Il pensiero e il galateo

di Carla Benedetti

Caro Raul,
tu non stai facendo censura, stai però facendo galateo! Mi stai richiamando a regole di forma, di bon ton!
Mi stai dicendo che Nazione indiana è una casa dove agli ospiti non si possono fare obiezioni sostanziali e critiche dure sui contenuti di ciò che dicono! In altre parole mi stai dicendo che la cosa più importante non è discutere di contenuti, di idee, ma prendere il tè in pace, in buona armonia, far sentire tutti a loro agio?
E se un ospite esprime un’idea da cui dissento profondamente (e che ho criticato anche in altri luoghi in maniera altrettanto dura) non posso, no, prendermi la libertà di dirglielo! Perché non è una cosa bella, si dà l’impressione di urlare, e non sta bene.

Ma io penso davvero che sostenere che la letteratura è destinata a stare in una zona di marginalità, e che gli intellettuali e gli scrittori si devono adeguare a questo ruolo serenamente (e accettare serenamente che il centro venga occupato dalle fallacie della Fallaci) sia un’idea portante della restaurazione in atto.
Perché non dovremmo poter discutere di questo, animatamente, con tutti i toni che uno preferisce? Purché si tocchino dei contenuti!

Tocchiamo i contenuti, Raul! Non fare solo reprimende galateali. Parliamo di cose! Obiettami che non è vero, come io sostengo da tempo, come ho argomentato anche in un mio libro molto meglio di come posso fare qui ora in due battute, che l’idea della marginalità della cultura, della letteratura, che è stata introiettata dagli stessi scrittori a partire dalla neovanguardia , è uno strumento di paralisi, è un effetto di potere, un tentativo di far fuori la forza della letteratura e della cultura.

Obiettami su queste cose! Perché io sto parlando di cose. E a Caliceti ho obiettato sulle cose che ha scritto! E quindi non era un’aggressione ma una critica, decisa e dura quanto vuoi, ma una critica, che si rivolge contro un’idea, un concetto, contro la diagnosi storica che la sottende, non contro una persona.

Se vuoi, te la ripeto. Credere che la letteratura debba stare serenamente nella zona di marginalità che le è concessa dalla stessa macchina di potere che mette al centro le Fallaci, i Dan Brown e i Faletti , vuol dire aver introiettato le forze della restaurazione. E’ chiaro? Vuoi che te la ripeta ancora una volta?

E non venirmi a dire, per favore, che non è educato dire cose del genere! Che non sta bene rivolgere delle critiche sostanziali alle idee che vengono espresse dagli ospiti di Nazione Indiana. Facciamo qui discussione vera, confronto reale, o chiacchiericcio da salotto per bene? Da quando in qua argomentare ciò che si pensa contro ciò che pensa qualcun altro è diventato disdicevole?

E poi vorrei far presente a te, come ho già detto a Andrea Inglese in un commento, che voi fate come se non esistesse differenza tra gli ARGOMENTI NEL MERITO e gli ARGOMENTI AD PERSONAM.

Criticare anche duramente un’idea, un concetto, un’affermazione, sostenere che in essa si esprime un atteggiamento di rinuncia, di introiezione delle forze della restaruazione ecc., è un argomento nel merito.

Dire che chi scrive è un narcisista, un coglione, un pezzo di merda, un invidioso, un poveraccio, un risentito, uno che parla così solo perché deve rifarsi delle frustrazioni subite, sono invece argomenti ad personam, volti a delegittimare chi parla (magari senza nemmeno entrare nel merito di ciò che dice, e evitando ogni confronto sulle idee espresse).

Gli argomenti nel merito sono critiche, dissenso, sale dialettico del pensiero o come li vuoi chiamare, ma non aggressioni. Gli argomenti ad personam invece sono aggressioni.

La regola, non galateale ma sostanziale, a cui mi sforzo di attenermi (e a cui mi sono sempre attenuta per il momento, smentitemi se non è vero) è di usare sempre e solamente degli argomenti nel merito e mai degli argomenti ad personam.

Perciò, cerchiamo di essere precisi. Io non ho aggredito Caliceti. Ho mosso un’obiezione dura nel merito di ciò che ha scritto.

Non si può fare? Non è consentito? Non è consentito parlare di cose, scontrarsi sulle cose e sulle idee? Non è consentito pensare? Avere delle idee e esprimerle quando è il caso con la forza che si ritiene utile? No, non è bello? Si urla troppo e non sta bene?

Ma ci preme di più il galateo o il pensiero?

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11 Commenti

  1. Cara Carla, mi sembra ridicolo parlare di galateo a Raul! Se c’è una pesona che non ha mai fatto mistero dei suoi umori è proprio lui. Io vi sto seguendo e ritengo che sia in atto una discussione dissociata, ma voi tutti vi rileggete quando scrivete? A parte Andrea di cui condivido ogni punto delle sue riflessioni, ognuno di voi sta andando per sentieri propri perdendo di vista la strada principale. Tu sai come io abbracci le idee e gli scritti di Antonio e il termine Restaurazione mi sembra appropriatissimo ma se qualcuno non riesce a comprenderlo o ne è immerso lo dobbiamo linciare? Mi dispiace ma il tono violento emerge in tutta questa discussione. Violento e non appassionato. E lo dico da praticante di arti marziali, riconosco la violenza, la snaso lontano mille miglia e non mi piace.

  2. Cara Carla:

    1. Io ho parlato di cose, ECCOME. Vai a rileggere. Può darsi che a volte le cose che premono a ME non coincidano con quelle che premono a TE, infatti su quelle che premono a ME eviti sistematicamente di pronunciarti.

    2. Continui d’altra parte a mettermi in bocca cose e parole che non ho detto, oppure a isolare cose che nel contesto generale del mio discorso hanno ben altro significato. Hai fatto lo stesso con Caliceti: basta leggere bene il suo intervento per capire cosa intende lui per marginalità, e Andrea Barbieri te lo segnala con molta precisione.
    A questo punto non sono più interessato a continuare questa discussione fra sordi. Lascio giudicare chi legge.

    Ti saluto

  3. Indipendentemente dai locutori (se così posso dire senza andar fuori del seminato) e dalla loro lunga querelle di cui non ho seguito tutte le puntate, mi pare però che Carla Benedetti abbia centrato un aspetto importante della quotidianeità di un blog. Ossia le obiezioni nel merito e ad personam. E’ proprio, mi pare, di certa oggettività virtuale, se così si può dire, privilegiare le obiezioni ad personam. E’ nella natura di un blog, frequentato da un universo di individualità che intervengono privilegiando il più delle volte, l’ironia, la boutade, l’umorismo e condendolo con obiezioni o attacchi o critiche ad personam. Se poi i due interlocutori si conoscono, ecco che si passa alla querelle, al tormentone, ma se i due non si conoscono ecco che vengono attribuite all’uno o/e all’altro, sulla base di deduzioni spesso arbitarie, posizioni e idee che egli non ha. Ma questo fa parte del gioco, perché il medium condiziona, e anche se altrove il blogghista è uno scrittore o critico letterario “serio”, passatemi l’espressione, qui indossa i panni carnevaleschi (Bachtin, voglio dire) dove tutto è permesso, e l’ironia e la battuta divengono le sue armi “migliori”. Per sua natura un intervento su un blog, un post, non è equiparabile a un articolo di critica letteraria (quando l’argomento è quello) su una rivista o su, un quotidiano. Perché il mezzo ha le sue esigenze e a discapito di certa oggettività, nel blog, nei post e nello spazio-commenti, subentra la soggettività più marcata. Le ragioni? Vuoi per la interattività propria del blog, vuoi per la sua presunta o o meno democraticità di essere aperto a tutti, di entrarvi con un commento (come faccio io) senza essere invitati, vuoi per altre ragioni che altri possono trovare. E se una similitudine si può fare, il blog è a mio avviso più vicino alla tv (a certi programmi tv) che a uno spazio sulla carta stampata.

  4. Ma sì, oramai Caliceti ha spiegato, basta dài. E poi forse quello che chiedeva chi ha criticato gli interventi di Moresco e Benedetti era proprio una argomentazione ad personam che in base a quello che Caliceti “è” desse il giusto peso alle espressioni del suo primo intervento, ancora prima che le chiarisse.

    Parlando invece dell’incontro sull’editoria a Torino, se è lunedì nove maggio devo prendere un giorno di ferie. La Benedetti che è tra i promotori mi potrebbe confermare, magari anche con un vago orario.

  5. @carla, scusami, siccome sei una di quelle di Nazione Indiana di cui ho meno paura, anche se gridi molto:

    1. il galateo è solo un sistema di regole che dovrebbe permettere di migliorare la comunicazione fra esseri umani e non (anche i cani hanno un loro “galateo”). Di solito – negli umani – queste regole trovano la loro fonte in “situazioni” in cui dovrebbe prevalere una “forma di umanità”: non insultare i vecchi; non far notare a uno storpio che è uno storpio; non gridare, visto che non migliora la comunicazione, ma la peggiora. Il punto è che qui il galateo non solo lo si appllica ma non si conosce neanche; e su questo amen, chi se ne frega! Non sono questi i problemi, anche se non vedo cosa ci sia di male nello stabilire delle “regole” per cui nessuno debba subirsi i pipponi degli altri.

    2 Siccome sono mesi che ti sgoli, non per galateo, VORREI FARTI UNA DOMANDA: mi ripeti velocemente le proposte? Te lo chiedo perchè sono molto curiosa, e non per galateo. Anche perchè per quel poco che mi arriva delle tue urla, non mi d fastidio. Anzi, come ho già detto, per questo tuo dibatterti mi sei pure simpatica :-) però un caffè lo prenderei più volentieri con Raul, Caliceti o Scarpa perchè più rilassante!

  6. Gentili dottori,
    per prima cosa vorrei pregarvi di non sgomitare in questo modo e continuare a sfidarvi a colpi di sempre nuove home-page. Davvero non si riesce a tenere il ritmo e si ha anche altro da fare, nella vita.
    Per seconda cosa vorrei ricordarvi che state discutendo di un falso problema. Non saranno certo i turgori di Moresco, o gli afflosciamenti di Caliceti a decidere il posto della cultura. Certo, tutti vorrebbero che stesse al centro, ma il posto centrale è da sempre occupato, si sa, dai fastidiosi bisogni primari: mangiare, bere, dormire, evacuare…
    Il bisogno di affabulazione e tutto il resto vengono dopo.
    Chiedersi dove mettere la cultura, se spingerla verso il rumoroso centro o sistemarla in una tranquilla zona di periferia è perdere tempo.
    A seconda dei periodi, la cultura trova ogni volta da sé il posto che si merita.
    Il compito dello scrittore è produrre buone opere e contribuire come può al miglioramento del mondo.

  7. Gentile Signora,
    Le riscrivo qui anche se considera i post un luogo ormai per Lei infrequentabile. Il “Lei” – l’avrà capito – sottende l’osservazione scrupolosa del galateo… Mi chiedo se Caliceti non intedesse, con il termine “marginale”, qualcosa di simile a “minore”:

    1) “Una letteratura minore non è la letteratura d’una lingua minore ma quella che una minoranza fa in una lingua maggiore”.
    2) “Il secondo carattere delle letterature minori consiste nel fatto che in esse tutto è politica”.
    3) “Nella letteratura minore, infine – ed è questo il terzo carattere – tutto assume un valore collettivo. (…) Il campo politico ha contaminato ogni enunciato. Ma soprattutto – ed è ciò che più conta – dal momento che la coscienza collettiva o nazionale è spesso inattiva nella vita esterna e sempre in via di disgregazione, la letteratura viene ad assumere positivamente su di sé questo ruolo e questa funzione di enunciazione collettiva, e addirittura rivoluzionaria. E’ la letteratura che produce una solidarietà attiva, malgrado lo scetticismo; e se lo scrittore resta ai magini, o al di fuori, della sua fragile comunità, questa situazione lo aiuta ancor di più a esprimere un’altra comunità potenziale, a forgiare gli strumenti di un’altra coscienza e di un’altra sensibilità”.

    Credo che Lei sappia da dove giunge questo invito alla costruzione di una “macchina letteraria”…

    Devotamente, Le invio un “cordiale saluto” (ecco la vera sorpresa letteraria italiana dell’anno!)

  8. Gilles Deleuze e Félix Guattari, Kafka. Per una letteratura minore, traduzione dal francese di Alessandro Serra, Milano, Feltrinelli, 1975, pp.27-44

    boris, sei lo zar della pertinenza

  9. Che si organizza al Condominio I? Io parteggio per Mozzi e Caliceti, anche se non amo i Partiti delle Case, quel cicalare da finestra a finestra e sputacchiare tra un reflusso e l’altro dei poveri stomaci, colla crapa pelada nel gel, il moresco inerpicato su se stesso e l’inorgoglitissimo invecchiare, che becca gli sputi solo tra le palle. Chi verbalizza? La Lipperini che a burla giò la Carla o Ciro Trabalza?
    Il Giovane Lukacs? Il cancel? il preview? il post?
    Il portinaio va da sé che non viene, o non c’è. Ma… volevo salutare calorosamente, forte forte stringere idealmente a me, contro l’inimica suburbia malamente incipriata delle carle, l’aristocrazia antica che i pettegolezzi e le tiratine li fa sui divani illustri della magione. Ciao Piperno

  10. Se putrebbe far como a San Sir, ina revoluzzion cui bengala e le bottiglie, e far suspende el mecc; via libri ed editoria, mercà e lettùr, scrivent chi se imbolgia nel propi Inferno,ou bien andà ai Lake Poets, a Penrith, a Kendal… se porrìa, e lucchettà el Condominio.

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