Amor Sacro e Profano. Nel mito di Eros e Psiche
di Adriano Ercolani

Ospito alcuni estratti dall’introduzione di Adriano Ercolani al volume di Alessandro Orlandi, “Amor Sacro e Profano. Nel mito di Eros e Psiche”, pubblicato da Stamperia del Valentino, che ringrazio.
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Alessandro Orlandi è una mente rinascimentale contemporanea.
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Un intellettuale con tale weltanschauung sincretica, con questo sguardo esoterico, insieme scientifico e iniziatico, non poteva non affrontare (dopo Mitra, Saturno, Dioniso, le concezioni del Tempo nella sapienza greca, lo Zodiaco e l’alchimia, il corpo sottile e il Kali Yuga, tutti temi dei suoi saggi precedenti che vi invito a recuperare) il grande mito di Amore e Psiche. Si tratta di uno dei grandi temi fondanti della riflessione iniziatica, che da Apuleio in poi è stato reinterpretato e meditato, con differenti sfumature e versioni, nel corso delle differenti epoche. Il fiume sotterraneo della philosophia perennis (in senso ficiniano e pichiano, senza deviazioni nostalgiche) attraversa le fasi dialettiche della Storia, mutando forme e variando accenti, eppur mantenendo il suo valore di prisca sapienza.
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Orlandi inizia la sua trattazione, con corretto approccio filologico, introducendo la figura di Apuleio, l’autore a cui dobbiamo l’ingresso del mito in oggetto nella letteratura occidentale, ovviamente nell’immortale classico iniziatico Le metamorfosi, non limitandosi a una mera ricostruzione biografica, ma sottolineandone (pur nella vaghezza delle fonti a nostra disposizione) quella che potremmo definire la molteplice formazione misterica (isiaco-osiriaca, eleusina ed esculapica) e magico-operativa (fu accusato, e assolto, in un processo di aver sedotto una donna con un filtro d’amore).
Proprio da qui scaturisce una riflessione sui due aspetti principali della dea Venere (Afrodite Celeste e Pandemia), come da distinzione platonica nel Simposio, indagando, sulla scorta di Bachofen e Hillman, anche gli effetti nefasti e nevrotici dell’interpretazione letterale (di divisione e non integrazione) di tale duplice natura. Ma Venere, come qualsiasi dea, ha numerosi aspetti, cangianti e solo superficialmente contrastanti (pensiamo allo Sri Lalita Sahasranama, i mille nomi della Devi nella devozione induista, oppure ai differenti aspetti di Iside evocati proprio da Apuleio nella memorabile preghiera del protagonista Lucio al termine della sua opera citata): allo stesso modo, i Greci distinguevano diverse forme di suo figlio Eros.
Qui Orlandi offre una chiave metodologica efficace in quanto saggia: “Un mito può parlare alla coscienza in modi diversi, nelle varie fasi di una vita, animando e costellando differenti archetipi. Un mito è come un caleidoscopio: la luce può raggiungerlo secondo molteplici angolazioni, disvelando sempre nuove figure. È persino possibile che, nei Misteri del mondo antico, uno stesso mito fosse raccontato agli adepti più volte, in diverse fasi del loro percorso iniziatico, disvelando differenti significati.”.
Parlando di misteri, appare necessario affrontare la diffusione del culto di Iside nell’Impero Romano (chiaramente rifacendosi all’ineludibile La ricerca di Iside di Jurgis Baltrušaitis) e il conseguente florilegio di fonti letterarie a tema isiaco, soprattutto nella, letterale, renaissance del tema avvenuta dalla fine del Quattrocento.
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Dopo una rapida quanto vertiginosa carrellata di figure legate alla riscoperta massonica del culto isiaco (da Mozart a Cagliostro, da Goethe a Steiner, passando a Napoleone), ecco finalmente affrontato il cuore del saggio: le diverse interpretazioni del mito di Amore e Psiche, analizzate per diverse tipologie d’approccio. Da quella scolastico-patristica, poi ripresa da Boccaccio, che insiste, inevitabilmente, sulla separazione tra spirito e sensi, a quella “proto-esistenzialistica” di Leopardi nello Zibaldone, dalla brillante rilettura in chiave orfica di Ersilia Caetani Lovatelli a quella di scuola junghiana, Neumann e Marie-Louise Von Franz in particolare. In questa schiera, si distingue James Hillman, per quanto la sua interpretazione sia orientata a sottolineare il valore terapeutico del mito, che il significato iniziatico. Orlandi però non si limita a riportare le interpretazioni più note, ma dà il giusto spazio anche alla profondità esoterica dell’interpretazione di Reinhold Merkelbach (legata alla dottrina dell’anima) e a quella totalmente ermetico/occultista di Jesboama, nom de plume di un ricercatore kremmerziano, che collega i vari personaggi fiabeschi a diversi gradi di iniziazione dei misteri isiaci. Dopo aver passato in rassegna alcune delle principali interpretazioni, Orlandi offre, come spesso, uno spunto esegetico originale e fecondo: rileggere il mito di Amore e Psiche alla luce di un altro scritto di Apuleio, il De Deo Socratis (derivante dalle riflessioni di Plutarco sul daimon socratico), in cui si descrivono le diverse tipologie di entità demoniche (non demoniache): entità reali, non fantasie poetiche.
Dunque, comparando il mito con tale visione del mondo sottile, le conclusioni di Orlandi sono perfettamente condivisibili: “Psiche è Anima, e Anima è un aspetto della fisiologia sottile dell’uomo, soggetta all’influsso delle immagini del mondo (l’azione di Eros, le sue frecce). Come questo influsso agirà, dipende da quanto si è dispiegata l’“intelligenza del cuore”: la capacità di discriminare le immagini veritiere scaturite dalla “porta di corno” da quelle fallaci provenienti dalla “porta di avorio”; di discernere le percezioni sottili da quelle ispirate da un contatto grezzo e pesante con la materia e da una dipendenza da emozioni incontrollate, legate all’attaccamento, al corpo, alla brama, che conducono l’uomo a proiettare sulla realtà i propri desideri e timori.”.
Con questo approccio, Orlandi si distingue dall’interpretazione psicanalitica (la più diffusa nella contemporaneità), sposando e rinnovando quella più propriamente iniziatica, procedendo ad affrontare, con quest’ultimo approccio, il significato delle quattro prove a cui è sottoposta Psiche.
Questa è, senza dubbio, la parte più originale e densa della trattazione e lascio al lettore il piacere della scoperta intellettuale.
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Attraverso la trasfigurazione mitica del racconto fiabesco, il mito di Apuleio ci ricorda l’eterna lezione dei sapienti di ogni tempo, da ripassare ogni giorno per impararne nuovi significati nello svolgersi della nostra esistenza: “Voluptas, la bambina che nasce da Psiche ed Eros, è frutto dell’unione del desiderio con un “oggetto” trasformatosi in soggetto divino. È l’unione del Campo e del Conoscitore del Campo, del soggetto e dell’oggetto, di cui parlano la Bhagavad Gita, le Upanishad, i Sufi e i mistici di ogni tempo”.
Del resto, a chi era un adolescente nella fine degli anni’60, la voce di Fabrizio De André avrà ricordato centinaia di volte, come un mantra beffardo, la necessità di conciliare (senza ipocrisie, ma consapevolmente) “l’Amore Sacro e l’Amor Profano”.
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