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Le scimmie… (71) – Buon anno

di Dario Voltolini

passeggiano attorno alle basi di alti tralicci
che portano i cavi dell’alta tensione
viaggiavamo in tre nell’automobile e la radio diceva di non mettersi in viaggio
sul tratto di autostrada che tra poco avremmo imboccato
per le raffiche di vento che potevano capovolgere autocaravan e simili
mezzi con rimorchi alti e leggeri
con veli e tendoni sistemati con tiranti
in effetti l’automobile un poco sbandava
si sentiva la tensione sul volante che tendeva
a girare per conto suo guidato dalle ruote davanti
e in alto passavano gruppi di nuvole come raffiche velocissime
quando poi siamo stati in vista del massiccio che si alzava
formidabile in un solo gesto deciso
con le sue pareti di pietra verticale senza vegetazione senza strati di terriccio
solamente pietra durissima e completamente nuda su cui le ombre delle nuvole
passavano facendo movimenti pieni di tragedia e il sole a tratti
faceva brillare una lastra più di altre una lastra improvvisamente lucente
che tutto il massiccio appariva come l’espressione di un volto senza un volto sotto
un’espressione severa e tremenda senza occhi bocca naso
prima dell’ingresso nel tunnel che passava dentro il massiccio per dieci chilometri
un ultimo sguardo al sasso di pietra gigantesco
per vedere come le nuvole gli passassero poco sopra correndo
arrivando da dietro di lui e correndo sul cielo sopra di noi
alcune impigliandosi sulla sua punta e arrotolandosi come ricci di burro
quando passa la lama del coltellino che ne fa fiocchi
turbolenze candide piene di luce e di vento
disegni concentrici spiralati mossi da un attrito
che facevano provare a noi tutti una specie di sgomento
come se si stesse assistendo a un immemorabile rito di natura
negli occhi e nelle mani al volante passava lo stesso spavento
fino al nero dell’imbocco in galleria che proteggeva e nascondeva
fino all’uscita dall’altra parte dove la vegetazione era di monte e non sentiva
l’influenza del mare
così lontano
così dietro il gigante ormai
lontano oltre i tornanti e i passi e i viadotti che si alzavano
sui paesini di pietra e di cemento disegnato dai geometri
come in tutto il Paese
architettura senza pretese di nessun tipo
solo di essere di recente fattura
una infinita massa di povera bruttura in parte intonacata
in parte cruda
perché dev’essere nuda la faccia desolata di una gente
che in passato era stata maestra d’eleganza
volente o nolente
adesso la lebbra si spande e dilaga senza ostacolo
non è più lì che batte il cuore trascinante
batte altrove con altri capitali con altro potere con altre invenzioni
intanto però qui nottetempo aggirandomi per vie di pietra a saliscendi
incontro a ogni angolo una sorpresa
un gatto che si paralizza al mio apparire
con gli occhi scintillanti di fiera non domestica che lancia una sfida
o una benedizione portata dal vento leggero che mi passa sulla faccia
mentre mi appoggio ai portali di pietra con le targhe affisse
con le date di costruzione che segnalano le distanze di qualche secolo

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