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Orazio Labbate

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Spirdu

di Orazio Labbate
Dietro i bambini si ammonticchiava un buio ammalato dove il calore delle persone mancu c’era mai stato.

L’ombra della neve

di Orazio Labbate  Nevicava da due notti. Il gelo aveva sommerso i pali della luce interrompendo la corrente in tutto il quartiere. La gente rimaneva in casa come in attesa di un mistero. Il mio vicino di tanto in tanto mostrava un occhio attraverso la tenda, come a spiare un omicidio. La neve aveva sommerso la mia auto, riuscivo a vederne, dalla finestra della cucina, solo alcune parti. Nel cofano...

Il mondo dei Buscemi: Suttaterra di Orazio Labbate

di Fabrizia Gagliardi Il perturbante è alterazione. Se assistessimo alla lenta e metodica trasformazione fisico-chimica delle rocce saremmo costretti ad ammettere un male senza tempo: una modifica così impercettibile da non riuscire a distinguere l’inizio dalla fine. Ora trasponiamo tutto alle narrazioni dell’orrore quelle che generano un suono, una domanda, una percezione che sbatte contro le pareti della nostra testa senza che la sua eco abbia un padrone. Il perturbante...

Elegia e distacco: spiriti e corpi celesti nel firmamento di “Stelle Ossee”

di Rino Garro Orazio Labbate con Stelle Ossee, Liberaria, 2017, colpisce il cuore del lettore attraverso una serie di racconti che indaga le trame più profonde dell’essere umano: le accensioni paradossali e stranianti; le sospensioni dal reale; i vuoti dell’abbandono e i surreali desideri di colmarlo; la melanconia ossessiva fino allo scivolamento schizofrenico. Ma i caratteri che agiscono tra le pagine di questi racconti non sono uomini senza senno pronti a...

Dentro una bara

di Orazio Labbate Il mio nome è Rufus Wright e sono il becchino di Oakdale da quasi vent’anni. Vivo sepolto in una bara da ormai sette mesi e aspetto di morire. È autunno e il tornado appena arrivato dalle coste dell’ovest mi ammazzerà nonostante la cassa sia in legno di quercia, l’imbottitura a sacco in raso nero, il cuscino di seta porpora profumato di crisantemi, il cofano sia lavorato con...

Viaggio nell’Orrore: dal gotico al southern gothic

di Orazio Labbate Frances Benjamin Johnston, Autoportrait, Washington DC, 1896 Paura, terrore e catarsi sono i sentimenti che provoca tutta la letteratura dell'orrore, gli stessi che Aristotele attribuiva alla Tragedia nella “Poetica”. Tre percezioni che si rivolgono all'usufruitore in modi differenti. Nella sua opera, il filosofo, indica la paura riferendosi infatti alla pietà (grecamente intesa), verso gli Dei; cioè, la devozione paurosa verso il Soprannaturale. Poi dichiara il terrore, quindi il...

La prima tenebra – un dialogo notturno

di Orazio Labbate e Mariasole Ariot La notte della pianura - di Orazio Labbate Vedo i cani accogliere in gola le stelle, mentre quegli animali mantengono le fauci aperte verso l'alto, come se fossero porte trascinate dal vento che però mai si richiuderanno. La notte, infatti, non cessa di sprigionare i suoi membri. Qui ci sono bestie, ombre ingobbite di fantasmi morti di freddo, macchine assai spedite che accelerano tra le strade...

L’asino e gli specchi

di Orazio Labbate All’età di quattordici anni il nonno usava portarmi con sé e il suo asino nella casa di campagna della nostra famiglia, ché vi dormissimo e l’indomani raccogliessimo le olive. L’asino del nonno si chiamava Notte. Gli aveva dato questo nome poiché affermava che la stessa notte ragliasse come un asino a causa dello scirocco che quando attraversa i canneti pare emettere il verso di quella bestia. Ricordo che...

Lo Scuru è un anfratto

di Alessandro Chiappanuvoli  Lo Scuru è un anfratto, un antro, e parimenti è un pertugio, percorribile come un sentiero ma ineluttabile come una caduta, uno sprofondamento, una voragine oscura di cui pure se ne riconoscono i margini ma non il limite. È una lacerazione, inflitta con una lama becchettata, una ferita, e le mani sul manico del coltello sono, a sorpresa, due: quella dell’autore, Orazio Labbate, e la tua, lettore....

Lo scuru

di Orazio Labbate  Piazza Dante. Poggio le mani sui lastricati in ardesia, i miei sedili artigianali, voglio fottermi la frescura ficcatasi nelle fessure buie della pietra. Il caldo s’alza dai capannoni bruciati e le nuvole diventano nere. Io sono nato sotto quelle nuvole nere; ci mangio come i cani quando divorano le carcasse dei buoi nei rettilinei verso Gela, ci mangio pane e uovo, uovo e ciliegini spaccati in due, azzanno anche...
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