Col vento in piazza

di Helena Janeczek

Attraversando la piazza di Gallarate insolitamente ventosa e quindi vuota, colgo spezzoni di commenti postelettorali di tre signore sui cinquanta, dall’aria più finto-benestante che seriamente ricca. Se la stanno consensualmente prendendo con l’arroganza che  loro avrebbero nel DNA e una aggiunge: “perché, vedi, là dove tutti votano per loro, in Emilia…” E a quel punto, purtroppo, il vento si porta via il seguito delle parole.

Non trovo dati su Gallarate, ma nella provincia di Varese la CdL totalizza il ca. 60% dei voti. In tempi passati erano anche di più. Viene facile ripiegare sulla spiegazione dell’Italia ricca ed egoista. Eppure il centro di Gallarate è pieno di negozi sfitti, di esercizi che aprono e chiudono, di cartelli per case e uffici in vendita e affitto che restano lì per mesi e anni. Le fabbriche di confezione hanno chiuso quasi tutte o stanno chiudendo, fatte fuori dai cinesi, dalle fabbriche est-europee e persino meridionali cui gli le grandi aziende della moda affidano il lavoro di terzisti che un tempo andava a loro. Di gente in cassa integrazione e di precari adulti, padri e madri di famiglia, che non più di cinque-sei anni fa appartenevano al benedetto ceto medio ne conosco a iosa.

“Guardate che in Emilia stanno meglio di voi e continuano a stare meglio”, avrei voluto dire. Giusto a titolo informativo, senza tralasciare che pure in Veneto dove votano più o meno alla stesso modo stanno decisamente meglio.

Però non servirebbe. Le tre sciure che a Gallarate sembrano nutrire una radicatissima, primaria antipatia e diffidenza per loro sembrano anche avere un’idea dell’Emilia preconcetta e irreale, forse da Don Camillo e Peppone, forse nemmeno quello. Non riesco ad immaginare che siano mai state a Bologna e riesco invece a sospettare che l’idea di trovarsi a Bologna – Bologna, non Napoli, non Palermo- possa metterle a disagio. Non molto, forse, ma un po’ sì. Ho un amico toscano borghesissimo, vissuto per anni a Milano, che confessa un senso di oppressione se deve venirmi a trovare in queste lande.

Intanto provo a figurarmi che nello stesso momento in cui le gallaratesi imprecano contro il DNA della sinistra, a Fidenza attraversano la piazza signore vestite e pettinate quasi uguale, stile di vita e reddito quasi uguale, discorso postelettorale quasi uguale, solo di segno opposto.

Non so, la sensazione è questa: che l’Italia non sia davvero divisa in due, ma che la divisione a metà risulti dalla somma di tanti piccoli e meno piccoli particulari che in parte combaciano con interessi economici e valori ideologici e in parte hanno invece una forza propria. Che questo particulare persista con tenacia anche se non ha più una chiara e distintiva consistenza. O, peggio, che proprio per questo sia così duro da modificare e scalfire, per questa implicita capacità di rinsaldare identità collettive che bastano a sé stesse, identità smemorate, globalizzate nel guscio calcificato e vuoto. Accade ovunque, non solo in Italia, con altre e più virulenti forme e manifestazioni. E forse Berlusconi con la sua Italia fondata sull’aziendalismo e sulla televisione ha solo piazzato l’ultima e più disimpegnativa finzione di unità: dopo Fascismo e Balena Bianca cattolica da un lato, e comunismo nostrano dall’altro. Però persino il leghista più incallito, non a caso alleato col Signore delle Reti Unificate, di questo nostro grande paese ha un bisogno ambiguo.

Tutto questo è solo un aspetto, un modo di guardare che non rende superflui altri sguardi: lo so.   

 

 

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9 Commenti

  1. Detto che Gallarate è in effetti uno dei posti più orrendi che abbia visto… sottoscrivo il particularismo italiota: non perché a Gallarate e a Fidenza si “tifi” per uno piuttosto che per l’altro, però. Se a Fidenza “si vive meglio”, è perché una storia diversa è incarnata in quel viver meglio (ma anche, ovviamente, nel viver male come a Gallarate), e soprattutto è incarnata in una diversa attitudine. Io credo che Ginsborg nella sua storia d’Italia abbia individuato il punto cruciale del carattere italico (in cui condizioni sociali ed economiche stanno insieme con le attitudini morali): il “familismo amorale”.

  2. La vera notizia seria è che Prodi e Berlusconi hanno deciso di affidare il governo a Ratzinger. Ora i conti tornano tutti. Repubblica cristiana. Di centro.

  3. secondo me, questo post e il post di mozzi facevano insieme una medaglia, anzi l’unica-vera medaglia italiana. Ora, quello di mozzi ha preso una deriva da bar, e questo s’è praticamente spento. preferisco non trarre conclusioni.

  4. A distanza di qualche giorno si ha la sensazione che ora occorra un tifone per far salire l’expremier al Quirinale

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Helena Janeczek è nata na Monaco di Baviera in una famiglia ebreo-polacca, vive in Italia da trentacinque anni. Dopo aver esordito con un libro di poesie edito da Suhrkamp, ha scelto l’italiano come lingua letteraria per opere di narrativa che spesso indagano il rapporto con la memoria storica del secolo passato. È autrice di Lezioni di tenebra (Mondadori, 1997, Guanda, 2011), Cibo (Mondadori, 2002), Le rondini di Montecassino (Guanda, 2010), che hanno vinto numerosi premi come il Premio Bagutta Opera Prima e il Premio Napoli. Co-organizza il festival letterario “SI-Scrittrici Insieme” a Somma Lombardo (VA). Il suo ultimo romanzo, La ragazza con la Leica (2017, Guanda) è stato finalista al Premio Campiello e ha vinto il Premio Bagutta e il Premio Strega 2018. Sin dalla nascita del blog, fa parte di Nazione Indiana.
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