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Ákusma

di Giuliano Mesa

(per una migliore comprensione del testo di Inglese, qualche estratto della prefazione a Ákusma. Forme della poesia contemporanea, Fossombrone, Metauro Edizioni www.metauroedizioni.it , 2000. a.r.)

Ákusma, «ciò che si ode». Ascoltare, anteponendo alla soggettività di chi ascolta le parole che si offrono all’ascolto, la conoscenza ancora possibile alla conferma del sapere presunto. Ciò che si ode occorre ascoltarlo. Non basta sentire. Ancor meno ascoltare sentendo soltanto le parole che possono confermare il risaputo.

Ákusma è un progetto, il cui obiettivo coincide col suo stesso esistere come occasione di confronto, di dialogo fra alcuni autori che hanno accolto l’invito a reinterrogare insieme ragioni e modi del loro scrivere e del loro agire. È la proiezione – in contatti, incontri, letture, e pagine stampate – del desiderio e della volontà di ricominciare dalle opere, dalle poesie, la cui conoscenza diretta è stata troppo spesso sacrificata al culto delle poetiche aggreganti, dei precetti teorici, al pregiudicante (e pre-testuale) incasellamento di un autore all’interno di una tendenza o contro di essa, nonché alla sua collocazione nel risibile e ultracompetitivo «mercato dei versi».

Ákusma non è né un gruppo né una scuola : del gruppo non ha il collante constituito dalla identificazione di un obiettivo comune, della scuola non ha il libro di testo, un canone di riferimento da tutti condiviso. Coincide con la sua storia […]. Storia plurivoca, per quante sono le voci che possono narrarla, e forse sua unica identità possibile. Ákusma è un luogo in cui alcuni individui hanno scelto di confrontare le loro individualità, non in esso stemperandole. Dialogo e confronto possono tramutarsi in conflitto, quando poesie e idee sulla poesia lo richiedano per non svilirsi in conciliazioni opportunistiche : purché questo accada dopo l’ascolto, purché non si pratichi la «negazione d’esistenza» – la damnatio memoriæ tanto diffusa là dove ci si arroga il diritto di fissare canoni imperituri, fingendo onniscienza e indiscussa autorità.

[…]

L’anomalìa di Ákusma comporta indubbiamente dei rischi, assunti in piena consapevolezza. Il progetto ha avuto e continua a avere una diffusione per affinità. Si chiede dunque al lettore di non fraintendere, intendendo, ad esempio, la sezione testi poetici come un’antologia della poesia italiana contemporanea o le sezioni letture e libri come volontà di proporre un canone. Si vorrebbe, invece, tentare un modo per leggere le poesie e confrontare le idee il più possibile lontano da quel carattere agonistico, classificatorio, gerarchico che la critica canonica, e anticanonica per conflitto di poteri, pratica con veemenza, adesso ulteriormente accentuata dalle urgenze, mercantili, di bilanci fin de siècle [il libro uscì nel 2000. N.d. R.]. Saranno poi, se vi saranno, le prossime occasioni di incontro e le prossime opere a confermare o a smentire che qualcosa come Ákusma possa esistere, che possa esistere trovando ascolto.

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38 Commenti

  1. Fossombrone è a un tiro di schioppo da Fano, dove sono nato io. Il Metauro è il MIO fiume. Sento aria di casa.

    P.S. Segnalo, nel mio blog, un articolo della grande Maria Strofa: ‘I lettori sono esseri ripugnanti’.

  2. Metauro è un editore piccolo e preziosissimo. Per lui pubblica, fra gli altri, Massimo Rizzante, cui credo si debba l’uscita recente di Jean Claude Michéa, L’insegnamento dell’ignoranza, 2005 (benissimo tradotto da Francesco Forlani e Alessandra Mosca). E’ un esempio di critica della cultura come, in Italia, non se ne leggevano da un pezzo – in Francia, ha avuto 23 edizioni.

  3. Non capisco perché il mio primo intervento “is awaiting moderation” da giorni e giorni, mentre quello di giovanni è stato subito ufficializzato.
    Che abbia suscitato un dibattito nonché le solite pofonde spaccature interne solo dicendo che il Metauro è il mio fiume?
    Lucio

  4. Saranno inghippi dell’infìda tennologìa, Lucio. Piuttosto, tu che conosci il difficile piacere dell’editoria di qualità, compra e promuovi i testi di Metauro editore, se non altro (ma non per solo) per solidarietà di campanile, no? E dell’Insegnamento dell’ignoranza sarebbe cosa buona e giusta se si occupasse Nazione Indiana, mi pare.

  5. Non sarai mica il Giovanni Ciucca Darìan così bistrattato dal leggendario duo vmo.splinder?

  6. Non capisco quest’intolleranza nei confronti di vmo, l’operazione più divertente mai realizzata nella blogosfera italiana. Il post di oggi era sublime, una pietra miliare, meglio di tante lunghissime e farraginose elucubrazioni che si leggono qui. State discutendo di come discutere, e producete testo sui criteri con cui produrre testo, dedicate un intero blog a come fare il blog. Ennio, invece, è un gennio.

  7. Ma signor Raos (senza entrare nel merito dell’ennesimo Nickname straniero) noi segnalavamo solo il trascurato editore FRUSTA, che crediamo vicino anche a Dario Voltolini, cos’abbiamo fatto di male! Perché trattarci così? Signor Franco melloni (lei è dichiaratamente italiano) siamo felici dell’apprezzamento, ma è distorsivo, non intendiamo usare in alcun modo questo stratagemma dell’ironia e poi a proposito di cosa? Desideriamo solo l’amlificazione del dibattito culturale in Italia, tra l’altro abbiamo proposto le categorie critiche per affrontare l’esplosione del genere, c’è “l’onesto genere di dazieri” (ma anche Vichi, Rigosi, Cola Prico) e “il disonesto genere” dei Babette Factory che pretende dalle gabbie del thriller la possibilità di vendere moltissimo e pretendere di entrare in più ampi spazi della letteratura alta. Perché non discutere di questo, signor Raos? Non è una cosa seria l’invasione dei thriller pretenziosi? Staimo ai testi! Siamo qui per parlare del romanzo!
    VINCENZO

  8. Qui sopra c’era un commento dei “sardi” assolutamente innocuo, e garbato, e breve. Temo vi stiate rendendo ridicoli, con queste censure. Cos’è, state on line 24 ore su 24, a presidiare il blog come fosse la zona rossa del G8? Capirei se si trattasse di insulti, di spam commerciale, di OT chilometrici. Ma qui si tratta di piccoli contrappunti ironici, vi sembra proprio il caso di perdere le staffe in questo modo? E adesso cancellate pure, ma io dico: solidarietà a Ennio, difendere la libertà di satira.

  9. Melloni, quella di VMO non è satira perché non smaschera nulla, mette/ono solo alla prova la pazienza delle persone, e personalmente non sento il bisogno che in continuazione la mia pazienza sia messa alla prova, cosa che fa perdere solo tempo a me e a loro. Quindi prima di agire per un raptus, cancellerei – proprio come si fa su NI e su Uffenwanken – lucidamente i loro commenti.

  10. Secondo me invece è satira, e anche di quella buona. Fa ridere e fa pensare, e fa tante altre cose:
    Ci mette di fronte uno specchio e mostra questa blogosfera come un bicchiere dove si annega in un dito d’acqua e si trascinano per mesi micro-polemiche demenziali dettate da narcisismi e piccole invidie;
    rende trasparente il gioco di certi polveroni alzati ad arte per suscitare risposte prevedibilissime (e tutti interpretano il ruolo che assegna loro il copione, vedi le cazzate sulla Restaurazione);
    porta all’estremo certi atteggiamenti di ammirazione acritica nei confronti di alcuni tromboni pazzeschi che si credono dei Vati e tutti dovrebbero pendere dalle loro labbra;
    fa parodia dell’attitudine “o con me o contro di me” alla Moresco/Benedetti (vedasi la polemica con Caliceti);
    propone argomentazioni deliranti come l’invecchiamento precoce di Franz o l’eccesso di cognomi tedeschi sulla nuova NI, facendo pensare all’inconsistenza dei motivi REALI di molte prese di posizione degli ultimi mesi;
    prende un libro qualsiasi (“La macinatrice”) e lo nomina in modo ossessivo senza dirci NULLA di cosa c’è scritto sopra;
    infine, con quest’espressione del “genere onesto alla Dazieri” fa a pezzi tutti i discorsi idioti su narratori vs. scrittori, storia vs. lingua ecc…
    Secondo me è geniale. Mi sorprende, anzi mi delude, Andrea, che proprio tu non veda quant’è costruita bene questa cosa. A me fa ridere. Di più, mi fa sghignazzare.
    Di fronte a un’operazione del genere, che per me vale più di mille discussioni pitocche sui blog e la scrittura, qui e su Uffenwanken si risponde in modo super-ultra-mega-pitocco e poverino, si risponde col cipiglio, con il broncio, con le lezioncine da maestrini. I miei begli intellettuali!
    Sarebbe questo il nuovo inizio di questo spazio che è tanto prezioso etc. etc. etc.? Boh.

  11. Aggiungo che l’unico che ha capito fin dall’inizio è Lucio Angelini, che sto rivalutando tantissimo per come interagisce con “loro” e partecipa gioioso a una presa per i fondelli che non risparmia nemmeno lui.

  12. La satira non svela nulla nè fa pensare, per esempio quella anticlericale dove i cattolici si autoreprimono, si autoribellano e poi si autocensurano.
    Intollerabile.
    Oppure quella politica es. antiberlusconiana, dove si vede Berlusconi che agisce male, fa autoironia e dopodichè si autocensura, annullando tutta la memoria dei fatti…
    Se uno ti mette davanti una tua caricatura dicendoti che è il tuo specchio ci sta che ti faccia ridacchiare e sei un mentecatto se ti fa pensare.
    Ecco, in questo caso, Franco Melloni, tu verifichi negli altri i tuoi scompensi intellettuali, ti autoderidi, e dopodichè censuri tutto.
    Gli scompensi intellettuali, per chi li ha, restano, però si ritiene di ‘averne parlato’. LA DEMOCRAZIA CI SALVERA’ TUTTI (quelli presenti nella satira).

  13. Melloni, io fino a un certo punto sono d’accordo con te: guarda per me la satira e autoironia sono importantissime, non sono certo di quelli che pensano che siano automaticamente depotenzianti. Cazzo scusa per secoli mi presentavo come “titonco” si potrà essere più buffi (era il nome del mio gatto)? Ma nessuno scrittore anche blasonato ha mai ignorato una mia mail. Allora vuol dire che non hanno poi tutta sta cacca sotto il naso e manie principesche come si vuole far credere. Però questo non basta. Non si può sempre e solo fare satira, ci sono anche cose da dire, non solo da demolire. Servono anche i pezzi seri (non seriosi). Io quelli che demoliscono e basta non li reggo, anche perché si ammantano di una superiorità che non hanno. Se fosse per loro tanti bellissimi articoli che sono sul web non esisterebbero. Questo non vuol dire che i loro commenti devono essere sempre cancellati: quando la loro tendenza è quella dello “spam” sì però.

  14. Ho anche letto l’articolo che segnali, mi sembra che ormai la cosa vada avanti stancamente. L’unica cosa bella, ma non è dovuta a VMO, è la foto di Buk. Chapeau per Buk.

  15. A me non sembra che vmo si limiti a distruggere. C’è poesia, nell’operazione “Basile e Vincenzo”. Una poesia malata, intenzionalmente brutta, però va detto che c’è. E c’è affetto per la letteratura e chi se ne occupa con passione. Se Basile e Vincenzo non esistono, comunque chi li ha chiamati al mondo vuole loro un po’ di bene, si vede, si legge. E perché uno possa leggere una cosa del genere, bisogna saper scrivere. Riguardo al pezzo su Iannox, la cosa bella è che quest’ultimo viene trasformato in un eroe del web, e a pensarci è un po’ vero, hanno colto e restituito a tutti noi l’enorme massa di lavoro di quel personaggio, e le caratteristiche quasi sovrannaturali come l’ubiquità e la trinità – ha tre blog e sicuramente ne sta per aprire un quarto -. Ad ogni modo non mi frega di fare l’avvocato d’ufficio, il mio punto è un altro, ossia le reazioni. Reagire a vmo in modo infastidito o supponente è un autogol, poiché mi sembra quel genere di scherzo che non si può criticare dall’esterno senza sembrare rigidi o un poco duri di comprendonio. E’ uno scherzo che invita a parteciparvi. Franz, per fare un esempio, ha deciso di giocare il ruolo del censore un po’ ottuso e quasi-nazista. Gianni Biondillo (su cui all’inizio cadevano i miei sospetti) invece è il fan colmo d’ammirazione. Io, giunto a questo punto, faccio il critico illuminato. E tu?

  16. Franco, guarda che io avevo avvertito ripetutamente. La satira è un conto, e quella piace anche a me. Invadere le colonne dei commenti a tamburo battente ripetendo sempre gli stessi concetti e impedendo la discussione è un altro conto. Non è difficile da capire. Sorvolo sul “quasi nazista”, te l’abbuono perché mi sei simpatico…

  17. Franz, tu ne fai una questione “di metodo”, mi sembra di capire. A me, su Uffenwanken, piacerebbe leggere cosa pensi “nel merito” delle questioni sollevate da quella satira. Una spassionata “Lettera aperta a Basile e Vincenzo da parte di un giovane vecchio nickname” :)

  18. Io trovo raccapricciante Barbieri: sempre a lisciare i nomi consolidati e a fare lo sprezzante con il sottobosco. Ribadisco: è l’Emilio Fede della blogosfera:-/

  19. Sai che ti dico Melloni, mi hai convinto. Sulle loro incursioni in altri blog continuo a pensare che sia quasi tutto spam, ma la cosa che hai scritto mi ha convinto: “Una poesia malata, intenzionalmente brutta, però va detto che c’è. E c’è affetto per la letteratura e chi se ne occupa con passione. Se Basile e Vincenzo non esistono, comunque chi li ha chiamati al mondo vuole loro un po’ di bene, si vede, si legge.”
    E’ molto tizianoscarpiana la cosa che hai scritto. Sì sì.

    Io trovo raccapricciante Lucio Angelini: sempre ad accusare gli altri di essere forti coi deboli e servo dei forti. Ma quali forti e quale sottobosco poi… Ribadisco: è l’Emilio Malfidato della blogosfera :-/

  20. Che bello, ci troviamo raccapriccianti a vicenda. Ti aspetto domattina all’alba dietro il circolo dei cavalli per farci le linguacce.

  21. Nel frattempo è stato cancellato un altro post di vmo, o sbaglio? Possibile che questa coppia di angelici gay sardi vi faccia tanta paura?

  22. “Your comment is awaiting moderation”

    Sentite, io riconosco pienamente ai titolari di uno spazio la possibilità di fare pulizia in casa propria. Però effettuatela a posteriori, così ve ne prendete anche la responsabilità rispetto ai proclami di apertura ed amore della diversità. La moderazione a priori, a mio parere, introduce un’attesa, e implicitamente una postura, che mi renderebbe la partecipazione impossibile. Insomma in tale eventualità dimenticherei completamente la vostra esistenza. Saluti.

  23. Che poi ‘sti qua usano anche nick altrui (vedi wowoka e biondillo) per farsi pubblicità e accreditarsi. Vergognoso.

  24. Per quanto mi riguarda, nessuno ha usato qui il mio nick. Io mi riferivo all’impossibilità di inserirmi con un’osservazione nello scambio tra ivan e kristian, censura della quale non capisco il motivo. Ma non insisto, che tanto mi sto stufando.

  25. Inutile dire che non sono amici miei e non so nemmeno se dietro ci sia Ennio (che ha ammesso e poi smentito) o chi altri. Questo ragionare solo per cricche e per cosche e per amici degli amici è esattamente l’atteggiamento che vmo butta in satira.

  26. Da quello che ho potuto osservare nel thread precedente (un mio post che prima è “waiting”, poi scompare, poi ricompare come “waiting”, e alla fine, sfasato rispetto allo svolgersi della discussione, emerge finalmente “al sole” – prima lui e dopo il doppione che avevo inviato quando ho immaginato un malfunzionamento) ne deduco che si tratta di un meccanismo “non presidiato” (altrimenti il doppione non sarebbe riemerso) e del quale non si riesce a capire lo scopo né le circostanze di attivazione. Chiederei quindi che venga disattivato.

  27. Ákusma, «ciò che si ode». Ascoltare, anteponendo alla soggettività di chi ascolta le parole che si offrono all’ascolto, la conoscenza ancora possibile alla conferma del sapere presunto. Ciò che si ode occorre ascoltarlo. Non basta sentire. Ancor meno ascoltare sentendo soltanto le parole che possono confermare il risaputo. scriveva Giuliano mesa

    poi mi leggo i commenti che seguono e mi sembra di assistere a un dibattito tra sordi. Ma riuscite almeno a vedere? (nel senso di leggere)
    francesco

  28. welcome to hell, caro francesco; dove si pubblicano meraviglie per permettere espansioni di palloncini.

  29. Provo a raccogliere l’esortazione di Francesco. Nulla da eccepire sui propositi che riguardano i rapporti tra gli autori. Invece, chiedere all’ascoltatore di sturarsi le orecchie, cioè di rinunciare ai suoi presupposti e alle sue disposizioni, come se questi rappresentassero necessariamente un inciampo (e come se una tale “epoché” fosse una semplice questione di buona volontà) mi suona un po’ arrogante, una condanna “al buio” di quelle storie personali (e collettive) che (esattamente come nel caso degli autori) hanno costruito tali presupposti e tali disposizioni. Insomma la riproposizione di quell’illusione di specialità trascendentale (socialmente incondizionata, priva di genealogia) che, se pure può risultare necessaria alla sopravvivenza psichica dell’autore, andrebbe forse tenuta elegantemente nascosta, anche perché può venire colta all’esterno come coglionaggine neoromantica. Penso sia compito delle “arti” dell’autore traforare presupposti e disposizioni e raggiungere l’ascoltatore, che non andrebbe colpevolizzato in partenza per l’eventualità di un’alchimia mancata.

  30. Augh raos, e a todos otros. Qualche tempo fa sulla prima edizione della rivista bete etrangere che sarebbe diventata pasodoble e infine sud, un brillante scriba francioso ci fece un articolo sulla sindrome di Custer. Si tratta in realtà di una duplice patologia, sentimento dell’accerchiamento, e desiderio di morte. Dopo quindici anni di esilio parigino e tre mesi torinesi, mi sono formato un’idea del panorama letterario italiano come popolato da autori affetti da sindrome Giccì. Provero’ ad enumerarne alcuni sintomi:
    1-l’autore giccì non è affatto un piciu, anzi, ma in qualche modo ritiene di non godere della fortuna – riconoscimento letterario, accademico, giornalistico- che merita
    2-l’autore giccì pensa che indiscriminatamente chiunque abbia un riconoscimento ufficiale sia un piciu
    3-l’autore giccì diciamolo pure, nella maggior parte dei casi non ha talento, ma esercita l’idea che ne ha nell’animare gli atelier di scrittura creativa
    nota al punto tre
    io stesso ho animato degli atelier ma per l’insegnamento della lingua italiana a stranieri, cioè non per farne scrittori mediocri, ma buoni parlatori
    4- per le stesse ragioni del punto tre l’autore giccì fa il critico letterario e spesso anche il prof universitario e gli scritti dell’autore giccì si riconoscono dal fatto che da critico attacca i critici, graziandone uno, due, di un qualche peso e da accademico si fa i cazzi suoi perchè c’ho famiglia
    5- l’autore giccì sogna di essere autore al punto che se gli si chiedesse di non scrivere più per essere definito tale ci metterebbe la firma
    6- l’autore giccì non è piciu ma ama circondarsi di piciu per confortare le proprie tesi spesso avvalorate da gossip di natura il più delle volte a carattere sessual-fantasio-nciucesca
    7-l’autore giccì ha spesso grossi problemi di natura sessual-fantasio-nciucesca
    8-l’autore giccì si veste spesso in modo anticonformista ma lo si riconosce perchè pur facendosi un piercing a tutte e due le narici continua ad apparire come un raggiunat o una donna in carriera
    9- l’autore pic…sorry giccì lo si riconosce dal fatto che non capisce un tubo di poesia e spesso anche di calcio
    10- l’autore giccì per quanto in espansione costante di questi tempi è una razza in via d’estinzione per assenza di lettori giccì, e poichè un lettore, un vero lettore,non è mai un piciu, compirà da solo la profezia che si diede a coronamento di un destino giccì. Da solo nelle vaste praterie del mondo a sparare su un accerchiamento di ombre…
    augh effeffe
    ps
    il decalogo dell’autore giccì è anche il frutto di una conversazione fatta con andrea raos sul Parigi Torino

  31. L’altro giorno, alla libreria Bibli di Roma, fonte attendibile mi dice che a) Parente è i sardi b) che è consulente (lettore) di molte case editrici berlusconiane (e ha impedito la pubblicazione di molti autori per mondadori) c) che è anche autore di Melissa P. (sia del primo che del secondo), e) che in realtà quando capita parla benissimo di Genna (e allora gatta ci cova), f) che sta per entrare al Corriere della Sera, in cultura. Avete conferme?

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andrea raos ha pubblicato discendere il fiume calmo, nel quinto quaderno italiano (milano, crocetti, 1996, a c. di franco buffoni), aspettami, dice. poesie 1992-2002 (roma, pieraldo, 2003), luna velata (marsiglia, cipM – les comptoirs de la nouvelle b.s., 2003), le api migratori (salerno, oèdipus – collana liquid, 2007), AAVV, prosa in prosa (firenze, le lettere, 2009), AAVV, la fisica delle cose. dieci riscritture da lucrezio (roma, giulio perrone editore, 2010), i cani dello chott el-jerid (milano, arcipelago, 2010), lettere nere (milano, effigie, 2013), le avventure dell'allegro leprotto e altre storie inospitali (osimo - an, arcipelago itaca, 2017) e o!h (pavia, blonk, 2020). è presente nel volume àkusma. forme della poesia contemporanea (metauro, 2000). ha curato le antologie chijô no utagoe – il coro temporaneo (tokyo, shichôsha, 2001) e contemporary italian poetry (freeverse editions, 2013). con andrea inglese ha curato le antologie azioni poetiche. nouveaux poètes italiens, in «action poétique», (sett. 2004) e le macchine liriche. sei poeti francesi della contemporaneità, in «nuovi argomenti» (ott.-dic. 2005). sue poesie sono apparse in traduzione francese sulle riviste «le cahier du réfuge» (2002), «if» (2003), «action poétique» (2005), «exit» (2005) e "nioques" (2015); altre, in traduzioni inglese, in "the new review of literature" (vol. 5 no. 2 / spring 2008), "aufgabe" (no. 7, 2008), poetry international, free verse e la rubrica "in translation" della rivista "brooklyn rail". in volume ha tradotto joe ross, strati (con marco giovenale, la camera verde, 2007), ryoko sekiguchi, apparizione (la camera verde, 2009), giuliano mesa (con eric suchere, action poetique, 2010), stephen rodefer, dormendo con la luce accesa (nazione indiana / murene, 2010) e charles reznikoff, olocausto (benway series, 2014). in rivista ha tradotto, tra gli altri, yoshioka minoru, gherasim luca, liliane giraudon, valere novarina, danielle collobert, nanni balestrini, kathleen fraser, robert lax, peter gizzi, bob perelman, antoine volodine, franco fortini e murasaki shikibu.
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