(Risposta a Caliceti)
di Antonio Moresco
Caro Caliceti,
ho letto il tuo pezzo sulla “Restaurazione”, sia quello su Nazione Indiana che quello parallelo su Liberazione. Che tristezza! Mi fai dire cose che non ho detto (il riscatto generazionale, ecc), sostieni che liquido in quattro e quattr’otto il dibattito che c’è stato sulla “letteratura popolare” (argomento che ho invece cercato di affrontare al di fuori di certe banalizzazioni in un pezzo, sempre su Nazione Indiana, intitolato “Piccola nota”), stravolgi quello che ho detto e il senso e la natura e il referente della “sfida” di cui ho parlato, mi dai del pessimista e poi teorizzi per lo scrittore una marginalità introiettata e accettata (e tutto quello che viaggia in controtendenza sarebbe solo frutto di isolato romanticismo duro a morire).

Saverio si allaccia il casco sotto il mento, verifica ancora una volta la solidità dell’imbragatura che lo assicura al deltaplano, poi impugna la barra di controllo. Da dove mi trovo vedo solo la macchia rossa del casco, ma posso indovinare i gesti di mio fratello, immaginare la sua espressione. L’aria è immobile e nella valle c’è un silenzio irreale. Saverio prende la rincorsa sulla piattaforma e dopo pochi metri si lancia nel vuoto.
Caro Antonio,
Pochi giorni fa ho inserito in NI un brano tratto dall’ultimo volume di Vito Mancuso –
GIANNI BIONDILLO
Ferdinando Tartaglia l’eretico, l’agitatore, il chierico studioso, l’eremita sessuofobo, il ripudiato, il riconciliato, l’anarchico, il politico rinnovatore, il poeta sublime, l’inetto freddoloso, il satiro fastidioso, il militante romantico. Tartaglia è impensabile poterlo rubricare. Potrebbe legittimamente essere fregiato d’ogni titolo e sfregiato d’ogni insulto.
«Tu hai promesso loro il pane celeste ma, te lo ripeto ancora una volta, potrà mai esso stare alla pari con il pane terreno agli occhi della debole razza umana, eternamente viziosa ed eternamente ignobile? (…) Essi sono viziosi e ribelli, ma alla fine anche loro diverranno ubbidienti. Essi si meraviglieranno di noi e ci guarderanno come dèi per il fatto che noi, assumendo la loro guida, abbiamo accettato di portare il fardello della loro libertà e di governarli – ecco fino a che punto sarà diventato orribile per loro essere liberi! Ma noi diremo loro di essere i tuoi servi e di governare nel Tuo nome.
Nazione Indiana sta organizzando per il mese di maggio, alla Fiera del libro di Torino, un incontro sull’editoria e, più in generale, su quanto sta succedendo in questi anni nel campo della cultura e delle sue proiezioni. Questo intervento vuole essere un contributo iniziale alla discussione.
(Su Nazione Indiana tendiamo a non riportare articoli già disponibili in rete. Per una volta, trasgredisco questo stile di comportamento incollando l’articolo del filosofo sloveno uscito sul
GIANNI BIONDILLO
Sebbene sussista ancora nel grande pubblico qualche pregiudizio, incentrato più che altro sul presunto minor valore artistico delle opere a soggetto sacro rispetto alla ritrattistica, la verità è che non è più il tempo di scoprire Lorenzo Lotto, come scriveva Flavio Caroli in un brillante saggio (
E’ morto Bellow, uno scrittore americano che ho cominciato a leggere da ragazzo e che amo in modo particolare. In questi anni, negli Stati Uniti, ci sono diversi bravi scrittori e, se è per quello, Bellow certe volte è anche irritante con quella sua esibizione di finta mediocrità e sano e basso sentire, come può esserlo anche Orazio tra i poeti latini. Eppure, se devo dire qual è lo scrittore americano di questi anni più vicino al mio cuore, allora devo dire Bellow. Se si escludono alcune eccezioni e soprattutto lo straordinario e trasmigrante Arcobaleno della gravità di Pynchon, è Bellow -che cammina su quel filo sottile che separa sempre ottimismo da nichilismo- a sembrarmi il più grande. Altri scrittori del suo paese sono magari bravi, bravissimi a usare il calco, prendono gli stereotipi del romanzo americano e ci danno dentro e tutti applaudono e ci sono, anche in casa nostra, molti cloni che vengono incitati a imitarli. Però si sente, anche nei migliori, che sono di quelli che “hanno imparato”. Bellow è più artista. E coi suoi libri riesce a darci una cosa preziosa che altri scrittori, magari anche più grandi di lui, non riescono a dare: quell’intrepido e tranquillo fervore che è raro incontrare nei libri e che non trovo di meglio che chiamare “felicità”.
GIANNI BIONDILLO
di Gianni Biondillo e Raul Montanari