pensato che potesse cadere
ma avevo paura, paura per il rumore
e perché si muoveva la terra
e restava ferma l’aria
una cosa sconosciuta
il contrario del vento
A mia madre
Guardo la casa dove vivi sola
la stessa dove anch’io sono nato
e ho vissuto
dici che più niente ti lega a questa terra
che verrai ad abitare più vicina a me
non si sa mai, un’influenza
o soltanto un mobile da spostare
intanto hai rinnovato le stanze
cambiato la cucina lucidato i pavimenti
dipinto la ringhiera dello stesso colore bruciato
che ha sempre avuto
è come se prima di andare
tu mettessi in ordine i ricordi
e ho paura di pensare che hai più di settant’anni
e senza dirmi niente per non farmi preoccupare
ti stai preparando a qualcosa di più grande
di un trasloco
Tre diviso due
Ricordo che un giorno scherzavamo
se ci lasciassimo cosa sarebbe dei nostri tre figli
uno e mezzo a testa?
li taglieremmo a metà?
era un gioco stupido, ancora più stupido
adesso che sembra avverarsi
c’è una realtà dove tutti si perde
e tre diviso due fa zero
Da Portarsi avanti con gli addii (Raffaelli, 2014)
Mezzo vuoto mezzo pieno
Io ti osservo e penso sempre a tante cose
che vorrei avere più tempo
e più attenzione da te
che invece per i figli sei presente e ti consumi
come io non sarei mai capace
ma anche quando resto ai margini di te
comunque c’è bellezza nel vederti
in fondo
neanche i fiori fioriscono per noi
A conti fatti
Lo puoi vedere ancora nei miei occhi:
sono stato un bambino con poca gioia
invece il tuo sorriso esplode spesso senza alcun motivo
allora ho pensato che ne potesse avanzare per me
e anche per altri
per questo è nel tuo ventre
che ho cercato i miei figli
Izet
Devo cercare da qualche parte
una nuova sorella.
Perché io non posso
non essere fratello.
Izet Sarajlić
Non è così semplice
non essere più fratello
per anni continui a voltarti
aspettandoti la stessa faccia conosciuta
per anni ti viene da telefonare
a un numero che conosci ancora a memoria
anche se suona vuoto
pensi che a Natale devi fare gli auguri
a tutti i parenti e non
a tutti meno uno
non è così semplice
non esserti più fratello
e quando ti abitui
e quando poi ti abitui
capisci che i figli unici
soffrono sempre di solitudine
Una forma di gelosia
Ti sei addormentata ancora nuda
adesso il tuo torace si muove lentamente
lo sento appoggiandoti le mani sulla pelle
penso al fiato veloce di prima
che era tuo e nostro insieme
mentalmente faccio la differenza
per capire quanta parte del tuo respiro
sia dedicata a me
[Una mia nota di lettura sul recente libro Portarsi avanti con gli addii si può trovare qui.
Di seguito una scheda bibliografica dell’autore presentato.B.C.]
Francesco Tomada è nato nel 1966 e vive a Gorizia, dove insegna Biologia e Chimica nelle scuole superiori. Dalla metà degli anni novanta ha partecipato a letture ed incontri nazionali ed internazionali, così come a trasmissioni radiofoniche e televisive in Italia e all’estero. I suoi testi sono apparsi su numerose riviste, antologie, plaquettes e siti web in Italia, Slovenia, Canada, Francia, Slovacchia, Lituania, Austria, Messico, Spagna, Svizzera, Belgio, Bulgaria, Croazia. La sua prima raccolta, “L’infanzia vista da qui” (Sottomondo), è stata edita nel dicembre 2005 e ristampata nel marzo 2006. Nel 2007 ha vinto Premio Nazionale “Beppe Manfredi” per la migliore opera prima. La seconda raccolta, “A ogni cosa il suo nome” (Le Voci della Luna), è stata pubblicata nel dicembre 2008 ed ha ricevuto riconoscimenti in diversi concorsi a carattere nazionale. Ma i premi che non ha vinto sono molti di più. Recentemente ha curato un’antologia sulla produzione letteraria della Provincia di Gorizia dal 1861 ad oggi. Nel 2014 è stata pubblicata la sua terza raccolta, “Portarsi avanti con gli addii”, per Raffaelli Editore.
Condivido a pieno la bella lettura che ne fa Biagio nel video linkato in calce al post, soprattutto laddove Biagio evidenzia la necessità e – direi quasi – “la dichiarazione di poetica” che Tomada manifesta sin dalla scelta dei titoli delle sue tre raccolte, indefinibilmente liriche ma al contempo assolutamente lontane da tecnicismi di ricerca e manierismi metrici, in cui emerge la necessità di far sì che l’io del poeta più che crogiolarsi in intimismo lirico autocompiacente si fa espressione di consapevolezza e consequenziale bisogno di tradurre il proprio poiein in un qualcosa che renda la manifestazione artistica prova ed evidenza di identità che coincida a se stessa.
Al di là di ogni manierismo tecnico, la poesia di Francesco Tomada è “coincidenza” tra metodo ed essere, coerenza tra espressione artistica e il proprio stare al mondo.
che poesie splendide.
un autore che non conoscevo: grazie per la scoperta!
Che belle poesie!
“Portarsi avanti con gli addii” e’ un titolo sublime. Posso usarlo per il mio romanzo? E’ proprio quello di cui ho bisogno
Magnifico il titolo e magnifiche le poesie: la selezione è solo un assaggio, nella completezza dell’opera acquistano una forza maggiore.
Grazie a Ni per l’ospitalità, a Biagio per il supporto (ti sono riconoscente) e a tutti quelli che hanno lasciato un segno.
Non c’è nessun copyright sul titolo, certo che si può usare!
Grazie ancora.
Francesco
Troppo generoso. Avrei fatto meglio a rubartelo, senza chiedere
Ho sentito parlare spesso di quest’autore ma non mi era mai capitato di leggere le sue poesie. Quelle postate qui sono davvero belle, coerenti, “oneste” nel rappresentare dettagli e soprattutto affetti; non a caso l’ho sentito vicino nella descrizione di situazioni di vita e nel ricordo di un’assenza incolmabile, avendo vissuto io stessa una grave perdita. Eppure non ho colto intimismo fine a se stesso, piuttosto una grande abilità nel raccordare il privato con la storia, il passato con la realtà attuale delle cose. Finalmente un poeta consapevole di sè e degli altri, autentico, che sa trasmettere emozioni.
“Finalmente un poeta consapevole di sè e degli altri, autentico, che sa trasmettere emozioni.”
Prendo a prestito queste parole di Deborah Mega, la sua meraviglia nello scoprire la “limpida profondità” di Francesco Tomada. Descrivere la poesia di Francesco è possibile in pochissime parole. E’ la poesia allo stato della purezza, il suo tessuto originario. Penso che pochi oggi siano al livello della sua scrittura, perché pochi sanno maneggiare la materia prima dell’universalità del sentimento umano senza cadere, prima o poi, in qualche inciampo (retorica? iperletterarietà? autoreferenzialità?). Tomada è quanto di più lontano dalla trappola di Holan, che diceva “è sempre il poetico che uccide la poesia”. Lui è poetico nel senso alto del termine, in quanto scrive del sentimento senza mai scivolare nel sentimentale. La sua è poesia perché la sua struttura (quasi una micronarrazione con climax finale), ha un procedere armonico che, nelle proprietà di questo stile, ha raggiunto lo stato dell’arte. Quindi é Poesia. Con la lettera maiuscola.
“Portarsi avanti con gli addi” è un libro splendido che non dovrebbe mai mancare sugli scaffali di chi ama questo genere letterario, intendendolo come “dono”, come esperienza alta di corrispondenza umana.
Nino Iacovella