Agua, agua! La mia vita da salsero

di Marco Dettori

ETSalsa.jpgDa novembre dello scorso anno ho cominciato un corso di ballo latino americano; gli inizi sono stati faticosi e non poteva essere diversamente. La mia frequentazione di discoteche, benché assidua per anni, non aveva contribuito in alcun modo a sciogliere le mie rigidità.
Dritto e secco sulle ginocchia, intirizzito al bacino, paralizzato alle spalle, ho fatto le prime lezioni in apnea, impegnando per lo più la testa a memorizzare le istruzioni. Andavo avanti e indietro come un automa, nelle prime figure fatte in coppia mi sudavano vergognosamente le mani, sbagliavo sempre. Non vi sto a dire perché ho cominciato o perché ho continuato, non lo so. Di solito parlandone scherzo e do la colpa alla mia passione per capire le mode, o ai quarant’anni che scoccavano implacabili, o a cento altre cazzate.

Ho continuato e dopo un mese e mezzo dall’inizio del corso ho fatto addirittura uno stage di tre giorni (tre giorni a ballare, mi fumavano i piedi) con Eddie Torres, il maestro dei maestri, un mito della salsa. Poiché non avevo ancora le capacità per apprendere, di quello stage è rimasta soltanto una foto di me insieme a Eddie Torres che mangia una pera. Intanto penetravo lo spirito salsero.

In questo momento nei locali dove si balla il latino americano fondamentalmente si fanno due balli, la salsa e la bachata.

Il merengue che è più veloce e meno tecnico è in disgrazia, i dj ne mettono uno a sera, nei momenti morti.

La salsa, 1 2 3 pausa 5 6 7 pausa, è il ballo più complesso: nello stile cubano è un continuo girare, l’uomo conduce la donna in un vortice, le mani restano unite, le braccia si intrecciano in alto, in basso, i bacini si attraggono e si respingono; l’uomo è spavaldo, esprime forza e abilità, copre la donna con la sua figura, la sottrae allo sguardo degli altri maschi. La donna per esprimere femminilità cede semplicemente all’energia, si lascia trascinare, si ammorbidisce girando: canta il gallo e corre la gallina. La salsa cubana è allegria, tra i ballerini è gioco di abilità o è già sesso.

La salsa portoricana è più elegante, esprime meglio il corteggiamento. Uomo e donna girano su angoli di 360 gradi, compongono figure leggere. Talvolta si separano, e, restando uno davanti all’altra, fanno dei passitos, passi veloci alternati a giri su se stessi, incastri incredibili di gambe, velocissimi raddoppi di movimenti sullo stesso tempo; poi si riprendono. La donna più brava è quella che con lo sguardo ha imparato a dirti “suavesito por favor” e che disegna nell’aria la sua fica con le braccia e con i fianchi.

E’ pieno di belle donne nell’ambiente del latino americano. E vengono a ballare con gonne e tacchi alti, mostrano le gambe, la schiena. E sulla schiena nuda le tocco con la mano destra, dove le devo tenere per farmi sentire, tra le scapole. Le incastro così con una mano tra le scapole, una mano nella loro mano e lo sguardo che posso decidere quale (ma mai subito uno sguardo arrapato, suavesito por favor).

Invito a ballare una sconosciuta, non ci ho scambiato neppure una parola e non sono obbligato a scambiarcene. Devo farmi intendere, se voglio, se riesco, con il ballo, con il corpo, con lo sguardo. Posso cercare l’intensità o la leggerezza, un sorriso appena acennato mentre le giro davanti guardandola dritto negli occhi, un gesto di ammirazione mentre gira lei davanti a me. Se a una donna non piaccio lo scopro da subito, la sento che risponde meccanica ai miei impulsi, mi nega lo sguardo, fa ginnastica. Alla canzone successiva la lascio andare, mormoro una scusa, (son sempre le solite tre, che caldo, troppo affollata la pista, vado a bere – sottinteso – da solo).

A due passi c’è magari una ragazza bellissima, mora, con un vestitino corto nero, in attesa di qualcuno che la inviti. La invito io, comincio leggero, un po’ distratto, poi le sorrido e complico le cose, le giro davanti, un giro a destra veloce e con gli occhi non l’ho mai abbandonata, le faccio fare tre giri consecutivi, il vestito si solleva, lei lo sa benissimo, mi chiede con lo sguardo se non stiamo esagerando, la rassicuro, la incateno tra le mie braccia mentre lei si muove come un’onda, faccio uno stop e lascio passare gli otto tempi interi, 1 2 3 pausa 5 6 7 pausa, poi riparto. Settanta, fan, dillecheno con tutte e due le mani ed eccomi alla sua schiena che la imprigiono di nuovo. E si scatena il desiderio, agua, agua, agua.

L’abilità è restare un attimo sospesi e aspettare che arrivi una bachata.

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5 Commenti

  1. uno balla (e chi se ne frega non ce lo metti?).
    uno si masturba.
    uno distribuisce abbracci tra parentesi.
    mah mah mah.

  2. Interessante che per alcuni ciò che non è direttamente politica, o letteratura, o “cultura”, ma semplicimente esperienza umana, sia un pezzo sospetto, o rischi di non significare abbastanza. Grama la vita di certuni…

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