Memento Moro

Come nei Sillabari di Goffredo Parise, dove sono i luoghi a fare le persone e le persone i titoli dell’abécédaire in questa raccolta è il tempo a definire l’ordine, e la storia a sconvolgere la cronologia mutando la semplice successione degli anni- le poesie sfilano come date precise, giorno, anno- per procedere a singhiozzo. È un pianto generale dalla parte delle vittime delle storie, lasciando soli nell’indice i carnefici. effeffe

 

da Quanto di Storia di Alida Airaghi

 

9 maggio 1978

Scriveva.
Un memoriale, lettere, biglietti:
due volte al giorno circa,
in quei cinquantacinque
interminabili.
A mano, fogli bianchi.
Seduto rannicchiato
sul fianco che doleva.
“Miei cari”, e spesso
“Mia dolcissima”.
A volte più formale.
Monsignore,
Onorevole,
Presidente, Colleghi.
Beatissimo Padre, Santità.
Il testamento,
ricopiato e corretto
a più riprese.
Titubante commosso
malinconico rabbioso.
Minacciava implorava.
Da padre da marito
impartiva istruzioni: ritirare
una camicia al lavasecco,
vaccinarsi contro l’influenza,
chiudere il gas la sera.
Famiglia amata che ha bisogno
di lui.
Forse non si deve essere,
neppure poco, felici:
scriveva.

Pregava.
Inginocchiato a terra,
sdraiato sulla branda.
Con voce bassa, appena sussurrata.
Solo una notte urlando, pietà di me,
nel sonno. E poi maledicendo
“ricadrà il mio sangue su di loro”.
Ma sia fatta
la volontà di Dio, mi assista
la Madonna:
ubbidiente umilmente,
nella pienezza della fede
cristiana.
Ascoltava
la Messa registrata,
meditava il Vangelo, recitava
il rosario.
La Chiesa del Signore
non consegna
i suoi figli al macello.
Mi ha avuto
interprete suddito
modello. Non può volermi
martire, in questa muta
indegna catacomba:
pregava.

Ammoniva.
Ucciso tre volte,
chiamato a pagare
da solo
per colpe di molti.
Prigioniero politico
di un attacco
al cuore dello stato,
nel processo popolare
a trent’anni di potere.
Potere condiviso con altri,
lividamente zitti
impauriti, impantanati
in ambigue posizioni,
ostinati immobilisti a difesa
della ragion di stato,
di un astratto principio
legalista.
Rimasto senza amici,
sono stato ucciso tre volte;
tutti d’accordo
nel preferirmi cenere.
Non salverò nessuno.
Gli onesti piangeranno,
ne sarete travolti:
ammoniva.

Ricordava.
Discorsi pronunciati
in Parlamento,
fumosi nel dire
nel non dire,
commentati
derisi applauditi.
Bilanciere di opposte
ideologie, cauto assertore
di accorte convergenze,
alleato a spuntati
neutrali compromessi.
Perseguite amicizie
vantaggiose,
impedite ostilità
inquietanti;
trattative corruzioni
insabbiamenti.
C’era qualcosa, a consolare.
Innocui itinerari
affettivi, indulgenti abitudini
domestiche, come
minestre di verdura a cena,
carezzare il nipote bambino,
leggere un libro
in vestaglia la domenica.
Pur tra tante mie colpe
ho vissuto
con delicate intenzioni:
ricordava.
Moriva.
Ne uscirà e non sa come,
se graziato o cadavere.
Tutto è inutile
quando non si vogliono aprire
le porte.
Indicibile angoscia della morte,
dopo un calvario di lunghe attese.
Intorno tragiche maschere
di stoffa, allucinati
occhi feritoie, voci scomposte
negli ordini severi.
Alzarsi in silenzio, seguirli
ma dove, tenebra della notte
luce di un’alba sospirata.
Eppure rassegnato, quasi in pace.
Ci rivedremo, tornerò in altra forma,
miei cari che abbandono
e non vi lascio.
Vorrei capire cosa sarà dopo.
Ci fosse luce, sarebbe molto bello:
moriva.

 

1 commento

  1. Buongiorno, ringrazio Francesco Forlani e l’autrice Airaghi.
    Penso che Aldo Moro sia stato un vero uomo di Pace.
    La sete di vendetta gli era estranea. Ricordo una lettera a Zaccagnini in cui chiede aiuto ai compagni, si sente abbandonato. Erano “compagni” anche loro o compari di merende? No, Moro non voleva vendetta. Sapeva i suoi rischi, non posso sapere se li avesse calcolati ma era un vero politico e probabilmente lo aveva fatto. La vera responsabilità fu della sua tanto amata Chiesa cattolica, e le parole pubbliche di Paolo VI furono pura retorica.
    Le sue lettere sono illuminanti, e anche un bel film di Marco Bellocchio, “Buongiorno notte”, può forse aiutare a capire uno dei tanti misteri della storia italiana che non hanno niente di esoterico, a parte la sconcia, risibile, vergognosa seduta spiritica che, non ricordo quali democristiani, fecero per ritrovare il corpo di Moro.
    Davvero la storia si fa ammirevole, in questi casi. Grazie.

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francesco forlani
francesco forlani
Vivo e lavoro a Parigi. Fondatore delle riviste internazionali Paso Doble e Sud, collaboratore dell’Atelier du Roman . Attualmente direttore artistico della rivista italo-francese Focus-in. Spettacoli teatrali: Do you remember revolution, Patrioska, Cave canem, Zazà et tuti l’ati sturiellet, Miss Take. È redattore del blog letterario Nazione Indiana e gioca nella nazionale di calcio scrittori Osvaldo Soriano Football Club, Era l’anno dei mondiali e Racconti in bottiglia (Rizzoli/Corriere della Sera). Métromorphoses, Autoreverse, Blu di Prussia, Manifesto del Comunista Dandy, Le Chat Noir, Manhattan Experiment, 1997 Fuga da New York, edizioni La Camera Verde, Chiunque cerca chiunque, Il peso del Ciao, Parigi, senza passare dal via, Il manifesto del comunista dandy, Peli, Penultimi, Par-delà la forêt. , L'estate corsa   Traduttore dal francese, L'insegnamento dell'ignoranza di Jean-Claude Michéa, Immediatamente di Dominique De Roux
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