Da “Esempi del dominio”
[Questi testi sono una selezione di “Esempi del Dominio”, silloge in uscita nel XVII quaderno di poesia di Marcos y Marcos.]
di Giuseppe Nibali
È in noi che cresce il male
non negli altri che passano la strada e dalla piazza
fino al tram malgrado questo vivere vivono si baciano scopano
solo in noi. E io mi vedo nel fuoco, guardo il corpo che si fa gas
e fiamma che lo irrora, il calcificarsi vedo dell’ascesso nel nero.
Nel fondo troverete il buio, nel buio troverete
gli òmeri, le tibie. Passateci sopra, rompetele
ascoltate il loro canto di coleottero.
*
In banchi ci muoviamo nel buio quando salgono
il primo e il secondo, il primo dietro al secondo
e questo che dice io sterza
e l’altro che dice io prosegue.
Stiamo andando verso un punto preciso
vogliamo trovare la foce, risalire verso
il tetto del dove siamo eppure quando
cambiano il primo e il secondo è la vita
nuova per tutti quelli che dicono io.
Una moltitudine ci sembra da dove
possa farsi buono il mondo
possa ricostituirsi il dominio.
*
Baracche e alloggi provvisori cambiano
Viale Argonne, Ronchetto, Baggio, Pero.
Dobbiamo avere una grande pazienza, legarci alla base
dobbiamo mettere per iscritto gli accordi.
Razionare: pane secco, un pezzo di piattone
conservato nella tasca del giubbotto.
Alle suole il pianeta è morto, spuntano
i cervi, due maschi adulti, le loro bocche, la pelle
spaventata dai boati si contrae.
Poi ci sono i corpi contro i marciapiedi
abbiamo risposto con quindici mila uomini,
diciassette divisioni. Dobbiamo militarizzarci
diventare indigesti, diventare i nemici,
ci chiameranno violenti e per questo
ci schiacceranno i crani. Chi sopravvive
sarà un muscolo umano senza un corpo
che lo muova. Qualche scossa elettrica.
Poche.
*
Ci hanno convocati per vedere il corpo
per guardare le mani la stazza
capire cosa fosse un cadavere quanta vita
quanta forza lo attraversassero.
La pallottola ha colpito l’òmero e si è bloccata
l’altra ha squarciato vetri e plastiche
ficcandosi in cuore, una femmina ha tolto
il lenzuolo ha mostrato i tagli simili a ustioni
Sembrava un pullo, era morto il giorno
prima ma è servito un lungo viaggio per trovarlo
così i viventi lì convocati abbiamo preso a oscillare
ne è nato un pianto breve poi hanno richiuso
su di lui il lenzuolo, alto fino alla fronte.
*
Cresce nel mio stomaco, si allarga, di notte lo sento
che fa i versi come di un pappagallo che in gabbia
col becco provi a rigare i ferri che lo stringono.
Ne avevo uno, Melopsittacus Undulatus un evidenziatore
azzurro sopra un trespolo e ogni notte gli accendevo
la luce della stanza perché mi pareva fosse morto
e ogni notte lui era più spaventato e io più spaventato
ancora che morisse.
*
Il sito è stato preso dagli animali
ne arrivano di nuovi ogni giorno:
lontre passere mattugie cardellini,
i tulipani ospitano api, vespe,
si avvicinano alle rocce nelle caverne
i chirotteri, anofeli riempiono il laghetto
oche dall’Inghilterra poi lupi alci
e più verso il sarcofago hanno avvistato i bisonti.
Controllano sotto il becco dei passeriformi,
gli uomini del parco, nessuno uguale all’altro
ogni animale qui è sempre uno soltanto
differente, distinto dalla specie.
*
Immagine: Ettore Sottsass, da “Metafore” (1972-1979)

Saluto il poeta, certo.
Lingua volumetrica anche quando sottrae per volontà il ponte metaforico riducendo l’apodissi ad un risultato immediato. Quindi visione del mondo, folgorazione dell’urto, inclusione degli opposti, salto appercettivo.