Articolo precedenteCol vento in piazza
Articolo successivoA commento del 23% di Forza Italia

Alice Munro. Il percorso dell’amore

Munro.gif di Gianni Biondillo

C’è un malsano pregiudizio nei confronti degli scrittori di racconti. Sono considerati autori a metà, incapaci del grande salto, dell’opera maestra, del “romanzo”. Eppure chi scrive sa benissimo quanto sia difficile, faticoso, riuscire a creare una vitale coerenza formale nel giro di poche pagine. Bisogna pesare le parole una per una, essere capaci di distillazioni al limite del poetico. Ecco, se dovessi indicare un campione di tale impervia disciplina non avrei dubbi a fare il nome di questa straordinaria scrittrice canadese che ha fatto del racconto la sua cifra stilistica.
Il percorso dell’amore è una raccolta di 11 racconti, uno più bello dell’altro. La Munro sembra quasi un’entomologa che analizza, dall’alto del suo esperimento letterario, i minimi spostamenti dell’anima dei suoi personaggi e li registra con una dolcezza e al contempo una crudeltà che fanno, delle sue pagine, fra le più belle che si possano leggere in circolazione oggi. Nulla mai di veramente eclatante; episodi fatti, spesso, di continue digressioni che spiazzano il lettore, lo obbligano ad una attenzione ossessiva al testo e che richiedono lunghi tempi di lettura.
La Munro lo sa. Sa che ognuno dei suoi racconti potrebbe essere tranquillamente usato per un romanzo, tale è la materia incandescente, lo scavo nel profondo dei tormenti umani dei suoi normalissimi protagonisti, di cui sono composti. E sa anche che sarebbe improponibile, innaturale, allungarli a dismisura per ricavarne un inutile romanzo.
Tutti i racconti della raccolta sono perle. Alcune talmente splendenti che abbacinano. Spesso, come nel caso di Una vena di follia, presente nella raccolta, riescono a contenere l’intera vita di una persona, i suoi sogni, le sue frustrazioni, nel ristretto giro di una quarantina di pagine. Un vero miracolo. Pochi autori nel mondo sanno entrare nell’universo femminile come l’autrice canadese riesce a fare. Ma non lasciatevi ingannare dal titolo: Alice Munro non fa “letteratura femminile”. Fa Letteratura. Punto.
(Tutto perfetto, allora? Ecco, forse se proprio bisogna dire qualcosa “contro”, direi che questa parola così distillata, così pura, in fondo fa venire i nervi. Una scrittura così, che ha raggiunto un tale stabile equilibrio, sembra che non possa mai davvero stupirti. Maliziosamente: non è che letto uno, in fondo, li hai letti tutti? Ma me lo dico fra parentesi, come malignità di uno scrittore che in fondo, sotto sotto, rosica d’invidia…)
 

[pubblicato in versione ridotta su Cooperazione, n. 14/2006. La bellissima foto è di Derek Shapton]

Print Friendly, PDF & Email

12 Commenti

  1. Sono in partenza. Scompaio per un paio di settimane e non avrò internet a disposizione. Fate i bravi in mia assenza.

    ;-)

    e, ovviamente, buone feste.

    ciaociao, G.

  2. “Fa Letteratura”.
    Tremendo, se vero, che faccia letteratura con la l maiuscola.
    Pure “fare” letteratura è alquanto disdicevole. Se poi parla di “anima” diventa osceno.
    Non credo nei racconti che potrebbero essere romanzi. Sarebbero bonsai, quindi sofferenti.
    Ma è solo una considerazione sulla critica, la Munro non so neanche chi sia.

    • Magari, prova a conoscerla, prima… non è bello fare delle sparate senza sapere di che cosa si parla… Può darsi che Biondillo si sia espresso con un po’ di retorica (“fare Letteratura”), in ogni caso la Munro è una grande scrittrice. I suoi racconti, a parer mio, sono perfetti come sono, brevi storie concluse, mai banali, e non sono d’accordo con “il veleno nella coda” dell’articolo, secondo cui “letto uno, in fondo, li hai letti tutti”. Al contrario, ogni racconto è come un tassello che va a costruire una narrazione del mondo. E’ quello che fanno i grandi autori. Secondo me, eh.

      • Ma infatti, Marisa, la mia era una coda da invidioso (come dichiarato). Sono davvero felice per il premio alla Munro (noterai che questo è un pezzo di 7 anni fa. Diciamo che ci avevo visto giusto).

  3. Ah la Munro… Ho iniziato a leggere “In fuga” in treno verso Modena. Al ritorno a Roma il treno si è fermato all’altezza di Settebagni. Il treno, con me e gli altri dentro, è stato immobile dentro la galleria a pochi chilometri da Termini per quasi tre ore. Nonostante il treno bloccato, la gente nervosa, gli altri treni che ci passavano accanto, non ho ripreso a leggere. Per un bel po’ ho tamburellato il dito sulla copertina ripensando a quello che avevo letto all’andata.

  4. Con la Munro io pure ebbi la sensazione di leggere per la prima volta scrittura “femminile”.
    Metto il termine tra virgolette perché non so esattamente cosa significhi.
    Però alla fine la sensazione è quella.

  5. Ci sono delle opinioni, opinioni che a volte vengono assunte come verità certe:
    che il racconto sia un cosa da poco ovvero scritto da persona che non riesce a compiere il gran passo del romanzo.
    Pare che persino Calvino pensasse ciò.
    Io la penso diverso.
    Ti dico solo che il signor Giovanni Boccaccio da Certaldo scriveva dei bei racconti.
    Spesso i romanzi mi impizzano.
    Io molto amo i racconti di Bernard Malamud che per me fu gran maestro.
    MarioB.

  6. Essendo laureata in letteratura inglese,sono abituata a leggere molta letteratura di genere ,essendosi questo filone sviluppato soprattutto nelle letterature anglosassoni.Tra queste scrittrici, considero trsa le più grandi oltre alla mitica Wirginia Woolf,Katherine Mansfield,Emily Bronte e appunto Alice Munro.Di una sua raccolta di racconti ,non mi ricordo il titolo,mi è piaciuto il modo in cui dietro a delle storie che sembravano banali e con personaggi che sembravano altrettanto banali e “normali” ,l’autrice riusciva a far trapelare la vena di follia che in realtà permaeva i racconti della raccolta. Inoltre il suo stile è da definire come superbo,solo la Woolf per me è stata più grande di lei in questo.Per finire smettiamola di chiamarla letteratura “femminile “come se si parlasse di una letteratura di serie B,esiste per me l’alta e la bassa letteratura,all’una e all’altra appartiene tanta scrittura femminile ma anche altrettanta scrittura maschile e ,comunque ,forse perchè sono una donna preferisco leggere libri scritti da donne .Le loro tematiche sono per me più interessanti.
    Concetta Melchiorre

  7. I racconti di Alice Munro sono come romanzi, nei quali siano scomparse (o volate via) la maggior parte delle pagine. Quello che resta è il racconto, pieno di allusioni, omissioni, faglie da riempire. Tutto il non-detto deve aggiungerlo il lettore.

I commenti a questo post sono chiusi

articoli correlati

Il Bambino

di Valerio Paolo Mosco
Il termine scandalo ha un’etimologia greca e il suo significato è quello di pietra di inciampo, l’inaspettato che può accadere a chiunque e che interrompe il percorso. Lo scandalo ne Il Bambino è la nascita di un figlio gravemente disabile in una famiglia borghese "normale".

La strada di chi resta

di Federico Di Gregorio
Le cose materiali sono protagoniste nell’inizio del nuovo romanzo di Matteo B. Bianchi, La vita di chi resta, edito da Mondadori. Casa, ascensore, vestiti, scarpe, simboli del quotidiano e della discontinuità, uniti al mantra del parere popolare, per l’abbandono terapeutico delle cose materiali. Perché? Non ha senso, si dice l’autore: «Non riescono a capire che dai ricordi sono invaso».

La meraviglia è di tutti

di Valerio Paolo Mosco
Il libro di Luca Molinari "La meraviglia è di tutti. Corpi, città, architettura" è un libro ottimista. Il sinonimo di ottimismo in architettura è progetto. Progetto, ovvero dal latino “getto avanti”, prevedo.

Hitch, l’architetto

di Gianni Biondillo
Gli edifici, nei film di Hitchcock, non sono solo scenari dove far muovere i personaggi, ma spazi attivi, attori partecipanti, snodi narrativi. Questo si deduce leggendo il libro di Christine Madrid French, "The Architecture of Suspense. The Built World in the Films of Alfred Hitchcock".

Il corpo è tutto

di Valerio Paolo Mosco
Olivia Laing ci insegna che il corpo ci disvela, ci rende umani in quanto testimonia la nostra vulnerabilità e con essa l’eroismo di coloro i quali non hanno rinnegato la vulnerabilità.

Quella notte al Majestic

di Romano A. Fiocchi
Fu presso l’Hotel Majestic di Parigi, nell’imponente avenue Kléber, che nel corso di una serata organizzata dai ricchi coniugi Schiff si riunì un’incredibile schiera di artisti e di intellettuali. Tutti per assistere all’incontro tra due giganti della letteratura: Marcel Proust e James Joyce.
gianni biondillo
GIANNI BIONDILLO (Milano, 1966), camminatore, scrittore e architetto pubblica per Guanda dal 2004. Come autore e saggista s’è occupato di narrativa di genere, psicogeografia, architettura, viaggi, eros, fiabe. Nel 2011 il romanzo noir I materiali del killer ha vinto il Premio Scerbanenco. Nel 2018 il romanzo storico Come sugli alberi le foglie ha vinto il Premio Bergamo. Scrive per il cinema, il teatro e la televisione. È tradotto in varie lingue europee.
Print Friendly, PDF & Email
%d blogger hanno fatto clic su Mi Piace per questo: