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Inediti da Simplex

di Viola Amarelli

In un viluppo di glicini abitiamo
una sdentata cantilena
di erba rada, fantasticando
una savana lontana.
***
Una cantilena, magari
non le tristizie atone del
gelo, finché c’è vita il fuoco
crepita anche se scomparendo
i nonni spoilerano, poi i genitori e
più nessuno scudo – capisci, sai – contro la morte
finis, salvo daccapo, compulsioni
e tutto un ritornello – dolente di dolcezza se va bene. No, ma noi sogniamo sempre, persino
risuoniamo, nel sonno, nell’orgasmo, in un
riso infantile – cantilena.
***
In un altro diverso
io non esiste
il tempo è solo ora
spazio un’onda che
implode e che riespande
felicemente surfando
tra sinfonie di verde,
germogli, fusti, foglie.
In un altro diverso
purtroppo appena nati
ci sperdiamo.
***
Selvaggia è la mente
e la materia
cruda la quiete
nella tempesta di petali
ti perdi.
***
Identità: un grumo di energia

non vede l’ora di sciogliersi

e andar via.

***
Nell’ aperto infinito
Estrema trasparenza in scorrimento
Talmente immersa dentro che trascende

L’ogni fluire forme, colori, odori, il
Silenzio sonoro-niente parole
Il rosso non è sempre sangue o rosa

Mente risplende, fuoco, senza vampa.
***
C’ero, con Tamerlano
e prima con Gengis Khan
i persiani e i romani,
più indietro ancora c’ero
con gli homo sapiens
e dopo con i lanzichenecchi,
i tedeschi e gli israeliani,
giapponesi e americani
c’ero, atrocizzante trafitta
sgozzata. C’ero. Sono sempre tornata.
***
Leggendaria la corsa non vista da
nessuno, la lupa divora leggera le
creste di collina gli alberi salutano
gentili i cespugli si inchinano i sassi
diventati piume alle zampe il vento
stupefatto in un’inutile rincorsa. Da
dove venga, dove vada non le importa,
l’inarco terracielo, per lei e la leggenda,
è quel che conta.
***
Il fulcro
l’equilibrio
gli eccessi salmistrati

che nell’equivalenza, equanime
distanza, lo tocchi
lo spazio privo di centro,

che fine ha fatto, c’è mai
stato un perimetro, cancella la domanda
saltare è una risposta

per chi lo sa – ma io non so – capire.

***
Riposa, nelle orecchie di lince
sotto i baffi del gatto
sulla bocca del rospo
tra le chele del granchio
riposa, gloriosa.
***
Essere – è
sempre stato
corrente che scorre
folata che avvolge
l’essenza, la stessa
diversa
l’altrove non detto,
che esiste, perfetto.

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daniele ventre
daniele ventre
Daniele Ventre (Napoli, 19 maggio 1974) insegna lingue classiche nei licei ed è autore di una traduzione isometra dell'Iliade, pubblicata nel 2010 per i tipi della casa editrice Mesogea (Messina).
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