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Tutto il mondo ha voglia di ballare

garlini.jpg di Gianni Biondillo

Alberto Garlini, Tutto il mondo ha voglia di ballare, Mondadori, 2007, pag. 342

Roberto e Riccardo hanno otto anni quando si incontrano per la prima volta nel 1975 nella campagna parmense, durante il rito antico della macellazione del maiale. La loro sarà un’amicizia assoluta, come solo quelle che ti porti dall’infanzia sanno essere.

A questo nocciolo affettivo si aggiungeranno Chiara, che con loro condividerà, sulla sua pelle, una tragedia assurda e Vick, ragazzo ben più vecchio di loro e che negli anni, diventato scrittore, cambierà il nome in Pier. E così come Pasolini è stato uno dei personaggi del precedente romanzo di Garlini, Futbòl Bailado, qui Pier Vittorio Tondelli diventa l’icona di quegli anni Ottanta che proprio le sue parole e il suo agire hanno saputo rappresentare al meglio.

Tutto il mondo ha voglia di ballare si dipana in capitoli fatti di date e luoghi, come un album fotografico, delle istantanee che non appartengono alla storia ufficiale, se non per pura coincidenza, ma che raccontano perciò molto meglio l’intima tragedia di chi aveva vent’anni, nel cuore del decennio edonista, e ha vissuto la sua gioventù ai margini esistenziali di una giostra fatta di falsa allegria. La futilità di quegli anni sembra rendere ancora più drammatica la gioventù sofferta dei quattro protagonisti, che vedranno polverizzare il loro tempo pieni di una sorta di nostalgia del futuro. Ma ogni fine, questo ha capito Chiara, ha da essere raccontata, pietosamente, per poter ricominciare sublimata.

Un buco nero, quel decennio, che solo da poco si sta cominciando a raccontare. E Garlini lo fa con la sua scrittura controllatissima, mai nostalgica, colma, semmai, di un lirismo dolente che non si vergogna di recuperare parole perdute (“tenerezza”, “lacrime”, “amore”, “malinconia”) ridonando loro un senso profondo. È un libro che ha pagine che commuovono per la loro perfezione emotiva e formale, raccontato in un indicativo presente che ci avvicina a quegli anni, demitizzandoli, scritto con una prosa paratattica che sembra camuffare un ritmo versificante, poetico.

[pubblicato su Cooperazione, n° 21, del 22.05.2007]

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5 Commenti

  1. se è un libro per chi cerca emozioni,
    dove si narra l’amicizia e l’amore,
    raccontato in un indicativo presente che ci avvicina a quegli anni,
    allora è un libro che devo leggere…

  2. Garlini, ho letto “Una timida santità” e “Fútbol bailado”. Non mi hanno emozionato. “si dipana in capitoli fatti di date e luoghi, come un album fotografico, delle istantanee che non appartengono alla storia ufficiale, se non per pura coincidenza”: è sempre uguale dunque lo stile di Garlini! Direi che me lo posso tranquillamente perdere questo ennesimo.

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GIANNI BIONDILLO (Milano, 1966), camminatore, scrittore e architetto pubblica per Guanda dal 2004. Come autore e saggista s’è occupato di narrativa di genere, psicogeografia, architettura, viaggi, eros, fiabe. Ha vinto il Premio Scerbanenco (2011), il Premio Bergamo (2018) e il Premio Bagutta (2024). Scrive per il cinema, il teatro e la televisione. È tradotto in varie lingue europee.
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