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Kamorrista

di Davide Morganti

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Può sembrare azzardato accostare un kamikaze palestinese – ma più corretto sarebbe definirlo shahid – a un giovane camorrista.
A prima vista, non c’è alcun dubbio, di sì, per questo vi prego di seguirmi nel ragionamento.
Entrambi, per buona parte, provengono da situazioni ambientali e familiari spesso terribili: padri in galera, disoccupazione, emarginazione, case invivibili.
Entrambi si trovano a frequentare la scuola poco e malvolentieri, per disagio, rabbia, frustrazione, senso di inutilità, abbandono.
Il kamikaze e il giovane camorrista sono accomunati dall’età, che non supera quasi mai i venticinque anni.
Ognuno ricerca una dimensione della felicità. Sa che ha poco tempo a disposizione.
Uno shahid entra in un bar o sale su un autobus, e li fa saltare in aria provocando la propria morte e quella di gente che non ha, invece, nessuna ragione di terminare in quel modo.
Un camorrista entra in un bar, un ristorante o un negozio per estorcere danaro o per ammazzare sconosciuti, solo perché così gli è stato comandato.
Lo shahid spera nella vita eterna, nella ricompensa ultraterrena, nel martirio beato, nell’estasi delle settantadue vergini.

Il camorrista ammazza perché vuole bei vestiti, rispetto, denaro, potere, cocaina, femminone, macchine lussuose.
Le famiglie degli shahid sono ricompensate in dollari per il sacrificio dei figli e le madri sono orgogliose per quello che hanno commesso.
Le famiglie dei camorristi, se vengono uccisi, sono ricompensate in euro, per onorare quello che i loro figli hanno fatto (e per far star zitto qualche eventuale infame).
Un kamikaze islamico e un camorrista giovane sono simili, dunque, perché mirano al benessere, il primo se lo va a prendere in cielo, nel paradiso, dopo aver fatto esplodere qualche disgraziato, il secondo se lo ritrova sulla terra, nel malaffare, sa che durerà poco, quattro cinque forse dieci anni, e in cambio ci rimetterà la vita. Lo mette sul conto, ma la morte non lo spaventa, è la moneta che lo rende potente: diventa uno strumento di affermazione e di predominio.
Il kamikaze islamico la dà agli altri nel momento in cui la dà a se stesso. Il camorrista no, la infligge, la usa per comandare e intimorire, fare soldi e comprare appartamenti. Non cerca la fine nell’agguato, non si offre a nessuna divinità, ma accetta di morire.
“E chi se ne fotte”, ha risposto un ragazzo, quando gli è stato detto che, continuando a vivere di malavita, sarebbe morto presto.
Più che un atto di spavalderia, è la disponibilità a bruciare ‘alla grande’, anche se in poco tempo, quello che alla maggior parte non è concesso in una vita intera.
Sia il kamikaze islamico che il camorrista partono dall’idea di raggiungere un benessere personale, in forme radicalmente diverse ma estreme; esso sarà però pienamente realizzato solo nel momento in cui nella loro esistenza ne saranno entrate delle altre, giusto il tempo per distruggerle.
In conclusione, uno sarà sepolto in cielo, come desidera, l’altro nella vita, come si augura… ma le loro vittime?

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32 Commenti

  1. io lo trovo osceno questo scritto.
    pur non avendo, chiaramente, nessuna simpatia nè tolleranza per la seconda intifada che trovo oltre che terribile pure controproducente per il popolo palestinese e per la loro legittima resistenza, uno scritto di tale superficialità e cialtroneria è veramente imbarazzante.
    L’autore ‘un sa un bel nulla e fa finta di essere esperto e lo fa in maniera approssimativa e anche abbastanza volgare.
    All’autore pongo una sola domanda (le altre non sarebbero all’altezza (bassezza) della sua cultura/mentalità/volgarità):
    Che cazzo se ne farebbero le ragazze, che tragicamente si sono fatte saltare facendo vittime innocenti, delle settantadue vergini?
    Infatti una delle componenti per capire dove c’è solo fontamentalismo religoso e dove invece c’è un progetto politico, disperato e detestabile quanto volete, ma pur sempre politico, è proprio la presenza delle donne.
    geo

  2. Morganti non sa quello che dice. Vogliamo andare a vedere quello che dice uno studio di Ariel Merari, dell’università di Tel Avviv?

    In general, contrary to some claims that poverty has been a major factor in the inclination to embark on a suicide mission, the economic status of the Palestinian suicides’ families is about a cross-section of the Palestinian society in the Occupied Territories. The education level of the suicides at the time of their suicidal attack has, on average, been higher than that of the Palestinian society in general; 88 percent of the suicides had a full high school training or higher.

    E Scott Atran, dell’Università del Michigan, nell’articolo Genesis and Future of Suicide Terrorism?

    Suicide terrorists generally are not lacking in legitimate life opportunities relative to their general population. […] Research by Krueger and Maleckova suggests that education may be uncorrelated, or even positively correlated, with supporting terrorism.

    Apparentemente, per Morganti non è necessario documentarsi prima di esporre delle teorie che, evidentemente, non sono che frutto dei suoi preconcetti.

  3. @georgia
    questa è nuova: se si fanno esplodere i kamikazzi maschiazzi sono fondamentalisti, se sbombarolano le vedove nere c’è un progetto politico, “disperato e detestabile quanto volete, ma pur sempre politico”. Vabbé.

  4. beh robertologo non vedo cosa ci sia da stupirsi, se non perchè l’argomento è tabù.
    Voi fate sempre di tutte le erbe un fascio, automaticamente, ma devi ammettere che uno shahid femmina è un po’ un ossimoro che, come minmo, ci dovrebbe obbligare a riflettere meno da prevenuti/sprovveduti … del resto lo stesso morganti, nel suo patetico pezzo, definisce lo shahid come uno che muore perchè spera nelle settantadue vergini … buffa però la cosa che intervieni al mio commento e non alle castronerie del post;-)
    Buffa davvero, ma ormai non mi meraviglio più di nulla, geo

  5. Cara Georgia, se leggessi più attentamente, ti accorgeresti anche che cos’è la ‘mafia islamica’ di cui sopra, intendo come narrazione (banda laterale destra di questo blog). Illaudabil meraviglia.

  6. Se può interessare, oltre a Georgia, anche all’autore di questo pezzo, in particolare rimando al paragrafo “Terroni e Terroristi”.

  7. beh la mafia esiste ovunque, però i palestinesi e la loro resistenza, non possono certo essere liquidati, se non infangardamente, come mafia islamica. E anche in cecenia la mafia è più dall’altra parte, a quanto mi risulta.
    Terroni e terrorismo che cavolo è?
    geo

  8. Beh… ma nessuno ha mai sentito parlare di ulteriori figure del discorso oltre alla metafora e all’allegoria? L’ironia, per esempio? Il paradosso? Morganti possiede il puntiglio del witz ebraico e la sinteticità ellittica del cinema. Si può ridere di cose innominabili, si possono fare i paragoni più estremi. Si può, innanzitutto, distinguere il livello figurale da quello figurativo, ovvero la letteratura dal giornalismo. Conviene farlo, se non si vuole fraintendere una piccola chicca come “Kamorrista”. Se volete, andate a leggervi “Moremò” o “Il cedolario dei fuochi di Amerigo Vargas” di Morganti, e poi ne riparliamo.

  9. #Angelo Petrella
    – Morganti possiede il puntiglio del witz ebraico e la sinteticità ellittica del cinema. [..] Si può, innanzitutto, distinguere il livello figurale da quello figurativo, ovvero la letteratura dal giornalismo. Conviene farlo, se non si vuole fraintendere una piccola chicca come “Kamorrista” –

    ma vaffanculo
    [senza offesa eh, anche a piedi]

    diego

    ps: ah, tieniti le tue convenienze, ché io preferisco i miei fraintendimenti.

  10. Lode e gloria alla Sciüra Palmira del terzo piano, che con vera witz lümbard e sinteticità ellittica da ringhiera, quando noi bambini si faceva rumore in cortile, apriva la finestra, ci rovesciava addosso un secchio d’acqua gelata e quella sua così sottile ironia paradossale:

    – Basta con tutta questa camorra che chiamo i vigili!

  11. caro Angelo, ma ti sembra un racconto? Guarda la chiusa. L’autore usa un modulo retorico per prendere posizione, che è la sua posizione, non quella del narratore (hai mai letto “Mumbo-Jumbo?”, lì si che scattano i meccanismi identificativi e dissacranti che hai segnalato). E poi la metafora e l’allegoria sono sempre ‘colpevoli’, no? Ieri sera ho visto United 93. E’ secco come un documentario, eppure Greengrass deve per forza cedere alle ‘maschere’, costruire i suoi personaggi, ed ecco il capo-cellula quaidista vestito da manager, ‘come noi’, che prima del dirottamento fa una telefonatina alla fidanzata a casa per dirle che la ama tanto.

  12. |diego ianiro Says:
    |ma vaffanculo
    |[senza offesa eh, anche a piedi]

    Quando non ci sono argomenti, l’ignoranza subentra a sostituirla: Ianiro, si vede che ti sei fatto una cultura su “Tv sorrisi e canzoni”. Anziché perdere tempo sui blog, perché non impari d’accapo a fare prima le righe sui fogli, poi le vocali, poi le consonanti e vedrai, dopo tanti sforzi, che più lettere unite formano le parole e che più parole formano significati. Ci vorrà tempo, si sa, ma forse allora sarai in grado di rispondere con un po’ più cognizione di causa.

  13. angelo petrella, ad essere sinceri, non sei per niente convincente per lo meno tanto quanto non riesce a far ridere morganti e neppure a farci apprezzare la decantata ironia (che io proprio non vedo) ;-).
    però spero che morganti apprezzi il tuo affettuoso tentativo di difenderlo, io l’ho apprezzato.
    ma secondo me il pezzo è indifendibile, prima di tutto perchè non è affatto una chicca e poi perchè è decisamente brutto, anzi al di là della bruttezza letteraria (letteraria? che parolone)… io personalmente ci avverto anche un pochino (tanto) di razzismo … se il pezzo fosse almeno buono si noterebbe meno, ma visto che non lo è, dà solo un certo fastidio quindi lascia perdere il witz ebraico per favore che potresti offendere chi lo possiede e lo usa veramente.
    geo

  14. – Ci vorrà tempo, si sa, ma forse allora sarai in grado di rispondere con un po’ più cognizione di causa.

    Più che il tempo mi servirebbe un dottorato per guadagnarmi quella presunzione tale da poter dare consigli sulla “cultura” da farsi.
    Ma che vuoi farci, non sono tra gli eletti che pensano al livello figurale quando un signore imbastisce una serie di paragoni tra cose di cui non conosce assolutamente nulla mentre un altro ne legittima l’inesistente ironia. Mi viene in mente solo una piccineria infinita e triste, proprio come la tua risposta: dov’è che l’hai lasciata l’ironia?

    diego

    ps: dalle parti mie daccapo si scrive senza apostrofo, ma forse Tv sorrisi e canzoni mi ha insegnato male, o forse non ho capito il witz. Che vuoi farci.

    [e a proposito, vedi di andarci in fretta, e in silenzio ;)]

  15. in effetti d’accapo è delizioso :-) soprattutto se sfuggito ad uno mentre, spokkiosamente e fastidiosamente, consiglia l’interlocutore di tornarsene sui banchi delle elementari … è proprio vera la storia delle pentole e dei coperchi :-)
    geo
    P.S
    beh vedo con piacere che l’ironia, più o meno volontaria, sta davvero arrivando … se non nel post, per lo meno nel thread;-)

  16. Forse il Morganti non sa nulla di sofferenza interiore, destrutturazione della realtà, impossibilità di concepire un futuro alternativo…
    Forse no o forse sì.
    Di certo non sa nulla di quello di cui pretende di scrivere.

  17. Forse il Morganti non sa nulla di sofferenza interiore, destrutturazione della realtà, impossibilità di concepire un futuro alternativo…

    maria
    a chi ti riferisci? te lo chiedo perché queste parole possono valere anche per i piccoli camorristi descritti da Saviano. La mia analogia però si ferma qui.

  18. Ma proprio come i ricci, anzi le falangi. Scudi alzati, s’ha da proteggere, lalingua a mantenere. Perché chill è nu’bbuonwuagliò.
    Epperò, come difendere l’indifendibile dagli – chi osa! chi osa! – attacchi? ha pubblicato, ha fatto, ha detto. Mettiamolo a margine, millenovecentosettanta, e chi deve capi(sce)re capisce. capisca. capisco,
    Che voi siete incantati nel cervello -dalla camorra- e di camorra vi nutrite. Con tutte le parate di culo del caso, casus belli: bellilli, che siete. D’altronde è l’unico prodotto culturale genuino, non surrogato, che teniamo, l’unico vincente, e teniamocelo stretto: c’insegna Kafka che vittima è bello, e vende pure.
    Ma in tutto questo il fatto è che Morganti, di voi non ne ha bisogno, dei vostri scudi meno, ché tolgono la luce, soffocanti.

    Ah, le note, sì il witz c’è: lo stesso attaccamento a parole che non esistono più come colore ma come artificio, suoni che sono relitti, soprammobili nelle vostre bocche, nature morte nelle vostre mani.

  19. Il post è apparso e scomparso, datato 01.01.1970 (la data di default) perché avevo fatto un casino con i tasti.

    Adesso è in pubblicazione per il 2 febbraio (con anche il tuo commento). Sino a quel momento tira un bel respiro e esci a fare due passi, ché ne hai bisogno.

  20. Ma che poveri coglioni che siete! A discutere su cose inutili… Andate a zappare la terra, ché è meglio!

  21. …sarò solo un profano, uno di quelli che ha una conoscenza poco più che scolastica del mondo e di quanto ci gira attorno, eppure il pezzo di Morganti non mi pare possa essere oggetto di critiche tanto affannate, anche se il livello della critica è assolutamente basso, visto i toni mediocri con i quali è iniziata, e finita.

    Si vede che il povero Morganti davvero non merita un palco di lettori quali vi dimostrate.
    Per quanto mi riguarda quel susseguirsi di metafore mi ha lasciato riflettere per molto tempo, fisso su questo schermo.
    E ch’io abbia il senso ironico o quello di saper riconoscere un’ allegoria, o una metafora è qualcosa che volgio mettere in dubbio, ma tant’è.

    Grazie a Morganti per avere scritto questo piccolo pezzo, e per avermi lasciato con quel finale da amaro sulle labbra, con la crudezza che ne contraddistingue lo stile – e per crudezza non intendo pochezza di contenuti, ma un vero e proprio stile che è ad appannaggio di pochi, ed il Morganti è uno di quelli –

    Per me che vivo la camorra ogni giorno e la sento così lontana dai kamikaze mussulmani – e non arabi, poichè essere arabo non implica appartenere autamaticamente a quella frangia religiosa – è stato uno spunto di riflessione di non poco conto.

    Meno le vostre critiche da osteria.

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