Intervista a Simona Zecchi su “Pasolini: ordine eseguito” (Ponte alle Grazie, 2025)
di Giuseppe Schillaci

1) “Pasolini: ordine eseguito”, dopo “Massacro di un poeta” (2015) e “L’inchiesta spezzata” (2020) chiude la tua personale trilogia sull’omicidio Pasolini; come nasce la tua “ossessione” per Pier Paolo Pasolini e la sua tragica uccisione ?
La mia, più che una ossessione, è continua ricerca della verità, che certo probabilmente può diventare un’ossessione. Indagare quanto è accaduto a Pasolini e “indagare” Pasolini stesso diviene indagine sull’Italia di quegli anni che si pensa di conoscere in tutti i suoi aspetti… e invece emerge sempre qualche passaggio oscuro che ci sorprende e ci inquieta.
2) Perché l’assassinio Pasolini resta ancora irrisolto? Quali “corde” italiane e internazionali toccava la sua voce critica e irriducibile ?
Ci sono più motivi: chi vuole che il suo assassinio resti solo chiacchiere e interpretazioni ha dalla sua parte anche molta incompetenza e persone mosse solo dalla ricerca della vanità, invece che della verità: mettere un cappello sull’inchiesta è, a esempio, un aspetto di quest’ultima. E per farlo alcuni sono disposti anche a sacrificare il vero. C’è poi una parte della magistratura e della politica (non solo di destra) che fa di tutto affinché la verità non si mostri. Ci sono uomini storicamente di sinistra che potrebbero rivelare su questa vicenda cose importanti e non lo fanno, perché ammoniva Pasolini: “il coraggio intellettuale della veritàe la pratica politica sono due cose inconciliabili in Italia”.
Come scrivo in Pasolini, ordine eseguito: la verità storica, nessuno può impedirci di cercarla e via via… mattone su mattone, piccolo o grande che sia, ci stiamo riuscendo.
Le ragioni anche internazionali sottese al movente dell’omicidio, da me soprattutto esplorate ne L’inchiesta spezzata, concorrono a far sì che questa vicenda resti incartata in una verità monca e mistificata. E sono tutte ragioni che coinvolgono la strage di Piazza Fontana e la strategia della tensione, dove strutture americane hanno potuto guidare cellule eversive, lasciando loro anche commettere azioni di sangue volte a destabilizzare il nostro Paese. A Pasolini era stato recapitato un dossier che, se approfondito, avrebbe fatto emergere questi aspetti. Nel 1975.
3) Le tue inchieste si sono focalizzate sempre di più sul carteggio tra Pasolini e il terrorista neofascista Giovanni Ventura. Come la strategia della tensione entra nelle tue indagini e negli ultimi anni di vita di PPP ?
Questi temi arrivano tra le mie mani, letteralmente esplodono, dal 2014, da quando cioè scopro l’esistenza del carteggio tra Pasolini e l’ex di Ordine Nuovo Ventura. La tesi del Capitolo 21 legata a Petrolio non mi ha mai convinta e in Massacro di un poeta prima di abbandonarla la esploro in tutti i suoi aspetti. Nell’ultimo libro chiudo un cerchio al riguardo. Dal momento in cui scopro i contenuti delle lettere, mi immergo (anche attraverso la lettura di lavori altrui che hanno per primi esplorato il tema, ma facendomi una mia idea) negli anni infiltrati e complessi della strategia della tensione e di tutto ciò che li ha preparati. Per questo poi rileggere gli ultimi articoli di Pasolini pubblicati sul Corriere della Sera, soprattutto quelli di un periodo specifico, dal marzo all’ottobre del ’75, ha acquisito poi luce nuova. Ed è proprio la luce nuova quella che serve alla ricerca della verità.
4) Petrolio, l’ultimo romanzo pubblicato postumo nel 1992, è stato letto da molti come una sorta di scatola nera dell’omicidio Pasolini. Quali elementi di verità ci sono realmente in quell’opera incompiuta per capire le ragioni della morte di Pasolini ?
Come ho anticipato nella risposta precedente, oggi posso dirlo – e con più forza -: Petrolio non è affatto la scatola nera per capire l’omicidio. Capisco che vado contro corrente, capisco che ancora resiste la suggestione letteraria, ma diceva Pasolini “un autore quando è disinteressato e appassionato è una contestazione vivente” e in questo mi riconosco. Fare inchiesta non è fare letteratura e non è la letteratura che spiega le cose. Può aiutare ad entrare nell’anima di queste, solo dopo che i segreti sono svelati, questo sì. C’è però un punto fondamentale per leggere con le lenti filologiche dell’inchiesta quel magma importante che è comunque Petrolio: la redazione del romanzo sui temi delle stragi accompagnano Pasolini solo dalla fine del 74 in poi; prima l’autore si concentra sulla perversione del potere, il tema del doppio con la contrapposizione ma anche lo scambio (altro tema quello dello scambio tra vittime e dei carnefici, caro al regista e all’autore) tra Cefis e Mattei, l’omologazione culturale e politica.
Ho esplorato Petrolio ne L’inchiesta spezzata soprattutto per questa seconda parte più riferita alle stragi, come a esempio l’Appunto riguardante una festa data da una nobildonna rivelatore di molte cose se letto con davanti le lettere tra Ventura e Pasolini e il dossier che ricostruisco; e vi è il protagonista di un altro Appunto, una vera persona esistita, che intervisto e che mi rivela il ruolo spia di un giornalista inglese, probabile fonte di Pasolini legato alla strage di Piazza Fontana. Dalla fine del ’74 in poi, così come nei suoi articoli, Pasolini si concentra – e quella diviene la sua ossessione – sulle stragi della strategia della tensione e sugli uomini Dc (” i Nixon italiani”) che meritano un processo. E c’è anche da sottolineare, come da Pasolini stesso comunicato in interviste varie, che Petrolio avrebbe visto la luce soltanto da lì a 5-6 anni. E non si uccide uno scrittore, un giornalista, un poeta quando ancora non ha le prove (“Io so”) o per qualcosa che ancora non è stato reso pubblico, ma per qualcosa che avrebbe potuto sconquassare il sistema del Palazzo (al contrario le tesi su Cefis come mandante per l’omicidio di Mattei erano note da anni). E cosa avrebbe potuto creare un terremoto nel 1975 e in quelle ultime settimane? Le prove del coinvolgimento politico ed economico nella destabilizzazione a suon di bombe. La scatola nera resta quella aperta sulle verità ricevute dallo scrittore da uno dei maggiori personaggi coinvolti in quella strategia della tensione, come accenno prima in Massacro di un Poeta, poi esploro ne L’Inchiesta spezzata… e come infine chiarisco oggi in Pasolini, ordine eseguito. Per quelle verità anche Dario Bellezza poeta e segretario di Pasolini ha rischiato la morte.
5) Cosa l’Italia ha voluto omettere e dimenticare di questa “storia sbagliata” ?
Quello che l’Italia ha fatto con questa storia nera in tutti i sensi è stato quello di cancellare le evidenze di una verità pericolosa e scomoda (il Sid considerava Pasolini “pericoloso per le istituzioni” cit Maletti alla sottoscritta) e sostituirle con una storia sbagliata prima (quella tra froci) e depistata poi (l’Appunto 21) trascinando con sé, per quanto riguarda quest’ultima, anche chi è ed era in buona fede. E’ la “tinta”, per citare sempre Pasolini, con la quale si è voluto ammantare e tombare tutto.
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Simona Zecchi, giornalista d’inchiesta, scrive su testate nazionali come Il Fatto Quotidiano, L’Espresso e Il Venerdì di Repubblica. Ha indagato anche sul caso Moro di cui ha scritto La Criminalità servente nel Caso Moro (La nave di Teseo, 2018). Ha indagato sulle stragi di mafia degli anni ’90. Ha vinto i premi Marco Nozza X edizione (2016) e Javier Valdez (2019). https://www.agenziaedelweiss.com/simona-zecchi/
