Esor-dire. Due giorni di conversazioni sul pubblicare la prima volta

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Il 18 e 19 gennaio in occasione dell’Universiade Invernale Torino 2007 la Scuola Holden con il sostegno della Regione Piemonte, organizza Esor-dire, due giorni di eventi e incontri fra Torino e Bardonecchia sulla formazione e il debutto nel mondo dell’editoria, dedicati a scrittori esordienti e aspiranti scrittori under 35.

A Torino: un INCONTRO tra editori e scrittori esordienti in collaborazione con Il Circolo dei Lettori; a Bardonecchia: PROVE D’AUTORE e un TORNEO LETTERARIO con il sostegno del Comune di Bardonecchia.

Esor-dire nasce dall’idea di coniugare l’esperienza pluriennale della Scuola Holden nella didattica per la narrazione con lo spirito delle Universiadi, una manifestazione sportiva e culturale internazionale che mette a confronto giovani talenti con voglia di emergere e di crescere. In questi due giorni gli aspiranti giovani autori avranno l’occasione di incontrare importanti editori italiani che lavorano con gli esordienti, per presentare i loro testi.

Giovedì 18 Gennaio
Circolo dei Lettori, Torino – Via Bogino, 9. Ingresso libero fino a esaurimento posti.

Esor-dire – INCONTRO
a cura della Scuola Holden in collaborazione con il Circolo dei Lettori

Una giornata di incontro tra editori italiani sul fenomeno e la “politica degli esordienti”.

I temi di discussione:

Per sempre giovani. Quando lo scrittore diventa Dorian Gray Ore 9.30
Ci sono “giovani scrittori” che sono come dei Dorian Gray della letteratura, costretti da un patto luciferino a restare perennemente giovani. Si può parlare di “fenomenologia dell’esordiente”? Esiste uno specifico espressivo dell’esordiente? Discussione intorno alle aspettative dell’editore e del pubblico e sulle regole del mercato editoriale.

La geografia dell’editoria Ore 11.30
Per tracciare una mappatura delle scritture, dei toni, dei colori e più in generale una mappatura della geografia editoriale italiana. Cosa c’è e cosa non c’è, cosa non troviamo più in libreria, e perché. Ci sono scritture che sono pressoché del tutto scomparse nella nostra editoria. Lavorare sugli esordienti può essere un modo per ritrovare voci nuove capaci di ampliare la gamma delle sfumature nel panorama letterario?

Stare in linea. Le case editrici e i loro sentieri culturali Ore 15.30
Ogni casa editrice ha ed è uno sguardo sulla letteratura. Un contesto letterario “in salute” è il risultato dell’intersecarsi di “linee” editoriali diverse, ognuna abile a intercettare e a rappresentare un frammento di reale? Dalla seconda metà degli anni ’90, con una rinnovata attenzione nei confronti degli autori giovani, sono cambiate le linee editoriali e le regole dello scouting. Qual è il ruolo delle riviste, della televisione, del cinema e della rete nella scoperta di nuovi autori?

I legami. Tra esordiente ed editore, tra editore ed editore Ore 17,30
Esistono rapporti di collaborazione e complicità o di antitesi e contrapposizione tra piccoli e grandi editori? Pubblicare presso un editore di medie o piccole dimensioni può rappresentare un esordio più “sicuro” e protetto rispetto all’esordio presso un grande editore: è davvero così…? Come funziona il legame autore esordiente-editore, cosa si aspettano l’uno dall’altro?

Gli editori invitati: Gianluca Barbera per Barbera Editore, Dario Morgante per Coniglio Editore, Paola Gallo e Dalia Oggero per Einaudi, Rosaria Carpinelli per Fandango Libri, Alessia Polli per Fazi Editore, Alberto Rollo per Feltrinelli, Marco Vicentini per Meridiano Zero, Marco Cassini per minimum fax, Marco Monina per peQuod, Michele Rossi per Rizzoli, Giulio Mozzi per Sironi Editore e vibrisselibri, Giulio Milani per Transeuropa Edizioni.

Moderatori: Piero Sorrentino e Giorgio Vasta.

Venerdì 19 Gennaio
Palazzo delle Feste, Bardonecchia. – Ingresso libero fino a esaurimento posti.
A cura della Scuola Holden con il sostegno con il Comune di Bardonecchia

Il Comune di Bardonecchia si inserisce all’interno del programma delle Universiadi di Torino 2007 con un ruolo significativo: sarà infatti sede di alcune gare e premiazioni, ma anche di eventi culturali e di intrattenimento che coinvolgeranno i giovani atleti dell’ Universiade insieme ai turisti e agli abitanti. Il programma degli eventi prevede l’allestimento delle “Case delle Nazioni” per le principali delegazioni sportive partecipanti all’Universiade, concerti di musica classica e visite guidate. Il 20 gennaio è prevista la Notte Bianca di Bardonecchia, una serata densa di eventi culturali, musicali e sportivi.

Esor-dire – PROVE D’AUTORE Ore 11,00 – 13,00
Un banco di prova per aspiranti scrittori under 35, non ancora pubblicati o quasi, che leggeranno i loro testi davanti ad alcuni degli editori presenti al convegno del giorno precedente. I giovani autori invitati all’evento saranno selezionati dall’organizzazione fra quelli segnalati da riviste letterarie e scuole di scrittura.

Esor-dire – TORNEO LETTERARIO Ore 18,00 – 21,00
Un gruppo di autori esordienti under 35 leggerà i propri testi inediti davanti al pubblico che voterà. i primi tre classificati ai quali verrà assegnato un premio in denaro.

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91 Commenti

  1. E’ pazzesco quello che è successo negli ultimi trent’anni. Con un’accelerazione che non mi sarei aspettata.
    Vorrei andarci, se avessi tempo, all’incontro di Bardonecchia.
    Ci sono zone intere del linguaggio che sono state dichiarate ininfluenti.
    Il dubbio che mi resta è che, se sono state dichiarate ininfluenti, lo siamo davvero, onestamente comincio a crederlo e che i pochi pachidermi che ancora sono sopravvissuti lo siano solo per inerzia.
    E’ vero che io la narrativa non la compro e non la leggo quasi più, a meno di non aver dei motivi molto forti, e solo dietro dritte di gente più che fidata, e anche in quel caso solo se mi arriva da più di una parte, insomma da un passaparola plurimo.

    Poi vedo che ci sono post su Bataille.

  2. non so. è sempre bene fidarsi poco di chi pretende di insegnare un’arte.
    questa roba della holden mi puzza.
    gente, scrivete per conto vostro.
    se siete bravi o no, prima o poi lo capirete.
    e se non lo siete, rassegnatevi.
    la scrittura non può essere insegnata.
    credo.

  3. Non per fare il pignolo, ma forse valeva la pena di scrivere all’inizio: “Riportiamo il comunicato stampa della Scuola Holden”.

    L’iniziativa (alla quale partecipo) a me sembra molto discutibile. Ci vado nella speranza di incontrare un buon testo. Cosa che più difficilmente accade (benché non si possa escludere che possa accadere) giocando a tennis.

    Complimenti alla persona che si firma “Alcor” per l’accumulo di luoghi comuni. Da tempo non ne vedevo così tanti in poche righe.

  4. Mozzi, mica ho detto che ci sia qualcosa di male.
    Ho solo chiesto se qualcuno voleva scommettere.

    Misteri della coda di paglia.

  5. Il problema è un altro prodotti buoni, non buoni. In ogni caso come fanno a trovare il tempo di “sedimentare”?, si parla di libri bistecche, è così, a parte qualche pubblicazione rinomata per nome e non per necessariamente qualità spesso (esce un nuovo adelphi garanzia no?). C’è un ricambio troppo veloce, ti si vomitano addosso i libri. E questo toglie anche ai potenziali buoni libri, forse oggi ha anocra più senso parlare di letteratura di un tempo paradossalmente proprio perché è una fatica qui aghi nei pagliai di stagioni veloci, veloci, veloci.

  6. Grazie @Mozzi, in effetti dico cose banali, lo so, del resto non sono un genio, ma in questo caso mi piacerebbe sapere se a tuo parere

    a) non c’è stata un’enorme accelerazione nel consumo culturale rispetto agli anni 70, e imprevista nelle forme che ha preso.
    b) non è vero che gli editori chiedono in generale agli esordienti “leggibilità” o kitsch, rendendo di fatto ininfluenti altre scritture (le eccezioni qui non valgono, visto che parlo in generale).
    c) che autori più impegnativi, (Bufalino versus Niffoi, per esempio) se non sono riusciti a ottenere un riconoscimento in tempi migliori, siano, posto che ce ne siano ancora che corrono quei rischi, di fatto penalizzati oggi, dal mercato e quindi dall’editoria che fa le scelte.

    Poi, che la narrativa io non la compri più volentieri sarà banale, ma è vero, e penso anche che sia lecito. Se la Mondadori da sola deve stampare 40 libri di narrativa all’anno, per stare sul mercato, non puoi farmi credere che siano 40 capolavori, 40 all’anno per un solo editore, anche se grande, 30 anni fa non credo proprio che si dovessero far uscire.

    Quanto al punto a), ho finito di leggere 5 minuti fa Sul banco dei cattivi, quel libretto scritto a quattro mani da Ferroni Onofri La Porta e Berardinelli, edito da Donzelli, e direi che mi sento abbastanza confermata in quel che ho scritto.

  7. Per buttarla un pò sul ridere essendo seri, e scusate il quasi ossimoro: per pubblicare un testo, a patto che sia valido, devi avere molto molto c…fortuna. Se non hai quello/a, conviene supplire con le conoscenze ( politiche?), altrimenti conviene supplire con… la rinuncia a scrivere ( per andare a giocare a tennis?ma anche a calcetto…), oppure ci si può rifigiare nell’ eremitismo letterario, cioè continuare a scrivere nonostante tutto ( opzione migliore, tutto sommato, se c’è vera passione), e aspettare e aspettare e confidare nella buona sorte, e con questo il cerchio si chiude e si ritorna al primo assunto. Un dubbio: ma alla fine chi ce lo fa fare a sprecare giorni e giorni a scribacchiare. io me lo chiedo spesso. forse dovrei smettere…

  8. @Mozzi,
    che qualcosa sia stato già detto non implica che sia banale. I concetti difficili e i temi molto sofferti, ad esempio, sono spesso ripetuti, il che non sempre produce chiarimenti o porta sollievo (è vero), ma a volte aiuta.

    @Alcor,
    ti leggo da poco, e ti trovo tutt’altro che banale.
    :-)

  9. Narcisismo? Fammi capire: uno inizia a scrivere per narcisismo, quindi immagino con l’ansia o solo lo scopo d’esser gratificato da un riconoscimento sociale e da una pubblicazione che fungano da riflesso alla ‘bellezza’ di quel scrive (e dunque, per metonimia segaiola, alla ‘bellezza’ del suo io).
    Nessuno se lo caga di pezza. Quest’uno continua a scrivere, e quel nessuno continua a non cagarselo di pezza. E l’uno continua, imperterrito, a scrivere. E così via. Pare un mistero, no?

    A questo punto, abbiamo due opzioni.
    Uno: non è narcisismo, ma masochismo.
    Due: nello scrivere v’è forse un qualche piacere un po’ più transitivo e gratificante e costruttivo che non questa mitica solfa ombelicale del riflesso narcisista.
    Chessò, una roba tipo il piacere di dare/creare una forma (che a me pare che la scrittura sia un’arte davvero plastica), e poi il piacere di provare il funzionamento di questa forma prima di tutto con te stesso (che a me pare che lettore e scrittore siano nature davvero diverse, anche dentro la stessa persona) e poi coi tuoi lettori – anche quando questi son tre amici, lo zio e un cane sordocieco.
    Non so, una roba del genere.

  10. Non in tutto e per tutto, ma in una buona dose. Spiegami tutta la nascita delle vanity press…questo lo dimostra no?
    Come si sa c’è più gente che scrive poesia che gente che legge poesia ad esempio. Il parlato è molto più dell’ascolto.
    Poi son in prima fila a sire che crivere veramente ha una natura di tipo cognitivo e in certi casi è sopravvivenza in altri un piacere. Ma tu non credi che chi scrive cerchi anche l’approvazione o la disapprovazione (che è circa la stessa cosa) di chi legge? Tutto questo non diventa sempre almeno un po’ autorefernziale anche con le migliori intenzioni? Certo poi l’idea di gratificare ancora di più chi è vicino, tanto meglio più forte sarà il riverbero. Ma quanti di quelli che scrivono “costantemente” si tengono le proprie cose nel cassetto senza nemmeno un tentativo di pubblicarle?
    Mmmmmhhhhh :-)

  11. @dietzen Ce n’è, ce n’è. Ovviamente sono (quasi) sconosciuti, ma ci provano. A meno che le case editrici minori e molto minori non facciano testo.

  12. e io infatti volevo proprio dire se si sanno i nomi di chi ci sta a bardonecchia, tanto per farsi un’idea.

  13. Gisy, la Vanity Press ignoro cosa sia.

    E tentare di pubblicare non mi pare obbligatoriamente un atto di sommo narcisismo: uno può provare a pubblicare semplicemente perchè ama/apprezza/crede in/vuol mettere alla prova ciò che ha scritto (ovverosia un’opera, un manufatto), senza che ciò denoti in lui una chissà quale stralunata pulsione all’amar se stesso. No?

  14. @Luca Carlucci
    “E tentare di pubblicare non mi pare obbligatoriamente un atto di sommo narcisismo”

    Come diceva Vittorini: se si ha l’arroganza di scrivere, si deve anche avere l’umiltà di pubblicare.

  15. @luca. Sì è vero, dico solo che anche quando si scrive di argomenti che non rguardano se stessi (in un qualche modo pure indiretto) ci si riporta sempre ad un’autoreferenzialità, perché anche se lo scopo è informativo ci si informa su ciò che amiamo, si scrive di qualcosa a cui siamo collegati dentro, ma è bene che sia così, questo se vogliamo aggiunge valore all’opera intendiamoci. Il senso di condividerla, nle bene e nel male.
    Pavese scriveva che “scrivere unisce la possibilità di parlare a se stessi ed ad una folla”. Non è poco

  16. narcisista chiunque scrive, dunque? nei vari blog leggo sempre più spesso raconti allucinanti spacciati per letteratura:cosa me ne può fregare di quello che ha fatto ieri sera lo studentello spiantato fuori sede, che si nutre di scatolette, si ammazza di seghe, dorme sempre, non da esami, ecc. ecc.? proprio un bel fico secco, come si diceva una volta. é narcisista, invece, uno che ti racconta la vita del suo vicino di casa magari, mettendosi in disparte, perchè ritiene che la vita del suo vicino di casa possa aprire nuovi spiragli sulla visione del mondo? lo è nella misura in cui desidera far conoscere ad altri la propria opera, la propria visione della realtà. il narcisista puro ti fa sapere se a tavola ha l’abitudine di mettersi le dita nel naso appena finito di mangiare, perchè ciò lo gratifica. Si, mi è capitato di leggere anche questo, in un misero raccontino di non so più quale blog…

  17. Sì, ma non intendo che uno scrittore si riferisce a se stesso nel senso di parlare di se stesso, che però di qualunque argomento parli ci sia un collegamento che in qualche modo lo “riconduce”. Tutti i romanzi sono “autobiografici” anche quando il protagonista o narratario quando c’è non parla di sè…
    I grandi autori sono sempre osessionati da un pensiero, e anche scrivendo libri diversi ritornano su quello in un qualche modo. E’ questo che credo.
    Prendendo in considerazione la vanity press ovvero “quelli che pagano per pubblicare”, mi pare davvero un atto di narcisimo. Ma poi ci sono cose molte peggiori si sa.
    La maggior parte dei blog sono come la televisione, c’è comunque chi la guarda. Siamo in un gran calderone

  18. Alla persona che si firma “Barocco”: intendi dire che avrei la coda di paglia? Ma dài! E che cosa nasconde, questa coda di paglia? Potresti essere più preciso?

    Alla persona che si firma “Alcor”, rispondo: a) Sì – sotto gli occhi di tutti – ma non è imprevista: è il risultato di oculate politiche industriali; b) per quello che ne so, non è vero “in generale”, ed è vero “qualche volta”; c) mi fai l’esempio di Bufalino, che di riconoscimenti ne ha avuti – mi pare – a iosa: quindi non capisco bene che cosa intendi.

    Alla persona che si firma “Giovanna Cosenza”: ho parlato di “luoghi comuni”, non di “banalità”. Ovviamente i “luoghi comuni” possono essere verissimi (e per lo più lo sono).

  19. Perchè le domande ritornano? giustamente viene fatto notare che il fatto che alle stesse domande si continui a rispondere è tutt’altro che banale.
    Ma ci dovrebbe essere una classifica di risposte, alcune più generalmente credibili, altre troppo personali per essere condivise da più di due persone, ci dovrebbe proprio essere, eviterebbe molti voli pindarici imbarazzanti.
    Jung, per esempio, si chiedeva: Cosa vuole l’artista? e si rispondeva: molti soldi e splendide amanti.
    King dice che non potrebbe comunque fare a meno di scrivere, Sartre per noia oltre che per il secondo assunto junghiano, Pitigrilli avrebbe voluto essere famoso.
    Poi vengono le risposte di chi non è famoso ed è interessante vedere che quasi sempre le motivazioni dei grandi sono le stesse degli sconosciuti.
    E questo è un punto.
    Il secondo è più insidioso ancora, riguarda il successo, effimero o eterno, di un’opera.
    La domanda è corredata da risposte decisamente più vaghe; è un capolavoro ciò che dura nel tempo, ciò che ha un riconoscimento universale, qualche furbo (o il contrario) dice che lo è ciò che è bello.
    La questione, secondo me, quindi limitatamente al fatto che tra i nessuno, io spicco per nessunaggine, è che il successo di un’opera segue l’andamento della durabilità generale che hanno le opere umane in determinati momenti storici, oggi un successo editoriale è un PACS che si instaura tra un autore e il suo pubblico, nessun lettore va più, (o critico) in chiesa a giurare eterno amore nella buona e cattiva sorte a un libro, lo legge sulla spiaggia e se va bene lo finisce.
    Leggevo al bar le recensioni di Alain Elkan su Tuttolibri, un paginone! lui è un campione tipo di lettore moderno mediamente colto, attento al glamour editoriale e culturale mondano, si entusiasmava di aver “riletto” i Promessi sposi, (secondo me non ce l’ha fatta neanche questa volta) dunque sembra intenzionato a sposarlo nella sua immortalità di capolavoro.
    Solo che non riesce a dirne nulla di interessante e io, fossi una donna, non mi fiderei di una promessa così inconsistente.
    Anche questa volta le domande non mi danno risposte definitive, speriamo, con Mozzi, che venga fuori qualche bel testo, come alla festa delle medie ci si chiedeva; ci saranno delle ragazze? e non era per sposarle.

  20. @ Mozzi

    Trovo che ci sia qualcosa di antipatico nel dire “alla persona che si firma Alcor”. Formalmente è corretto, ma dietro c’è un fastidio al quale istintivamente si finisce per corrispondere con lo stesso fastidio, e non si ha più voglia di rispondere.

  21. Alla persona che si firma Giuliomozzi :
    eh, non è per dare sempre ragione ad Alcor, ma in effetti non ho tanta voglia di replicare sulla distinzione fra “luoghi comuni” e “banalità”.
    Ma probabilmente è proprio quest’effetto che la persona che si firma Giuliomozzi vuole produrre.
    Un sorriso a entrambi
    Giò

  22. @gisy: non tutti i romanzi sono autobiografici. e quelli che lo sono espressamente dovrebbero essere letti a prescindere dalla reale vita dell’autore. a mio modo di vedere, e a modo di vedere di una parte dei teorici letterari vivi o defunti, l’opera, nel momento della pubblicazione, cessa di avere rapporti con l’autore. diviene un organismo autonomo, giudicabile e criticabile nella sua essenza. esiste una “operità” che non ha nulla a che vedere con lo scrittore. l’opera è un ente autonomo, sufficiente, unico. e la critica che si porta all’autoreferenzialità di un testo è diretta alla limitatezza espressiva e concettuale del testo in questione. non si dovrebbe parlare di autoreferenzialità, in quanto nella lettura critica di una qualsiasi opera d’arte andrebbe operata un’epochè riguardo ai motivi che hanno fatto nascere l’opera e a chi l’ha data alla luce. o no?

  23. Alle persone che si firmano, rispettivamente, “Alcor” e “Giovanna Cosenza”. E’ un vecchio trucco, dire: “Smetto di parlare con te, ma è perché tu in realtà non vuoi parlare con me”.

  24. se proprio dovete litigare, litigate sugli argomenti, no?
    cmq, sono d’accordo con quanto dice bill. una volta pubblicata, ma forse già da quando è stata scritta, un’opera cessa di essere completamente dell’autore. prendete per esempio di come leggono( o leggevano) i libri i ragazzi, che poi probabilmente è il modo più autentico: loro, come è capitato a me, si innnamoravano dell’opera in sè, senza farsi troppe domande sull’autore. forse sono un pò ingenuo nel pensare questo, ma mi piace pensare che molta gente affronti in questo modo la faccenda del leggere…per tornare al narcisismo, qualcuno vuole leggere un mio racconto? ;-)

  25. @bill Son d’accordissimo. Appunto nella critica. Molti dei migliori romanzi esistenti sono delle biografie. Ma io non volevo dire che degrada o qualifica. Dico solo che spesso è così ;-)

  26. > Anche un autore, dopo che è morto cessa di appartenersi.

    ecco, finalmente, un (as)saggio della filosofia che amo.

    grazie topo, giuro che, dopo questo tuo salutare compendio, non metterò più trappole né bocconi avvelenati ai quattro angoli di casa. mi hai commosso nel profondo, regalandomi la sintesi che cercavo da anni e anni.

  27. mettiamola così: una volta morto l’autore non si possiede più e la sua carcassa pulciosa e la sua testa-opera tutta da scalpellare è lasciata in balìa o bàlia dei posteri che anche se prima lo hanno magari accusato per anni di essere un autorefenziale, un controcorrente, un misero sovversivo ecco che per incanto trovano tutti che il suo barile seppur raschiato più che a fondo sia pieno di perle best-seller con cui tirare l’acqua al proprio mulino.
    le solite sviste, no?
    fa storia il caso di Guido Morselli, eccellente scrittore del novecento, sottovalutato per tutta la vita, morto suicida e zac, riassunto a celebrità così, dal nulla.
    che tristezza, no?
    un saluto
    paola

  28. Una volta ho conosciuto una critica d’Arte famosa che mi disse:
    Il miglior artista è quello morto…
    Strano che il suo detto coincidesse quasi con quello del Generale Grant:
    Il miglior indiano è quello morto…
    per dire,
    si fa solo per dire,
    ma è vero

    Mario Bianco

  29. rostand, più leggo il tuo commento delle h 18.31 e più mi convinco che vai a ripetizioni da amalia de lana. il che è tutto dire. anzi. tutto scrivere.

  30. si fa solo per dire, la storia dell’indiano?
    hitler faceva solo per dire. no, diceva solo per fare. mai ordini scritti: tutto a voce. capito mr. white?

  31. e io mi gratto
    effeffe
    ps
    oggi alle cinque mi precipito al circolo dei lettori (torino) dove si svolge la manifestazione con un chilo di cornetti rossi da distribuire agli indiani che ci sono.
    ppss
    fair play, gente fair play, qui ci sono le universiadi, d’accordo, però sputare veleno sugli atleti solo perchè si è studenti fuori corso, non mi sembra una buona idea

  32. > robivecchi

    ma si, dai. a quanto leggo tra le righe qui se c’è un intellettuale, quello sei tu. era da tempo che non ne leggevo uno. vorrei leggere un tuo argomento, però. uno qualsiasi, fai tu.

  33. @ Giulio Mozzi

    Avevo messo un commento per risponderti, ma non lo vedo.
    Ci riprovo, faceva più o meno così:

    Tu dici: “E’ un vecchio trucco, dire: “Smetto di parlare con te, ma è perché tu in realtà non vuoi parlare con me”.

    Non capisco di che trucchi parli, io smetto di parlare con te, molto semplicemente e senza trucchi, perché non sono tanto masochista da parlare con uno che sento ostile, torna meno ostile e ti parlerò. Cioè risponderò alle precisazioni che sembri chiedere.

    @ Non ricordo più chi

    ha detto da qualche parte che c’è MOLTA bella roba in giro scritta benissimo e che gli editori non pubblicano.

    Sul “molto ben scritto e di valore” varrebbe la pena riproporre un pezzo, forse, in modo che tutti quelli che credono di avere un capolavore nel cassetto, si calmino, capiscano, e magari anche lo forniscano, io ricomincerei a leggere narrativa.
    La verità è che le cose sono cambiate molto in questi 30 anni, come ho detto irritando Mozzi, e che quello che poteva ancora essere buono 30 anni fa, un linguaggio che poteva avere una sua ragione di essere 30 anni fa, adesso la ha perduto è risulta agli occhi dei lettori una bolsa ripetizione, o semplicemente un testo bolso.
    Mentre gli autori si chiedono perchè se Fenoglio è così amato, il proprio testo simil-fenoglio non lo vuole nessuno.

  34. Dipende: io il mio capolavoro segreto (non lo pubblico per narcisismo) lo tengo nel cassetto e non, come usa ora, nell’armadio solo perché non voglio che lo scheletro lo legga.

  35. niente male, carlucci. però il narcisismo mira alla pubblicazione. se no che narcisismo è?
    (eventualmente fammi sapere)

  36. Un saluto a tutti,

    rientrando (quasi!) in tutte le categorie della dicussione mi/vi chiedevo: trattando di autoreferenzialità e scrittura – perché il riferimento è sempre “Narciso”?
    Narciso amava la sua immagine riflessa e ha lasciato un nome.
    Eco si è consumata nell’Amore (non corrisposto) fino a rimanere: voce.

    Quale Io dei due, presenta più essenza, nel mito, nella metafora?

    Chiara Daino

  37. > robivecchi

    te la cavi sempre con le battute di spirito, quasi come Andreotti ( lui è impareggiabile, però), ma di sostanza nemmeno l’ombra. o le tue elucubrazioni sono troppo elaborate per noialtri poveri ignoranti?

  38. @luca carlucci

    simpatica l’immagine dello scheletro che legge. mi ricorda un pò lo humor di Groucho Marx

  39. rostand, hai dei problemini? guarda che, se vuoi una mano, non hai che da chiedere: non mi ci vuole molto a caricarti sul carretto e portarti all’officina per le riparazioni più urgenti. e non preoccuparti della distanza: a trainare il mio carro è un asino. con le ali.

  40. …inutile commentare. se vuoi parlare parliamo, altrimenti non mi rivolgere più parola. passo e chiudo.

  41. Che mi sono perso? non immaginavo tanto rumore per nulla!

    “L’industria culturale offre un movimento perpetuo entro un sistema di combinazioni fisse, somigliando al caleidoscopio e anche a certi giochi, come quelli di carte, dove la monotonia fondamentale è tanto ovvia a chi osservi di fuori quanto celata a chi ci si annulli. Si potrebbe dire che il tedio per la staticità della partita e l’eccitazione per la sua variabilità sono dunque impressioni nate dal punto di vista, e così si guadagnerebbe il favore di tutti i conformisti, impegnati a dimostrare che l’unica cosa vera è l’universale relatività, forse con la speranza di persuadere che sia relativa la loro assoluta miseria di esseri che si privano dell’essere”.
    (Zolla)

    Credo che Adorno, profeticamente, già chiarì quello che sarebbe accaduto. In Italia, mi sembra che si pubblichi una discreta saggistica italiana e straniera (sopratutto scientifica), invece la narrativa contemporanea italiana (e in parte anche quella straniera importata e tradotta) mi sembra superflua (sopratutto quella italiana). Da un lato questi effetti sono a mio parere il risultato di ciò che Adorno scrisse dell’industria culturale come segno dei tempi a venire, da un altro lato la conseguenza della mancanza di operatori culturali, personaggi dalla vasta mente dentro l’editoria italiana. Non ci sono più. E questo potrebbe essere determinato da chi oggi ha in mano l’editoria. Dai veri padroni dell’editoria, che non sono più quelli di una volta. D’altra parte l’Italia non è che può essere sempre al primo posto per produzione culturale. Abbiamo avuto Leonardo, Dante, Leopardi, Montale (tanto per dire di quattro giganti), non è che si può sfornare genio a volontà e sempre. Capisco che può dare fastidio che si tenti di fare passare per geni autori che sono modesti, ma l’industria deve sopravvivere tenendo conto di chi la comanda, che poco capisce di cultura e si deve basare sulle indicazioni degli operatori che ha assunto.

    Inoltre non vedo in giro molti scrittori (non distinguerei di che genere letterario perchè mi sembra una nozioncina obsoleta) che sanno spaziare con disinvoltura tra l’antichità e l’oggi, che sappano inoltre darmi orientamento, svolta nella vita. Ci sono in giro dei buoni specialisti, ma io diffido dello specialismo. Non ci sono in giro in Italia menti oceaniche, almeno che io sappia. Eppure credo di averle sempre cercato. L’unico italiano, in questo senso, che mi lascia di stucco, è Romeo De Maio, che se non ricordo male insegna Storia moderna a Napoli. In giro invece incontro tante menti che mentono su quello che sanno.

  42. Bello. Molto interessante. Molto.
    Provo “invidia” per chi ci sarà. Non sono stato invitato, non so neanche i criteri per cui avrei potuto essere invitato. Nemmeno scrittore esordiente, addirittura scrittore (in)esordiente sono! Sono presenti tutti gli editori che stimo di più, quelli a cui manderei i miei testi. L’idea, poi, di poter leggere qualcosa di proprio davanti a un pubblico motivato e interessato è addirittura esaltante. Peccato davvero: sarebbe stata un’esperienza di terrificante interesse per me.

    Magari qualcuno, nei commenti, vorrà spiegarmi come si fa ad entrare in un giro simile. Perché mi pare pazzesco restare fuori non solo dalla cerchia degli scrittori editi, ma perfino da quelli inediti.
    Attendo resoconti da chi ci sarà. In bocca al lupo.
    [Ste]

  43. @chiara daino.
    qui nessuno ti risponde: sono tutti presi dalla smania di voler non essere pubblicati. io non so che dire, non sono nè narciso nè eco. sono targets. essenza, mito e metafora. tutto insieme.

  44. però mi sto affezionando a ‘sto sitting… fà quasi tenerezza, varda…

    ah, gisy scerman, ho fatto una lunga, elaborata visita al suo sito. interessante. sotto vari punti di vista.

  45. @ sitting

    Grazie! Apprezzo molto l’ESSERE e mantenere salda la propria essenza.
    Io sono ferma alla fase dei “perché?”(spiegamelo – come se avessi tre anni…)
    Chiedi oggi e chiedi domani, donandosi in pasto con tutta la tua verità…
    “prima o poi la vita ti risponde” (tanto per tornare al Baricco dell’inizio.

    Saludos

    Chiara Daino

  46. anch’io credo molto nell’essere: anzi, nel to be or to be. insomma, non ho dubbi. per il resto, non ho nemmeno risposte.

  47. Alla persona che si firma ‘Sitting Targets’: sei anche simpatico, fratello !:o)
    Ma perchè quel ‘sitting’: pigrizia congenita ?
    O c’è una connessione nascosta coi Targets che io non vedo ?
    Se vuole illuminarmi, a suo tempo e comodo….

  48. ‘se vuole illuminarmi…’

    oddio, ci risiamo. mr targets può esservi d’aiuto in tutto, ragazze, ma per l’illuminazione dovete rivolgervi altrove. o chiamate l’enel, o fate un giro tra i vari post della riserva.

    targets che illumina! ma pensa cosa mi tocca sentire!

  49. grazie barbara, modestamente un paio di qualità le ho. io ho detto la prima, tu la seconda. e di questi tempi non è poco. sul sitting sì, sarebbe consono. targets no, è vero. per quanto… rifletti. in inglese sitting targets vuol dire bersagli seduti. e noi cosa siamo, nel momento in cui, seduti davanti al pc, veniamo appunto “bersagliati?”
    anche se, devo dirti, io mi chiamo davvero così. mi chiamo targets. sitting targets.
    :-)

  50. hai proprio ragione: ti chiami targets, sitting targets. come tutti.

    che, se ci pensi, potrebbe anche essere l’inizio di un romanzo. tu scrivi, per caso?

  51. non so, targy. se non ricordo male, per scrivere ci vuole una penna. io non faccio altro, invece, che muovere i ‘diti’ sulla tastiera…

    però, anche ‘io scrivo, come tutti’ può essere l’inizio di un romanzo. l’eventuale lettore, pur in mancanza di altri riferimenti, sa già che è ambientato in italia.

  52. @BersagliSeduti (che mi sa appunto di capo indiano…ahahahah..ho fatto la battuta!)
    Chè vantandomi immodestamante (!) di sapere l’inglisc temevo invece che il tuo nick fosse chissà quale espressione tipicamente anglosaxon che mi mancava..:o)
    Concordo sul bersagliamento di noi pc-ofili internettanti.
    Che poi, volendo fare un’altra battuta, qui di bersagli ce ne sono a iosa, c’è solo l’imbarazzo della scelta, dato che spesso vedo che le discussioni trascendono in rissa, più o meno accesa.
    Ma sono una frequentatrice in erba di questo sito, quindi magari è solo un periodaccio e generalmente qui si assiste a lanci di fiori, musiche celestiali e ‘ma prego passi Lei’..’no, no ma Le pare, toccava a Lei, si immagini.. etc..etc..
    Seppure ho come il presentimento che le risse imperversino, ma guara un pò.
    La sottoscritta, sinceramente, sarebbe per il ‘verdonesco’ ‘peaceenlove’, almeno qui dentro, al chiuso dei nostri pc, che diamine !
    Chè per scannarci c’abbiamo tutto il tempo e le opportunità la fuori.

    Alla prossima, Mr. Targets
    (ma lo sa Lei, che il suo nome è uguale quello di un mio prestigioso cliente yankee ? Vedi tu i casi della vita.
    Peccato che non sia anche toscano..;o)

  53. Errata corige
    Mi scuso per essermi mangiata parole qua e là, ed accent pure..
    Troppa fretta nello scrivere, ed occhi ancora leggermente incollati…
    Sorry……………………

  54. Tanto oramai, ovunque vai, ci infilano dentro Giorgio Vasta e compagni.

    E i prezzi della Hoden continuano a lievitare…

    e basta….

  55. Mozzi, non è invidia di niente.

    Si è solo stanchi di andare a Torino Spiritualità e trovarci la Parigi e vasta, di andare al circolo dei lettori e trovarci la parigi e vasta e i soliti altri.

    E di avere a che fare con dei corsi inutili dove “l’Editor” ti insegna a scrivere pure di scrittura professionale.

    Non sapete più che invetarvi.

    buon esordire, Mozzi a te e loggia.

  56. Mi intrometto sull’esordire e sulle scuole di scrittura (e magari pure un poco sulla Holden).

    Ho partecipato tre o quattro anni or sono a un corso serale della Holden (racconto e romanzo). All’epoca non avevo ancora provato a scrivere un vero e proprio romanzo, piuttosto qualche scorreggina di racconto. Il corso non mi ha illuminato, nè mi sono state donate ricette o formule magiche. Ma mi ha fatto pensare che, forse, a provarci non c’era nulla di male e che se davvero scrivere è – tra le altre cose – roba da artigiani, quella roba di cui parlano alla scuola Holden, che si impara anche andando a bottega, allora potevo anch’io tentare la strada dell’apprendimento. La mia bottega, intendiamoci, da quel momento in poi sono stati i romanzi. Nient’altro. Ho letto tanto. E ho cercato di leggere bene. Ho scritto tanto. E ho cercato di scrivere ogni volta meglio. Alcuni mesi fa ho spedito un manoscritto a dieci case editrici scelte tra quelle che pubblicano esordienti (più o meno quelle dell’incontro torinese). Dopo due mesi, due di loro hanno composto il numero che avevo lasciato in calce al manoscritto e mi hano chiamato. Tra due mesi esce il mio primo romanzo.

    E questo e quanto. Nessuna spinta. Ma credo che senza la Holden non avrei avuto il coraggio di tentare.

    Un abbraccio a tutti.

    f.

  57. robivecchi. l’idea non è niente male. (comunque, con il “mi chiamo targets, sitting targets”, io non mi riferivo a walter siti, ma a james bond. e avrei dovuto aggiungere: sono targets come nessuno.) :-)

    barbara.
    qui il “ma le pare” è il più gettonato.
    sono d’accordo con il “peaceandlove”. ah ma quanto sono d’accordo!

    love&peace,
    st

  58. @ FabioG dice: “Ho letto tanto. E ho cercato di leggere bene. Ho scritto tanto. E ho cercato di scrivere ogni volta meglio”.

    E’ sempre la migliore strada. Che è sempre diversa, ignota per ciascuno.

  59. “Mozzi, non è invidia di niente.

    Si è solo stanchi di andare a Torino Spiritualità e trovarci la Parigi e vasta, di andare al circolo dei lettori e trovarci la parigi e vasta e i soliti altri.

    E di avere a che fare con dei corsi inutili dove “l’Editor” ti insegna a scrivere pure di scrittura professionale.

    Non sapete più che invetarvi.

    buon esordire, Mozzi a te e loggia.”

    rspondo a Elio

    … e tu a Torino spiritualità e circolo dei lettori non ci andare! Semplice no?
    oppure, se tanto senti il bisogno di trovare altro inventati qualcosa e datti da fare.

    Per quanto riguarda il tuo sarcasmo sui corsi di scrittura professionale tenuti dagli editor mi permetto di dire che scrivere non è solo quell’auraticità che forse tu vedi ma è anche, quotidianamente, comunicare, in questo senso, se lo si impara da chi, scrivere, lo sa fare, si comunica meglio, è tanto una stronzata?

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