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Hans Wollschläger (1935-2007)

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di Domenico Pinto

Foto: Renate Zeigermann

«Io non sono costretto a scrivere. Al contrario, quando devo scrivere qualcosa, mi dico: come mai non ho potuto impedirlo?». Queste parole siano ingaggiate come epitome dell’opera di Hans Wollschläger, il cui gesto estetico, estremo nella sua sicurezza, strapotente in tutte le sue declinazioni, in Germania – con una tale simultaneità di impieghi – non si era forse mai visto. Wollschläger scrittore, filologo e editore, musicologo, storico, traduttore: non vi è campo dove egli non abbia lasciato un’orma persistente.

Quando nel 1975 appare la sua fiammante versione di Ulysses, che ripara alle storture della prima, precocissima, di Goyert nel 1927 – quasi ostacolando per cinquant’anni, di fatto, la comprensione delle novità del romanzo –, un fascio di luce viene gettato sullo scrittore irlandese: si avvia un altro ciclo nella recezione di Joyce. L’arco d’Ulisse è stato finalmente teso, e la traduzione di Wollschläger ritenuta una delle maggiori prove della lingua tedesca. È passata anche in proverbio, poi, la resa del capitolo delle lavandaie del Finnegans Wake, Anna Livia Plurabelle, e le centrifughe di fiumi e le parole in metamorfosi (parryotphrosed myth brockendootsch, recita il sottotitolo).

Ma questa “scrittura di secondo grado” è solo il cono d’ombra della sua prosa: la rarità dei precipitati narrativi di Wollschläger ci consegna una grande opera incompiuta, Herzgewächse, oder Der Fall Adams. Preconizzato per quindici anni, e uscito solo nel 1982, questo romanzo in forma di diario è per i suoi lettori una testa di Medusa, del quale Andreas Weigel afferma: «In quanto letteratura assoluta Herzgewächse dialoga consapevolmente con sé medesimo, in sé, di sé, per cui esso stesso è la sua letteratura critica». Una grammatica viene qui elaborata perché la lingua si accordi alla strategie compositive della musica, di cui vengono adottati i principi, con l’eterno ritorno di temi e canoni. Le forme del racconto cadono nel dominio dei suoni, sicché il senso trova i suoi correlati oggettivi negli andamenti e nei ritmi. Nel 2004 fu annunciato che la prevista seconda parte del libro – la cui imminenza s’era in certo qual modo sostituita all’opera – non avrebbe mai più visto le stampe. Il frammento, il non finito, chissà era la forma di Wollschläger. Nei suoi migliori esegeti rimane però viva la speranza che almeno una delle tre o quattro versioni della seconda parte venga prima o poi pubblicata.

Tuttavia l’incompiuto ci determina, e l’insordescenza della critica, meglio disposta ad accettare la grandezza di Wollschläger sul côté della saggistica (così la «Frankfurter Allgemeine Zeitung» scrive che in questo genere è stato uno dei maggiori del Novecento), deve ancora scoprire, per paradosso, la portata di questo romanzo.

A dicembre fui invitato ad andarlo a trovare, in una mesta lettera dove si diceva ormai interessato solo ai destini degli uomini, non essendolo più a quello dei libri. Non ne ho avuto il tempo. Hans Wollschläger muore, per una polmomite, all’una di notte del 19 maggio, all’ospedale di Bamberg, nell’Alta Franconia.

apparso su “Alias” del 26.05.2007

La fotografia di Renate Zeigermann è
© Copyright 2007 Ralf Zeigermann.

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45 Commenti

  1. “… come mai non ho potuto impedirlo?».

    Mi ricorda da vicino l’epigrafe scelta per il blog “Cazzeggi Letterari”:

    “Chi scrive libri”, ammonisce Karl Kraus, “lo fa soltanto perché non trova la forza di non farlo.”

  2. Il destino tragico dell’opera incompiuta mi colpisce.
    Lembi fiammenti che arrivano alla luce, lembi imperfetti.
    Penso a racconti di Kafka in gestazione, belli.
    In questo caso, la genesi dell’opera rimane genesi.

  3. Persona di spessore senza dubbio. Peccato sprecare il tempo però con Joyce, del quale vale pe me il giudizio di Virgina Wolf: qui pro quo

  4. Propongo una petizione a favore di un cospicuo sostegno economico, pubblico o privato, del Pinto (bravo e promettente) traduttore, affinché si presti al più presto, scusate il bisticcio, all’operona di trasmutazione in italico idioma del magno libro incompiuto di Wollschläger.

  5. ‘Una grammatica viene qui elaborata perché la lingua si accordi alla strategie compositive della musica, di cui vengono adottati i principi, con l’eterno ritorno di temi e canoni. Le forme del racconto cadono nel dominio dei suoni, sicché il senso trova i suoi correlati oggettivi negli andamenti e nei ritmi. ‘

    è così che andrebbe definita la ‘scrittura per eccellenza’!

    Guten tag….

  6. Delusissimo da Pinto, da uno come lui non me lo sarei aspettato: ma come, dimenticare “Il presente di un’illusione – discorsi contro un mostro”, dove il titolo rimanda a Freud e il mostro a… Si sarà lasciato intimorire da Luminamenti? E quelli che l’anno scorso Hans definì i suoi due unici maestri vivi, Adorno e Arno, dove son finiti?
    Bravo invece Angelini: in una cassetta Suhrkamp infatti Hans legge Kraus.

  7. Non sono d’accordo su quanto dici di Virginia Wolf. Cmq, mi fido del mio giudizio. E in quanto a nomi illustri Zecchi e Zolla hanno sviluppato un articolato discorso letterario su Joyce che mi conforta.

  8. @ Stefano: nel colophon degli Herzgewaechse v’è un monito a non tradurre…

    @ Carlo: non voleva essere una voce della Garzantina. Di Schmidt non ho parlato intenzionalmente, puoi immaginare i motivi. Il taglialemma di Bargfeld diceva, con parole occasionate dalla biografia di May (che W. pubblicò presso Rowohlt), in sintesi: l’autore è un tedesco del Nord, 30 anni, noto come traduttore, e spero che anche il suo grande romanzo, il FALL ADAMS, possa apparire presto. Lo consiglio con forza.

    Ansonsten ist der Verfasser Norddeutscher; eben 30 Jahre alt; als Übersetzer aus dem Englischen gekannt bei Nannen (‹Die Stimme des Negers›), Rowohlt, Suhrkamp, Walter; aus Zeitungsartikeln & Rundfunklesungen; und sein großer Roman vom ‹FALL ADAMS› wird hoffentlich auch bald erscheinen – ich empfehle ihn mit allem Nachdruck. Daß er für KARL MAY zuständig ist, beweist nicht nur das ‹Hamail› an seiner Windschutzscheibe; sondern mehr noch der Umstand, daß er – und nun wird’s ja irgendwie curios – langjähriger Mitarbeiter des KMV ist.

    Correva l’anno 1965.

  9. Non lo conosco, non so chi si nasconda dietro il nick, ma dopo aver letto il suo intervento sul Rabelais di Céline credevo che questo Luminamenti fosse una gran testa. Ora lo sento dire che occuparsi di Joyce sarebbe una perdita di tempo e che sull’Ulisse (diciamo semplicemente il più grande capolavoro della letteratura, ndr) avrebbe ragione quella vecchia inacidita e invidiosa della Wolf. E allora mi sono ricordato di una definizione coniata da Longanesi, che diceva: un cretino con dei lampi di imbecillità. Niente di personale, naturalmente.

  10. Piano con le offese, che tra l’altro non è colpa sua. Semplicemente ripete la condanna emessa da Zola: arte degenerata, scrittura da alienato mentale ecc. (tutto mio zio farmacista fascista, che si fermava all’impressionismo perché dopo non si vedono più le figure).

  11. C’è abbondante letteratura critica negativa su joyce. Naturalmente ognuno è libero di pensare liberamente il contrario e sappiamo già chi lo considera il più importante scrittore del novecento. In quanto a Zolla non si esprime come dice Carlo. Basta leggersi (tutti) i suoi saggi critici su Joyce per comprendere che cos’è fare critica, saper sviluppare dei concetti, osservare con attenzione. Insultare è un altra cosa da disprezzare (che è semplicemente il contrario di apprezzare). Peccato per Joyce, i suoi inizi erano promettenti, perchè certo era una grande mente, ma poi si è perso come giustamente ha detto la Wof nei qui pro quo! Anche Zecchi ha scritto cose critiche molto acute su Joyce, sulla vacuità del suo discorso.
    Inoltre se io non sono una grande testa, cosa assolutamente vera (ho il cranio piccolo, microcefalo), allora non lo sono tutti i critici (circa un centinaio di varie parti del mondo) che hanno considerato il più grande capolavoro della letteratura il Don Chischotte. Per me cmq dire espressioni come il più grande capolavoro della letteratura è sempre un parlare in maniera insensata. Conosco solo buoni e cattivi libri. In entrambi i casi caro dege, sbagli, ma nessuno ti impedirà di dormire col santino di Joyce sotto il cuscino. Dietro il mio nick poi cosa vuoi che si nascondi. Appartengo come te alla specie umana, mica gioco a nascondino!

  12. Appartengo come te alla specie umana

    Oh questo ci consola assai! :)

    Anzi verrebbe voglia di chiederti al di là di Zecchi, Zolla e Woof perchè non ti piace Joyce, lasciandoti liberamente dilungare…

    Mica si vorrà fare come un mio caro amico che chiedeva alle sue malcapitate ragazze, ora a signore d’età, “Ti piace Proust?” ( con Joyce ai vertici della classifica “stracitati ma in realtà poco letti”) e dalla riposta decide se continuare o meno il corteggiamento?

    Su Don Chishotte spero che Lumina abbia letto la buona novella
    Trovato “Don Chisciotte” di Shakespeare. In scena dal 2009

    C’è tutto il tempo per organizzare una gita di fans dei due Cerv&Shake a Londra.

    c&c

  13. Io invece sono sicuro che Zolla si esprime così. Per dimostrarlo, dovrei andare in biblioteca, controllare e riportare qui virgolettato: un lavoraccio del genere sarei disposto a sobbarcarmelo per una scommessa (1000 € mi farebbero comodo, 10000 meglio ancora), ma siccome siamo ombre… Qui poi non ci guarda più nessuno, e verrebbe a mancare la giuria. Facessero un post apposta, con su le citazioni da Zolla che potrei esibire, il discorso cambierebbe: si pronunci casomai la Redazione.

    Quanto a Zecchi poi: Zolla, Zecchi, Zio…

  14. joyce non mi piace perchè non illumina la vita, fa pastiche, ha una visione mortifera dell’uomo, esibisce il linguaggio, fa scomparire la vita e il mondo, non istruisce su nulla. Se confrontato con kafka l’epifania non sa dov’ di casa. Peccato, perchè l’inizio era promettente: “la livida mano accartocciata e bruciante sussultava come una foglia staccata dall’aria”.
    Dopo di questo, il buio, che sterile confronto tra l’esoterico rabelais e le trivialità joyciane!

  15. Tanto per aggiungere, non ho molto tempo ora.
    Il testo di Zolla s’intitola Joyce e la moderna apocalisse.

    Da questo articolo, a caso:

    “….Poi venne joyce a comporre quella che Cecchi ha denominato la “bieca teologia” della coscienza inferiore , l’apoteosi della nausea”
    N.B di luminamenti: c’è pure cecchi nel mazzo dei critici del no!

    ancora, Zolla: “Nei canti 21esimo e 22esimo dell’Inferno è bene delineato in chiave di apsro e ferito disdegno il mondo della coscienza inferiore, mentre nel Gargantua esso viene reso in un diverso registro, quello dell’ilare ebreità. Comunque in codesti classici espempi esso resta in certi limiti, è tutt’intorno cinto da una fondamentale serietà di vita, ancorata a una Weltanschauung che tutto permea di significato. Anche nel caso più vistoso di rabelais che si sfrena all’impazzata, diluviando la sua colluvie di canzonette oscene, delle sue deformazionilinguistiche, dei suoi vaniloqui da allegra brigata gauloise, l’evocazione della coscienza inferiore è in funzione di qualcosa di profondamente sentito e pensato, che si traduceva giocosamente nel vagheggiato ordine monastico che avesse per insegna Fais ce que voudras. Insomma tutto si svolgeva fra argini, il sorriso che poteva suscitare questo ambito deteriore dell’umo, in chi non si sentisse di aborrirne con ascetica indiganzione, era pur sempre un sorriso tollerante”

    E ancora più avanti, sempre Zolla: “Joyce si trovò al bivio d’estasi e nausea multiforme allorché spinse i primi passi nel suo scavo interiore. Nella giovinezza provò ad abbandonarsi secondo le regole gesuitiche dell’azione della grazia virtuale, ma questa non divenne mai attuale, quello che egli chiamò l’iniquo abbandono lo lasciò nelle secche dell’accidia dove s’arrestò lo slancio del suo fervore; un’indolenza spirituale (piuttosto che uno scetticismo) lo impregnò tutto. E la sua introversione invece di anelare alla luce sovrasensibile affondò nella nausea. Joyce intravide chiaramente l’altra soluzione, quella dell’estasi – non l’estasi della mistica religiosa preclusagli dall’incredulità – ma sì l’estasi profana del piacere artistico, il rapimento dell’ipervisione alla Proust. Infatti la ricerca in interiore homini che addusse Proust a soprendere l’anima di un albero nell’attimo arcano dell’intuizione panica fu ben conosciuta da Joyce: The soul, the whatness leaps to us from the vestment of appearance. The soul of the commonest object achieves structure of which is so adjusted, seems to us radiant. The object achieves its epiphany (l’anima, l’essere ci investe sciolndosi dal velo dell’apparenza. L’anima dell’oggetto più comune, la cui struttura sia così conformata, ci sembra raggiare. L’oggetto celebra la sua epifania).
    La visione esaltata in codesto passo teoricamente descritta fu non dir ado, con certi tratti eleganti e tenuissimi, raggiunta da Joyce”

    Come vedi Carlo, i toni e il modo di esprimere di zolla non sono quelli che tu gli attribuisci.

    Devo continuare? tutto l’articolo di zolla è illuminante e come un ragnatela a poco a poco fa vede, mostra l’errore di Joyce.

    Eventualmente a dopo, se ho tempo e occorre.

    Invece di fare scommesse perse, passa da casa mia che c’è più materiale delle biblioteche che frequenti. Ti offro un tè.

  16. Ah, a proposito: Miller chiamò la soluzione di Joyce il “deterioramento dell’anima”

    E poi c’è il giudizio di Toynbee.

    E poi il collegiale lavoro di due critici americani, Campbell e Robinson (Times Literary Supplement, n. 2832).

    Nb. di luminamenti: è bene sempre spiegare che perorare opinioni a vanvera.

  17. ho letto tre volte l’ulisse, mi sono studiato la biografia “monstre” di joyce (richard ellmann, feltrinelli) e decine e decine di saggi (da quello di beckett a quello di eco), sono stato nei luoghi joyciani a trieste, roma, parigi, zurigo, dublino (compresa la torre di sandycove, dove ha inizio il romanzo), posso quindi esprimere, senza offesa alcuna, ma solo attraverso una citazione letteraria, quello che penso di uno che sostiene: occuparsi di joyce è tempo perso? credo di sì! ora lo stesso soggetto conferma che di joyce non sa nulla, dice che è triviale, che ricorre ai pastiche, addirittura che fa scomparire la vita e il mondo, mentre l’Ulisse ha esattamente quella funzione: descrivere la vita quotidiana e il mondo in tutti i suoi meandri, non con i re o i cavalieri, ma con l’uomo medio, le sue bassezze, la sua meschinità. joyce c’è riuscito più di cervantes, più di rabelais, che sono al secondo e terzo posto della mia classifica personale (scusate, mi divertono le classificazioni). forse lo si dovrebbe leggere, joyce, prima di parlare, bastino le scene della masturbazione nel capitolo dedicato a nausica, la spiaggia, o la defecazione nel wc del cortile di casa all’inizio. tutto il resto è sterile polemica, baraccone, ciarpame alla zecchi, zolla, woolf o wolf o wof che dir si voglia.

  18. Di polemica io non ne ho fatto. Ho espresso un mio giudizio, intelligente legittimo e non isolato. Come può essere il tuo, ma che non condivido sulla base di argomenti che andrebbero discussi molto ampiamente.

    Per il resto, capisco dai tuoi toni da chi hai preso l’idea che le valutazioni altrui (sempre contestabili ovviamente, ma per te non è ovvio credo) sono “solo” ciarpame e baraccone. Certamente hai assorbito bene Joyce (e ti sei sollevato al di là delle bassezze con la tua cultura!).
    Continua pure a giocare con le tabelline 1×2 e fare le classifiche.

  19. In quanto alle bassezze, all’uomo medio e meschinità consiglierei la lettura straordinaria di Vincenzo Rabito, Terra Matta, Einaudi 2007

  20. Non facciamo confusione! Emilio Cecchi recensisce divinamente l’Ulysses nel 1923 (sic!) accennando alle interpretazioni di Pound e Larbaud (cfr. I tarli, Fazi ed. 1999).

    Joseph Campbell è il grande antropologo che con Robinson scrisse nel ’44 un famoso commentario a Finnegans Wake e ne fu così preso da mutuarne il termine monomyth (cfr “L’eroe dai mille volti”, Guanda 2004).

    Toynbee sì ce l’aveva con Joyce: “James Joyce was not a gentleman” scrisse in un saggetto del ’38. Philip (non Arnold, il grande storico e padre suo) – un giornalista che passò metà della vita a ubriacarsi, e l’altra a deprimersi…

    Dunque, rilancio: mettete in palio qualcosa, e io recupero le stupidaggini di Zolla su Joyce.

  21. Hai già perso, il tempo è scaduto come nel gioco degli scacchi, non hai tempo, non ti do tempo, e mentre tu citi i frontespizi io posto i contenuti…perchè quelle cose le ha scritto Zolla e le dice pure molto bene. Quell’altra frase l’ha detto Cecchi, quindi il suo giudizio è più sfumato di quanto fai credere, ma potrei dire dell’altro ma non lo dico perchè è troppo divertente il gioco del gatto con il topo!
    Bene riporto allora, mentre tu riporti soli i titoli che leggiucchi, il Times Literary che ho citato di campbell e Robinson:

    ” L’epopea del borgoritmo non è un testo esoterico dove un testo esoterico dove tesori di sapienza siano celati dietro il velame. C’è sì una rimuginatura di varia erudizione e pedanteria, ma al livello di pretesti per giochi di parole, di tiritere ora aristofanesche ora gratuite. Come ci si possa estasiare, come taluni pretendono, dinanzi a frigidissime scomposizioni e ricomposizioni di parole, è davvero un problema”

    Dovrei continuare, ma siccome mi sto divertendo abbastanza centellino lentamente il piacere. Vieni a csa mia carlo che fai prima a trovare i testi che cerchi! ahahahaha

    E Spitzer, ti ricorda niente?

    Mentre l’amico nostro dice di averle 3 volte Joyce e tutto quel resto… io invece ho tutto in mente eheeheh…

    Ed Henry Miller e Bernahard Fehr con chi misero a confronto joyce?

    può certo risultare anche divertente joyce, ma la sua ipertrofia espressiva svuolta significante e significato.

    tentò di rimediare il Wilson

    Cmq se c’è un giudizio opposto a Zolla che rispetto molto è quello che ha scritto Harold Bloom. Alla fine della mia lettura di joyce rimango perplesso e la critica di Zolla mi risponde più di Bloom, sebbene quest’ultimo intuisce alcune cose di rilievo che non sottoscriverei ma che non escludo. Ho troppa stima di Harold Bloom (che del resto ha con zolla parecchie cose in comune).

  22. Dice ancora zolla (contraddicendo quanto tu dici, a dimostrazione che il mdo con cui zolla orchestra la critica è per salite e discese):

    …l’opera di Joyce, in questo aspetto vistoso quanto discutibile ha l’importanza di un gesto di coraggio.
    A persuadere di una valutazione restrittiva, che riduca Joyce al rango alto ma non altissimo (che attenui l’iperbolica dichiarazione di Priestley: nobody can deny him, not merely talent, but sheer genius) basta un raffronto con un suo contemporaneo impegnato in analoghi esperimenti: Kafka.

    Il finale a sorpresa me lo riservo per dopo.

    Grazie cmq per l’esercizio mnemonico

  23. Definire zolla tipo che dice stupidaggini…è più sensato e rispettoso dire che si può non condividerlo sulla base di certi ragionamenti.
    Io non mi permetteri mai di dire che joyce è stupido. Non si conquista credbilità in un discorso accompagnando aggettivi squalificanti a un autore, ma qualificando il proprio autore amato.

  24. Se ci sono discussioni poco interessanti, fuori dalle aule scolastiche, sono in effetti queste, dove non si dibatte usando la propria mente, ma quella degli altri.
    Usate la vostra, che zolla e bloom e cecchi così tagliuzzati non servono a niente.

  25. Carlo: “Luminamenti ripete la condanna emessa da Zolla nei riguardi di Joyce: arte degenerata, scrittura da alienato mentale ecc.”

    Luminamenti: “Zolla non si esprime come dice Carlo. Basta leggersi (tutti) i suoi saggi critici su Joyce.”

    Carlo: “Sono sicuro che Zolla si esprime così. Per dimostrarlo, dovrei andare in biblioteca, controllare e riportare qui virgolettato: un lavoraccio del genere sarei disposto a sobbarcarmelo per una scommessa.”

    Luminamenti: “Perderesti la scommessa. E’ certo. Ho il testo accanto. I toni e il modo di esprimere di Zolla non sono quelli che tu gli attribuisci. Invece di fare scommesse perse, passa da casa mia che c’è più materiale delle biblioteche che frequenti.”

    Carlo: “Rilancio: mettete in palio qualcosa, e io recupero le stupidaggini di Zolla su Joyce.”

    Luminamenti: “Hai già perso, il tempo è scaduto come nel gioco degli scacchi.”

    Questo scambio si è svolto tutto nel corso dell’1 giugno: con quale faccia tosta e sprezzo delle regole può Luminamenti emettere la sua “sentenza”, quando è notorio che il tempo lo detta la Redazione di NI, la quale ha fissato a 30 giorni la decadenza di un thread? Se la cosa si ferma qui, è palmare che Luminamenti cerca di rigirare in vittoria una scomposta ritirata (il lettore medio di NI non è fesso!). Se invece si vuole tornare sul terreno di una sfida seria, ecco la mia proposta:

    Esibirò qui a breve i testi ventilati (previo soggiorno forzato in biblioteca); e a quel punto chi dei due perderà dovrà versare 100 € a NI (che li rifonderà per le tante spese di manutenzione del blog). La penale sarà costituita dall’espulsione in perpetuo da NI del concorrente insolvente.

  26. caro luminamenti, ti do un consiglio da tabellina del due. sai, oggi mi sento generoso. per il tuo bene: lascia perdere joyce, non è alla tua portata. che male c’è? si vive lo stesso. potresti essere un suo personaggio, ne sono sicuro, siamo tutti rappresentati nell’Ulisse, ma non un suo lettore. neppure zolla che gira e rigira le sue zolle esoteriche potrà aiutarti. insomma, giovanotto, hai milioni di altri grandi autori sui quali discettare ed esibirti per il diletto degli utenti di nazione indiana! su, da bravo, segui il mio consiglio, sono sicuro che ce la farai… dopodichè non ti disturberò più. ciao.

  27. caro dege, non ho capito qual è il tuo contributo informativo alla memoria di Joyce, ho solo compreso il tuo contributo informativo che come resoconto attribuisci alle mie facoltà mentali, ma cmq puoi continuare a disturbare quanto vuoi, non m’infastidisci, mi diverti, come carlo, un po’ di meno di carlo in verità, sei meno spiritoso di lui, ti prendi troppo sul serio come mentore di Joyce. E poi, ancora tra gli altri, c’è anche il giudizio del migliore…

    lascio a voi indovinare, è nato nel 1905, giornalista, scrittore, emigrato in francia, visse a lungo negli stati uniti, critico teatrale per il “Mondo” e l'”espresso”, fondò una delle più importanti rivista italiane, scrittore apprezzatissimo, uno dei maestri riconosciuti della cultura italiana del novecento. Insomma, si può pure avere un giudizio negativo su Joyce senza che questo faccia cadere dalle nuvole e provochi scandalo, anzi oggi non scandalizza nessuno, a parte dege e forse carlo, altri non so, visto il silenzio, ma ci sono tanti che direbbero di joyce quello che ho detto io, in sintesi. Prego, ricomporre un po’ di serietà. Per oggi però mi basta!

    sono in buona compagnia…

    caro Carlo hai già perso perchè ho già postato le frasi di Zolla che smentiscono quanto tu dici di zolla, nella forma che tu dichiari qui su NI: “Semplicemente ripete la condanna emessa da Zola: arte degenerata, scrittura da alienato mentale ecc” .

    Inoltre, neghi che le frasi che ho riportato di zolla siano sue? e come le concilieresti?

    Fammi cmq sapere in quale scritto di zolla sono presenti queste espressioni qui sopra che tu hai usato senza fare capire se si tratta di parole di zolla o di una tua deduzione. Non sono virgolettate! sono parole scritte da zolla o sono tue? La mancanza di virgolette farebbe pensare se sai cosa sono le virgolette che non sono di Zolla. E se sono di Zolla perché non hai usato le virgolette, dato che indichi Zolla? Se è così hai perso lo stesso per vizio di forma. Hai studiato diritto? No? allora è il caso che quando vai in biblioteca ti fai un po’ di cultura giuridica sull’annullamento del procedimento penale per cattiva raccolta delle prove…ahahahaha….

    Sopratutto l’eccetera che metti è molto ma molto significativoooo

  28. Non ho studiato diritto, ma sono stato in galera e può bastare. Le condizioni della scommessa sono qui nel thread, bene in vista e in più sintetizzate/virgolettate nel mio ultimo intervento. L’unica cosa che manca è la tua accettazione della stessa.

    Quanto a “il migliore”, lo sanno tutti che è Togliatti. E se non fosse, cosa vince chi indovina?

  29. Thank you for your message.

    What should be written in the “copyright note”? I would appreciate your help, I am no expert in such matters.

    I didn’t mean to cause any inconvenience. All my apologies to your wife (and my compliments for the beautiful photo).

  30. Ralf, I just added a copyright note according to what I found on your site, and a link to the original picture page.

  31. Caro Luminamenti, vedo solo ora dalla bacheca che sei (ben) tornato. Tornando, avrai visto che avevo alzato la posta da 100 a 1.000 € e cambiato la destinazione da NI a Zibaldone Project. Berlusconi però col centomila ha cambiato le carte in tavola, e perciò si può tornare alla vecchia piattaforma: 100 € a NI, paga chi perde. Tu dici che la scommessa l’ho “già persa”. Nel qual caso pagherò: ma siccome mai s’è visto che a giudicare sia uno dei contendenti, giustizia vuole che si torni sotto il post Vollschläger e ci si rimetta entrambi al giudizio dei 2 titolari: Andrea Raos e Domenico Pinto. Pronti?

    Carlo

  32. Non hai risposto al mio post delle ore 19,56. Conosci la punteggiatura evvero? Punto interrogativo significa domanda. Gareggiavo solo in pista e ormai non più sebbene mi alleno sempre ad alto livello. Per le lettere le gare le lascio alla libera volontà altrui, in chi crede e ragiona in termini di vittoria e sconfitta, concetti che non appartengono al mio lessico culturale. Per il resto ho risposto in bacheca e ti ho spiegato (in assurdo di ipotesi) perché hai perso (tu hai perso, perché io non mi sento di aver vinto nulla, non è cosa che può destarmi alcun interesse, né godo di tendenze sadiche, non ancora).

  33. In bacheca Lumina ha scritto: “hai già perso. le ragioni te le ho fornite e mostrate… In quanto ai giudici che tu vorresti scegliere non sono adeguati… Avrei in mente altri nomi”.

    Raos e Pinto, fate schifo?

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Andrea Raos
Andrea Raos
andrea raos ha pubblicato discendere il fiume calmo, nel quinto quaderno italiano (milano, crocetti, 1996, a c. di franco buffoni), aspettami, dice. poesie 1992-2002 (roma, pieraldo, 2003), luna velata (marsiglia, cipM – les comptoirs de la nouvelle b.s., 2003), le api migratori (salerno, oèdipus – collana liquid, 2007), AAVV, prosa in prosa (firenze, le lettere, 2009), AAVV, la fisica delle cose. dieci riscritture da lucrezio (roma, giulio perrone editore, 2010), i cani dello chott el-jerid (milano, arcipelago, 2010), lettere nere (milano, effigie, 2013), le avventure dell'allegro leprotto e altre storie inospitali (osimo - an, arcipelago itaca, 2017) e o!h (pavia, blonk, 2020). è presente nel volume àkusma. forme della poesia contemporanea (metauro, 2000). ha curato le antologie chijô no utagoe – il coro temporaneo (tokyo, shichôsha, 2001) e contemporary italian poetry (freeverse editions, 2013). con andrea inglese ha curato le antologie azioni poetiche. nouveaux poètes italiens, in «action poétique», (sett. 2004) e le macchine liriche. sei poeti francesi della contemporaneità, in «nuovi argomenti» (ott.-dic. 2005). sue poesie sono apparse in traduzione francese sulle riviste «le cahier du réfuge» (2002), «if» (2003), «action poétique» (2005), «exit» (2005) e "nioques" (2015); altre, in traduzioni inglese, in "the new review of literature" (vol. 5 no. 2 / spring 2008), "aufgabe" (no. 7, 2008), poetry international, free verse e la rubrica "in translation" della rivista "brooklyn rail". in volume ha tradotto joe ross, strati (con marco giovenale, la camera verde, 2007), ryoko sekiguchi, apparizione (la camera verde, 2009), giuliano mesa (con eric suchere, action poetique, 2010), stephen rodefer, dormendo con la luce accesa (nazione indiana / murene, 2010) e charles reznikoff, olocausto (benway series, 2014). in rivista ha tradotto, tra gli altri, yoshioka minoru, gherasim luca, liliane giraudon, valere novarina, danielle collobert, nanni balestrini, kathleen fraser, robert lax, peter gizzi, bob perelman, antoine volodine, franco fortini e murasaki shikibu.
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