di Giorgio Vasta
Il nostro sistema digerente è una trama. Una vera e propria trama narrativa. Un cosiddetto plot, organizzato classicamente in una struttura in tre atti. Primo-secondo-terzo atto, esposizione-conflitto-scioglimento. O, secondo altre formalizzazioni, nel caso specifico quella di Joseph Campbell e del suo monomito, separazione-iniziazione-ritorno (ma la sostanza è la stessa).
Un plot con la sua normale evoluzione: il primo turning point, poco prima della fine del primo atto (primo turning point utile a innescare il passaggio al secondo atto, il passaggio cioè dalla vita domestica all’avventura, dalla fisiologia alla patologia, Cappuccetto Rosso che decidendo di lasciare la via maestra incontra il lupo, con quel che ne consegue), e il secondo turning point, poco prima della fine del secondo atto (l’accadimento che prelude all’individuazione del sistema per venire a capo del mistero, la formula magica, la pozione, il quinto elemento, conquistato il quale si può evolvere fiduciosi verso il finale, passare dall’avventura alla sua ricomposizione, dalla patologia alla nuova fisiologia, il cacciatore che passa vicino la casa della nonna, sente russare e si avvicina, cosa che lo porterà all’uccisione bianca, esangue, del lupo, e alla liberazione del micronucleo familiare incomprensibilmente non masticato).