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“Tu parli e io sto zitto: abusivo!”

di Riccardo Orioles

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“ORDINE, GIORNALISTI!” : IL CASO MANIACI

Bisogna mettere ordine nel giornalismo in Sicilia: a cominciare da gente come Pino Maniaci, che si permette di fare inchieste brillantissime, di farsi minacciare e di aggredire dai mafiosi senza neanche avere uno straccio di tesserino “professionale” in tasca. E quelli che si sono accordati coi mafiosi per pubblicargli i messaggi o intimidire i cronisti irrispettosi? Per loro non c’è Ordine? O l’ordine magari c’è, ma lo dà chi comanda?
“Il direttore dell’emittente televisiva Telejato di Partinico (Palermo), Pino Maniaci, è stato rinviato a giudizio per esercizio abusivo della professione di giornalista. Il processo è stato fissato all’otto maggio prossimo. Secondo l’accusa, Maniaci, «con più condotte, poste in essere in esecuzione del medesimo disegno criminoso», avrebbe esercitato abusivamente l’attività di giornalista in assenza della speciale abilitazione dello Stato, conducendo ogni giorno il tg di Telejato…”. La tv più volte minacciata, querelata e contestata da boss e notabili della zona di Partinico.

Otto giornalisti sono stati ammazzati in Sicilia per aver fatto onestamente il loro mestiere. Tre (Mauro De Mauro, Mario Francese, Giuseppe Fava) erano giornalisti professionisti, tre (Cosimo Cristina, Giuseppe Spampinato, Beppe Alfano) erano semplici corrispondenti locali, e due (Mauro Rostagno e Peppino Impastato) non erano in alcun modo iscritti all’Ordine, pur lavorando a una precisa attività d’informazione. Solo tre su otto, dunque, dall’Ordine erano riconosciuti giornalisti in senso pieno. Ma tutti si caratterizzavano per le inchieste, ben condotte, sui poteri mafiosi: che viceversa trovavano pochissimo spazio sull’informazione “ufficiale”.
Questa si trovava, e si trova tuttora, in regime di monopolio (Ardizzone a Palermo, Ciancio nel rimanente): un monopolio talmente forte da riuscire a impedire la pluralità dell’informazione anche nei confronti di testate nazionali (Repubblica a Catania è costretta a uscire senza cronaca).
L’informazione sui temi potenzialmente “pericolosi” – i poteri mafiosi anzitutto – restava quindi affidata o alle precarie testate d’opposizione (L’Ora, I Siciliani) o a piccoli gruppi locali (Radio Aut, ad esempio) o a singoli giornalisti isolati. Questo contesto, dagli anni ’50 ad oggi, non è cambiato affatto. E infatti i giornalisti colpiti dalla mafia si ripartiscono quasi alla pari nei vari decenni.
In questa situazione, assolutamente eccezionale in Europa, non sembra che l’Ordine dei giornalisti locale (e meno ancora la locale Associazione della stampa) si sia in qualche modo distinto per eccesso d’impegno. Nessuna delle otto vittime è stata in alcuna maniera sostenuta – e alcune erano in manifesto e immediato pericolo di vita – prima delle aggressioni, che dunque colpivano individui isolati. Quanto al dopo, non sono mai mancate le commemorazioni, le cerimonie, le commosse eulogie. Ma solo queste.
* * *
L’Ordine siciliano non è intervenuto neanche in presenza di episodi gravissimi sul piano dell’etica professionale. La linea del quotidiano La Sicilia, ad esempio, fu direttamente influita da esponenti importanti di Cosa Nostra in almeno due precise occasioni, nel ’93 (intimidazione di un cronista da parte di Giuseppe Ercolano) e nel 2008 (pubblicazione di messaggi di Vincenzo Santapaola). In nessuno dei due casi l’Ordine ritenne di adottare una qualsivoglia sanzione a carico dei giornalisti coinvolti, specialmente del direttore-editore Mario Ciancio. Non sarebbe stato senza costi, del resto, visto che per Ciancio lavora buona parte dei più cospicui colleghi siciliani, dentro e fuori Ordine e Associazione.
Meno ancora s’intervenne su violazioni latu sensu “politiche”, come la vera e propria campagna del Giornale di Sicilia di Palermo contro il pool antimafia, o il rifiuto a Catania di pubblicar necrologi di vittime della mafia, o le intimidazioni – su La Sicilia – contro i “pentiti” di mafia che minacciavano di tirar dentro imprenditori.
Tutto questo per dire che è ben strano che improvvisamente l’Ordine dei giornalisti di Sicilia si scopra una vocazione ai regolamenti, e che debba scoprirla proprio nei confronti di Maniaci. Letta da fuori Sicilia, parrebbe un’iniziativa autolesionistica e perdente. E indubbiamente lo è, o perlomeno non è che porti qualche vantaggio al vecchio Circolo dei Civili che bene o male rappresenta il giornalismo siciliano. E allora perché si sono messi in questo pasticcio?
Voi ed io ci spiegheremmo facilmente la cosa con le caratteristiche fisiologiche – età non verde, orecchio duro, sonnolenza – di questi rispettabili colleghi. Ma un osservatore più smaliziato, uno come Andreotti ad esempio (“a pensar male si fa peccato però a volte ci s’azzecca”), non mancherebbe di far notare che il trambusto su Maniaci copre molto opportunamente un’altra faccenda antipatica che s’annunciava, anch’essa – normalmente – di competenza dell’Ordine: i guai di Ciancio con Report, dopo quelli col Santapaola, dopo quelli con Repubblica.
E che c’entra Ciancio che è di Catania con l’Ordine che sta a Palermo?, direte voi. Io non saprei che dirvi. Ma il divo Giulio, che ne sa più di me, vi guarderebbe ironico e ghignerebbe: Eh…”.
Non c’è molto altro da dire, su questa storia. Mi spiace per i colleghi che ci son rimasti coinvolti (non Maniaci, naturalmente: quelli che hanno votato per silenziarlo) perché per la maggior parte sono gente perbene, senza velleità eroiche ma anche senza voglia di far del male; non certamente mafiosi né complici della mafia e tuttavia capacissimi in questo caso – come don Abbondio con l’Innominato – di favorirla così per pigrizia, senza neanche rendersene conto.
“E non avendo il tesserino, lo scaricaste? Così, davanti ai suoi nemici mafiosi?”.
“Ma forse non mi sono spiegato abbastanza, monsignore… m’hanno intimato di non far quel matrimonio”.
“E quando avete scelto questo mestiere, non sapevate che esso v’imponeva di sapere andare oltre le carte, di scegliere che la verità va difesa ad ogni costo?”.
“Torno a dire, monsignore… avrò torto io… Il coraggio, uno non se lo può dare”.
Va bene, finiamola qui. E’ una storia buffa, tutto sommato. Maniaci rischia la pelle, la rischia (ora che l’hanno isolato) anche un po’ di più. Ma noi tutti speriamo che lui abbia fortuna. Speriamo che questa storia resti così. Una buffa storia divertente, siciliana.
* * *
TUTTO IN ORDINE
La Regione Siciliana possiede una struttura d’informazione superiore a quella di tutte le altre Regioni messe insieme: ben ventitré giornalisti, reclutati senza concorso con la qualifica di redattore capo (3.800 euro al mese). Venti di queste ventitré assunzioni sono state messe sotto inchiesta dalla Corte dei Conti, che addebita a Cuffaro e Lombardo (“assunzioni ingiustificate e il mantenimento in servizio senza motivo”) un danno erariale di quattro milioni di euri. La Corte si chiede fra l’altro chi mai possano capeggiare se sono tutti redattori capo.
Fino al 2004 la Regione aveva solo quattro giornalisti per le varie mansioni. Nel 2006 ne vennero assunti altri quindici (fra cui tutti i portaborse degli assessori regionali). Altri ancora vennero assunti nel 2007. Attualmente la Regione Sicilia ha alle proprie dirette dipendenze un po’ meno giornalisti del Corriere della Sera e un po’ più di Telejato. Ma rutti rigorosamente in Ordine, altro che Maniaci.

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13 Commenti

  1. articolo importante. grazie ad orioles.

    aggiungo solo che la cosa che più disgusta è il tentativo di infangare la persona con illazioni circa il suo passato. veleni, detti e non detti, mezze parole di una sottocultura tipicamente mafiosa.
    la libera informazione la si vuole isolare per farla tacere, quando non gli si spara.

    http://www.articolo21.info/8389/notizia/lordine-dei-giornalisti-siciliano-dice.html
    (purtroppo molti sedicenti giornalisti sono come questo commentatore di articolo21, degli intorbidatori)

  2. Condivido il commento di Stalker.
    La mafia ha una manera insidiosa di manipolare, infangare, calunniare , mettere il sospetto su una persona che denuncia.

  3. L’Ordine dei giornalisti è un mistero doloroso di cui non riesco farmi ragione ! Capisco che esista un Ordine per i medici, per gli avvocati, per professioni strettamente tecniche, insomma. Ma che senso ha un Ordine per chi opera nell’informazione ? L’informazione è strettamente collegata con l’uso del linguaggio, con questa logica si potrebbe istituire l’Ordine dei Romanzieri o quello dei Poeti…
    Speriamo che la grande rivoluzione di internet faccia piazza pulita di queste assurdità !

  4. Mi permetto, e se qualcuno l’ha già fatto mi scuso, di allegare il testo della lettera che io e molte altre persone iscritte al gruppo facebook curato da Sebastiano Gulisano, stiamo spedendo all’ordine dei Giornalisti nazionale e siciliano. Questi gli indirizzi mail: info@odgsicilia.it, odg@odg.it

    All’Ordine siciliano dei giornalisti

    E, p.c.
    All’Ordine nazionale dei giornalisti

    La decisione dell’Ordine siciliano dei giornalisti di costituirsi parte civile nel processo contro Pino Maniaci è un fatto di una gravità inaudita. Un fatto che rasenta il fiancheggiamento di Cosa Nostra, ché, com’è noto, Cosa Nostra è molto attenta ai messaggi simbolici e quello dell’Ordine siciliano è un messaggio chiaro e inequivocabile: Pino Maniaci non è dei nostri e, per dimostrarlo, gli chiediamo anche i danni. Cosa Nostra ringrazia sentitamente.

    Già siamo al paradosso di un cittadino processato due volte per lo stesso reato, cioè siamo di fronte a un fatto contrario al diritto, e come se ciò non bastasse, ci si aggiunge la decisione dell’Ordine siciliano. Ci chiediamo quale danno – morale e /o materiale – possa avere apportato Pino Maniaci all’Ordine. Forse con la sua attività ha messo in cattiva luce la categoria o, piuttosto, ha contribuito a renderla credibile? L’impegno antimafia di Pino Maniaci è sotto gli occhi di tutti, l’informazione antimafia di “Telejato” è punto di riferimento per ampi strati di popolazione democratica. Per il suo impegno, Maniaci ha subito minacce, intimidazioni, aggressioni ed è stato surclassato dalle querele.

    «Ormai è intollerabile il livello delle pressioni e delle intimidazioni contro chi si ostina a fare un’informazione libera nella trincea siciliana. La catena interminabile dei messaggi criminali è un attacco alla libertà di stampa che va fermamente respinto. La storia del giornalismo siciliano ha già scritto pagine indimenticabili, ma di fronte allo stillicidio impunito delle attenzioni minacciose è necessaria una forte mobilitazione dei giornalisti, del mondo della cultura e della società civile. Agli organi investigativi va anche rivolto un appello perché si faccia una volta per tutte chiarezza su tanti episodi allarmanti». Queste parole risalgono a poco più di un anno fa e sono di Franco Nicastro, presidente dell’Ordine siciliano dei giornalisti, pronunciate all’indomani del pestaggio subito da Pino Maniaci a opera di due mafiosi.

    Delle due l’una: o Nicastro aveva preso un colpo di sole o oggi, di fronte alla decisione del Consiglio dell’Ordine da lui presieduto, dovrebbe dimettersi e denunciare pubblicamente la barbarie della decisione del Consiglio, che tende a isolare Maniaci, lasciandolo alla mercè di Cosa Nostra.

    Per fortuna, la mobilitazione (“dei giornalisti, del mondo della cultura e della società civile”) auspicata da Nicastro c’è stata. Peccato però, che l’Ordine siciliano abbia deciso di schierarsi contro, di schierarsi con chi attenta alla libertà di stampa, confermando, semmai ce ne fosse stato bisogno, che la categoria, in Sicilia, continua a essere forte coi deboli e debole coi forti. Con le dovute eccezioni, s’intende. Pino Maniaci, così come in passato Peppino Impastato, rientrano fra le eccezioni. A Impastato è stato conferito il tesserino “ad honorem” vent’anni dopo l’omicidio mafioso di cui è rimasto vittima. Per fare lo stesso con Maniaci – uno di cui la categoria dovrebbe andare orgogliosa, perché con la sua attività onora l’informazione e tutti i giornalisti ammazzati per ciò che raccontavano – volete forse aspettare che assassinino anche lui?

    Firma, città di residenza

  5. Quando spedite la lettera a sostegno di pino maniaci aggiungete pure il numero della tessera giornalisti.
    riccardo tu sei sempre dove bisogna stare. anzi, grazie perché me l’hai insegnato

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