On On Liberty by J.S.Mill

di Christian Raimo

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Nel milleottocentociquantanove
John Stuart Mill fa uscire il Saggio
sulla libertà
. Dopo varie prove
per cercar di seminare il contagio
del riformismo nella politica
attiva (coi radicali), compone
con questo libello una critica
all’oppressione sociale. Espone
all’inizio del testo l’obiettivo
dell’opera, ossia assodare
un chiaro principio regolativo
dei rapporti tra lo stato sociale
e l’individuo, sulle questioni:
punizioni legali, e pressione
morale sulla pubblica opinione.

Il compito che quindi si propone
è un compito alto, diventare
un manifesto, essere espressione
elaborata del pensiero liberale.
Il principio cardine è l’attuazione
della libertà individuale:
sopra se stesso, sul proprio spirito,
e sul proprio corpo, quel che prevale
è la scelta singola; non è lecito
invece intervenire sugli altrui
interessi se non ledono i propri.
Le libertà essenziali a cui
tiene Mill, alla fine scopri-
amo sono quelle fondamentali
di qualsiasi vera democrazia:
la libertà di coscienza e la li-
bertà d’espressione, e, Deo gratia,
di decidere delle proprie vite.
Questa prospettiva della società
è mutuata da Bentham, dove il crite-
rio di scelta è dato dall’utilità.
Mill si schiera contro ogni forma
di dogmatismo, che porta a illudere
della verità ma non è che un’orma
di un pregiudizio che ci fa chiudere
il passo allo strumento prezioso
della verità, ossia la dialettica.
La cecità del fanatismo e l’uso
ormai invalso di una didattica
non problematica hanno causato
i più grossi errori della storia.
E come è necessario un avvocato
del diavolo per una vittoria
significativa sulle eresie,
così qualunque istituzione
deve garantire le diverse vie
che portano una contraddizione
all’interno: non esiste, sostiene
Mill, una verità inconfutabile,
neanche il Vangelo contiene
tutta la verità. E’ auspicabile
che attraverso un’educazione varia
si crescano degli spiriti critici
capaci di un’ottica non settaria,
e di non scivolare in uno scettici-
smo di maniera. La seconda parte
del saggio è dedicata per intero
a un’apologia dell’uomo, che verte
soprattutto su un elogio del pensiero
originale del singolo, contro
l’oppressivo conformismo sociale.
Mill tenta di definire lo scontro
tra l’iniziativa individuale
e il giogo dei costumi, portando
come esempi negativi il ceto medio
inglese, i Wasp del Nuovo Mondo
e lo stato cinese. Il rimedio
che propone è l’eliminazione
di ogni controllo sui comportamenti
degli individui, e la costituzione
di uno stato laico in cui gli intenti
del proselitismo siano onesti,
vengano banditi paternalismi,
fanatismi, indottrinamenti imposti.
Altro obiettivo di Mill è di smi-
nuire l’urgenza pseudomessiani-
ca dell’intervento statale, poiché
il progresso civile e quello delle ani-
me è un processo lento, non una de-
magogica battaglia ai mulini
a vento della barbarie. Mill passa
poi a delimitare i confini
d’applicazione del principio che ha san-
cito come basilare, il non
intervento sugli altrui interessi
a meno che non rechino danno: ciò
che tiene a specificare è che si
intende per ‘danno’ non un’offesa
o una sconfitta in competizioni.
L’ultima parte del saggio è a difesa
del liberismo: le restrizioni
sul commercio statale sono rite-
nute legittime, spesso lo stato
però applica un giro di vite
eccessivo. Il potere assegnato
a un governo deve essere usato
in modo discreto, cioè orientato
ad educare: attraverso un cauto
utlizzo della persuasione
e della dissuasione si potranno
limitare sia la prostituzione,
che l’alcoolismo ed il gioco. Il danno
peggiore che esista però è quello
che gli uomini arrecano a se stessi,
privandosi della libertà. E’ lo
sbaglio irreparabile perchè essi
perdono la facoltà di decidere
della propria vita. Mill riprende
la proposta di Humboldt di elidere
almeno la perpetuità, e rendere
la schiavitù solo a breve scadenza.
Richiama in ultimo l’attenzione
sui diritti alle donne, sulla carenza
dell’istruzione, per questi propone
un sistema di esami regolari,
e una maggiore cura per i bambini
che sono in situazioni familiari
difficili. Mill sintetizza infine
ribadendo quella che è la via
da non imboccare: l’accentramento
amministrativo, la burocrazia
tirannica, e il restringimento
della libertà in economia.

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4 Commenti

  1. “La cecità del fanatismo e l’uso
    ormai invalso di una didattica
    non problematica hanno causato
    i più grossi errori della storia.”

    già, forse è proprio qui che il discorso di Mill si fa più profondo e inconfutabile: la democrazia non possiede solo una presunta superiorità morale o politica, difficilmente dimostrabile… Ma possiede senz’altro – e cio’ può più facilmente essere oggetto di verifica – una SUPERIORITA’ EPISTEMOLOGICA su tutti gli altri sistemi politici, almeno all’interno della storia occidentale.

  2. carina sì la tua idea, christian. in seconda battuta forse anche eMILio ci può stare. lui oltre al nome che suona ha la fede che risuona.

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