ROSSO EPISTASSI
Sotto il titolo di Rosso epistassi diamo una piccola scelta di poesie tratte da una nuova e ancora inedita raccolta di Ivano Ferrari, intitolata Il talento della febbre.
(Dario Voltolini)
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Questa danza
che muove la morale e turba i piedi a ogni dopoguerra
quando si inventano amori nel punto della storia
e il ghiaccio non sale alle passioni,
sonagliera pietrosa con fare suo cristiano la trave
nel mio occhio che dondola
con solennità decorativa verso la prosa.
Nella maestria della paralisi riflessi in pozze di acqua celeste
senza meta ma neanche tregua
un cane ne incula un altro un terzo spaiato lecca farfalle nude
così campa la grazia.
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Cosa ha di liberale la miseria o di cristiano il malloppo
mirmillone
procedi con pugno sulle ghiandole
glifo, diglifo, glicerina
pour moi ferrareccia metallurgia refrattaria e tenera
stozza, tempra, agemina
salvo la trafila della triturazione in bolla.
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Non sono stelle ma crepe di cielo
si è rotto qualcosa di vuoto come il dio di tutti
c’è fermento di mura oggi in città
sale da terra un suono di percosse
non c’è strada che sfugga al dramma lento dei miei lemmi
non c’è storia senza lo sfrigolio di serpi nelle torri.
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Attinta da un’alba di cenere la luce slucertola veloce
lasciando velate chiazze di primavera
una delle tante seccature di quest’ora è l’immoto
scambio di messaggi tra il buio e un ammaccato chiarore.
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Vento di scirocco alito dell’ira
mio culto mia ortodossia
si incistisce il tempo muta
sul davanzale il marmo
l’aria si raffredda passa
sul nostro uscio urta
è Teeeermidorooo!
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Oggi che non sono fresco
che ho sporcato il giorno
e la convalescenza spurga
appendo spunti ai chiodi
esco nella prosa esterna,
la luce di tutte le fiamme
intanto si slancia per strada
un correre di ombre di fuoco
approda al tramonto giaciglio
di prede ustionate dall’ora,
rosso epistassi è il cielo.
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Occorre variamente affidarsi al dolore
impedire alla poesia di raccontare
vorrei lamelle cerebrali da ficcarti in gola
nella bocchetta succhiadora
il sotterraneo moto del dare guarda ai gesti con bontà
con medesima natura accoltella i sensi
la rappresaglia delle cosce che tu ami il tumulto dei germi
nei brividi che dai
non per nulla la storia si accumula verrebbe voglia
di una scopatina al pensiero.
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Casseur
Divelti l’addivenire inquartando scintille
serqua-vetrine nel trambasciamento di minoranza
poi chicca criminosa spacchi nicchia mariana
appare edulcorata una dolente figa che degradi ed esulceri
ti fermi nell’amaritudine dell’attimo e giunge voce
che sei figlio mio
cazzo fai moncherino di dio domandi e rispondi?
Domineddio gli sbirri urla la madonna monca e così continua
quando ti porgeranno l’altra guancia mangiucchiala.
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Al diu dal vilan l’è la cariola al su spiritu sant l’è la badila.
Neh che in questa società al poetta gli entra in bocca amore
lui succhia, succhia quello giovane e anche un po’ sveltino
non voglio dirre mentre scrivo di costituirlo all’agonnia
ma dio cannella dollore per tutti.
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Cara madre dalle mani storte
zitto piango avec mes camarades
hanno ingroppato gli artigli dei tuoi occhi
ecco a cosa serviva un nome
una impostura.
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Poesie del risveglio, della notte da cani. Contro tutti i becchini, da punti imprevedibili, con dettati anomali, senza che qualcuno l’abbia invitata, modulata, questa poesia si catapulta qui, veloce e gelida… Aprite i pori… Sembra entrare dalle pupille, ma è per i nervi che sale. Utilizzatela come anfetamina a dosi regolari. Un paio di volte al giorno.
Anch’io le sto leggendo così, due al giorno. Ringrazio Ivano Ferrari.
Non le ho ancora lette tutte, ma finora mi ha molto toccato “Oggi che non sono fresco”. E poi ho imparato una parola per me nuova, “epistassi”. Non sapevo che significasse emorragia nasale.
Sono potenti le parole di Ivano Ferrari e ti entrano sotto pelle, nel mio peregrinare insonne medito con “Oggi che non sono fresco”.
Pensavo che non ci fosse molto spazio per la poesia qui in Nazione Indiana; e invece eccola emergere inaspettata dai luoghi oscuri dove covano dolore e indignazione veri e si fissano in parole dure, secche, destabilizzanti, chiodi piantati che aprono crepe e rimangono lì, un poco storti, ma ben infissi nel cervello. Non avevo mai letto le poesie di Ivano Ferrari. Per me, una bellissima scoperta… Andrò a cercare il suo primo libro (ha pubblicato un solo libro, o sbaglio?), sperando di trovare lo stesso dolore, la stessa energia di versi come questi: “Questa danza/che muove la morale e turba i piedi a ogni dopoguerra… sonagliera pietrosa con /fare suo cristiano la trave/nel mio occhio che dondola/con solennità decorativa verso la prosa… un cane ne incula un altro un terzo spaiato lecca farfalle nude/così campa la grazia…”. Ecco, sono questi i casi in cui Nazione Indiana mi sembra davvero utile: quando è capace di proporre opere o frammenti di opere intense, o quando si interroga criticamente sulle malattie della contemporaneità; non quando sbava bile, contorcendosi in argomentazioni su “autori autorizzati” e “bloggers” che mi lasciano alquanto perplesso… Vi leggo con interesse. Saluti.