Post in translation: Vair Palefroi

di

Giulia Carnevali

 

Diversi anni fa, quando studiavo per diventare attrice alla scuola di recitazione del Teatro Stabile di Genova, appresi da Anna Laura Messeri, la sua leggendaria direttrice, tante lezioni memorabili. Una fra le più preziose, e per la vita, è che ogni interpretazione di un testo deve saperlo rispettare con fedeltà. Scrive Messeri, “Mess” per tutti i suoi allievi, nel libro ricapitolativo del suo metodo Le regole del gioco, guida ai primi segreti della recitazione (2022): «regola ineludibile, il testo deve essere detto con scrupolosa esattezza, senza approssimazioni o aggiunte». E ancora: «In scena, sorprendersi, sorprendersi, sorprendersi!»

Far dire al testo quel che dice realmente, e non quello che si vorrebbe dicesse per comodità o vanità di chi lo interpreta, creare, agire proprio su quelle parole, mantenendo sempre vivo lo stupore: è questa la posta in gioco più alta per l’interprete di un testo, che sia filologo, traduttore, regista o attore. Ed è questo lo spirito con cui ho scoperto, tradotto e amato il Vair palefroi, un’opera poco conosciuta anche dagli studiosi di letteratura medievale anticofrancese, eppure coinvolgente per la sua eco poetica e simbolica.

Composto intorno alla seconda metà del XIII secolo e ambientato nella Francia del Nord, nelle terre comprese fra Piccardia, Borgogna e Champagne, il Vair palefroi è un récit bref apparentemente di semplice lettura. La vicenda è incentrata sull’amore di due giovani divisi e osteggiati da un padre e da uno zio anziani, entrambi ritratto oscuro della ricchezza e della più bieca avidità, in opposizione alla levità del sentimento e dell’animo nobile degli amanti. Più che per la trama, che rielabora alcuni motivi di una favola di Fedro, il Vair palefroi spicca per una compagine di tratti d’intonazione iniziatica, riguardanti in particolar modo la sua protagonista femminile. Nel clima meraviglioso, carico di significati allegorici della foresta, in cui interviene in maniera decisiva un gran chiarore lunare, ha luogo la cavalcata notturna della fanciulla: ella si lascia condurre lungo un sentiero da un palafreno vaio, l’attante fantastico oltremondano che intitola l’opera, verso il suo innamorato virtuoso, sottraendola così a un matrimonio imposto con l’inganno e a tradimento.

Alcune notazioni sulla tradizione e sull’autore: il Vair palefroi è un poemetto in versi octosyllabes ed è tràdito da un unico testimone, il ms. fr. 837 della Bibliothèque Nationale de France, celebre miscellanea di laisfabliaux e altri testi a tradizione orale. Nulla si conosce dell’autore, se non il nome, Huon le Roi, che compare all’inizio del racconto. La critica l’ha spesso identificato con Huon le Roi de Cambrai, conosciuto per alcune opere religiose e morali in versi, tuttavia non ha saputo fornire prove certe a favore di quest’ipotesi, all’infuori dell’omonimia. Il titolo roi potrebbe designare il vincitore di un certame poetico ed è probabile che l’autore fosse un cantore professionista. La questione del genere è assai complessa e tuttora dibattuta, per le somiglianze con i lais – l’ascendenza meravigliosa, alcuni tratti stilistici e strutturali, il vettore dell’aventure – e con la tradizione novellistica. Per certi versi, il racconto si situa sulla faglia tra oralità e scrittura.
Il Vair palefroi è stato tradotto in francese da Jean Dufournet (1977 e 2010) e per la prima volta in italiano da Margherita Lecco (Il Cavallo Leardo, 2021).

 

*

Nota

di

Claudio Franchi

Cosa dovrebbe insegnare la filologia? O, meglio, quali sono i presupposti che rendono possibile ogni operazione filologica?
Due, essenzialmente.
Innanzitutto, il rispetto del testo tràdito, in ognuno dei testimoni che la storia ci ha affidato.
Poi, il rigore scientifico assoluto in ogni interpretazione proposta.

Ecco, il Vair palefroi troppo spesso è stato affrontato in completo disprezzo di questi principi fondamentali della filologia.
Evocazioni, sovradeterminazioni interpretative, vaghi e inconsistenti riferimenti, letture posticce e mille altre manipolazioni hanno mortificato un testo che nella sua semplice essenza bastava a sé stesso, soprattutto grazie alla propria efficacia narrativa e al suo porsi nel proprio e specifico universo culturale.
La stessa traduzione in un’altra lingua è essa stessa una delicatissima e dolorosissima operazione filologica, un atto di ri-creazione che fa sanguinare il testo in una vera e propria transustanziazione, dove ogni stilla diventa una stella che guida un nuovo cammino. Per questo, Trop sui dolenz et molt m’en poise/ Que toz li mons nes loe et proise / Au fuer qu’eles estre deüssent, molto mi addolora e molto mi pesa, che non tutti le lodino e apprezzino, secondo il loro legittimo valore.
Guillaume ama e si batte, si fida e si affida, la damoisele sogna e desidera, si rassegna e si ritrova, il padre e lo zio conservano anche alla loro età proiezioni forti e potere consolidato. Il καίρος del palafreno è reso possibile solo dalla costanza e la dedizione dell’amore di Guillaume e dalla fiducia totale della damigella.
Perché, in fondo, solo per dare una vita a questa storia est iceste oevre en escrit mise.
A noi, non resta che tradurla e rispettarla.

*

Giulia Carnevali, finissima studiosa ha lavorato al Vair Palefroi, dedicandosi a una nuova  traduzione e commento con la supervisione del Prof. Alvaro Barbieri dell’Università di Padova. (effeffe)

articoli correlati

➨ AzioneAtzeni – Discanto Quattordicesimo: Elvio Carrieri

di Elvio Carrieri
Ti dico che l’uomo di cui mi chiedi ha causato la rovina di un chitarrista e la fortuna di un trombettista. Gli hanno sgranulato il femore. Menato, venti contro tre, gli hanno fatto il cappotto.

I poeti appartati: Massimiliano Gusmaroli

di Massimiliano Gusmaroli
Ma il mio volto è anche per la vita, il tutto che si para intorno, paesaggi di alberi muri scorci d'orizzonte pianeta che lo sguardo raccoglie nei suoi viaggi

➨ AzioneAtzeni – Discanto tredicesimo: Lisa Ginzburg

di Lisa Ginzburg
Che fosse brava a leggere le carte ora lo sapevamo tutti. Si era sparsa la voce: tornata dalla Francia (da Tolosa), ai Casoni adesso ci viveva con quel suo lavoro strambo, ma un lavoro – e chi lo avrebbe mai detto, cinque anni prima quando se n’era andata via, raminga e senza pace, che si sarebbe saputa reinventare così, con tanta forza e stranezza.

➨ AzioneAtzeni – Discanto Dodicesimo: Carlo Lucarelli

di Carlo Lucarelli
Appoggiato a uno scaffale di quella libreria nuova di zecca c’è un ragazzo e ha letto i miei libri. Mi dice che gli sono piaciuti e vengo a sapere che è sardo. Gli dico che c’è un autore Sellerio di Cagliari che mi piace molto, chissà se lo conosce. Si chiama Sergio Atzeni. Lui sorride e dice: “sono io Sergio Atzeni”.

Overbooking: Mota e Antonio Moresco

di Miriam Corongiu
Se la favola antica e moderna de “La lucina” arriva al nostro inconscio quasi esotericamente, sottilmente, rispolverando il fine ultimo della favola stessa, ne “La luce inversa” è l’ipotesi di un futuro salvifico, concretizzato dall’invenzione tecnologica, a polverizzare tutte le nostre fortezze interiori.

➨ AzioneAtzeni – Discanto Undicesimo: Gianni Usai (lettura di Giovanni Carroni)

di Gianni Usai
Non avrà vent’anni. All’uomo riporta alla mente fantasie contorte e pervicaci mal di pancia che si fanno parole; sogni e incubi dimenticati o mai ricordati che riaffiorano tra le righe e si propagano in vite aliene, da vivere per interposta persona fintanto che gli si dà forma.
francesco forlani
francesco forlani
Vivo e lavoro a Parigi. Fondatore delle riviste internazionali Paso Doble e Sud, collaboratore dell’Atelier du Roman . Attualmente direttore artistico della rivista italo-francese Focus-in. Spettacoli teatrali: Do you remember revolution, Patrioska, Cave canem, Zazà et tuti l’ati sturiellet, Miss Take. È redattore del blog letterario Nazione Indiana e gioca nella nazionale di calcio scrittori Osvaldo Soriano Football Club, Era l’anno dei mondiali e Racconti in bottiglia (Rizzoli/Corriere della Sera). Métromorphoses, Autoreverse, Blu di Prussia, Manifesto del Comunista Dandy, Le Chat Noir, Manhattan Experiment, 1997 Fuga da New York, edizioni La Camera Verde, Chiunque cerca chiunque, Il peso del Ciao, Parigi, senza passare dal via, Il manifesto del comunista dandy, Peli, Penultimi, Par-delà la forêt. , L'estate corsa   Traduttore dal francese, L'insegnamento dell'ignoranza di Jean-Claude Michéa, Immediatamente di Dominique De Roux
%d blogger hanno fatto clic su Mi Piace per questo: