Il giovane, la manifestazione e il futuro (opinioni di un disadattato)
di Giorgio Mascitelli

Tra tutti gli scrittori che in Italia contribuiscono a costruire la narrazione attuale dominante, insomma quella che nel Novecento si sarebbe chiamata ideologia, il più abile e il più intelligente, spregiudicato solo per quel che serve senza cedere in nulla alla vanità, è Alessandro Baricco. Lo avevo già notato ai tempi delle vaccinazioni per il covid, quando aveva ricordato, unico tra i commentatori main stream, che criminalizzare una minoranza che non si vaccinava, per paure superstiziose o per motivi di altro genere, non era utile sul piano sanitario e in compenso avrebbe prodotto una scia di rancore, ma lo conferma con il suo intervento sulle manifestazioni per Gaza (si può leggere qui: https://www.repubblica.it/cultura/2025/10/09/news/alessandro_baricco_l_addio_al_novecento_dei_ragazzi_nelle_piazze-424900624/?ref=RHLF-BG-P1-S1-T1-s367). Infatti negli stessi giorni in cui assistiamo al linciaggio mediatico di Francesca Albanese, colpevole di lesa maestà per aver detto che le argomentazioni della senatrice Segre su Gaza sono inconsistenti, a interventi di autorevoli commentatori che, compunti con il ditino alzato, spiegano che il milione di persone che ha partecipato alla manifestazione di Roma sostiene Hamas perché dieci persone hanno gridato delle sciocchezze, e al tintinnare per i manifestanti di manette, promesse e mantenute, Baricco constata che queste manifestazioni erano inevitabili perché su Gaza per la sensibilità giovanile si è andato oltre. Dunque queste manifestazioni non sarebbero politiche, ma rappresentano l’addio dei giovani a un modo novecentesco che sta tirando gli ultimi colpi di coda, e qui Baricco è particolarmente abile perché in realtà non è specificato esattamente in cosa consista il novecentismo di Gaza (certo le violenze israeliane, ma anche i concetti di colonialismo e imperialismo che ci servono per analizzare quelle violenze), alla fine tutto diventa novecentesco e quindi da buttare via. Si tratterebbe quindi per i giovani di buttare via definitivamente quel mondo, come se potessero decidere da soli, come se non ci fosse un potere politico economico che decide per loro, per tornare al loro mondo libero, iperconnesso e gamificato della globalizzazione, sbarazzatesi di queste scorie. Credo che in Baricco operi anche una preoccupazione specifica legata alla sua iniziativa della scuola Holden perché con sensibilità si rende conto che queste manifestazioni di Gaza sviluppano un immaginario giovanile non governabile con le narrazioni holdeniane (ed ecco perché le critiche alle narrazioni belliciste dell’apparato mediatico ufficiale).
Ora non credo che occorra l’intelligenza comunicativa di Baricco per comprendere che le narrazioni belliciste e nazionaliste sono perdenti e che sarebbe auspicabile averne una più accattivante, penso che qualsiasi operatore mediatico lo sappia. Il problema è che le narrazioni belliciste si sviluppano perché siamo in un tempo di guerra: per esempio la nuova UE a trazione polacca che si va costruendo sotto i nostri occhi non ha come epicentro l’euro, ma il riarmo e in prospettiva la guerra e, se anche la Germania vorrà riprenderne il controllo, lo farà in questa direzione. A sua volta la guerra è arrivata alle nostre porte perché quello straordinario periodo pacifico della globalizzazione, a sua volta, era un periodo in cui le guerre semplicemente avvenivano lontano (non necessariamente in senso geografico, basti pensare a quella del Kosovo, ma in senso semiotico, lambivano l’immaginario perché al massimo ci indignavano ma non ci coinvolgevano sentendoci, erroneamente, in pace) perché l’Europa stata spendendo i soldi che aveva accumulato durante il cattivo Novecento e, circolando qui ancora i soldi, non c’era ragione di guerra.
Il movimento per Gaza non ha nessuna prospettiva politica, se intendiamo questa cosa nell’accezione novecentesca: infatti il movimento non ha nessuna sponda politica con cui incidere nelle scelte. Chi dovrebbe essere questa sponda? Il centrosinistra con metà dei suoi rappresentanti che su Gaza hanno su per giù le stesse posizioni di Meloni? Non so se mi trattenga il riso o la pietà dal commentare questa prospettiva. Ma proprio questa frustrazione svilupperà consapevolezza e quindi politicizzazione. Infatti Gaza non è solo Gaza, un posto lontano che subisce un tormento inaccettabile contro cui protestare, Gaza per i giovani è l’ingiustizia assoluta che illumina e dà un nome a tutte quelle ingiustizie minori che caratterizzano la loro vita e che in una cultura gamificata non possono avere nome. Cip, cip fa il passero e il poeta traduce “quel prodigio della vostra società. Fuori cemento armato e dentro frolle ossa”.

“Gaza per i giovani è l’ingiustizia assoluta che illumina e dà un nome a tutte quelle ingiustizie minori che caratterizzano la loro vita e che in una cultura gamificata non possono avere nome.”
Amen per Baricco & company.
Meno Baricco, mi ci ficco….!
Gaza è il risveglio e la consapevolezza di un nuovo modo di calpestare la terra. Per i giovani, mordere l’incapacità dei grandi a costruire terreni fertili su cui poggiare le speranze.
Gaza è il risveglio e la consapevolezza di un nuovo modo di calpestare la terra. Per i giovani, mordere l’incapacità dei grandi a costruire terreni fertili su cui poggiare le speranze.
Bel post. Quello di Baricco è l’ennesimo tentativo di annettersi ogni forma di contestazione, di ricondurre il disagio nei binari di un certo tipo di cultura a cui potremmo dare un sacco di nomi – ma che, certo, è più che gradita al potere economico. Questi tentativi finora sono sempre riusciti benissimo. Le persone in piazza (e non in cabina elettorale), invece, ai Baricco non credono più.