Appello per il referendum

di Redazione

L’8 e il 9 giugno 2025 si terranno cinque referendum abrogativi di straordinaria importanza a nostro avviso, ma affinché siano validi occorre non solo che vincano i , ma anche il raggiungimento di un quorum di partecipazione del 50% più uno. Ma prima di vedere le ragioni per votare sì, presentiamo i cinque referendum:

  1. Referendum sui licenziamenti illegittimi: questo referendum propone l’abrogazione della norma del cosiddetto jobs act, che prevede che nelle aziende sopra i 15 dipendenti coloro che sono assunti con il contratto a tutele crescenti non possono essere riassunti neanche se il tribunale ha dichiarato illegittimo il loro licenziamento.
  2. Referendum per la tutela dei lavoratori delle piccole imprese: il quesito propone l’eliminazione del tetto massimo di 6 mensilità di risarcimento per chi viene licenziato in imprese con meno di 15 dipendenti.
  3. Referendum sull’obbligo di causali per i contratti a tempo determinato: il referendum prevede l’abrogazione di quegli articoli del cosiddetto jobs act che consentono ai datori di lavori di proporre contratti a tempo determinato fino a 12 mesi anche in assenza di motivazioni che ne giustifichino la limitazione.
  4. Referendum sulla sicurezza del lavoro: il referendum promuove l’abrogazione di quegli articoli di legge che impediscono, in caso di infortunio sul lavoro di un dipendente di una ditta che opera in subappalto, di citare in giudizio anche la ditta appaltante.
  5. Referendum sulla cittadinanza italiana: il referendum promuove l’abrogazione di quell’articolo della legge 5/2/1992 che innalza da 5 a 10 gli anni di residenza continuativa nel nostro paese per chiedere la cittadinanza italiana reintroducendo la precedente durata.

Come si può vedere, si tratta di 4 referendum che mirano a introdurre più tutele nel mondo del lavoro e uno che mira a rendere meno complicato il conseguimento della cittadinanza italiana per quegli stranieri che vivono, lavorano e pagano le tasse nel nostro paese. Le due questioni ci paiono strettamente connesse perché il fenomeno delle migrazioni e quello della precarizzazione del lavoro sono due facce della stessa medaglia: è più facile sfruttare coloro che, non godendo di diritti di cittadinanza, sono più facilmente ricattabili e in questo modo imporre poi condizioni lavorative avverse a tutti gli altri lavoratori.

In un discorso tenuto nei giorni precedenti al primo maggio il Presidente della Repubblica Sergio Mattarella ha ricordato come in Italia i salari reali siano bassi e in diminuzione. Tale situazione non è frutto di coincidenze negative o eventi naturali ma di una politica quarantennale che ha legato la competitività economica del paese a una politica salariale restrittiva, limitando i diritti dei lavoratori e favorendo il precariato. I risultati sono sotto gli occhi di tutti: il peggioramento delle condizioni di vita di ampie fasce della popolazione, l’assenza di prospettive dignitose per molti giovani e lo sviluppo di un ceto imprenditoriale inetto e poco incline all’innovazione come dimostrano gli scarsi investimenti privati nella ricerca e nello sviluppo tecnologico, nonché nell’ammodernamento dei macchinari. Questi referendum sono un’occasione per porre un freno a questa rovinosa politica per il paese allargando i diritti sul lavoro in direzione ostinata e contraria a quanto è stato fatto negli ultimi decenni con il restringimento dei diritti.

Infine c’è una ragione più generale per votare e votare sì a questi referendum: veniamo da anni in cui la sottomissione della politica ai poteri economici, l’imposizione di una politica spettacolo dedita a questioni tanto appariscenti quanto irrilevanti e la corruzione di troppi membri del ceto politico hanno allontanato una parte crescente della cittadinanza dalle elezioni e dalla partecipazione attiva alla vita politica, base di ogni democrazia. I referendum sono uno strumento di democrazia diretta, che non comporta nessuna delega a nessuna forza politica, ma sono allo stesso modo uno strumento efficace per riprendersi i propri diritti di partecipazione e far sentire la propria voce. Anche per questi motivi le forze politiche al governo e una parte di quelle solo nominalmente all’opposizione stanno cercando di far passare sotto silenzio questi referendum non parlandone e non informando il pubblico. Eppure “un successo di questi referendum abrogativi equivarrebbe a un risveglio della ragione e, soprattutto della coscienza democratica del nostro paese” e “rifonderebbe la fiducia nella democrazia”, per usare le parole di Luigi Ferraioli (Il Manifesto, 1 maggio).

Per queste ragioni le redattrici e i redattori di Nazione Indiana invitano a votare sì ai cinque referendum dell’8 e 9 giugno.

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