Bateaux Ivres Anonymes

di Igor Antonio Lipari

I

Si era specializzato a sferrare colpi: non ai cerchi né alle botti – soltanto alle dita degli altri. Non che mancasse di suscitare malumori e rimostranze: e qualcuno sarebbe anche passato alle vie di fatto – ma superiori urgenze premevano. Doghe da stagionare e incurvare, botti da fasciare, tostare e collaudare, vendemmie e vinificazioni. A grappoli penduli dai suoi pregiati vitigni, la Realität DOP[ata] (da non confondersi con la molto meno pregiata e non registrata varietà Wirklichkeit) aspettava di essere pigiata, fermentata, affinata e infine invecchiata nelle apposite botti, che per quanto numerose non bastavano mai. Chi aveva tempo da perdere dietro a costui?

II

L’irregolarità delle precipitazioni diviene una costante, peronospore e fillossere prosperano a danno di tralci e radici, la materia prima diminuisce e i prezzi salgono. Neanche a pensare di interrompere la produzione (come si sarebbero sfamate le tante famiglie allargate dei consigli d’amministrazione in questa Grande Distribuzione Disorganizzata?); meno che mai di lasciare semivuote le botti (troppo cavernosa l’eco dei loro ventri cavi nel chiuso delle cantine). Che fare allora?

Diluirne il contenuto (peraltro già composto all’87% di sola acqua) in ogni modo possibile. Sangue bovino, metanolo, caramello, decotti di agar-agar, banane marce, tannini sintetici: tutto purché non lasci traccia.

III

Quando cominciò la penuria anche di questi beni succedanei, si dovette ricorrere all’unica sostanza la cui sovrabbondanza è sempre assicurata: sangue umano. I volontari (e in seguito i coscritti) si aprivano i polsi proprio sopra i tini e ne lasciavano sgocciolare il contenuto; talora fino allo svenimento. Si vociferava anzi di incauti precipitati nel mosto e mai più ripescati, i cui cadaveri continuarono a macerarsi nella poltiglia fino a completa dissoluzione; ciò che avrebbe conferito quel caratteristico gusto morbido e rotondo ad alcune delle migliori annate.

Calunnie sparse ad arte da agenti provocatori?

IV

Come quel molestatore delle altrui falangi; il quale, stanco di vedere ignorate le sue campagne diffamatorie (famigerate quelle sul sangue degli agnelli e sul vinum sabbati) in mezzo allo scalmanarsi di tutti i lavoranti delle cantine, e parecchio stordito dai vapori di fermentazione, non trovò di meglio che radunare altri scontenti non meno emarginati di lui (e con altrettanta giusta causa che non serve approfondire), coinvolgendoli in un’impresa assurda quanto la loro medesima esistenza.

V

Si metta su un’industria concorrente. Da un achenio amarognolo, ipnotico e anafrodisiaco (volgarmente detto oneiros), misto ad acqua e malto, si ricavi per alchemiche decantazioni, filtraggi e fermentazioni un liquido di volta in volta biondo, rosso o scuro. Lo si imbottigli (ma vanno bene anche lattine e barilotti) e potrà viaggiare per il mondo. La schiuma scaturita dalla spillatura estasierà ogni fruitore, riportandolo allo stato oniromantico da cui l’universo ebbe origine e a cui cerca invano di ritornare. E il successo sarà una mera conseguenza.

VI

L’Invidia è una dea esigente. I suoi adoratori la venerano attraverso periodici shitstorm, culti elaborati che prevedono l’uso di pale eoliche prima cosparse in abbondanza di guani, sterchi, fimi e deiezioni ominidi scelte lungo tutta la scala di Bristol, e poi fatte ruotare alla massima velocità (avendo cura di orientarle verso le opportune direzioni con precisione micrometrica, compito che richiede la severa disciplina di una ristretta casta sacerdotale). Correttamente eseguite, queste pratiche si dimostrano pressoché infallibili contro gli infedeli.

I vignaioli della Realität ne scatenarono addosso una raffica ai pagani oniromanti. Il loro nettare causerebbe rutti. Flatulenza. Epa ridondante. Sarebbe adulterato tramite aggiunte di minzioni di dromedario o fiele di coccodrilli. Lo avrebbero inventato i Sumeri, niente di nuovo sotto il sole. E via sventagliando.

VII

La situazione raggiunge uno stallo imbarazzante. I due business vanno a gonfie vele entrambi; ma il fatto stesso che l’avversario esista, e non mostri segno di declino, sembra sufficiente a guastare metà della soddisfazione dell’altro competitor.

Sia detto a mezza voce: di recente in certi ambienti ben informati si sta facendo un gran parlare di una neonata start-up, i cui soci fondatori si nascondono dietro l’astruso nickname collettivo di astemi. Fra le varie illazioni, è trapelato qualche estratto da un loro presunto white paper, che sembrerebbe composto in massima parte da enunciati criptici, il cui senso (sempre che ce ne sia uno) resta tutto da interpretare. Valga come esempio questo: né vini più realisti dei re, né birre schiumanti di sogno: solo le chiare fresche e dolci acque del nulla.

Oggi non c’è nessuno che in tutta onestà potrebbe dire di saperne molto di più; ma già alcuni fra i principali strateghi del marketing iniziano a drizzare le orecchie, e molti fra gli investitori meno conservativi si stanno muovendo di conseguenza.

Foto di Adriano Gadini da Pixabay

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davide orecchio
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Vivo e lavoro a Roma. Libri: Lettere a una fanciulla che non risponde (romanzo, Bompiani, 2024), Qualcosa sulla terra (racconto, Industria&Letteratura, 2022), Storia aperta (romanzo, Bompiani, 2021), L'isola di Kalief (con Mara Cerri, Orecchio Acerbo 2021), Il regno dei fossili (romanzo, il Saggiatore 2019), Mio padre la rivoluzione (racconti, minimum fax 2017. Premio Campiello-Selezione giuria dei Letterati 2018), Stati di grazia (romanzo, il Saggiatore 2014), Città distrutte. Sei biografie infedeli (racconti, Gaffi 2012. Nuova edizione: il Saggiatore 2018. Premio SuperMondello e Mondello Opera Italiana 2012).   Testi inviati per la pubblicazione su Nazione Indiana: scrivetemi a d.orecchio.nazioneindiana@gmail.com. Non sono un editor e svolgo qui un'attività, per così dire, di "volontariato culturale". Provo a leggere tutto il materiale che mi arriva, ma deve essere inedito, salvo eccezioni motivate. I testi che mi piacciono li pubblico, avvisando in anticipo l'autore. Riguardo ai testi che non pubblico: non sono in grado di rispondere per mail, mi dispiace. Mi raccomando, non offendetevi. Il mio giudizio, positivo o negativo che sia, è strettamente personale e non professionale.
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