di Mariolina Bertini
In un saggio famoso, scritto quattro anni prima di metter mano alla Ricerca, Proust riflette sull’età d’oro delle sue letture, l’infanzia, e sulla passionale sudditanza da lui allora sperimentata nei confronti dell’autore del suo romanzo prediletto, Capitan Fracassa:
Avrei voluto che mi dicesse, lui, l’unico saggio detentore della verità, quel che dovevo pensare , in ultima analisi, di Shakespeare, di Saintine, di Sofocle, di Euripide, di Silvio Pellico, che avevo letto durante tutto un freddo mese di marzo, camminando, pestando i piedi, correndo per le stradine…
Attribuirà più tardi un analogo atteggiamento al narratore adolescente di Du côté de chez Swann, smanioso di possedere su tutto- dal teatro di Racine ai paesaggi alle cattedrali- l’opinione prestigiosa e imprevedibile del romanziere Bergotte. Smania votata allo scacco: non sulle opinioni dell’autore, per Proust, devono appuntarsi le nostre interrogazioni, ma sul mondo della sua opera, sulla sua oggettivata visione, sui tratti ricorrenti e rivelatori del suo stile.