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Da “Visas”

Di Vittorio Reta

Ancora concava cangiante la retina abusata da quando
Popolavamo una distensione da obitorio,
lo stesso pa(e)saggio di poltrona arabescata, le fibrille, i prolungamenti
dell’occhio perso tra i vetri e le bobine di
qualche fisso landscape e per n volte a quanto siamo?
di ciascun numero senza passaggio atto a individuare un punto più
spesso elaborati attraverso scienze statistiche ricorrendo a precisi
valori numerici, seguendo molliche di pane
e ritagli nel ferro, fino al mattatoio convenuto
per tempo o quasi
dando giuste le coordinate e i kilocicli in pacchi di
specimens di azioni in borsa e quatti quatti per
chissà quale ennesima potenza dello   stesso numero
aumentato di una la solita cerniera di
piombo della graduatoria senza batter ciglio
e nello stomaco rotonda
			quanti kilowatt   di berillo? 

*

È l’afa dei lacrimogeni, a seconda di come li porta il vento,
accantoni l’infanzia quando occupi una città,
i cromosomi della violenza, come li porta il vento,
i piedi affondano nei tappeti, in un tappeto pelvico strappano
vedi, il tuo gesto alla finestra, che alza il braccio mima un gesto
compiuto prima a 500 m di distanza da quando una mano ha raccolto una pietra
perciò hai il volto ricoperto di mappe epiteliali
ti si sono stampate addosso le impronte digitali di una immensa circolarità

ecco, ora asciugati, senza male le radici
					aspetta un poco
						una scarica motoria
						che faccia rifluire l’eccitazione
prima che venga toccato il punto zero
ecco, vedi abito questo episodio al punto di non poterlo descrivere
seguendo una curva, piano, di spalle prima che venga toccato il punto zero
molte volte si contrae la muscolatura liscia

l’afa dei lacrimogeni, la biologia di una lacrima,

quel movimento in cui si è trascinati via,
guarda sta per finire
per raddoppiare la parola che ha provocato
guarda, vedi, 		forse,		sanguino.

*
E non avresti affatto voglia di stare coricato
tra parentesi sopra un giornale anche scritto in
caratteri piccoli e devastato così tra una stazione
e l’altra per tutta una notte commerciale
il passaggio in lettiga, ecco sì scorrevo tra due
rotaie le natiche sui caratteri quando si riferiva
no alle espropriazioni di un pezzetto minimo del
mondo un tappeto di stoffa di poltrona del
Roma express, intanto non la finiamo più con
la relazione di cadere coricato contro gli infissi
senza dimenticare quella volta
subito descrivendo un paesaggio
prospetticamente parlando a memoria seduto sotto il soffitto
in posizione d’annasto.

*

Vittorio Reta, Visas e altre poesie, a cura di Cecilia Bello Minciacchi, Le Lettere, 2006.

[Nota. Dove si vede come l’avanzata tecnologia della rete sia ancora mostrusamente arretrata rispetto alle esigenze di un poeta, non permettendo di rispettare graficamente i suoi versi lunghi né le sue spaziature interne al verso. Considerate quindi questi testi come allusivi dei testi originali di Reta.
Dove, infine, si vede che manca un aggiornamento del volume “Il testo drogato. Letteratura e droga tra Ottocento e Novecento” di Alberto Castoldi che si fermava agli anni Sessanta e al signor Burroughs. E tutto il consumo successivo, connesso con certe scritture? A. I.]

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11 Commenti

  1. “È l’afa dei lacrimogeni, a seconda di come li porta il vento”:

    quando si dice un incipit – grande Reta!

  2. Belli davvero.

    Ma….

    Dove si vede come l’avanzata tecnologia della rete sia ancora mostrusamente arretrata rispetto alle esigenze di un poeta, non permettendo di rispettare graficamente i suoi versi lunghi né le sue spaziature interne al verso.

    Credo sia solo disabilitato nel blog l’uso del tag

    <PRE> </PRE>

    Un testo scritto fra questo codice in un pagina Web viene formattato come lo si scrive, versi lunghi, interruzioni e stranezze varie.

  3. Confermo (ho appena fatto una prova), la dritta di così&come è degna di un guru: era un sacco di tempo che mi chiedveo come fare con i versi lunghi!

  4. evviva cosi&come, divulgatore democratico dell’HTML elementare presso i troglopoeti… il pre è miracoloso

I commenti a questo post sono chiusi

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Andrea Inglese (1967) originario di Milano, vive nei pressi di Parigi. È uno scrittore e traduttore. È stato docente di filosofia e storia al liceo e ha insegnato per alcuni anni letteratura e lingua italiana all’Università di Paris III. Ora insegna in scuole d’architettura a Parigi e Versailles. Poesia Prove d’inconsistenza, in VI Quaderno italiano, Marcos y Marcos, 1998. Inventari, Zona 2001; finalista Premio Delfini 2001. La distrazione, Luca Sossella, 2008; premio Montano 2009. Lettere alla Reinserzione Culturale del Disoccupato, Italic Pequod, 2013. La grande anitra, Oèdipus, 2013. Un’autoantologia Poesie e prose 1998-2016, collana Autoriale, Dot.Com Press, 2017. Prose Prati, in Prosa in prosa, volume collettivo, Le Lettere, 2009; Tic edizioni, 2020. Quando Kubrick inventò la fantascienza. 4 capricci su 2001, Camera Verde, 2011. Commiato da Andromeda, Valigie Rosse, 2011 (Premio Ciampi, 2011). I miei pezzi, in Ex.it Materiali fuori contesto, volume collettivo, La Colornese – Tielleci, 2013. Ollivud, Prufrock spa, 2018. Stralunati, Italo Svevo, 2022. Romanzi Parigi è un desiderio, Ponte Alle Grazie, 2016; finalista Premio Napoli 2017, Premio Bridge 2017. La vita adulta, Ponte Alle Grazie, 2021. Saggistica L’eroe segreto. Il personaggio nella modernità dalla confessione al solipsismo, Dipartimento di Linguistica e Letterature comparate, Università di Cassino, 2003. La confusione è ancella della menzogna, edizione digitale, Quintadicopertina, 2012. La civiltà idiota. Saggi militanti, Valigie Rosse, 2018. Con Paolo Giovannetti ha curato il volume collettivo Teoria & poesia, Biblion, 2018. Traduzioni Jean-Jacques Viton, Il commento definitivo. Poesie 1984-2008, Metauro, 2009. È stato redattore delle riviste “Manocometa”, “Allegoria”, del sito GAMMM, della rivista e del sito “Alfabeta2”. È uno dei membri fondatori del blog Nazione Indiana e il curatore del progetto Descrizione del mondo (www.descrizionedelmondo.it), per un’installazione collettiva di testi, suoni & immagini.
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