La nostalgia della madre

di Giuseppe Raudino

Verticalità e orizzontalità sono i segni che nel corso degli ultimi due millenni si sono caricati di un più alto significato spirituale ben incarnato nel cristianesimo. Tuttavia questa carica semantica si manifesta nella loro immediata contrapposizione, come nel segno di croce: il sigillo verticale della relazione tra l’uomo e Dio, e la fratellanza orizzontale tra l’uomo e il suo prossimo.
Marino Magliani, narratore ligure residente nei Paesi Bassi, ci aveva finora raccontato la sua terra natia in termini di verticalità, con le preziose ambientazioni di valli, colline e rocce che discendono nel mare, ben descritte sia nel Cannocchiale del tenente Dumont (2021) che in Peninsulario (2022). Adesso, invece, come puntualizza lui stesso nella postfazione del nuovo romanzo, ci offre un’inedita orizzontalità della sua Liguria, forse influenzato dalla piattezza dei paesaggi olandesi, descrivendola da Levante a Ponente con lo sguardo che naviga sottocosta o ben prossimo alla riva, scrutando il mare in cerca di isole vicine e lontane. E così, contrapponendosi alla verticalità celebrata negli scritti precedenti, Magliani dà alle stampe Il bambino e le isole (un sogno di Calvino) per le edizioni 66thand2nd.

Un pellegrinaggio paraferroviario

La vera sorpresa di questo romanzo è dunque l’orizzontalità della Liguria, questo arco che tanto somiglia a un sorriso sottosopra e che viene percorso da destra a manca e viceversa lungo i binari ferroviari. Protagonista di questo insolito viaggio è un bambino che abbandona la propria madre e si trasforma in un “vecchio pellegrino ferroviario”. Un giovane che diventa vecchio, dunque. La bellezza del racconto consiste non solo nella sovrapposizione spazio-temporale di luoghi, ma anche nelle stratificazioni anagrafiche del personaggio principale, un bambino del quale non si sa bene se si stia imbarcando in un’avventura di vagabondaggio per sfuggire a una madre troppo apprensiva o se stia ubbidendo al destino che un celebre scrittore avrebbe designato proprio per lui. Lo scrittore, in questo caso, è Italo Calvino, che, oltre a comparire nel titolo del libro, in vita ebbe forti legami con la terra di Magliani e che in Magliani ha lasciato una forte traccia di ammirazione.

Una vita senza attraversare

La peculiarità della storia di questo bambino è seguire i binari senza mai attraversarli (raccomandazione materna alla quale non si sottrae per tutta la vita), e campare di espedienti mentre i giorni, le stagioni e gli anni si susseguono. Teniamo presente, in nome dell’orizzontalità, che la Liguria è solcata trasversalmente dalla rete ferroviaria, e questa peculiarità detta le oscillazioni narrative tra Ponente e Levante. Da bambino, il protagonista diventa adolescente, e poi uomo maturo, e poi anziano, fino al declino fisico accompagnato da un pizzico di crescente irriverenza, perché si sa che una vita dura finisce per rendere più saggi e disincantati, e perfino più allergici alle regole. Eppure il vecchio vagabondo, prossimo a chiudere il ciclo della propria esistenza, presenta in qualche modo delle strette somiglianze con il bambino che era stato un tempo, ed è pronto a emozionarsi per un incontro o un ricordo. In ultima analisi, il vecchio è il bambino coincidono, sono simultaneamente la stessa persona, non c’è scarto tra i distinti piani temporali.

La madre coincide con l’isola

Nel girovagare tra est e ovest, alcuni posti sono toccati più di una volta, ma non sono mai osservati dallo stesso sguardo. I luoghi sono a volte uguali a sé stessi, sono trasformati dal di dentro o dal di fuori. Gli occhi del protagonista si posano sulla costa, scrutano dentro le gallerie buie, si riparano dai riflessi accecanti, ma soprattutto sono alla ricerca di qualcosa di più impalpabile, di un’isola lontana o vicina, dell’imponente Corsica o degli isolotti prossimi, come il Tino, Palmaria e Bergeggi, Gallinara e Alassio.
Questa frenetica osservazione delle isole liguri spinge il protagonista ad alcune riflessioni che portano alla personificazione delle isole stesse: le “isole non sono mica eterne, ci sono e se ne vanno”. Come le persone.
La chiave per comprendere il senso profondo di questo romanzo la si può ottenere facendo coincidere la figura materna con il concetto di isola: la madre è colei dalla quale all’inizio il bambino scappa semidisubbidiente e alla quale giunge nella vecchiaia per un fugace incontro al di fuori del tempo. Scrive infatti Magliani: “La voce di lei [della madre] emergeva dalle rive, o da più lontano, proveniva dalle isolette che la costa seminava tra i suoi occhi e l’orizzonte”. Le isole sono il richiamo della donna che lo ha generato e dalla quale il protagonista si separa volontariamente (“Le isole, come l’esilio perfetto”).

Una mappa di odori e relazioni

Nella postfazione Magliani puntualizza che questo suo libro è “una mappa, qualcosa di puramente geografico e nello stesso tempo cronologico”. Io aggiungerei che è una mappa di relazioni: il bambino incontra o sogna di incontrare dei personaggi chiave che arricchiranno spiritualmente il suo viaggio. Spesso sono artisti e letterati come Italo Calvino, Camillo Sbarbaro e Carlo Levi. A volte ci sono forti indizi che tra le righe del romanzo prendano forma intellettuali del calibro di Antonio Tabucchi e Carlo Bo, rievocati per scritture e traduzioni altisonanti, ma alla fine quella che accompagna incessantemente il protagonista è la figura della madre-isola.
A prova di ciò, avviene a un certo punto una trasformazione nel protagonista che conferma la teoria della madre trasfigurata in isola: all’inizio il protagonista racconta che “gli mancava così tanto una madre che l’avrebbe raggiunta a nuoto, se avesse saputo nuotare”, e qualche pagina più avanti, a seguito dell’incontro con un maestro che gli insegnerà a nuotare, lo stesso protagonista gioirà affermando che “sentiva la madre più accanto, ne sentiva l’odore, non il profumo di violetta che usava prima di uscire, ma il suo odore di madre”. E ancora, a ribadire il forte legame tra odore e ricordo, oltre che tra isola e madre: “lui la scoprirebbe per il suo odore di madre. Ora crede di saperlo bene cosa è la nostalgia. Non è mica la nostalgia del passato o del tempo futuro o di una regione, è solo la nostalgia di noi stessi”.

L’impalpabilità di un sogno che comincia

Dopo una vita trascorsa a rincorrere un sogno altrui (di Calvino) che in seguito ha fatto proprio, un sogno che lo tiene lontano dal calore domestico, l’incontro con la madre si carica di toni commoventi: nonostante la presunta vicinanza fisica, lei resta ancora impalpabile come un’isola che si vorrebbe tanto raggiungere a nuoto ma che è appena troppo lontana, e questa impalpabilità viene resa con maestria attraverso la leggerezza di un vestito che svolazza al vento, con il rifiuto di mangiare qualcosa (esiste nulla di più fisico del cibo?), con la proposta di lei di portare la bisaccia e la maglietta pulita del figlio da qualche parte misteriosa, con il verosimile intento di dare sollievo al figlio dopo le fatiche del vagabondaggio, rimuovendo quel fardello nell’ultimo tratto della vita di costui, precedendolo e serbandogli una candida veste metafisica che il figlio avrebbe presto ritrovato dopo aver finalmente guadato il fluire dei binari, quei binari che per tutta la vita aveva affiancato senza mai attraversare.

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giacomo sartori
giacomo sartori
Sono agronomo, specializzato in scienza del suolo, e vivo a Parigi. Ho lavorato in vari paesi nell’ambito della cooperazione internazionale, e mi occupo da molti anni di suoli e paesaggi alpini, a cavallo tra ricerca e cartografie/inventari. Ho pubblicato alcune raccolte di racconti, tra le quali Autismi (Miraggi, 2018) e Altri animali (Exorma, 2019), la raccolta di poesie Mater amena (Arcipelago Itaca, 2019), e i romanzi Tritolo (il Saggiatore, 1999), Anatomia della battaglia (Sironi, 2005), Sacrificio (Pequod, 2008; Italic, 2013), Cielo nero (Gaffi, 2011), Rogo (CartaCanta, 2015), Sono Dio (NN, 2016), Baco (Exorma, 2019) e Fisica delle separazioni (Exorma, 2022). Alcuni miei romanzi e testi brevi sono tradotti in francese, inglese, tedesco e olandese. Di recente è uscito Coltivare la natura (Kellermann, 2023), una raccolta di scritti sui rapporti tra agricoltura e ambiente, con prefazione di Carlo Petrini.
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