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L’antidoto romanzesco

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di Massimo Rizzante

François Taillandier è nato a Clermont-Ferrand nel 1955. Gli inizi della carriera lo vedono intraprendere un’attività giornalistica piuttosto intensa (collaborazioni con La Montagne, un quotidiano regionale, e con Livres-Hebdo, a Parigi). Nello stesso tempo comincia a pubblicare i suoi primi romanzi: Personnages de la rue du Couteau (1984), Tott (1985), Benoît ou les contemporains obscurs (1986).

Il romanzo e la Storia 2

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di François Taillandier tradotto da Massimo Rizzante

Mi sembra che il mondo attuale trovi questa mia necessità piuttosto noiosa e sospetta: ciò significa forse che emetto delle riserve? Che preferisco la società dei bei tempi che furono? Che mi metto a cavillare? Che voglio fare il raffinato? Che sono un reazionario? Il mondo di oggi vorrebbe persuadermi che tutto va bene così com’è, che posso vivere tranquillamente passando dal mio computer al mio telefono cellulare, che questo è il migliore dei mondi possibili. D’accordo, anche se tutto ciò fosse vero, anche se fossi pronto ad ammettere che l’Europa di oggi costituisce il migliore dei mondi possibili, anche in questo caso, vorrei comunque sapere com’è stato possibile che improvvisamente qui, in Europa, siamo stati in grado di edificare il migliore dei mondi possibili, cosa che l’umanità non è mai riuscita a compiere nel corso di tutta la sua storia.

Il romanzo e la Storia 1

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di François Taillandier tradotto da Massimo Rizzante

(Dispatrio è una rubrica dedicata a prime traduzioni di autori stranieri non ancora apparse in Italia né su rivista né su volume; consideriamo prime traduzioni anche le nuove traduzioni di testi già apparsi in italiano)

Un’onestà elementare m’impone di dire, tanto per cominciare, che non sono né un critico letterario né un teorico, e neppure uno “specialista” del romanzo. Il modo in cui parlerò del romanzo sarà quindi indissociabile dalle mie scelte di romanziere, dalle mie letture frammentarie e dalle mie preferenze istintive. Qualcun altro, diverso da me, incorrerebbe senza dubbio in un altro genere di errori… Per la verità avrei certamente rinunciato a questo mio intento se nel corso di casuali conversazioni non mi fossi accorto che alcuni interlocutori avevano delle idee per certi versi simili alle mie (cosa che sembrava significare che quest’ultime non erano proprio del tutto soggettive). E’ entro questi limiti, perciò, che mi appresto ad evocare l’attuale situazione del romanzo in Francia.

In mare aperto

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di Antonio Moresco

mare.jpgRispondo in ritardo alle reazioni suscitate (su l’Unità, i Miserabili, ecc.) dal mio e da altri articoli apparsi sull’Unità, perché ero lontano dall’Italia.
Ancora una volta, in risposta a posizioni di dissenso, sono scattati, sui giornali e in rete, chliché e caricature personalizzate e preconfezionate, in un fronte che raccoglie le figure più variegate e più inaspettate. Così è successo – prima e più ancora che a me – ad Aldo Busi, Tiziano Scarpa e Carla Benedetti, assalita con un’ansia demolitiva e denigratoria del tutto particolare. Alle argomentazioni messe in campo – ciascuno a suo modo e con la propria individualità e libertà – si è saputo rispondere solo dandoci dei narcisisti, con deformazioni e sarcasmi ma guardandosi bene dall’entrare nel merito delle cose realmente scritte. Se si prova a obiettare che la descrizione mortuaria della realtà culturale, artistica e spirituale di questi anni fa acqua da tutte le parti succede il finimondo, chi si permette di farlo non può che essere un esibizionista e un mascalzone. Si sono affrettati in molti a scendere in difesa di questi annunci funebri. Strana epoca la nostra, strano paese il nostro. Non so se è mai successo che un’intera casta culturale si sia trovata così accomunata nella difesa di una simile trincea e di un simile vicolo cieco.

Schiava bianca

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di Daniel Galera

8879662988.jpgHo comprato un breve libro di racconti di un nuovo scrittore brasiliano (è nato nel 1979 a Porto Alegre). Si intitola Manuale per investire i cani, è stato pubblicato di recente dalla casa editrice Arcana, tradotto in un italiano smagliante da Patrizia Di Malta. Mi è piaciuto tantissimo, così ho chiamato la redazione di Arcana per chiedere il permesso di riprodurre qui uno dei racconti più belli. Ringrazio Martina Donati per la collaborazione. E’ piuttosto buffo mettere in rete una storia simile proprio oggi, ma a ben guardare si tratta di una resa incondizionata alle donne… Buona lettura, e auguri a tutte. (T. S.)
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Avevo deciso che quello di cui avevo bisogno era una schiava bianca. Misi un annuncio sul giornale:

SCHIAVA BIANCA CERCASI

Giovane donna, bella presenza, interessata a ottenere vitto, alloggio, e ogni altro genere di comfort in cambio di presenza permanente in casa e favori sessuali illimitati. Preferibilmente snella, moderatamente formosa e perfetta. Livello culturale medio-alto. Capacità culinarie e musicali saranno altamente gradite. Periodo di prova di 6 mesi, con possibilità di estensione del contratto a tempo indeterminato. Le interessate possono inviare un’e-mail con foto e curriculum personale a…

Un sito per la poesia (e non solo)

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rubon35.jpgLello Voce ha aperto un bellissimo sito molto ricco (www.lellovoce.it). Riporto qui sotto il comunicato che mi ha mandato, e gli faccio tanti auguri.
Ne approfitto anche per segnalare un nuovo intervento (eccolo qui) dello stesso Lello Voce sulla polemica innescata da Romano Luperini su l’Unità, che denuncia una generale decadenza della cultura in Italia.

Gli Studi Subalterni (e postcoloniali) ci riguardano?

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di Marcello Tarì

history.jpgCome è noto i Subaltern Studies – così come anche i Postcolonial Studies – sono nati in un preciso milieu geo-politico; a parte il caso di Edward Said, il quale risulta piuttosto esserne fra gli ispiratori, si tratta per la gran parte di intellettuali indiani – alcuni dei quali insegnano in università occidentali – che tra gli anni ’70 e ‘80 del secolo scorso hanno portato un attacco frontale alla tradizione storica nazionalista indiana e a quelli che erano e sono chiamati Area Studies, veri e propri studi governamentali dedicati all’analisi storico-antropologica di enormi aggregati di territori e popolazioni che, anche in tal modo, sono stati unificati/esotizzati dai poteri transnazionali.

Tre sonetti

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di Jacques Roubaud tradotti da Andrea Raos

(Dispatrio è una rubrica dedicata a prime traduzioni di autori stranieri non ancora pubblicate in Italia né su rivista né su volume; consideriamo prime traduzioni anche nuove e inedite traduzioni di testi già apparsi in italiano)

°

2.4.3. vista
sette

il tempo fugge il tempo, il tempo è come larva
il tempo è l’inconscio della terra spande
il tempo è sguardo il tempo è trasparenza
ai morti alla passione alle false prove
durata d’uomo solo e di donna sola
luci della luce dell’assenza
la lega non è che schiuma minuscola
e schiva poi le onde si separano
il tempo è vampa il tempo è dell’ombra
il tempo è questa scrittura che si accende
sulla carta sulle lingue casuali
il tempo il tempo è formica il tempo è numero
accosta i riflessi li mischia li smuove
cancella uomo, donna, infanzie

Appello: no alla sorveglianza speciale per Luca Casarini

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casariniRicevo da Radio Sherwood e pubblico con forte convinzione:

Cari e care,
questo testo verrà presentato alla stampa lunedì, in modo da stare sui giornali prima del 10 marzo, quando il Tribunale di Venezia deciderà in merito alla sorveglianza speciale per Luca Casarini.

I primi firmatari di questo appello rivolgono un invito a tutti e a tutte affinché, nonostante il poco tempo, si riescano a raccogliere tante e significative firme di esponenti di movimenti, di società civile, della politica, della cultura e delle istituzioni.

Le firme devono arrivare alla mail:
giuseppe.caccia@comune.venezia.it
entro sabato sera.

Compleanno

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di Dario Voltolini

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Marzo. Nazione Indiana compie un anno.

Ringrazio tutti i lettori e i commentatori, i pro e i contro, i polemici e i simpatetici, tutti.

A coloro che “tengono creature” (ma anche agli altri), verrà prossimamente dato in omaggio a puntate (cioè: scaricatevelo!) un racconto che una mia amica ha scritto per mia figlia, dal titolo Alla ricerca della perla nera. Cucina famigliare, fatto in casa!

Un caro saluto a tutti.

Dario

Promemoria – Genova, luglio 2001

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di Sergio Baratto

(Oggi 2 marzo a Genova comincia il processo contro 26 manifestanti tra i molti che hanno partecipato al controvertice G8 del 2001. Il reato – gravissimo – che viene loro contestato si chiama “devastazione e saccheggio” e comporta una pena minima di otto anni. Contro i 26 imputati il comune di Genova si è costituito parte civile.)

genovarouge2.jpg

1.
La prima cosa che colpisce – molto concretamente, sulla pelle – è il calore del sole. La carne comincia subito a formicolarci, a friggere. Mi dico: va bene, probabilmente mi scotterò, ma forse finalmente mi abbronzerò anche un pochino, così la smetteranno di prendermi in giro.
Ci incamminiamo. Il paesaggio da dietro le lenti scure è un po’ squallido, a parte il luccichio del mare alla nostra sinistra, esagerato e pagano come sempre.
Poi iniziano i canti, le urla. Qualcuno, prima, aveva detto che sarebbe stata una cosa triste e silenziosa. Qualcun altro aveva aggiunto: “Dovrà esserlo – siamo seri”.Invece no. Apriamo sempre di più le nostre bocche impastate, strofa dopo strofa, finché il sole non ha comincia a luccicare sulle nostre otturazioni.

Fine della Roma da cartolina

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(emergenza casa: hilarotragoedia del mercato immobiliare)

di Nicola Lagioia

Ascesa e crollo dei titoli tecnologici – nascita e morte dell’anno giubilare – diretta televisiva dell’11 settembre. I ragazzi venuti ad abitare a Roma dopo questi eventi, accorsi dai quattro angoli del paese o dalle coste trans-adriatiche, venuti qui per frequentare l’università e poi fare carriera negli studi legali, o darsi al cinema, diventare scrittori, curare mostre, non fra cinque anni, quando staranno faticosamente chiudendo il loro primo contratto editoriale e non avranno tempo per guardarsi alle spalle – riceveranno un misero obolo dal titolare dello studio legale oppure saranno felici di esporre in una galleria di terz’ordine – neanche fra sette di anni, ma tra dieci o quindici allora forse sì, quando la loro vita starà scorrendo su binari più sicuri e i ragazzi di un tempo saranno diventati uomini molto meno interessanti ma verso i cui c/c convergeranno le forniture di un qualche ministero – patrocineranno cause importanti, trionferanno a Cannes, saranno nominati primari o vinceranno un concorso a cattedra… – soltanto allora, anche se tutti questi dovessero restare i traguardi mai tagliati di una vita priva di gloria e di successo, soltanto allora, gettando rabbiosamente un telecomando sul pavimento, e sudati, involgariti dal tempo, nel cuore dell’estate del 2018, ripensando ai loro primi anni a Roma – dopo il Giubileo, il crollo del Nasdaq, quello delle Twin Towers – non si limiteranno a interpretare quel periodo come l’inconcludente vagabondare per case editrici, tribunali, gallerie d’arte e aule universitarie che in effetti sarà stato, ma lo rileggeranno anche come un quinquennio eroico e disgraziato, i beati anni del castigo in cui venivano tenuti per le palle da un agente immobiliare. Che dico uno: centinaia, forse migliaia di agenti immobiliari.
Questi turlupinatori di professione. Questi emissari del male. Queste cravatte troppo larghe e la chiassosità delle camicie. Questi contratti preliminari.

Senza titolo

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di Antonio Moresco

goya.jpg(In questo articolo di Antonio Moresco pubblicato sull’”Unità” sono nominati i libri di Moresco, di Scarpa, miei e un libro collettivo firmato da alcuni collaboratori di Nazione Indiana. Nel postarlo ho avuto perciò qualche perplessità. Tra gli stili di comportamento che Nazione Indiana si è data c’è infatti anche quello di non lodarci e imbrodarci a vicenda, né di recensire libri di amici solo perché sono di amici. Dapprima avevo perciò pensato di tagliarne via un pezzo. Ma poi mi sono accorta che avrei alterato la natura dell’articolo, che è una risposta a ciò che altri ha detto. Ed è una risposta che si ribella al finto galateo di chi gioca con le carte truccate, di chi non fa che ripetere da un po’ di tempo a questa parte che non c’è più nessuno nella stanza, pretendendo che chi è nella stanza nemmeno ribatta qualcosa. “Ah, sì? Tu dici che ci sei? Ah, ti lodi da solo, narcisista!”. Come in quel film di Bunuel, “Abbasso la libertà!”, dove c’è una bambina che tutti danno per dispersa, che tutti cercano, e che continuamente zittiscono quando tenta di dire “Ma io sono qui”. Se quindi in questo pezzo si parla, tra le altre cose, anche di Nazione Indiana e dei suoi collaboratori, è perché altri li ha dati per inesistenti. Perciò mi prendo la responsabilità di pubblicarlo nella sua interezza. Carla Benedetti)

Sono ormai settimane che leggiamo quasi quotidianamente su giornali e riviste interventi e articoli che hanno come unico e generico contenuto il seguente assioma: in Italia non c’è più niente.

Il partito del lamento

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di Carla Benedetti
goya.jpg(Romano Luperini ha scritto sull’”Unità” del 18 febbraio che dopo la generazione di Pasolini e Calvino non c’è più stata in Italia nessuna voce di scrittore o di intellettuale. Pubblico qui sotto la lettera che ho mandato al giornale in risposta a quell’incredibile dichiarazione di inesistenza rivolta a un’intera generazione.
Oltre alla mia, l’”Unità” ha pubblicato anche le risposte di Aldo Busi, Beppe Sebaste, Tiziano Scarpa, Mario Domenichelli e Antonio Moresco. L’articolo di Scarpa (“La generazione dei padristi”) si può già leggere qui su Nazione Indiana. Domani ci sarà anche l’articolo di Moresco, uscito oggi sull’ “Unità”. cb)

Caro Direttore,

qualche giorno fa “l’Unità” ha ospitato in prima pagina un articolo di Romano Luperini dal titolo “Intellettuali, non una voce”.

Ponti nella nebbia

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di Massimo Rizzante

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Le vere Muse
“Yo soy yo y mi circumstancia”, affermava Ortega y Gasset. Ognuno è la sua circostanza geografica, storica e culturale. Anche se oggi, all’epoca dell’emancipazione planetaria, è sempre più facile credersi liberi da tutte le radici, bisogna essere onesti con noi stessi: siamo individui finiti e limitati; non possiamo nascere due volte; nè viaggiare senza sentirci stranieri.
Nel nostro mondo, ovvero nel mondo di un uomo che ha perduto di vista il proprio orizzonte e perciò la possibilità stessa di vivere altrove, la lezione di Homo Poeticus dovrebbe essere quella di resistere di fronte alla scomparsa della nozione di esilio, concepito come solo altrove autentico; e di resistere di fronte al più grande sogno dell’umanità, la quale vorrebbe vivere in ogni luogo allo stesso modo. Infatti, se questo sogno si realizzasse non ci sarebbe più nessun luogo da dove poter sognare.

L’infinita congettura

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di Roberto Saviano

uwe2.jpg Su un’isoletta alle foci del Tamigi nella sua casa di Sheerness-on-Sea, nella notte fra il 22 e il 23 Febbraio del 1984 Uwe Johnson muore d’infarto mentre tenta di stapparsi una bottiglia di vino. Nessuno si accorse della sua mancanza, nessuno aveva interesse e voglia di cercarlo, di sentirlo, vederlo. Solo diciannove giorni dopo, per caso, fu trovato il suo corpo morto, gonfio d’alcool. Se è vero, come qualcuno ha detto, che la fine d’un uomo dovrebbe compiersi in coerenza con la vita che ha vissuto, la fine di questo scrittore certamente smonterebbe quest’ipotesi. L’incredibile vicenda privata di Johnson infatti si compie in un clima di sospetto e di continua osservazione della sua vita da parte della Stasi (la polizia segreta della Germania dell’Est) e di tutti i servizi segreti dei paesi dell’area del socialismo reale. Uwe Johnson fu messo sotto osservazione non per attività sovversive o politiche ma perché i suoi testi sembravano nascondere qualcosa, la sua caotica precisione stuzzicò la paranoica acribia dei censori. E’ una bizzarra tragedia la morte di Johnson, un uomo che seppur spiato e osservato durante tutta la sua vita, quando muore nessuno si accorge della sua morte.

Metafisico cabaret

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di Federica Fracassi/Teatro Aperto

Metafisico cabaret, in scena al Teatro dell’Arte di Milano, è uno spettacolo diretto da Giorgio Barberio Corsetti, ideato insieme alla sua compagnia Fattore K.
E’ una smorfia, una carezza, un tentennamento, un urlo, una lapide, un ghigno,

Osservazioni scientifiche e politiche sul doping

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(Prelevo questo testo di E. Giordano dal box dei commenti a Quello che doveva fare Pantani di Franz Krauspenhaar apparso qui, nella sezione Diari. Con il permesso dell’autore e facendo quasi nessun editing. Un articolo veramente “fatto in casa”! Ringrazio Emanuele Giordano. Dario Voltolini)

di Emanuele Giordano

siringa_e_uovo.jpg L’ipocrisia e l’ignoranza regnano sovrane! Bisogna innanzitutto dire che la pratica dei test anti-doping ha un costo economico non indifferente. E’ un problema! in quanto, dato un campione di sangue o di urina i medici-analisti deputati alla ricerca di sostanze alteranti le prestazioni fisiologiche decidono sulla base degli studi scientifici del momento di andare a cercare nei campioni corporali prelevati, solo una o soltanto alcune tra le tante possibili sostanze che fino a quel momento si sa o si suppone possano alterare la prestazioni sportiva. Più sostanze si cercano nei campioni prelevati più costoso economicamente è il test. Inoltre c’è una continua rincorsa tra coloro che individuano nei campioni ematici, di urina le sostanze dopanti possibili e coloro che sperimentano nuovi farmaci o combinazioni di vecchi e nuovi farmaci al fine di alterare la prestazione sportiva o mascherare l’individuazione delle sostanza dopanti prese. Faccio un esempio, ma ne potrei fare parecchi.

La generazione dei padristi

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di Tiziano Scarpa
goya.jpgLa civiltà italiana è in declino. Gli intellettuali tacciono. La letteratura degli ultimi tre anni fa schifo. E poi non conta nulla all’estero. Gli scrittori non discutono le loro poetiche, ammesso che sappiano ancora che cosa sono. Il teatro è assente. Il cinema sta ancora peggio. Il paragone con trent’anni fa è imbarazzante. Eccetera.

Solita storia. Ormai siamo abituati. Questa volta la lamentazione l’ha fatta Romano Luperini. Non varrebbe neanche la pena di rispondere. La scena è sempre la stessa. Ripetuta talmente tante volte da assomigliare a una gag comica, un classico del cinema chiacchierone: il critico letterario di turno, lo studioso di turno, lo scrittore di turno (intellettuali a loro volta!) che scuotono la testa costernati di fronte al deserto intellettuale e creativo italiano: negli ultimi anni lo hanno già fatto Luigi Baldacci, Cesare Garboli, Giulio Ferroni, Alfonso Berardinelli, Giovanni Raboni, Mauro Covacich… Adesso anche Luperini. (Non tutti. Bisogna essere onesti: Goffredo Fofi, Cesare Segre, Vittorio Spinazzola, Renato Barilli, Angelo Guglielmi non hanno mai smesso di essere curiosi a tutto campo e valorizzare ciò che nasce e cresce nella cultura italiana).

Questa volta però c’è qualcosa di più. Un caso di padrismo.

The Golden Gate

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di Vikram Seth ma anche molto di Christian Raimo e Luca Dresda

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Salve Musa, per cominciare è meglio
restar leggeri. O caro lettore,
tanto tempo fa, era il primo abbaglio
degli ’80 , c’era un uomo di nome
John. Era, nel suo campo, realizzato:
giovane, solitario, rispettato.
Una sera attraversando il giardino
accanto al Golden Gate, il suo cammino
s’andò a incrociare con un frisbee rosso
che quasi lo decapitò: “Chi farei
disperare”, pensò, “chi renderei
felice con la mia morte?”. Fu scosso,
e da questi concetti deprimenti
si rivolse a meno estremi argomenti.

Diario dell’educatore

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di Andrea Inglese

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La luce è un argomento inconfutabile. Anche se vecchia di otto minuti, mantiene una sua dose di brillantezza: trafigge i dormienti, gli accoccolati, gli acciambellati, gli annidati nelle sale d’aspetto, gli inquilini dei cartoni, i coricati sulle panchine, i distesi nei vani urbani più discosti. La luce è un argomento perentorio, di pubblico dominio, una prova retorica senza ambiguità, anelastica come la logica: non è possibile evitarne la pregnanza. Certo, ci sono gli scuri, le persiane, le tapparelle, i tendaggi, le mascherine senza i fori oculari, i vari materiali coprenti e filtranti. Ma la luce è il più tipico fenomeno cosmico esortativo.