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La ragazza con i piedi per terra

(Questo racconto ha una “peculiarità” tecnica, vediamo chi la indovina per primo.)

di Maddalena Fingerle

Io sono la ragazza con i piedi per terra

Racconto a Flavio del mio problema, ma lui non capisce e pensa che sia metaforico. Coglione, dai, sul serio, gli dico al telefono. Non ho capito, mi dice lui, hai i piedi per terra e la testa in cielo? Lo ripeto, ancora una volta: la testa va su, i piedi devono stare giù.

Giura che non mi stai prendendo in giro, Francesca.

Cazzo, fidati!

Ti ho sentito dire tante di quelle balle.

Le ho mai dette su una cosa così?

Sì, certo.

Tormentami, Flavio, tranquillo.

Lo mando a fanculo e gli butto giù il telefono. Non è mica uno scherzo, questo. Torno a casa, ma non riesco a entrarci. Ci vorrebbe un coltello per tagliare il collo che si allunga, si allunga e arriva in alto. Torno indietro e cammino lungo la strada. Da qualche parte potrò pur vivere, anche se la testa è finita quassù. Sudo e mi agito perché non ci avevo mica pensato che domani dovrò andare al lavoro. Romperò il soffitto, il capo mi licenzierà, i colleghi mi prenderanno in giro, se riuscirò anche solo a entrarci. Ci devo provare, almeno. Non riuscirò a dormire. Resto a fissare le nuvole mentre i piedi, per terra, rimangono ben saldi. Dico agli uccelli che a me non piace volare. Resta giù, allora. Ragazzi, che noia vivere così. Si sta male, potessi almeno scindere, staccare la testa e lasciarla qui, perché no? Non lo sopporto più, questo dolore al collo. Lo sento allungarsi e allungarsi e fa tanto tanto male. Lecco un po’ di cielo e non sa di niente. Te pareva! Vado in giro e sbatto contro un aereo, mi faccio un male allucinante. Temo seriamente di avere un trauma cranico e poi boh, ora sembrerò un mostro. Robe da matti. Ti puoi spostare? chiedo all’airone che non ha nessuna intenzione di spostarsi.

Siamo nella merda, mi dice.

Ce l’hai una sigaretta? gli chiedo.

Domani avrai poco da fare la spiritosa.

Sai qualcosa su domani?

Nietzschiana?

Naturalmente!

Te lo dico lo stesso.

So che dovrei avere paura.

Ragazza, ascoltami, domani avrai problemi al lavoro.

Rotture di coglioni?

Nietzschiana?

Naturalmente, ma ora basta chiedermelo!

Lo so, scusami.

Mi dici?

Ci devi fare attenzione, a questa cosa del cielo.

Lo so, lo so.

Soprattutto perché rischi di farti male.

Lentamente inizio a pensare che non sarebbe poi male.

Lentamente inizio a stufarmi di questa conversazione.

Nemmeno un saluto e l’airone se n’è già andato. Tocca a me capire come fare. Resto qui come una scema, appesa. Sai che non si fa così? Sì, mi risponde un corvo. Vorrei essere più gentile, ma mi scoccia da morire essere bloccata. Taglierò il collo. Lo farò, deciso.

Sono indiscreto se ti chiedo che fine ha fatto il resto?

Toccami e ti uccido.

Dovrei scomodarmi dalla nuvola.

La nuvola?

La nuvola.

Lasciami in pace.

Certo che sei antipatica.

Cazzo, che palle.

Le ragazze con i piedi per terra sono tutte uguali.

Litighiamo, ti assicuro che così litighiamo.

Morirei contro di te.

Terrorizzato!

Toccami e ti uccido.

Dovrei scomodarmi dalla terra.

Ragiona, dai: perché hai la testa quassù?

Suppongo sia perché i piedi sono laggiù.

Giuro che pensavo foste più intelligenti, voi ragazze con i piedi per terra.

Razionalmente non fa una piega, ma tu non sei disposto a capirmi.

Mi vado a fare una carbonara.

Ragiono da sola e penso che anche io vorrei mangiare. Resisto alla tentazione di infilare la testa dentro a una nuvola. La infilo, invece, ma non è emozionante come speravo. Vorrei tanto tornare con la testa giù, vivere come prima. Ma so che ormai non sarà più niente come prima. Magari riesco a capire il meccanismo. Morirei se non riuscissi a trovare la soluzione, se non riuscissi a decifrare un enigma. Mangio un po’ di aria e mi metto al lavoro. Ronfo dopo due secondi. Diamine, non ci posso credere, ho dormito in piedi come i cavalli! Li ho sempre odiati, i cavalli, animali stupidi. Dicono che siano intelligenti, ma io proprio non ci credo. Dopo un risveglio faticoso mi ricordo della mia situazione. Ne devo prendere atto. Tossisco e per un attimo penso di aver capito il meccanismo perché la testa scende un po’, ma poi si ferma. Magari ci riprovo. Voglio scendere con la testa e tornare bassa. Sai che noia, vivere così per sempre, sai che agitazione? Nemmeno voglio pensarci. Ci riprovo, ma rimango uguale. Le otto, sono in ritardo. Dopo quello che mi è successo posso permettermi anche qualche minuto di ritardo. Dovrò spiegare a tutti perché la testa è quassù e il corpo laggiù. Giurerò che farò di tutto pur di continuare a lavorare. Resto immobile davanti all’edificio. Io non ci entro, non c’è verso. So che potrei tagliare il collo. Lo voglio? Io non voglio, no, io non voglio. Io non sono così, non posso non lavorare, ma nemmeno vivere senza testa. Tagliare o non tagliare? Resto immobile, senza decidermi. Mi sforzo per urlare al mio collega che è appena sceso. So che non mi sente perché la mia testa è troppo in alto, ma continuo a strillare. Resta un po’, ascoltami. Mi senti? Ti volevo dire che ho un problema, cioè, capirai anche da solo. Lo urlo, ma quello non mi sente, finisce di fumare, spegne la sigaretta, entra. Raggiungo il bar di fronte e tossisco. Come mai non funziona? Naturalmente pensavo che almeno un pochino riuscissi ad abbassarmi. Mi sto innervosendo. Dovrei trovare un metodo per farmi sentire. Resto delusa e mi sto seriamente scocciando. Dolorosamente vedo che c’è il figlio del capo che mi guarda il collo e ride. Derisioni a quest’età, che merda. Dalla sua prospettiva devo essere una specie di gigante strano con il collo da giraffa.

Facciamo così, io ti permetto di prendermi in giro, tu però in cambio mi senti!

Ti sento, mi dice quel marmocchio.

Io non credevo…Vorresti aiutarmi?

Mi dispiace, non posso parlare con gli sconosciuti.

Ti pare che sia una sconosciuta?

Tanto, sì, non ti ho mai vista e sei strana.

Naturalmente lo sono, ho un problema.

Ma la testa ce l’hai, vero?

Rompicoglioni, sto marmocchio, penso. So che non posso dirlo. Lo dico.

Come, scusa?

Sai, è stancante stare con la testa quassù. Suppongo che ora non vorrai più aiutarmi.

Mica puoi insultarmi!

Mi dispiace.

Certo, come no.

Non sto scherzando, ascolta: puoi dire al tuo papà che sono qui fuori e lo aspetto per spiegargli la situazione?

Nemmeno per sogno!

Non faccio scene, cammino e mi immagino di parlare con Flavio, intravedo una fessura e ci infilo dentro la testa. Talvolta pensavo di averlo intuito, questo luogo qui, ma esiste davvero, è assurdo. Dovrà dipendere dal fatto che sono inclinata, mi metto dritta e no: è proprio tutto, tutto al contrario. Io non ci posso davvero credere! Resto così, un po’ rimbecillita. Tanto non lo sai, dico a Flavio.

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davide orecchio
davide orecchio
Vivo e lavoro a Roma. Libri: Lettere a una fanciulla che non risponde (romanzo, Bompiani, 2024), Qualcosa sulla terra (racconto, Industria&Letteratura, 2022), Storia aperta (romanzo, Bompiani, 2021), L'isola di Kalief (con Mara Cerri, Orecchio Acerbo 2021), Il regno dei fossili (romanzo, il Saggiatore 2019), Mio padre la rivoluzione (racconti, minimum fax 2017. Premio Campiello-Selezione giuria dei Letterati 2018), Stati di grazia (romanzo, il Saggiatore 2014), Città distrutte. Sei biografie infedeli (racconti, Gaffi 2012. Nuova edizione: il Saggiatore 2018. Premio SuperMondello e Mondello Opera Italiana 2012).   Testi inviati per la pubblicazione su Nazione Indiana: scrivetemi a d.orecchio.nazioneindiana@gmail.com. Non sono un editor e svolgo qui un'attività, per così dire, di "volontariato culturale". Provo a leggere tutto il materiale che mi arriva, ma deve essere inedito, salvo eccezioni motivate. I testi che mi piacciono li pubblico, avvisando in anticipo l'autore. Riguardo ai testi che non pubblico: non sono in grado di rispondere per mail, mi dispiace. Mi raccomando, non offendetevi. Il mio giudizio, positivo o negativo che sia, è strettamente personale e non professionale.
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