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Carmen Gallo: Paura degli occhi

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Come avere paura degli occhi
come sapere che tutte le bocche
professeranno il falso
e per prima la tua
dirà cose che non vuole
vedrà cose che non sa
ma il vero più del falso
resta nelle parole che non riconosco
perché non hanno la tua forma
la calce bianca dei tuoi sensi
deformati per l’occasione
parole annerite, scartavetrate
cercano rifugio tra le mie
ma non trovano
che una pace fatta di spilli
di mura che non tengono
di soldati che non parlano la tua lingua

*

Come abitare in un paese straniero
ogni notizia che giunga da te
abbatte aerei, rovina raccolti
costruisce mura intorno
a un cielo bucato

*

Barcollare sulle tue facce distese
inciampare nella tua fronte
farsi largo tra le voci
e chinarsi a raccogliere solo le mani più mature
lasciare le acerbe a macerare sugli occhi
chiusi, sempre chiusi
avanzare tra ciglia nere
aggrappandosi al ricordo
dell’Orsa, cancellare sguardi
ammutolire salive
e rimettere al loro posto le labbra cadute
gli zigomi divelti

*
È arrivato il dono, il fuoco
il rosso
è arrivata la terra, la città
che non conosco
e dovrebbe essere facile
a questo punto
sistemarvi al centro
la trama visibile dei polsi
la schiena curva delle parole
e lasciare che gli occhi sentano
che la pelle infine veda
ma qualcosa ancora trema
ed io resto immobile
a guardare la trama
che hai scelto per me
la sollevo e penso
scegli me
scegli me

*
Non restare buchi neri
fondi fedeli al vuoto
affilare la lama che separa
i lati bianchi della strada
nel paese che nasconde
il cielo nelle cave
essere terra non chiamata
invocazione senza nome
distanza da percorrere sottovoce

*
Prima degli occhi, al posto degli occhi
le palpebre al muro
e la sfilata delle ciglia divelte
poi i capelli da incendiare all’alba
dei nostri migliori propositi
contarsi in segreto le dita
incollando i palmi
alle regioni dei vivi
prima degli occhi, al posto degli occhi
dividere le mani
in vagoni da espatriare

*

Non basteranno gli anni
gli involucri di vuoto
in cui affondano le braccia
per ogni parola
che resta in gola e che si fa
alone umido intorno agli occhi
e sguardo cavo
nel petto ancora umano
*

Abitarsi nelle mani e addormentarsi
a poche bocche di distanza
al riparo della corteccia
della sua forma improvvisata
c’è un vento che ci ascolta
arrivare da lontano
da dove è profondo e non si tocca
da dove si resta vivi a guardare
a largo, ancora più a largo ci teniamo
la terra si fa grido fermo, e non ci vede
noi soli la sentiamo
nelle sere che non riempiamo
nelle facce che risalgono il fondo
crespo di ogni superficie
la luce ci sorprenderà estranei
da ciò che non abbiamo scelto
nella perdita degli occhi
tutto sembrerà inseguirci
ma noi impareremo a vivere
a essere senza di noi
polmoni pieni d’aria
sotto il vetro dell’acqua

*
E mai più cercare ragione del torto
perché il torto lo portiamo al collo
come una pietra levigata nella stretta
un silenzio da osservare da vicino
allentare la presa non è ancora
respirare ma entra l’aria lo senti
nelle spalle che accolgono il colpo
nelle braccia liberate in dispersione
come se gli occhi fossero finalmente
da un’altra parte come se la fronte
non stesse lì a dividere il soffitto dalla gola
e la caduta è rivendicazione silenziosa
di ogni cosa al di qua della visione
una domanda che scende dagli occhi
e non si riempie e non si svuota

*

Portarsi i pazzi a casa
dare loro da mangiare
la nostra lunghissima sera
togliere il nome alle cose che non tornano
prima che sia troppo tardi anche per noi
afferrarsi le maniche e chiedere ragione
di questi occhi che non si chiudono
di queste risa strette contro il giorno
oggi si accendono le luci
i cani non girano più armati

*

Nella gravità delle cose
che non cadono
sostenere lo sguardo
del disastro

 

Nota

Le poesie sono tratte da Paura degli occhi, edito da L’arcolaio Editrice nel 2014.

Carmen Gallo è nata e vive a Napoli, dove al momento insegna Letteratura inglese.
Nel 2014 ha pubblicato con L’Arcolaio, Forlì, la sua prima raccolta, Paura degli occhi.
Ha scritto sulla poesia di John Donne. Traduce dall’inglese poesia contemporanea, e collabora con riviste e lit-blog di poesia.

Con Bernardo De Luca e Alice Colantuoni ha curato la rassegna “Poeti all’Asilo”, all’ex Asilo Filangieri di Napoli.

[Una mia lettura di Paura degli occhi, si può trovare qui. B.C.]

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Biagio Cepollaro, nato a Napoli nel 1959, vive a Milano. Esordisce come poeta nel 1984 con Le parole di Eliodora (Forum/Quinta generazione), nel 1993 pubblica Scribeide (Piero Manni ed.) con prefazione di Romano Luperini e Luna persciente (Carlo Mancosu ed.) con prefazione di Guido Guglielmi. Sono gli anni della poetica idiolettale e plurilinguista, del Gruppo 93 e della rivista Baldus . Con Fabrica (Zona ed., 2002), Versi nuovi (Oedipus ed., 2004) e Lavoro da fare (e-book del 2006) la lingua poetica diventa sempre più essenziale aprendosi a una dimensione meditativa della poesia. Questa seconda fase del suo percorso è caratterizzata da pionieristiche attività editoriali in rete che danno vita alle edizioni on line di ristampe di autori come Niccolai, Di Ruscio e di inediti di Amelia Rosselli, a cui si aggiungono le riviste-blog, come Poesia da fare (dal 2003) e Per una Critica futura (2007-2010). Nello stesso periodo si dedica intensamente alla pittura (La materia delle parole, a cura di Elisabetta Longari, Galleria Ostrakon, Milano, 2011), pubblicando libri che raccolgono versi e immagini, come Da strato a strato, prefato da Giovanni Anceschi, La Camera Verde, 2009. Il primo libro di una nuova trilogia poetica, Le qualità, esce presso La Camera Verde nel 2012. E' in corso di pubblicazione il secondo libro, La curva del giorno, presso L'arcolaio editrice. Sito-archivio: www.cepollaro.it Blog dedicato alla poesia dal 2003: www.poesiadafare.wordpress.com Blog dedicato all’arte: http://cepollaroarte.wordpress.com/
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