di Dario Voltolini
Mi sono ricordato che il 5 aprile si commemorano i partigiani fucilati dai fascisti nell’ex poligono di tiro del Martinetto, a Torino. Questo luogo è a un isolato da casa mia, e non c’ero mai andato. Oggi ho voluto per la prima volta visitarlo, nel 60° anniversario.
Non credo possa esistere un luogo più sobrio e essenziale e per giunta privo persino della retorica della sobrietà e dell’essenzialità. Senza tetto, la vecchia costruzione è ridotta a quattro mura, dentro cui un prato fa da pavimento. Qualche bandiera, le corone istituzionali, una lapide, una bacheca. Una siepe e dei fiori freschi appena messi.
C’erano altri quattro visitatori, e a turno ci si diceva, commentando il luogo, “ma che bel posto, non c’ero mai stato, eppure sono 50 anni che abito a Torino”, oppure “abito a duecento metri da qui…”, oppure “non sapevo nemmeno che ci fosse…”.
Mi sono chiesto cosa potesse significare “che bel posto” detto di un luogo in cui si fucilava la gente di schiena, tutti legati in fila su delle sedie. E mi pare di aver capito che significasse “che posto pulito, lineare, scarno, per commemorare e basta”.
Mi sono segnato i mestieri e le qualifiche dei fucilati, dalla lapide. Li riporto qui sotto.

La discussione – anche aspra e inelegante – in corso in questi giorni su Nazione Indiana in seguito a uno scritto di Massimiliano Parente, è a mio parere utile e interessante e permette di riprendere e approfondire alcuni degli argomenti che sono già stati affrontati più volte nel nostro primo anno di vita. Per quanto mi riguarda, ho già detto come la penso a proposito di alcuni degli argomenti sollevati anche adesso in uno scritto intitolato Lettera da Leuca, già pubblicato
Ragioni forti per dare un numero alle repubbliche ve ne sarebbero state ben più che da noi. Penso agli USA del periodo successivo alla guerra di secessione (1861-1865), definita anche, sulla base di interpretazioni storiografiche assai diverse, il secondo e decisivo round della rivoluzione americana, la guerra di liberazione degli Stati del Sud contro l’egemonismo industrialista e nordista, la guerra politica, religiosa e sociale contro l’infamia dello schiavismo, la guerra del liberoscambismo filobritannico sudista contro il protezionismo manifatturiero del Nord, la guerra dell’economia della piantagione contro il mondo urbano fondato sulla produzione di beni di consumo durevoli e sul factory-system.
[Ecco il racconto “fatto in casa” destinato ai visitatori di Nazione Indiana dotati di criature, siano esse reali o interiori.







Cara Nazione,
Oggi Maurizio Cattelan (nell’immagine, uno dei suoi lavori più famosi, La Nona Ora, 1999) riceve una laurea ad honorem in sociologia dall’Università di Trento. Per l’occasione, la rivista “Work. Art in progress”, mi ha chiesto un intervento.

Ricordiamo alla nazione che nella giornata di oggi è in corso l’ennesimo sciopero generale (che non verrà registrato per i dieci milioni di precari e atipici privi di contrattazione collettiva e di futuro pensionistico) contro le politiche peroniste di un governo che sta mandando allo sfascio il Paese, che ieri in un clima da stadio è stata divorata la parte seconda della Costituzione plasmata come pongo sugli interessi del plenipresidente e di leghisti e fascisti alla deriva, che 6000000 di italiani vivono con meno di 1000 euro al mese, che mediaset annuncia grazie alla Gasparri un aumento di ricavi di un paio di miliardi di euro, che pure il tempo fa schifo. Siori e siore, benvenuti in Italia.
Morpheus lascia che sia Neo a decidere. Se ingerisce la pillola azzurra, la sua percezione del mondo non cambierà e la vita di Neo continuerà come sempre. Se ingerisce la pillola rossa, il mondo gli si manifesterà quale esso realmente è: una realtà che va ben al di là di quanto Neo possa anche solo lontanamente immaginare. «Pillola azzurra: fine della storia; pillola rossa: resti nel Paese delle Meraviglie e vedrai quanto è profonda la tana del bianconiglio.» Neo fa la sua scelta e l’avventura comincia. 
