Articolo precedente
Articolo successivo

Mo Yan: letteratura contadina

(riproponiamo un articolo del 2010 su Mo Yan, oggi Nobel per la letteratura)
di Andrea Pira

“Chi le ma?” “Hai mangiato?”. È una strana frase da dire a qualcuno quando lo si incontra per strada. L’equivalente cinese del nostro “come stai?”. Un saluto comune tra le vecchie generazioni per le quali rispondere con un sì vuol dire “sto bene”. “Quando ero piccolo, negli anni Sessanta, noi bambini andavamo a cercare le bacche per mettere qualcosa nello stomaco”, ha detto Mo Yan, in Sardegna per partecipare al festival letterario ‘L’isola delle Storie” di Gavoi. Per il più importante autore cinese contemporaneo il cibo fu la musa ispiratrice. “Decisi di prendere carta e penna in mano quando un mio amico mi disse di conoscere uno scrittore che mangiava tre volte al giorno”, ha raccontato. “Ci pensate? Tre pasti, mentre noi vedevamo la gente morire di fame”.

Nato a Gaomi nel 1955, Guan Moye -questo il suo vero nome- ha legato alla campagna tutta la sua opera. “In molti mi chiedono quando scriverò un romanzo ambientato in città. Sinceramente non lo so. Ci sono ancora troppe storie da scrivere sulla vita contadina”.
A undici anni abbandonò la scuola per il lavoro nei campi. “Parlavo molto e non andavo a genio al maestro”, ha detto, “Ero un bambino e non capivo che a quei tempi una parola di troppo poteva costare cara”. Anche per questo prima di uscire di casa la madre gli raccomandava di stare zitto, consiglio subito dimenticato appena varcata la soglia: “Mi sono ricordato di quella frase solo da adulto quando scelsi lo pseudonimo il Mo Yan (senza parole)”.

“Andavo nei campi la mattina presto e tornavo la sera” ha raccontato , “per molti anni ho passato più tempo con gli animali che con gli uomini”. Un’esperienza messa a frutto nel romanzo ‘Le sei reincarnazioni di Xinmen Nao’, dove Mo rende gli animali -un cane, un toro, una scimmia, un asino e un maiale- gli spettatori privilegiati di cinquant’anni di storia cinese.

La grande scuola dello scrittore furono gli anziani di Gaomi e l’esercito. “Passavo le ore a sentire i loro racconti”. Storie e leggende, ha ammesso, diventate materiale per i suoi libri. “All’inizio pensai: è troppo facile, sto solo raccontando storie tradizionali”.

L’apprezzato scrittore venne però fuori soltanto dopo aver lasciato la campagna per arruolarsi nell’esercito. “Fare il soldato era un sogno per noi ragazzi: buon cibo, una bella uniforme e un giorno libero alla settimana. Cose inimmaginabili nel mio villaggio”. È in caserma che si formò “sui libri di Balzac, Calvino, Gabriel García Márquez”, ha raccontato.
“Mentre leggevo il ‘Visconte dimezzato’ battevo i pugni sul tavolo domandomi perché una storia così non mi fosse mai venuta in testa”.

Mo scrive di contadini per parlare della Cina. “Uso il passato per descrivere il presente, nelle mie storie i lettori possono ritrovare loro stessi e la nostra società”. La stessa società che, nonostante i progressi e lo sviluppo, “ha visto aumentare la disuguaglianze tra ricchi e poveri e sta distruggendo l’ambiente”. Peccato i giovani non sembrino interessarsi alla Storia. “Leggono per svago senza prestare molta attenzione a cosa è scritto tra le righe”, ha detto Mo, scettico anche sul proliferare degli scrittori online, “tanti ma di scarso valore, su diecimila racconti pubblicati su internet solo pochi sono buoni”. Anche se, nonostante le critiche, gli autori cinesi che hanno scelto di fare della scrittura online la propria fonte di reddito hanno raggiunto il milione.

Passeggiando tra i vicoli di Gavoi, Mo si ferma e traccia su un pezzetto di carta alcuni caratteri non semplificati, come quelli usati in Cina prima della riforma della scrittura voluta dal governo tra gli anni Cinquanta e Settanta: “Sono più belli”, ha ammesso. Anche questo, forse, un esempio della sua ‘letteratura delle radici’.

5 Commenti

  1. Gianni Biondillo,
    “Mo Yan (senza parole)” interessante pseudonimo per uno scrittore che vive di parole.
    Grazie non conoscevo Mo Yan.
    Saluti,
    Salvatore D’Agostino

    P.S.: resto in attesa di una sua ora libera. Per i caffé basta una semplice telefonata :-)

  2. Ho avuto la fortuna di leggere diversi romanzi di Mo Yan: Sorgo rosso; Grande seno, fianchi larghi; Il supplizio del legno di sandalo. Il Nobel, a parer mio, è meritatissimo.

I commenti a questo post sono chiusi

articoli correlati

Iroko

di Simone Redaelli
Le mattine che usciamo di casa assieme, è ancora buio. Se è inverno, come oggi, troviamo il furgone pieno di ghiaccio. Io entro e mi siedo al mio posto. Papà apre la portiera del guidatore, mette in moto, e la richiude.

Thrilla in Manila

di Gianluca Veltri
Cinquanta anni fa, il 1° ottobre del 1975, si tenne a Manila, tra Joe Frazier e Muhammed Alì, l’incontro di box più drammatico che si ricordi. Terzo e decisivo appuntamento tra due rivali acerrimi.

Via dalla pazza folla olimpionica

di Gianni Biondillo
A Milano le olimpiadi invernali che si inaugurano fra tre mesi sembra che interessino a nessuno. Non c’è più alcun cuore di milanese che batte all’avvicinarsi di questo evento globale. Cos’è successo?

Vi avverto che vivo per l’ultima volta

Gianni Biondillo intervista Paolo Nori
Dopo il 24 febbraio 2022 mi è sembrato chiarissimo che la vita di Anna Achmatova, la società crudele, orribile e insensata nella quale viveva erano molto simili alla nostra.

Milano, a place to bye

di Gianni Biondillo
Fossi ricco sarebbe bellissimo vivere a Milano. “Portofino è a due ore di macchina; in 45 minuti si può pranzare sulla terrazza di Villa d'Este sul Lago di Como; e in tre ore si possono raggiungere St. Moritz, Megève o Verbier”. Il problema è che non sono ricco.

Quell’amore lì

di Linda Farata
Da ieri è in libreria il romanzo d’esordio di Linda Farata, autrice che qui su Nazione Indiana abbiamo già conosciuto, in quanto partecipante (e finalista) del concorso “Staffetta Partigiana”. Con vero piacere pubblico un estratto dal romanzo, ringraziando l’editore che ce lo ha concesso.
gianni biondillo
gianni biondillo
GIANNI BIONDILLO (Milano, 1966), camminatore, scrittore e architetto pubblica per Guanda dal 2004. Come autore e saggista s’è occupato di narrativa di genere, psicogeografia, architettura, viaggi, eros, fiabe. Ha vinto il Premio Scerbanenco (2011), il Premio Bergamo (2018) e il Premio Bagutta (2024). Scrive per il cinema, il teatro e la televisione. È tradotto in varie lingue europee.
%d blogger hanno fatto clic su Mi Piace per questo: