Roma, 15 ottobre-17 novembre 2011

di Lorenzo Esposito

Forse un giorno Roma si permetterà di scegliere a sua volta.  Gli occhi non vogliono in ogni tempo chiudersi, recitava il titolo di un film di tanto tempo fa. E continuava: Forse un giorno Roma si permetterà di scegliere a sua volta. Già. Per ora, fra rivendicazione e dubbio, e nonostante la cortina fumogena del desolante coro istituzionale, manteniamoci sulla prima posizione: teniamo aperti gli occhi.

Ricapitoliamo. Roma, 15 ottobre 2011. Quella che nessuno più esita a definire vera crisi del sistema democratico (e sua involuzione autoritaria proprio secondo i peggiori presagi all’origine: da Tocqueville a Whitman) è non solo facilmente riscontrabile, ma palesemente intrinseca al meccanismo stesso della comunicazione basato sullo sconvolgimento strumentale del rapporto fra causa ed effetto.

Se è possibile qui ricordare Guy Debord, quando in uno dei più bei film sconosciuti della storia del cinema insisteva a dire che l’unica comunicazione possibile fosse critica della separazione (Critique de la separation, 1958), cioè la rivolta, controinformata, contro ciò che divide e disinforma (spesso, loro malgrado, i fatti e gli eventi medesimi), ebbene nel momento in cui tale gioco a rimpiattino con la realtà e la verità diviene strategia politica oltreché giornalistica, la democrazia ha i giorni contati. Non a caso la svolta autoritaria non ha più bisogno di un dittatore ben in vista, le è sufficiente, fingendo l’emergenza costituzionale (di quella economica parleremo poi), un Ministro degli Interni, l’ormai e per fortuna esautorato Roberto Maroni (porto un esempio per tutti), il quale, poiché verrà ricordato esclusivamente per i lager per immigrati (CIE) e per gli accordi sottobanco con le banche che hanno partorito quel fondamentale tassello del mosaico autoritario fatto di discriminazione territoriale e geografica di nome tessera del tifoso, può nel silenzio generale far passare concetti vergognosi come “Genova è stato un incidente” e, corollario, l’omicidio di Carlo Giuliani è stato colpa dei manifestanti. Ovviamente l’incendio di un blindato dei carabinieri viene derubricato tentato omicidio, mentre l’assalto notturno alla Diaz, le torture di Bolzaneto, la mattanza di inermi in pieno giorno (passata all’epoca, senza commento, pure sul tg1!) del sabato genovese: no.

Restiamo a Roma 15 ottobre. Sento già partire il linciaggio (magari infiocchettato di meravigliosi inviti alla delazione da facebook a Repubblica.it: fermate quel blogger!). Stai forse sostenendo che le forze dell’ordine e lo Stato, benchè vi fossero da giorni plateali e pubblici inviti all’insurrezione hanno lasciato più o meno fare così da riportare il livello di tensione al livello pre-Genova (cioè prima dei processi e delle condanne per i suddetti tutori dell’ordine) e al tempo stesso alzare i toni della loro (soprattutto della polizia) rivendicazione salariale?

Sto dicendo solo questo. Che il 15 ottobre tutti sapevano. Che semmai quello che non si poteva immaginare era il numero di manifestanti complessivi da un lato (che in Italia, guarda il caso, ha surclassato tutte le coeve assemblee globali) e il numero di quelli che si sono uniti agli scontri dall’altro. Sto dicendo che l’unico dato da analizzare dovrebbe essere l’ampiezza e i modi, anche opposti, del disagio fattosi protesta. Invece si è alzato il coro unificato globalizzato condito dai già citati inviti alla delazione (“Aiutateci a riconoscerli!”), che, per inciso, è il metodo che di solito usano e incoraggiano le dittature per controllare capillarmente la popolazione (e si sa che il problema non è la polizia, ma il poliziotto in noi).

In questo modo l’unico nemico da abbattere sono rimasti i fantomatici ‘black bloc’ (ridicola sigla giornalistica che non individua niente e nessuno: lo saprebbero se sapessero fare il loro mestiere, ma tant’è) e non il sistema finanziario che succhia la vita e le energie della gente organizzando da sé la propria crisi e infine pretendendo che siano le persone stesse, ridotte in povertà, a pagarla. In particolare la parte pacifica dei manifestanti (la stragrande maggioranza peraltro), unendosi sciaguratamente al coro, ha semplicemente dimostrato di non essere movimento e soprattutto di essere pochissimo e meno organizzata di chi vede nella pratica insurrezionale, anche fine a se stessa, l’unica soluzione. Su questo purtroppo non credo di essere meno freddo e realista di uno speculatore di borsa: entrambe le istanze mancano di analisi e progettualità politica (i manifestanti pacifici anche di più per paradosso).

Roma, 17 novembre 2011

L’Italia da ieri ha il governo più di destra degli ultimi cinquant’anni (infatti pare che ora Berlusconi, che qualche ingenuo crede di avere eliminato, sia molto contento). Alto baronato accademico, Alta finanza, Alto rango militare, Altissima gerarchia religiosa. Una santa alleanza fra i finanzieri che ci hanno affamato e due o tre mafie e corporazioni che ci sfruttano da sempre (Vaticano compreso). Con pure la scusa dell’emergenza per fare il bello e cattivo tempo (che loro chiamano sacrifici e che io chiamo repressione). Contenti voi.

Print Friendly, PDF & Email

6 Commenti

  1. Bellissimo. Condivisibile. Fuori dal coro.

    Bisognerebbe parlare più spesso del legame tessera del tifoso-banche come forma di controllo sociale. Anche su ciò, gli ultras si dimostrano molto più avanti di molti intellettuali nostrani.

  2. L’Italia da ieri ha il governo più di destra degli ultimi cinquant’anni (infatti pare che ora Berlusconi, che qualche ingenuo crede di avere eliminato, sia molto contento)

    Bel post, molto interessante e fa pensare.
    Io però direi il governo più di destra degli ultimi 150 anni (visto che mussolini era più simile a berlusconi che alla destra storica).
    Berlusconi non è stato eliminato è vero, non condivido invece che sia molto contento di questo governo, ma figuriamoci!. No, non è contento, perché questo è l’unico governo che potrebbe decretare la sua fine (aiutando fini a risucchiargli tutto il partitone, lasciandogli solo nani e ballerine), al momento berlusconi si sta sbracciando (tramite l’orrendo sallusti e company) a parlarne male e a denunciare populisticamente mega-complotti pluto giudaici massoni (anche se sallusti non li definisce proprio così, lo lascia però intendere) perché spera di farlo cadere presto (staccargli la spina appena dopo l’ici e la patrimoniale) e di andare all’incasso mega-populistico prima che fini gli scippi tutti i voti.

    gli accordi sottobanco con le banche che hanno partorito quel fondamentale tassello del mosaico autoritario fatto di discriminazione territoriale e geografica di nome tessera del tifoso

    Ho trovato molto interesante questo tuo accenno, se hai tempo potresti dirne qualcosa di più?

  3. Ciao, grazie per l’interesse. Georgia provo a risponderti. La tessera del tifoso è una vera e propria carta di credito rilasciata da una banca e non, come ripete il Ministero, uno strumento di fidelizzazione (su questo punto specifico, la risposta dei tifosi contrari alla tessera è quasi ovvia: noi siamo già fidelizzati alla nostra squadra, ci abboniamo da trent’anni! Per esempio. Anche se la parola ‘fidelizzazione’ mi pare orribile. I tifosi sono semmai fedeli, non fidelizzati). Questa estate la trasmissione di RaiTre “Report”, analizzando la cosa, ha scoperto che ci sono in Italia persone assolutamente non interessate al calcio e non tifose, che hanno la tessera perchè la loro banca, per promuoverla, l’ha inserita in programmi d’agevolazioni dei mutui (ti segnalo il link youtube dove puoi vedere la trasmissione: http://www.youtube.com/watch?v=xtQ6ZzBcTeE&feature=related e http://www.youtube.com/watch?v=-obKswYhdgM&feature=related). In pratica prima di tutto lo Stato ha ora un database di potenziali clienti bancari delle banche collegate all’emissione della tessera (non a caso quali sono le squadre con più tesserati? Juventus, Milan, Inter: cioè Fiat, Mediolanum/Berlusconi, Moratti… Il Milan, sempre non a caso, le ha direttamente spedite a casa, cioè imposte). Ma la questione è un’altra ancora. Con l’alibi di non poter o saper fermare i pericolosissimi ultras che vanno in trasferta, si è fatto in modo di limitare le trasferte ai soli possessori (i quali tuttavia non è vero che possono andare liberamente, perchè la cosa dipende dalle singole decisioni sulla singola partita del famigerato Osservatorio sulle Manifestazione Sportive). Così in pratica se sei tifosa del Bari e vuoi andare a vedere la tua squadra a Torino lo puoi fare solo se firmi un contratto con una banca (perchè per legge una carta di credito viene rilasciata previa firma su apposito contratto). Il giorno di quella partita non sei più una libera cittadina, libera appunto di attraversare l’Italia senza una tessera con microchip in tasca. Ti dirò di più. Se sei solo appassionata di calcio e vivi a Palermo e vuoi andare a vedere una bella partita, che so Milan-Juventus (ammesso che sia bella) o anche Verona-Nocerina, poichè non sei residente nelle città ospitanti, per farlo dovresti firmare altri due bei contratti con le banche cui Milan e Verona si appoggiano (ah, fra l’altro, la tessera è a pagamento…). Ricapitolando e appunto: controllo sociale, discriminazione territoriale e geografica, cancellazione dei diritti civili fondamentali (non puoi vedere una partita del Verona perchè non sei nata a Verona!) e infine una bella tassa indiretta, una vera gabella per vedere una partita…

    Per quanto riguarda Berlusconi hai ragione tu. Diciamo che i miei cinquantanni sono una sineddoche. E che Berlusconi non è certo felice, ma che la mia preoccupazione era di avvertire che non è ancora finita, se non altro perchè ritengo il problema maggiore non sia Berlusconi, ma il berlusconismo.

  4. per me è stato come se un alcolizzato per farsi curare fosse andato da un oste.
    Insomma per uscire dai disastri del capitale ci siamo affidati a chi questi mali li ha procurati.

I commenti a questo post sono chiusi

articoli correlati

Spitfire

di Andrea Cortellessa «Non è un romanzo storico, ma la vicenda di un uomo che si guasta». Così definiva un...

Creature di cenere

di Bianca Madeccia Studiava silenziosamente le fondamenta del creato, intima, fonda come un sentimento del quale si ha pudore. Un...

Emmanuela Carbè, Mio salmone domestico

di Andrea Cortellessa Stringi stringi, la vita è tutta una questione di fuori e dentro. Lì fuori c’è un mondo...

Del sentimento

di Livio Borriello uno spettro si aggira fra i libri: il sentimento qual è il pericolo che incombe sul mondo secondo...

Nota su Geologia di un padre

di Livio Borriello Ci sono libri che non sono solo libri, ma cose della vita che attraversano lo stadio di...
domenico pinto
domenico pintohttps://www.nazioneindiana.com/
Domenico Pinto (1976). È traduttore. Collabora alle pagine di «Alias» e «L'Indice». Si occupa di letteratura tedesca contemporanea. Cura questa collana.
%d blogger hanno fatto clic su Mi Piace per questo: