I PARTIGIANI CHIAMANO

La maggioranza di centro-destra ha bocciato al Senato lo stanziamento di 3 milioni di euro per le celebrazioni del 60° della Resistenza e della Liberazione, e contemporaneamente votato il riconoscimento di “militare belligerante” per gli ex repubblichini di Salò. Quello che segue è l’appello dell’ANPI ad aderire alla sottoscrizione nazionale.

***

C’è chi vuole farla finita con la Resistenza
Più forza all’ANPI, più forza alla memoria,
più forza alle battaglie per la democrazia

L’Associazione Nazionale Partigiani d’Italia (ANPI) è stata costituita nel giugno 1944, quando era ancora in corso la guerra di Liberazione dall’occupante nazista e dalla dittatura fascista.

Ha svolto costantemente un’opera di valorizzazione e difesa degli ideali dell’antifascismo e della Resistenza trasfusi in gran parte nella Costituzione della Repubblica. Si è battuta contro ogni rischio di ritorni autoritari. Ha concorso alla formazione di una coscienza civile e di quel patriottismo costituzionale che – come sottolinea ogni giorno il Presidente della Repubblica Carlo Azeglio Ciampi – costituisce il più saldo cemento dell’identità e dell’unità nazionale. Identità e unità che si alimentano della tradizione del Risorgimento, della lotta di riscatto contro il nazifascismo che ha permesso all’Italia di tornare con prestigio nel contesto dei Paesi civili, dell’avvento della Repubblica e della sua Costituzione, della proiezione della democrazia italiana nell’unità dell’Europa, grande speranza degli antifascisti negli anni duri del carcere e del confino e oggi ferma garanzia di pace e di collaborazione tra i popoli.

L’azione dell’ANPI si è svolta e si svolge soprattutto nei confronti dei giovani e trova nella scuola, con infinite iniziative, il luogo privilegiato per la conservazione di una memoria che trae origine dalla corretta interpretazione del passato e costituisce salda indicazione per il futuro perché libertà, democrazia, rispetto della persona umana, ripulsa di ogni forma di razzismo e di discriminazione siano ideali condivisi da tutti.

Oggi l’ANPI è fortemente impegnata perché il 60° della guerra di Liberazione sia degnamente celebrato in tutta Italia. Finora ha dovuto far fronte con mezzi esclusivamente propri agli enormi oneri che ne derivano – non è stata ancora approvata la legge per il 60° – e per giunta si vede sostanzialmente privata anche del contributo statale che pure era stato sancito da una legge a suo tempo approvata dai due rami del Parlamento. Infatti, l’attuale maggioranza, ha ridotto di ben il 55 per cento un modesto contributo che era già stato decurtato del 10 per cento nel 2002. Questo in vigenza di una legge triennale, scaduta proprio con il 2003, quindi senza nessuna garanzia per i prossimi anni.

Appare difficile non ipotizzare che dietro questi fatti ci siano precisi disegni politici per farla finita una volta per sempre con la Resistenza, la memoria storica, il ricordo di pagine che a taluno possono essere indigeste.

L’ANPI lancia una sottoscrizione nazionale, facendo appello alla sensibilità di tutti gli antifascisti, di quanti operano nelle istituzioni, nel mondo del lavoro, nell’associazionismo, perché possa continuare una battaglia che non riguarda soltanto gli uomini della Resistenza, gli ex partigiani, ma tutti i cittadini che non siano insensibili ai valori fondanti della nostra Repubblica.

M.O. Arrigo Boldrini “Bulow”

La sottoscrizione potrà essere effettuata presso le sedi provinciali e comunali dell’ANPI o a mezzo c/c postale n° 36053007, intestato: Associazione Nazionale Partigiani d’Italia, Comitato Nazionale – Via degli Scipioni, 271 – 00192 Roma

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8 Commenti

  1. Terribile. Bisogna aderire. Tentare di cancellare la memoria della resistenza non mi pare neanche il miglior modo di studiare ed analizzare la vita di chi stava dalla “parte sbagliata”. Sono felice Sergio che hai pubblicato questa notizia e quest’appello.

  2. concordo con chi è stato più veloce di me a commentare il post di sergio baratto. bisogna assolutamente aderire. non credo che sia nemmeno questione di ribadire un’appartenenza… è soprattutto per rinfrescare la memoria, per proteggerla. grazie per aver postato una cosa di tale importanza. pregherei i curatori del blog di mantenere questo pezzo in apertura di pagina, almeno per qualche giorno, o perlomeno di evidenziarlo.

    grazie

  3. Potranno anche cercare di cancellare la memoria della resistenza, ma la storia non si cancella…
    curioso, oggi un’amica francese mi raccontava della cerimonia svoltasi in Francia sabato scorso, per commemorare la morte del nonno ammazzato sessant’anni fa dai nazisti. D’altrocanto il rapimento dei giornalisti francesi ha portato in piazza a protestare tutti i francesi (di ogni razza e credo religioso)! Forse per le prossime elezioni saremo stomacati per benino, o forse no.

  4. Scusami, Gabriella, ma io una frase del tuo intervento non l’ho mica capita. Che vuol dire: “Potranno anche cercare di cancellare la memoria della resistenza, ma la storia non si cancella”?

    E poi aggiungo qualcosa, che però su un argomento di questo tipo risulterà comunque incompleta e smangiucchiata.
    C’è un tentativo in atto di cancellare la resistenza, su questo credo siamo tutti concordi. Operazioni di revisione storica (sia a livello politico che a livello letterario) vanno ormai avanti da un po’ di tempo: c’è chi tenta di “rivalutare il sangue dei vinti”, di sfruttare le zone d’ombra nella storia della resistenza stessa per fare – scusate l’espressione in questo caso paradossale – di tutta l’erba un fascio. C’è anche chi – molto spesso inconsapevolmente e mosso da buona fede – osserva le parti in causa da un punto di vista umananista e morale e s’interroga sui morti (forse sulla morte in generale. cfr. il post su Baldoni). Il partigiano morto e il fascista morto: morti da un lato e dall’altro, morti veri, corpi senza vita, morti terribili entrambi.
    I retroscena, le scelte, i perché che hanno condotto a un tipo di vita rispetto ad un altro vanno però sempre considerati, anche nella morte. Il carnefice ucciso dalla propria vittima è vittima o rimane carnefice?
    Sempre ritornando alla resistenza c’è anche chi ha un rapporto estremamente nazionalistico con la storia della liberazione ed esalta la nazione liberata dallo straniero e non l’uomo liberato dalla schiavitù, dalla malattia, dalla perversione del nazifascimo.
    Il mio modesto parere è che la salvaguardia della memoria della resistenza corra su due binari:
    1 è la “storicizzazione” della resistenza, ovvero il contestualizzarla nella sua precisa dinamica storica, che le chiacchiere da tabacchino spesso dimenticano e sostituiscono con equazioni di incredibile banalità e voli che nemmeno il buon Pindaro si sarebbe sognato di fare, tipo, la resistenza=i partigiani=i comunisti=allora guarda il comunismo in Russia che macello=e poi i comunisti mangiano i bambini.
    2 è “l’aspetto negativo” della resistenza, cioè l’affermazione della propria identità tramite la ricusa e la lotta contro determinati anti-valori propagandati ed impersonificati dal nazifascimo. La resistenza è stata l’opposizione ad un certo modello di “dis-umanità”, è stata il dire no, l’urlare no alla mentalità e ai programmi di un pensiero politico, quello nazifascista, che mortificava il “valore della persona”.
    Quindi ben venga la richiesta di sottoscrizione.

    P.s. un grazie a Sergio per il post e un off topic: sui commenti al tuo post sulla Cap Anamur qualcuno s’è divertito a rompere le balle con una serie d’idiozie. A proposito Cap Anamur, l’hai sentito che uno dei responsabili della nave s’è mezzo impazzito ed ha appoggiato la proposta del ministro degli esteri tedesco Otto Schily di creare dei cpt nell’Africa settentrionale?

  5. In effetti non mi sono spiegata molto bene,ero talmente disgustata dalla notizia che nella fretta ho scritto una frase poco chiara, ma l’idea è che possono anche cercare di rivedere tutto quello che vogliono ma i fatti, i documenti restano. Ci sono decine di libri che raccontano la resistenza, testimonianze di chi l’ha vissuta che impediscono alla storia di venire modificata come del resto è successo per l’olocausto. Quindi sono perfettamente d’accordo con quanto dici sulla storicizzazione della resistenza. E’ ovvia per me la necessità di appoggiare la richiesta dell’ANPI.

  6. sulla memoria, sulla francia, sulle lapidi.
    penso a quanto ha scritto gabriella fuschini. mi hanno sempre colpito le lapidi francesi sulla seconda guerra mondiale: parigi è tappezzata di quadratini di pietra, su cui c’è scritto “taldeitali, morto per la francia” nel 1944-45 etc., con una bella bandierina tricolore sopra. memore delle lapidi italiane sugli stessi eventi (frase-tipo: “assassinato dalla barbarie nazifascista”), mi stupiva il contrasto fra il tono politico, autenticamente storico delle pietre italiane, e quello nazionalista, degno del peggior risorgimento, di quelle francesi.
    ora i due movimenti si invertono: in italia si cerca di cancellare (con il sangue, che certo è in tutti dello stesso colore, ma che vuol dire?) la ferita, proprio mentre in francia appaiono lapidi più aderenti al reale, più sofferte: davanti alle scuole dei quartieri “ebraici”, ora si legge “in ricordo dei bambini deportati dai nazisti CON LA COLLABORAZIONE ATTIVA DEL GOVERNO DI VICHY” o simili.
    eppure, la lapide più straordinaria della mia vita l’ho vista a brescia, per la strage di piazza della loggia. in una piazza letteralmente tappezzata di pietrone trasudanti retorica, parole che nascondono – con la scusa di ricordarli – i morti a milioni, risorgimento, prima guerra mondiale… una pietrina seminascosta con una data e i nomi delle vittime, che NON DICE a quale evento si riferisce. per me è straordinaria, e la interpreto cosi’: le pietre scritte uccidono – imbalsamano – gli eventi, solo la memoria viva, corporale – il raccontare ai propri figli o nipoti: “quella lapide è li’ perché…” – spinge a reagire, a riflettere, a esigere giustizia. ho imparato dal quella pietrina molte cose sul rapporto non semplice fra scrittura e memoria – non basta scrivere per ricordare, la scrittura non salva niente. che non è un buon motivo per rinunciare a scrivere, naturalmente.

  7. Ecco hai colto il nodo di quanto confusamente cercavo di dire, Andrea. L’importanza del tramandare, ricordo una conferenza di Liliana Segre all’università che sottolineava la necessità che le persone presenti raccontassero a loro volta quanto avevano udito. Lo stesso motivo per cui la mia amica ha portato alla commemorazione del nonno la sua bambina di sette anni e per cui io racconto a mio figlio tutte le storie che mi hanno trasmesso, durante le ore di fisioterapia, i miei pazienti che hanno partecipato alla resistenza. Hanno più valore di tutte le commemorazioni al di là dell’importanza delle stesse.

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