Poesie da La voce delle cose

di Carla de Falco

la secca

tra carcasse arancio di granchi
le cui chele sono inutili per sorte
cammino a passo fermo e piedi nudi
lungo una cerniera limacciosa.
una lunga, umida ferita
tra due franti, lacerati lembi azzurri:
uno torna vinto alla sua terra
l’altro vola libero alla vita.

* * *


L’odore dell’uva

io ricordo l’odore dell’uva
che apriva il cuore all’estate
raccontando del giorno più chiaro
della luce fino dentro ai filari.
gravidi chicchi ricurvi
e foglie larghe a ventaglio
nell’ombra a proteggere i cirri.
e nel grappolo coi chicchi stretti
agganciati fin dentro al cuore
al loro raspo contorto
io vedevo l’umana famiglia
attaccata con grande fatica
a un cosmo assolato e durissimo.

* * *

la luce morta delle stelle

ci fermammo sdraiati sulla sabbia
sopra un letto di cenere e coralli
a guardare come sotto un incantesimo
quegli occhi che fissavano la terra.
la prepotenza della loro luce
piazzata come un faro su di noi
ci spinse, giovani entusiasti,
a scommettere di non addormentarci
e viaggiammo da svegli quella notte
sognando di tornare fino al mittente
passando per un varco dentro il vuoto
tra pianeti, satelliti e comete.

per foreste di costellazioni
arrotolate come capelli argento
nello chignon delle antiche donne
arrivammo in un mondo lontanissimo
che vive parallelo eppur presente
e nel quale noi siamo già passati.

come riflessi ingannevoli di astri
già da secoli spentisi per sempre.

* * *


brandelli di nebbia

nell’orrore di un piccolo frammento
di esistenza che cede alla tortura
nella terra che si apre in crepa dura
e la vita rapisce con un soffio
mi ferisce una forma di sgomento
un dolore mai nuovo, tenebroso
ed invoco pietà per ogni cosa.

vivo in una notte senza arrivo
e prego di contrarre un’amnesia
lenta, assoluta e, per dio, definitiva
che laceri per sempre in nebbia fitta
la vista lenta e atroce della vita
che soccombe al vuoto dell’inferno.

* * *

oltre la linea d’orizzonte

emerse da un lento mare morto
grandi avare mani di orco
hanno spezzato come pane fresco
le ali acerbe dei nidiacei in volo.
né di qua né di là sorge più alba
per l’ondivago, confuso e sgangherato
stormo sospinto da un miraggio:
innocente la preda vive ancora
oltre la linea d’orizzonte.

Print Friendly, PDF & Email

1 commento

  1. Poesie che traggono la propria forza dalle immagini terrene e che si sollevano dal suolo imprecando contro il suolo stesso, che viene celebrato con grande forza di immagini proprio con un processo che va caricandosi d’enfasi nella pura descrizione della natura, per giungere a definire tutto il dolore che scaturisce dalla natura stessa, madre dell’estetica di questi versi e matrigna nell’etica della visione della poetessa.
    La condizione umana in una continua epifania d’apparizioni terrene che non riescono a staccarsi dalla intrinseca maledizione della carne su cui grava tutto il peso del cosmo che è fulcro creatore di sipari poetici amari e di grave grazia creativa.

    grazie,
    fc

I commenti a questo post sono chiusi

articoli correlati

Napolesia

di Daniele Ventre
Di scuole, tendenze, antologie e volumi miscellanei di poesia geograficamente connotati, sono pieni i più remoti angoli dello spazio letterario nazionale, fra scuole liguri, poeti lucani e piccole lineette lombarde.

Il grand tour militante di Ferdinando Tricarico

di Daniele Ventre
Usi ordinari di un linguaggio straordinario: il Grand Tour militante di Ferdinando Tricarico
Nel quinquennio culmine delle neo-destre globali, delle sinistre “destreggianti” e delle ritornate pesti-guerre-carestie, in tempi di neo-strapaese, strapaesologie, consolazioni, orientamenti, orientazioni, consolamenti, di lockdown e...

Scritture versipelli ed esistenze parallele: le Bistorte lune di Mariano Bàino

di Daniele Ventre
Sin dal titolo, la raccolta di “raccontini” di Mariano Bàino, Di bistorte lune (Galaad edizioni 2023) mostra un’aura evocativa caratteristica, e suggerisce allusiva l’idea della dimensione lunare,...

Fuori è un bel giorno di sole

di Roberto Addeo
Sul piano espressivo una frantumazione del reale, in cui si accumulano i simboli, le immagini, le folgorazioni, i germogli tratti dal subcosciente ed emergenti con una certa violenza, improvvisa e spesso affascinante. Il vissuto personale del poeta diventa il mormorio con voce pacata, morbida, suadente.

Renée Vivien – “Saffo ‘900”

L’ardente agonia delle rose. Antologia poetica – nella traduzione di Raffaela Fazio (Marco Saya Edizioni, 2023) Dalla nota introduttiva della traduttrice: La...

La circolarità del tempo in Eos di Bruno di Pietro

di Daniele Ventre Un immagine degna del Virgilio delle Georgiche, evocatore dell’ossessivo canto delle cicale, apre il quadro meridiano di...
daniele ventre
daniele ventre
Daniele Ventre (Napoli, 19 maggio 1974) insegna lingue classiche nei licei ed è autore di una traduzione isometra dell'Iliade, pubblicata nel 2010 per i tipi della casa editrice Mesogea (Messina).
%d blogger hanno fatto clic su Mi Piace per questo: