seconda e ultima parte del racconto di Stefano Di Leo
A scuola è muto, dicono: forse gran pensatore – mio figlio? – o forse è scemo. Robusto – diciamo grasso – e non mette il grembiule. E non piange e i suoi capricci sono in forma di coriacee ostinazioni. Non che sappia molto di lui, solo che è un ragazzino distratto e chiuso e – come dice sua madre – patologicamente solo.
Finché ero suo padre spesso andavamo al fiume, pescando nulla pur confidando nella pastura che ci preparava un bagnino di Fregene. La lenza avrebbe tirato anguille e trote se avessimo avuto passione, ma il nostro momento era piuttosto il panino al formaggio che divoravamo stesi al sole schernendo il consesso civile che studiava o era al lavoro.

[Seconda puntata del racconto per le criature. Potete stampare il delfinotto qui di fianco e occupare la criatura con i pennarelli per un paio di minuti, giusto il tempo di fare quella benedetta telefonata che rimandate da stamattina. Nota del curatore: avevo scritto una canzone di argomento delfinesco. Credo che la si possa ascoltare cliccando 
La discussione – anche aspra e inelegante – in corso in questi giorni su Nazione Indiana in seguito a uno scritto di Massimiliano Parente, è a mio parere utile e interessante e permette di riprendere e approfondire alcuni degli argomenti che sono già stati affrontati più volte nel nostro primo anno di vita. Per quanto mi riguarda, ho già detto come la penso a proposito di alcuni degli argomenti sollevati anche adesso in uno scritto intitolato Lettera da Leuca, già pubblicato
Ragioni forti per dare un numero alle repubbliche ve ne sarebbero state ben più che da noi. Penso agli USA del periodo successivo alla guerra di secessione (1861-1865), definita anche, sulla base di interpretazioni storiografiche assai diverse, il secondo e decisivo round della rivoluzione americana, la guerra di liberazione degli Stati del Sud contro l’egemonismo industrialista e nordista, la guerra politica, religiosa e sociale contro l’infamia dello schiavismo, la guerra del liberoscambismo filobritannico sudista contro il protezionismo manifatturiero del Nord, la guerra dell’economia della piantagione contro il mondo urbano fondato sulla produzione di beni di consumo durevoli e sul factory-system.
[Ecco il racconto “fatto in casa” destinato ai visitatori di Nazione Indiana dotati di criature, siano esse reali o interiori.







Cara Nazione,
Oggi Maurizio Cattelan (nell’immagine, uno dei suoi lavori più famosi, La Nona Ora, 1999) riceve una laurea ad honorem in sociologia dall’Università di Trento. Per l’occasione, la rivista “Work. Art in progress”, mi ha chiesto un intervento.
