Ikonoklast. Oksana Shachko.

di Nadia Agustoni

Il 28 luglio 2018 Oksana Shachko una delle fondatrice del gruppo femminista Femen si suicidava in Francia, luogo di esilio per lei e altre attiviste. Portava nelle mente i segni di ferite mai rimarginate, tra l’altro fu sequestrata, picchiata e minacciarono di darle fuoco, uomini dei servizi segreti della Bielorussia e non era la prima volta che subiva angherie e un sequestro.
A Parigi nel 2013 abbandonò le Femen con cui ormai era in disaccordo. Seguì quella che sentiva essere la sua strada di artista e rivoluzionaria. Tornò alla pittura, studiando e trovando nell’arte quel mezzo che le permetteva di essere se stessa pur senza rinunciare agli ideali.


Ho già scritto di Oksana Shachko su Nazione Indiana e se torno a parlarne, ricordando alcuni fatti della sua vicenda è perché casualmente ho scoperto un libro su di lei e sulla sua pittura. Un libro prezioso “Ikonoklast” a cura di Massimo Ceresa, con una prefazione della critica d’arte Antonella Uliana e con la postfazione della giornalista Anna Zafesova. Un piccolo libro ricco di notizie e immagini con inclusi capitoli che spiegano l’arte religiosa dell’Ucraina proponendone esempi. Oksana Shachko dipingeva rifacendosi alle icone della sua terra e ovviamente la sua interpretazione di questa cosmologia era personalissima, urticante e rivoluzionaria. Del resto non avendo rinunciato ai suoi ideali inevitabilmente la sua visione della vita entrava nella sua arte: “Ho ancora le mie convinzioni, ma ho scelto altri mezzi per agire, per diffondere le mie idee…” p.21
Ecco allora, che le figure delle icone e i temi sacri vengono ripresi in un’altra chiave che diventa una forte critica e riflessione su una società e un mondo ostili alle donne, ai diversi, ai migranti, a chi non si conforma.

Oksana Shachko Vergine Crocifissa

In queste brevi note segnalo solo due dipinti di Shachko, ma per chi vorrà approfondire, il libro propone ben altra disamina del suo lavoro. A pagina 29 troviamo la “Vergine crocifissa”; con le parole di Massimo Ceresa: “Si tratta di una donna/oggetto che è stata torturata, violentata, uccisa, un corpo completamente privato della sua dignità. E’ la denuncia più forte della Shachko contro la violenza sulle donne. Chi la osserva da vicino, con attenzione, non può che restare atterrito dalla violenza alla quale è capace di arrivare un uomo nel suo insensato e macabro senso del possesso”.

Più avanti, a pagina 35 troviamo un dipinto sulla pesca miracolosa, raccontata nel Vangelo di Luca e di Giovani. Qui Pietro e Andrea i due apostoli sono sulla barca con Gesù. In mezzo a loro Gesù regge l’albero della nave e l’albero è di fatto una croce. I due apostoli stanno alzando una rete piena di pesci, ma nello stesso tempo sembrano indicare a Gesù le mani che si alzano dall’acqua, migranti che stanno annegando nel tentativo di raggiungere una terra che sa di promessa e che invece è quanto mai lontana.
Dirà Oksana Shachko a proposito di questo dipinto: “Sono rimasta colpita da un fatto di cronaca accaduto qualche mese fa, durante il quale sono annegati numerosi profughi. Per questo ci sono le mani che si protendono dall’acqua implorando aiuto… ma, per quanto i profughi possano pregare, il Signore non li aiuterà… al pari dei nostri governi” p.38
In ogni dipinto gli infiniti particolari, la scelta, l’uso dei colori oltre che dei temi e la stessa raffigurazione, raccontano una ricerca di senso e verità che commuovono.


La povertà estrema e l’isolamento, le ferite e l’esilio, non le hanno dato che poco tempo per parlarci ed è a nostro discapito, perché molto, moltissimo aveva da dare. La sua parabola si ferma in quel pesante fine luglio del 2018 ed è paradossale che le sue compagne di un tempo la ricordassero subito come la più pura, la più idealista, la più fragile e questo anche se Shachko non aveva rinunciato, sempre in uno dei suoi dipinti, a criticarle perché avevano svilito, almeno in parte, i valori iniziali. L’ultima frase sulla sua pagina Facebook: “Siete tutti finti”.

Ikonoklast. Oksana Shachko: arte e rivoluzione.
di Massimo Ceresa
Carabba edizioni 2022
p. 97 € 14

articoli correlati

Dietro il vaso

di Giuliano Tosi
Non si può guardare un quadro senza immaginarlo in frantumi. Nella densa nebbia milanese dei suoi novant’anni, a Francesco Hayez erano rimasti solo due ricordi chiari e distinti della sua infanzia veneziana.

Come fu che l’oro dei filosofi rubò a mastro Albini la vita eterna

di Greta Bienati
Mastro Giacomo Albini, medico di prìncipi ed estrattore di quintessenza, nacque in Moncalieri, cinquant’anni prima della Grande Peste, in cui scomparve senza lasciare traccia. Della sua vita, le pergamene raccontano le guarigioni e i viaggi...

Il dubbio del talmid

di Martina Mattia
Eliezer ben Mordechai, nonostante il freddo pungente tipico delle notti invernali di Amsterdam, continuava ad asciugarsi il sudore dalla fronte. Tale era il tormento che si portava nel cuore. Proprio lui, nipote del celebre Rav Eliyahu Meir Grodensky...

La maledizione e la Gioconda

di Francesco Bertani
La ragazza caricò le valigie sul tram giallo in partenza da Porta Palazzo e prima di sedersi accanto a un finestrino pensò ai baffi enormi di monsieur Théophile Homolle. Pensò a monsieur Homolle e lo immaginò nell’agosto del 1911.

La rusascia

di Greta Bienati
La Martina era brutta, fatua, con tanto di gozzo e con pochissimo cervello. O, almeno, così la dipingeva suo fratello Battista, contadino e muratore, che le voleva un bene dell’anima. La voce pubblica aggiungeva che casa sua era tutto un via vai...

L’erba di Wimbledon e l’anarchia.

di Nadia Agustoni
Il tennis è uno sport che da sempre è associato a qualcosa di elitario e ancora oggi l’aura di privilegio non lo abbandona. Monica Giorgi, tra gli anni ’60 e ’70, è stata una tennista piuttosto nota nei circuiti italiani del tennis, gareggiando anche in quasi tutti i tornei internazionali.
orsola puecher
orsola puecherhttps://www.nazioneindiana.com/author/orsola-puecher/
,\\' Nasce [ in un giorno di rose e bandiere ] Scrive. [ con molta calma ] Nulla ha maggior fascino dei documenti antichi sepolti per centinaia d’anni negli archivi. Nella corrispondenza epistolare, negli scritti vergati tanto tempo addietro, forse, sono le sole voci che da evi lontani possono tornare a farsi vive, a parlare, più di ogni altra cosa, più di ogni racconto. Perché ciò ch’era in loro, la sostanza segreta e cristallina dell’umano è anche e ancora profondamente sepolta in noi nell’oggi. E nulla più della verità agogna alla finzione dell’immaginazione, all’intuizione, che ne estragga frammenti di visioni. Il pensiero cammina a ritroso lungo le parole scritte nel momento in cui i fatti avvenivano, accendendosi di supposizioni, di scene probabilmente accadute. Le immagini traboccano di suggestioni sempre diverse, di particolari inquieti che accendono percorsi non lineari, come se nel passato ci fossero scordati sprazzi di futuro anteriore ancora da decodificare, ansiosi di essere narrati. Cosa avrà provato… che cosa avrà detto… avrà sofferto… pensato. Si affollano fatti ancora in cerca di un palcoscenico, di dialoghi, luoghi e personaggi che tornano in rilievo dalla carta muta, miracolosamente, per piccoli indizi e molliche di Pollicino nel bosco.
%d blogger hanno fatto clic su Mi Piace per questo: