Discorso di Capo Orso Scalciante

a cura di Silvano Panella

Introduzione

Versione di Silvano Panella del discorso che
Capo Orso Scalciante pronunciò nel 1890. Orso
Scalciante (1845-1904) fu un grande capo dei nativi
americani Miniconjou (Lakota Sioux). Il suo nome in
lingua lakota è Matho Wanahtaka.

Il discorso

Fratelli, vi prometto che un giorno nessun uomo
bianco poserà più la mano sui nostri cavalli. Vi
prometto che un giorno l’uomo rosso della prateria
dominerà di nuovo il suo mondo e nessuno lo
allontanerà più dai terreni di caccia. I fantasmi dei
vostri padri mi hanno detto che desiderano unirsi a voi
guidati dal messia che già venne una volta per vivere
su questa terra ma fu ucciso dagli uomini bianchi. Io
ho visto le meraviglie della terra degli spiriti. Ho
parlato con loro. Ho viaggiato a lungo. Ora sono
tornato per avvertirvi che presto ci ricongiungeremo
con i fantasmi dei nostri padri e con il messia.
Sedici lune fa uscii fuori dal mio tipì nella riserva
Cheyenne e mi preparai per il viaggio perché avevo
avuto una visione. Accadde subito dopo la semina del
grano. La voce nella visione mi aveva ordinato di
incontrare i fantasmi perché essi desideravano tornare.
Viaggiai sul treno dei bianchi fino al punto in cui la
ferrovia si interrompe. Qui incontrai due uomini rossi
che non conoscevo ma che mi salutarono come un
fratello. Mi offrirono carne e pane. Avevano tre
cavalli, uno era per me. Cavalcammo per quattro
giorni senza mai parlare, sapevo già che quegli uomini
sarebbero stati i testimoni della mia esperienza. Due
soli erano già tramontati, avevamo superato gli ultimi
segni della civiltà bianca quando incontrammo un
uomo nero d’aspetto fiero, vestito di pelli. Viveva da
solo e le sue medicine avevano un grande potere.
Agitava le mani e comparivano sacche di soldi,
agitava le mani e comparivano carri colorati, agitava le
mani e comparivano mandrie di bisonti. L’uomo nero
ci disse che era nostro amico, potevamo restare con lui
e prendere quel che volevamo, denaro, carri, bisonti.
Non restammo e proseguimmo per altri due giorni.
La sera del quarto giorno, sfiniti dal viaggio,
cercammo un luogo dove accamparci. Incontrammo
un uomo vestito come un indiano ma con i capelli
biondi. Aveva un volto piacevole e le sue parole mi
rallegravano e non pensavo più alla fame, non pensavo
più alla stanchezza. Egli disse che il nostro lungo
viaggio ci aveva condotti a lui e ora dovevamo lasciare
i cavalli e seguirlo a piedi. Così facemmo. Mentre
camminavo provavo un gran senso di serenità. A un
certo punto il sentiero in salita nella foschia divenne
proprio un sentiero di nuvole che ci portò in cielo.
Fratelli, la mia lingua è dritta e non riesce a rivelare
tutto quello che vidi, non sono più un oratore ma un
messaggero degli spiriti. L’uomo che seguimmo ci
portò al cospetto del Grande Spirito e di sua moglie.
Erano vestiti da indiani. Ci prostrammo e da una
apertura del cielo vedemmo tutte le terre e tutti gli
accampamenti dei nostri antenati. C’erano i tipì e
c’erano i fantasmi dei nostri padri, c’erano grandi
mandrie di bisonti e tutti erano felici perché l’uomo
bianco non era ancora arrivato. L’uomo che avevamo
seguito ci mostrò le sue mani ferite, i suoi piedi feriti,
erano i segni lasciati dagli uomini bianchi che lo
crocifissero. Ci disse che sarebbe tornato sulla terra
ancora una volta, ci disse che sarebbe rimasto a vivere
con noi, con gli indiani. Eravamo noi il popolo che
aveva scelto stavolta. Sedemmo davanti al tipì del
Grande Spirito, su pelli di animali a me sconosciuti. Ci
venne spiegato come recitare le preghiere ed eseguire
le danze. Vi mostrerò come si fa. Poi il Grande Spirito
parlò:

Porta questo messaggio ai miei figli rossi, ripetilo
parola per parola. Ho trascurato gli indiani per molte
lune, ora se mi obbediranno li renderò il mio popolo.
La terra sta invecchiando. La renderò nuova per voi,
per voi e per i fantasmi dei vostri padri, delle vostre
madri, dei vostri fratelli, dei vostri cugini, delle vostre
mogli. Lo farò per tutti quelli che accoglieranno le mie
parole. Coprirò la terra con nuova terra, coprirò i
bianchi malvagi e le cose malvagie, e tutto quel che
esiste di cattivo verrà sepolto. Sulle nuove terre ci
saranno prati, alberi, fiumi. Bisonti e cavalli
correranno liberi e gli uomini potranno bere, mangiare,
cacciare ed essere felici. Renderò invalicabili i mari
affinché le navi di chi intende conquistare le terre
altrui non potranno mai più passare. Mentre farò tutto
questo voi danzerete e pregherete, vi alzerete in cielo e
quando sarà tutto pronto tornerete sulla terra e sarete
assieme ai fantasmi dei vostri antenati. Chi dubiterà
del mio messaggio verrà lasciato in brutti luoghi dove
vagherà perdutamente finché non crederà e imparerà le
preghiere e le danze. Io sottrarrò agli uomini bianchi il
potere della polvere da sparo affinché quando
spareranno di nuovo su di voi le loro armi si
bruceranno. Soltanto chi crederà avrà armi che
funzionano, armi da usare sugli uomini malvagi. E se
pure un uomo rosso verrà ucciso mentre danza, il suo
spirito si unirà ai fantasmi dei suoi antenati e tornerà
sulla terra assieme a loro. Andate, ora. Dite a tutti di
prepararsi per la venuta dei fantasmi.

Ci venne offerto cibo dolce, squisito. Mentre
mangiavamo arrivò un uomo molto alto, molto magro,
con grandi denti, i capelli corti. Capimmo subito che
era uno spirito maligno. Questa creatura si rivolse al
Grande Spirito e disse: voglio metà degli abitanti della
terra. Il Grande Spirito rispose: no, non posso darteli,
li amo troppo. Lo spirito maligno ripeté la richiesta,
ma ottenne soltanto un altro rifiuto. Poi chiese una
terza volta. Il Grande Spirito disse che avrebbe potuto
lasciargli gli uomini bianchi. Noi no, oramai ci aveva
scelto come suo popolo. Lo spirito maligno scomparve
e io pensai che perfino lui non volesse avere niente a
che fare con gli uomini bianchi.

Ci furono mostrate le danze, ci furono insegnati i
canti. Poi fummo accompagnati giù. Ritrovammo i
nostri cavalli. Tornammo alla ferrovia. Il messia ci
seguì in cielo per insegnarci altri canti. Poi ci disse di
tornare dalla nostra gente, di riferire tutto quello che
avevamo visto, di insegnare quanto avevamo appreso.
Ci promise che sarebbe rimasto sulla terra per guidare
i fantasmi dei nostri padri fino a noi.

Questa versione si rifà alla trascrizione in lingua inglese che si trova nel volume di memorie My Friend the Indian (1910) dell’agente agli affari indiani James McLaughlin (1842-1923).

Foto di Eszter Miller da Pixabay

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davide orecchio
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Vivo e lavoro a Roma. Libri: Lettere a una fanciulla che non risponde (romanzo, Bompiani, 2024), Qualcosa sulla terra (racconto, Industria&Letteratura, 2022), Storia aperta (romanzo, Bompiani, 2021), L'isola di Kalief (con Mara Cerri, Orecchio Acerbo 2021), Il regno dei fossili (romanzo, il Saggiatore 2019), Mio padre la rivoluzione (racconti, minimum fax 2017. Premio Campiello-Selezione giuria dei Letterati 2018), Stati di grazia (romanzo, il Saggiatore 2014), Città distrutte. Sei biografie infedeli (racconti, Gaffi 2012. Nuova edizione: il Saggiatore 2018. Premio SuperMondello e Mondello Opera Italiana 2012).   Testi inviati per la pubblicazione su Nazione Indiana: scrivetemi a d.orecchio.nazioneindiana@gmail.com. Non sono un editor e svolgo qui un'attività, per così dire, di "volontariato culturale". Provo a leggere tutto il materiale che mi arriva, ma deve essere inedito, salvo eccezioni motivate. I testi che mi piacciono li pubblico, avvisando in anticipo l'autore. Riguardo ai testi che non pubblico: non sono in grado di rispondere per mail, mi dispiace. Mi raccomando, non offendetevi. Il mio giudizio, positivo o negativo che sia, è strettamente personale e non professionale.
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