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Il quarto capitolo di “The Golden Gate” di Vikram Seth

[i capitoli precedenti si trovano qui, qui e qui]

4.1

“Liz, è stato così bello incontrare
i tuoi amici e John: che dolce ragazzo!
Speriamo presto…” Senza completare
la sua esortazione (per imbarazzo?)
ad un’unione più sacramentale
(che sfoci pure nell’incidentale
procreazione di qualche nipotino –
che stia sempre a saltellarle vicino),
Mrs. Dorati si abbraccia a sua figlia,
si muove con reumatica attenzione;
Liz si gode la brezza sul balcone,
mentre grida acute d’ira e guerriglia
provengono dal fondo della casa:
i Liquid Sheep (è finita la pausa…)


4.2

Addio caro Vivaldi… E pensando
“La mamma è uscita al tempo opportuno”,
Liz si volta. “Ah, l’hostess!”, trangugiando
il suo settimo gin tonic, il bruno
Professor Pratt, storico di statura
(celebre autore di: Architettura
vittoriana a Pittsburgh
, La grande ora
in cui Pittsburgh si riscattò
, e ora,
con gli ampi fondi della Fondazione
Frosch – che non son certo diminuiti
allorché i suoi titoli son saliti –
Pittsburgh, salvezza della Nazione),
ruggisce verso Liz che s’avvicina
e l’afferra col suo occhio a lampadina.

4.3

“Professor Pratt, ma che bello incontrarla
(John m’ha lasciato proprio nelle peste)…”
“Cara, al fine! Pensavo di incantarla
sull’importanza che Pittsburgh riveste…
Nuove ricerche!…” “Grazie, ma con tali
proclami è facile che lei mi ammalî
ma soltanto a parole… (Ecco John! –
strano: dà un calcio al tavolo… e non
ha indosso il vestito che aveva prima…)
… mi scusi”. E Liz si allontana. “Ehi!
Qualcosa di storto, caro?” “Dei bei
casini: prima il tuo gatto in cucina
come per provare che tutto è flusso,
m’ha pisciato sullo smoking di lusso”.

4.4

“Povero Carlomagno. È agitato.
È il fracasso. John fai meno rumore”.
“Cavolate. Quel gatto andrebbe castrato,
perché”, farfuglia, “quando va in amore…”
“John, non devi essere così severo.
Guardati attorno. Uno smoking nero
è da matusa tra questa sciatteria,
comunque mamma pensa che tu sia
carino… chissà perché papà no…”
Liz si acciglia, e John pensa: “Schifoso
bastardo di un animale pulcioso.
Odio quella bestia e finger non so…”
(Mentre Carlomagno, dall’altra stanza,
miagola malocchi per rimostranza).

4.5

Ma ora con vigore e frenesia,
attacca Love Dispriz’d, un nuovo pezzo,
con tonfi e coribantica mania
(I vicini rabboniti per mezzo
dell’invito a unirsi al divertimento),
i Liquid Sheep si stanno contorcendo
con foga enfatica negli spasmi
incontrollabili dei loro orgasmi:
Janet alla batteria strafà
E d’improvviso è silenzio. “Ancora!!”,
il pubblico chiede il bis – ma per ora
la seconda uscita non ci sarà:
i Liquid Sheep, ormai svuotati e spenti,
vanno a metter qualcosa sotto i denti.

4.6

John prende Philip che vagava per la festa.
“Rose, questo è il vecchio amico Phil”. Lei
trova gli Sheep «un po’ fuori di testa»,
si soffia il naso, sorride, dice: “Uehi!”.
Le ufficiose rose inglesi però
non sono così dolci come egli pensò,
e Rose, il cui setto nasale freme
e si dilata per la Pepsi, mezzo geme
e sbuffa, citando storielle famigliari.
Poi passa da un idioletto pseudoraffinato
a un angloamericano ammaccato:
“Ma non tutti gli addetti culturali
sono come mio padre, per fortuna!
Eppure, così, ognuno ha la sua luna!”

4.7

Phil posa il Manhattan e si stranisce,
nel suo guacamole intinge una stecca
degli occhiali di tartaruga a strisce,
che diventano verdi; se li lecca,
si mette le dita nel naso e chiosa:
“Bellezza, lo sai, sei favolosa”.
“Se questo trucco non ha funzionato
– si allarma – son proprio rovinato”.
Ma Rose se ne scappa via, così lui
resta solo soletto, appagato
in quel calmo rifugio inviolato.
Ma, ahimé, Liz se ne accorge, per cui
l’accompagna dove Janet e Sue
discutono con ibrida virtù:

4.8

“Che ne dici, l’acid-rock è agogico?”,
e “Che rapporto c’è tra Bach e il punk?”
Jan con un poemetto pedagogico
disserta sulla genesi del funk
e la sua nuova amica: Ein Heldenleben
insieme a Warum ist das Licht gegeben

…(Sue si mette a cantare a squarciagola
scordando di non essere da sola)…
esasperano splendore e grandezza
pangermanica. Ma Philip, piuttosto,
vorrebbe svignarsela di nascosto
sennonché Liz lo blocca con fermezza
e con nonchalance dice: “Janet, tu…
conosci Phil? Phil ti presento Sue”.

4.9

Di fronte a Jan – l’amica di Claire –
Phil trema: “Non ci vediamo da secoli,
Jan”, ma lei come uno scimpanzè
putrefatto lo tratta: “Phil, trasecoli?”.
C’era un tempo in cui uscivano in quattro,
Claire, Jan, Phil e John. Poi d’un tratto,
docile ai consigli famigliari,
Claire si sposò. “Non è da biasimare”,
pensa Jan severamente. Di colpo
la colpa ridiventò di Phil.
Ora Jan volge i suoi occhi proprio lì,
verso il lampo assassino nel suo volto:
Phil emette un lugubre sospiro
e le labbra si morde, da vampiro.

4.10

“Scusami Sue”, dice Jan, “ci si vede”.
Phil ha le gambe molli come polpa
di papaia, Sue allora gli chiede:
“Perché è scappata? È tua la colpa?”
“Mah”, fa evasivo, “t’ho vista nel trio…
domenica sera… suoni con brio…”
Sue sorride divertita e gli dice:
“E così c’eri?” – ha lo sguardo felice,
e si chiede con aria intenerita:
“Che succede? John lo sa certamente,
ci sta fissando in maniera insistente.
Immagino una gaffe non digerita”.
John guarda Liz, e gongolante sbotta:
“Scommettiamo che si è presa una cotta?

4.11

Phil deciditi o qua mettiam radici!
Per me è reciproca, son sicuro…
Guarda che faccia… È chiaro… Che dici?”
Liz però pensa: “È un po’ prematuro,
non azzarderei la conclusione”.
Intorno c’è tutta confusione,
di collasso si è tinta l’atmosfera
tra shottini di whisky, rum e pera.
Mentre i colleghi di Liz stan parlando
insieme ai Liquid Sheep, lisciandosi il pile
ed Ed, in disparte dal viavai,
appoggiato al camino, sta aspettando
che decanti il suo bordeaux, e inquieto
si ammira i piedi ed il tappeto.

4.12

Ecco Bjorn, il corridore svedese,
guardar Rose con sguardo malizioso.
Lei si schermisce, alza le difese,
s’aggiusta un orecchino difettoso.
Le scaramucce proseguono leggere:
“No, cara, non mi fare ancora bere,
ma grazie comunque del pensiero”,
“Ci rivedremo? Presto… lo spero…”
Mentre, depresso dall’inutilità
delle sue elucubrazioni, Kim Tarvesh
ammira le rotondità delle carni
e ottimizza la sua presenza qua
affogando dentro la malvasia
il suo Ph.D. in economia.

4.13

Ora il professor Pratt ha catturato
l’ex-fuggitiva, Liz non si scompone
nell’ascoltar il più ostinato,
infaticabile attaccabottone
che della Pennsylvania tesse le lodi,
maniacale e zelante nei suoi modi.
“Liz, se non avessimo conquistato
Fort Duquesne, i francesi, allo stato,
avrebbero una confederazione
dalla Louisiana al Quebec. La salvezza
è stata Pittsburgh, questa è una certezza!
Pittsburgh: il riscatto della nazione!
Puoi trovare un’analisi di questo
ne L’ipotesi di Pratt – un mio testo”.

4.14

Phil, scappando da un mondo di dolore,
scola vermut e bourbon a go-go,
beve e continua a bere con vigore
e, già brillo, ne beve ancora un po’.
Ispirato da calda confusione
in un soffice strato d’illusione
l’ambra nel drink fa la magia
di farlo restar sotto anestesia:
volteggia senza muoversi per niente.
Un girasole dentro una cornice
gli ricorda la sua infanzia felice.
Nel vortice d’emozione, tagliente
come lama affilata, l’esistenza
si svela nella sua pura essenza.

4.15

Phil pensa a Paul… pensa…, ma John l’assale
immergendosi nell’aria fumosa
“Voglio farti – è un momento ideale
per parlare – una domanda spinosa,
ma non ti sottrarre: il tuo lavoro…
perché l’hai lasciato?”. Phil con decoro
grave, risponde: “Per salvare il mondo”,
e aggiunge: “Per salvar l’umanità”.
“Ma bene”, replica John, “Quindi, in fondo,
noi giovani yuppies (non è fantastico?)
immagino che dobbiamo soltanto
farci i fatti nostri”; e Phil: “Intanto…
giovani yuppies suona un po’ pleonastico…”
“Touché”, dice John.“Tu sei proprio pazzo!
Quel lavoro era perfetto, ragazzo.”

4.16

È chiaro che John sia così diretto
e astioso, ciò che all’università
era in Phil un pregio più che un difetto
dà adito adesso a causticità.
John reagisce in modo assai brutale,
quando Phil fa l’eccentrico e il cordiale
e arriva a toccargli un nervo scoperto,
sentendosi sotto accusa ed incerto
se restarsene sulla difensiva:
proprio per questo passa al contrattacco.
“John non ama che si faccia uno smacco
ai suoi totem”, pensa Phil, “si sentiva
pronto a far fuoco senza alcun motivo”
Come risposta Phil indaga schivo:

4.17

“E il tuo lavoro… dà soddisfazione?”
“È carino, ben pagato, davvero
“Di cosa si tratta, John?” “Compressione
di esplosivo… Phil, non può essere vero
che tu, un enfant prodige dei computer,
fiore all’occhiello di capi e di tutor,
autore del notissimo trattato
sui sistemi di guida, hai bruciato
la tua carriera nelle stupidaggini.”
“È stupido salvar l’umanità?
Prima che questa terra esploderà
per tutti i vostri missili e compagini
esplosive, vi salveremo noi
pacifisti, scommettiamo, vuoi?”

4.18

“E cosa volete fare?”. “Come inizio
i Lungless Labs, creiamo il caos e semmai
picchettiamo e la citiamo in giudizio”.
“Phil, alla Lungless gliene frega assai
vi spediscono al fresco a studiare
grammatica russa, per far entrare…
(una dopo l’altra un po’ di persone
s’accalcano intorno alla discussione)
…nel vostro cerebro ingenuo e molle
un po’ di senno”. “John, non hai capito,
il mondo è spacciato, se il nostro ordito
appare ai tuoi occhi un’impresa folle
a noi ci dà forza e grande coraggio
la pace ci porta nuovo foraggio”.

4.19

Il discorso è acceso dalla passione
– ma la sua esse continua a essere esse –
senza antagonistica propensione,
in escalation da queste premesse,
Phil riassume: “John, ma guardati in giro
pensa alla bomba con noi sotto tiro
qui dove siamo, senza andar lontano
con il bicchiere di liquore in mano
ed i girasoli di Van Gogh, quieti,
sul muro. È la fine del nostro mondo
tutti gli amici finiti nel fondo
di questi laghi e colline e vigneti,
misera polvere spazzata via,
un futuro di morte e malattia.

4.20

Dì allora quanto ci allieterà
che l’umanità con la sua avventura
– Gesù Cristo, Socrate, Rembrandt, Bach –
diventerà cenere, spazzatura.
Nel rapido istante del nostro fluire
ci darà consolazione scoprire
che la Piazza Rossa sarà corrosa,
che il presepe sarà carne ulcerosa?
Poi, quando la soffice radiazione
scenderà su ciò che non è distrutto –
alberi, lupi, uccelli – un lutto
eterno, pensa ai Re della creazione
assassini di loro Madre, mentre
della terra squarciano il ventre.

4.21

Soltanto noi abbiamo questo terrore?
Pensi che per loro è troppo profondo
capire ciò che apposta o per errore
può accadere a questo fragile mondo?
Dobbiamo opporci (la malinconia
lo fa agitare) a questa follia
se possiamo, noi, che siam brava gente”.
Un tipo fissa Phil mentre lo sente
affermare: “La bomba tra Omsk e Reno
non distingue”. Lo contempla, sospinto
dall’emozione, gli sembra un dipinto
di El Greco, il Felix Pallavicino:
lo stesso volto, passione ed ardore
forza, intensità, grazia e vigore.

4.22

È Ed, Liz lo presenta (su suo invito),
lui che raramente è a corto di idee
pensa che Philip l’abbia inebetito.
Sul campo da tennis, o tra plebee
schiere di pubblicitari, gli piace
far battute idiote, esser loquace,
divertente, per intrattenimento,
mentre i compagni aspettano il momento
di spaccargli la racchetta sul cranio
o cucirgli la bocca con un nastro.
Due le password per bloccar l’impiastro:
la prima è Dio, la seconda Uranio,
la loro conseguenza portentosa
è di frenar quel blaterio senza posa.

4.23

Gli invitati, richiamati al loro posto
son spariti, ma – restiamo con Ed –
per quanto astuto, cede allo sconforto
spesso, nonostante i suoi ventitrè
anni. La sua energia è dirompente
ma la sua funzione è principalmente
quella di spinger in profondità
terrificanti squarci di ansietà
che a volte non lo fanno addormentare.
(Liz pensa che è come la madre, in questo)
Liz e Sue adorano Ed: è onesto,
spassoso, facile da accontentare,
ma non lo seguono quando il suo desio
o le parole son distorte da Dio.

4.24

Phil guarda Ed: intenso ed atletico,
silenzioso – lo mettono a disagio
tipi del genere. Lo stress ascetico
di Ed, svela la stessa mancanza d’agio.
Per ora Phil, con la sua libertà,
infonde calore all’umanità.
Così nel giro di una mezz’oretta
ritroviamo l’amabile coppietta
impegnata in una conversazione
la quale, da quando Ed ha riacquistato
lo charme e gioca a fare lo svitato,
si traduce nella sua narrazione
di come si è procurato un’iguana
in un negozio, l’altra settimana.

4.25

“…Svendevano queste piccole iguana
lunghe una spanna, davvero graziose…
io volevo comprare dei piranha
e invece le ho viste… strepitose
per il mio look: le porto al lavoro
ragionando sul ribasso dell’oro
per il Financial District. Non finiamo
forse nell’inserto di Play Girl… e andiamo…
chissene frega! Mi basta pensare
al traffico deviato, i passanti
che ci guardano fisso tutti quanti
la città in tilt, poi ecco vedo arrivare
due sbirri che mi fanno: ‘Polizia!
Prenda i suoi cosi e se ne vada via!’

4.26

Purtroppo Arnold Schwarznegger, l’iguana
che comprai – zampe lunghe e torso corto –
cresce in maniera davvero strana
forse dipende da cosa le porto
per cena. Devo cambiarle mangime?”
Chiede Ed allarmato. Sulle prime
replica Phil: “Perché, che le cucini?”
“Lattuga, larve e un trito d’ossicini”.
“Ossicini?”. “La mascella è malata,
sembra così floscia, non ho ragione
a darle più calcio?”. “No, la razione
di calcio e fosforo è troppo elevata
in quel trito: se le aggiungi una busta
di vitamine, diventa robusta.

4.27

Dargli gli ossicini può fargli male”.
“Mai avuto un’iguana, Phil?” “Oh, sì… spesso.
Cani, topi… ogni tipo d’animale…
Mia moglie… però adesso ho smesso…
(Philip farfuglia)… Avevamo un ragno,
Easy Rider, per Paul era un compagno”.
“Chi è Paul?”. “Mio figlio, che vive con me”.
Ed guarda Phil: “Perché, non dovrebbe?” “Beh,
sono divorziato. Tu sei sposato?”
“No”. “Bene, sposarti non ti conviene.
La famiglia… è solo un covo di iene”.
Phil bisbiglia ma i suoi insulti han sfiorato
Jan che con gran ferocia si scatena
scaraventandosi ora nella scena.

4.28

“Phil sei odioso (come lama ferisce
la sua voce) quando sei così sbronzo”.
Lo sguardo di lei gli mette viscere
in subbuglio. “Che…?”. Con aria da gonzo
Phil chiede: “Perchè? Che ho detto?” (Pensando…
Jan… è carina… le piace quando
beve…cosa l’ha fatta incazzare?)
“Prendi!”. Le dà un cockatil per rimediare.
“Uomini… che schifo!”, la rabbia le cresce
sempre più. “Vomitate tutto addosso
poi dite: ‘Che ho fatto?’ Che paradosso!
Per voi siamo sante, vergini, geishe
Troie, virago… Non aveva torto
– Cristo! – Claire.” Phil resta fermo, assorto,

4.29

immobile, con aria imbambolata.
Si rivolge confuso verso Ed, chiede
con una voce alticcia e disperata:
“Che ho detto? Son sbronzo” “Niente… si vede…
sei ubriaco”. “Io vado…”. “Col tuo tasso
alcolico, a meno che tu sia l’asso
della guida sicura anche da pisto,
una volta al volante… chi s’è visto
s’è visto. Ti posso riaccompagnare
a casa”. “Vivo quasi a Stanford, Ed”
“In questo caso, dormirai da me.
Non metterti al volante. Puoi anche usare
il mio spazzolino. Coraggio…Ohi!
‘notte Liz, ciao John, si va a casa, noi”.

4.30

Van dritti alla macchina, Phil barcolla,
Ed guida fino al posto dove alloggia;
dopo due minuti Phil caracolla
sul letto, da lì su osserva, appoggia-
ti sopra la sedia: un sax, magliette,
una racchetta da tennis, lamette
da barba e la bibbia. Un commentario
su Tommaso D’Aquino tra il vario
materiale sparso sul pavimento.
Sulla mensola c’è la Summa augusta,
e lì vicino: La strategia giusta
per l’autostima
, Lo zen in duecento
mosse di scacchi
, La via dell’ottetto,
Teoria dei film e Penseès sotto al letto.

4.31

A casa di Ed, Philip si guarda in giro.
Ed sfila scarpe e camicia, sbadiglia
mente l’iguana dorme come un ghiro.
Intorno è silenzio. La quieta griglia
di strade addobbata con rossi fiori
di plastica s’è assopita, là fuori.
“È la casa adatta a me, piccolina
con un giardino ed anche una piscina
dove può fare il bagno la mia iguana”.
Phil posa gli occhi assonnati su un cesto
di frutta, un rullino e un manifesto
(accanto a un crocifisso), dove Lana
Turner ride a Thomas More nel ritratto
dirimpetto, che Holbein gli ha fatto.

4.32

“Il mio santo protettore”. “Ma quale?”
Ed dice: “Notte…”, si gira di lato
a pregare, prega per tutto il male
commesso, per il giorno regalato
rimette l’anima alla carità
di Dio, Phil con qualche perplessità
osserva Ed farsi il segno della croce
e va letto. Al buio a bassa voce
mormora: “Ed grazie della serata,
per davvero. Con Jan che figuraccia!
Però una Dorati che non mi piaccia
fino adesso non l’ho ancora incontrata.
(Si allunga sul letto sfiorando Ed)
“Buona notte”, Ed ha paura perché…

4.33

non sa che rispondere; timoroso
si fa coraggio e distende la mano:
tocca il visto di Phil, sembra nervoso
e rigido, “Scusami”, dice piano
con la voce frigida e soffocata
“Pensavo che… insomma… la serata…
scusa, ‘notte”. Immobili e in tensione
catalettica non fan più menzione
di nulla, Phil si dice: “Non ha senso
esser così teso. Ed è un ragazzo
splendido, non mi è mai fregato un cazzo
delle convenzioni. Se ci ripenso…
son stato casto per anni”. Prende Ed
e allunga il braccio per stringerlo a sè.

4.34

Ora che Ed e Phil fanno l’amore
e la situazione si fa piccante
l’imperiale ed ufficiale censore
– ufficioso e imperioso – è al volante
del suo panzer, facendo una mattanza
proprio qui, nel bel mezzo della stanza.
Gentile Lettore, cosa pensare
di un maiale che costringe a emigrare
la mia musa, grufolando tra perle
di saggezza, fin quando non scovi
avanzi da trangugiare con nuovi
grugniti di piacere? Scusa, per le
parole astiose, lettore! È mesto
rimpiazzar la felicità con questo…

4.35

D’accordo sposterò il menage a mañana
ma protesto. Sabato, l’alba brilla
radiosa e luminescente. L’iguana
– fantastico drago di verde argilla
gran sauro venuto dalla preistoria –
dimenandosi e facendo baldoria
riemerge alla fine dalla sua stalla.
Ed sbadiglia, poi accarezza la spalla
di Phil, s’infila i jeans, si tira su
e va a prendere a Schwarzie un avocado.
“Poverino”, gli dice, “sei gelato,
questo riscaldamento qui è kaputt.
La prossima notte, te lo prometto
ti faccio dormire sotto al mio letto.

4.36

Il bitorzoluto freddamente
scruta Ed, fissa la verde pera scura.
Ed gliela offre. Poi coraggiosamente
s’avvicina, senza troppa paura
del guinzaglio. Ed lo passa intorno
alla bestia, con tono tra lo scorno
e il rimprovero gli dice: “Sta attento
alla tua schiena e al doppio-mento”.
Ma per Schwarzy gli atti di persuasione
contan poco, smania e mostra gli artigli
finché ottiene l’avocado. “Che si fa per i figli…”,
pensa Ed. “Ora siam pronti per l’invasione
Del nostro quieto vicinato. Facciamo
Un giro?… (fa sì col capo)… Andiamo!”

4.37

Sopra il tavolo della cucina
Ed lascia un bigliettino: Caro Phil,
per la colazione fai tu. Stamattina
ti avrei preparato, ma la pipì
del serpente incombeva. A tra poco.
C’è il caffè che è già pronto sul fuoco
.
Ecco per le strade di San Francisco:
un avvenente mago e il suo basilisco.
Dietro di loro due bambine in pericolo
d’essere sbranate. I genitori?!
dove sono?!… Pam urla impaurita: “Muori!
Vai via dalla mia vista brutto lombrico!”
“Sei una fifona!”, le dice Gabrielle,
“Un topolino ha più coraggio di te!”

4.38

Si mette a piangere, Pam. E il rettile
lentamente si gira all’indietro.
Gabrielle fa un sospiro. Pam, scettica,
attende il feroce attacco dal retro.
“Hello”, fa Ed. “Vi presento la mia iguana.
Giunta dall’antichissima Ectabana
fino al nostro miserrimo reame
per farsi accarezzare le sue squame
dalle mani dei bambini. Volete
coccolar la simpatica bestiaccia?
Non è orrida come si spaccia…”
Pam ha un moto di nausea ma poi cede,
biasimando l’amica che si attarda:
“Allora, chi sarebbe la codarda?”

4.39

Gironzolano, intorno ai palazzi,
perfezionano questa loro prova
aerobica, salutando ragazzi
e postini. Ed a casa ritrova
Phil ancora addormentato, ma almeno,
appena di nuovo desto, fa a meno
di correggere quello che è successo
con: “Gesù ho bevuto fino all’eccesso
ieri notte, deve essere un miraggio
quel misfatto”. Invece sorride a Ed:
“Buongiorno!” “Ciao, vuoi un po’ di caffè?”
“Puoi scommetterci!”. Ed è un po’ a disagio
“Buono il caffé”, dice Phil, “Accidenti!
Paul!! Devo chiamarlo! Me lo consenti?”

4.40.

“Certo Phil… Se anche Paul vuole, ti va…
ho il week-end libero…”. Phil annuisce,
fa il numero, prende la linea: “Joan?
Sono Phil. Paul? Aspetto… Si capisce…”
“Ciao Paul, come va? Come? Il berretto
di Chuck?… Grande! Cosa?… Non ti permetto
di guardare Guerre Stellari… No!
Paul, no, non se ne parla, senti un po’
non dirmi come…non mi frega niente
di quel che lei gli permette… Ah sì?
Chuck ti prenderà in giro?… Se è così,
solo per questa volta affare fatto”.
(È incredibile come certe mode
già a sei anni faccian tante prede).

4.41

Prego. Sei un briccone… vogliamo fare
lunedì? Non t’interessa? (ridacchia
Phil) Ti stai divertendo! non strillare…
Sembra una gabbia di matti, che pacchia
per te… A presto… Mah… Niente di che.
Sto con un mio amico, si chiama Ed.
Sì, sì, giochiamo (Phil scuote la testa)…
Passami Mrs Lamont… Bella festa,
Joan! Grazie di tutto… dopo la scuola
lunedì, sì… Ok per guerre stellari,
salutami Matt, siete molto cari
spero che un giorno, hai la mia parola,
possa tenerti Chuck per ricambiare
se tu avrai altre faccende da sbrigare.

4.42

Il week-end ha un favoloso decollo:
brunch in bel ristorante open-air,
omelette e champagne, l’ipercontrollo
di Ed per un giorno intero dà forfait.
Ed e Phil guidano fino a Sausalito
dopo un po’ si dividono un burrito
a un Taco Hut, scolando senza fretta
una Don Esquis scura e molto fredda
Ed propone un match a tennis e domina
il gioco con estro. Per rinfrescarsi
decidono insieme poi di tuffarsi
nella vasca di Schwarz, che Phil denomina
l’animale più scemo, debole e tonto
della terra, del mare e del mondo.

4.43

L’iguana, ottusa e flemmatica
lunga ben cinque piedi dalla coda
in su, compensa l’aria erratica
di Ed, (come fa il whisky con la soda).
A sera, Ed e Phil, attraversano
la città calma, mentre conversano
e ridono. Quello di cui ha bisogno
Ed è un mentore, e Phil è il suo sogno
così socratico e buono. La notte
Ed fa rientrare l’iguana, lo sguardo
Di Phil è minaccioso, di rimando
A quello della bestia, sa che son ghiotte
Di banane e gliene offre una, ma quella
Caccia un urlo gonfiando la mascella.

4.44

“Phil lascia stare l’iguana”. “L’accusa
vale più per lei, ma io sono in prova
suppongo… dimmi Ed, dov’è che usa
dormire?” “Il nostro letto è la sua alcova”
“Che? Il nostro letto? Anche se è lenta
farà scricchiolare le fondamenta
della casa a ogni minimo passetto,
qui ci restiamo secchi, ci scommetto”
“Non offender Schwarz, è una soluzione
provvisoria, Phil, il riscaldamento
è rotto; l’aggiusterò”. “Beh, contento
così l’iguana se ne va in ibernazione
per mesi”. Il quadrupede avanza
con assoluta flemma per la stanza

4.45

I due dormono (è l’unica opzione),
l’amico echiderma, posizionato
nella nuova casetta di adozione
sprofonda nel sonno. Appena alzato,
Ed si reca in chiesa, lì si confessa
ritorna a casa con un’aria persa
e mormora: “Forse stiamo facendo…
un grosso errore”. “Ma che stai dicendo?”
chiede Phil perplesso: “Noi due…”, “Sì, lo so”
dice infine Ed: “Ho chiesto al Signore
di darci la forza, Phil, ma l’amore
di Gesù Cristo… oh come farò…
l’ho messo a tacere. La vera voce
di chi per noi s’immolò sulla croce…

4.46

per me che sono solo un peccatore”.
Phil guarda Ed e poi dice: “Amico,
occupiamoci del termosifone,
il resto dopo cena”. Ma finito
di mangiare, Ed gli appare in una luce
tutta nuova. Il cielo – e la sua truce
minaccia di tempesta – si schiude
in una notte calorosa. Mute
occhiate di Phil, rivolte al viso
del suo splendido amante, cancellano
il senso di colpa e l’aria di procella,
e quello che dicono all’improvviso
e: “Ed, io sono stato molto bene
in queste sere che abbiam passato insieme”.

4.47

Che cosa ci trova Phil in Ed? Come mai
sembra così affettuoso? C’è un fatto:
una volta, a una festa – son guai
se John lo scoprisse – ubriaco e strafatto
ha scopato uno dell’università
(beh una o due volte), in tutta onestà
anche da sposato, di tanto in tanto
i suoi occhi si posavano con incanto
su altri uomini. Non convenzionale
certo, ma non è ragion sufficiente
per cedere a Ed immediatamente.
E non che l’affetto sia intenzionale,
o che, in questioni di cuore, sia bello
mettersi a spaccare in quattro il capello.

4.48

Phil è sempre stato molto attratto
dalle fragilità. Ed è inesperto,
confuso, intento, docile e astratto,
passionale sia a parole che a letto.
È così bello esser ammirati,
ancor più bello esser desiderati!
E l’ansia di Ed si quieta d’incanto
tra le braccia di Phil: così tanto
la sua triste e seria espressione
lo rende felice, senza timori.
E così in una specie di osmosi,
la mancanza di auto-protezione
di Ed intacca anche la compostezza
di Phil, più nudo dopo ogni carezza.

4.49

La mattina dopo, ai primi albori,
Ed sguscia in silenzio fuori dal letto,
un’alba fresca e chiara, di colori
tenui tinge la baia. Un perfetto
inizio giornata, per prima cosa
colazione per Schwarz: uva succosa,
qualche cachi e una bella patata
dolce con un po’ di marmellata.
Phil si risveglia anche lui dal coma:
“Lunedì! Devo riprender mio figlio!
Chiamare il comitato”. Uno sbadiglio
dopo, sono in città al caffè Soma
(all’angolo con Howard): colazione
insieme come ultima effusione.

4.50

Ed, davanti a una tazza di caffè
fumante e profumata dice a Phil:
“Ieri è stato come un sogno per me
ma adesso so che era uno sbaglio, sì…
devo seguire le mie decisioni
di fede, non cedere alle illusioni
del desiderio. Quando un uomo giace
con un altro uomo al Signore spiace
e deve morire, questo, se leggi
la Bibbia, Levitico, il ventesimo
capitolo, al verso tredicesimo”
Phil ride: “Quel vecchio libro di leggi
datate… prendi i molluschi… è idiota
scolpirsi il cuore con l’ascia devota

4.51

delle parole: ti uccide, l’ha detto
un giorno qualcuno. Che c’è di male
nel sesso? Se uno ti piace è perfetto”.
Rosso in viso Ed ribatte: “È banale
ritirar fuori i molluschi. Come posso
essere così egoista, ortodosso
della carne e non della verità?
Per me è uguale alla golosità
di un bambino messo a dieta, che entra
in un negozio di dolci. Vuol dire
poter essere…”. “Tentato? che ardire
la tua ricostruzione. Se non c’entra
niente, non scordarti, per favore,
chi ha suggerito di fare l’amore…”

4.52

“Phil,…come posso spiegarti? Il punto
è che il mio corpo non è solo mio.
Non lo disprezzo: lo vedo, appunto,
come fosse lo strumento di Dio.
La mia estasi è là, nella sua volontà,
la perfezione sta nella bontà
dell’amore. Il traguardo supremo
è dare la vita. Quel che faremo
al di là di questo è solo un errore.
È un abuso. Anche quando gli amanti
si amano. Dobbiamo tutti quanti
pregare: ‘Dammi la fede oh Signore’ ”.
“Stronzate, Ed, vuoi dir che non si può…”
“Cerca di capirmi…” “Non lo farò.

4.53

Non posso… (e la voce gli trema)…
Prima che ti interrompessi, dicevi:
Dio ci ama. Allora? È blasfema
la nostra tenerezza? Perché devi
dire ‘È sbagliato’ ciò che ci unisce?
Se Dio esiste ed è un Dio che capisce
quelli che lui stesso ha creato,
perché dovrebbe essere irritato
delle nostre carezze, della pena
amorevole dei tuoi occhi chiari
del mio toccarti, del tuo tremare?
Dovrebbe anzi benedire la serena
passione di due corpi innocenti
che mostrano quanto son contenti.

4.54

Questo è ciò che provo, ma ti ringrazio
per la lezione ed il week-end”, fissa Ed
negli occhi, mentre lui chiede con strazio:
“Restiamo in contatto?”. “Certo per me”,
mormora Phil, “puoi scrivermi senz’altro”
“Phil perchè non m’inviti un giorno o l’altro
dalle tue parti?” “Ed, quando ti pare,
va bene”. Ed eccoli scivolare
in un silenzio amaro. La striscia
di sole, che rende d’oro il cipresso
del cimitero, si trasforma adesso
in bagliore liquido che liscia
l’ufficio di Ed, e i due, non lontano,
si separano dandosi la mano.

[traduzione di Luca Dresda, Christian Raimo e Veronica Raimo]

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8 Commenti

  1. Ha…Vivaldi!
    fa parte dei ricordi del Bertacchi!
    Le sue stagioni ancora meraviglie!!!

    :-)

  2. Ha…Vivaldi!
    fa parte dei ricordi del Bertacchi!
    Le sue stagioni ancora meraviglie!!!

    :-)

    ciao Gianni!

  3. Ah…Vivaldi…
    ricordi ancora caldi del Bertacchi!
    le sue stagioni sempre Meraviglie!

    :-)

    Ciao Gianni!

  4. ciao Gianni!

    avevo scritto, non so se ricordo bene…:

    Ah…Vivaldi…
    ricordi ancora caldi del Bertacchi
    Le sue stagioni sempre meraviglie…

    Baci

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