La chimica della bellezza

 di Gianni Biondillo

Piersandro Pallavicini, La chimica della bellezza, Feltrinelli, 270 pagine

Massimo Galbiati, professore di chimica di mezza età che ha conosciuto la passione per la ricerca scientifica pura e, al contempo, la frustrazione di un sistema universitario gretto e incapace di mettere in luce il suo talento, non ha alcuna voglia di accompagnare il professor de Raitner ad un convegno a porte chiuse a Locarno. Ma l’arcigno barone non ammette repliche. Galbiati gli deve fare da chauffeur, dato che il professore non è nelle condizioni di guidare la sua bellissima jaguar, avendo ormai centoquattro anni. E un cane bassotto che non sopporta i rumori molesti. E una moglie che sembra una mummia egizia.

Basterebbero queste premesse per comprendere la tonalità dell’intero romanzo di Piersandro Pallavicini. Da qualche anno Pallavicini ha liberato nei suoi ultimi romanzi la sua scatenata vena brillante. Ne La chimica della bellezza si sorride. No, di più. Spesso si ride fino alle lacrime. Le situazioni paradossali dove il protagonista si ritroverà nel corso della trama sono meccanismi così ben oliati da fare dell’autore un maestro della commedia. Ma senza mai cadere in viete volgarità. Ché è di scienza che si parla. Di chimica. La materia che non abbiamo mai compreso a scuola.

Pallavicini, che è chimico nella vita, ne conosce l’intima bellezza. E riesce a trasmettere nelle sue pagine, grazie a una scrittura lieve e garbata, il suo amore per la disciplina. Non mancano colpi di scena, agnizioni, intrighi. Ma la vera scommessa dell’autore è aver distribuito per tutto il romanzo puntuali digressioni e didascalie sul mondo sconosciuto della sua disciplina riuscendo al contempo a non essere mai didascalico. L’Io narrante, che così tanto gli somiglia, trasmette un entusiasmo vero per la sua materia. Al punto che si chiude il libro, e asciugate le lacrime, viene voglia di aprire il vecchio, impolverato, manuale di chimica.

(precedentemente pubblicato su Cooperazione, numero 44 del 31 ottobre 2016)

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GIANNI BIONDILLO (Milano, 1966), camminatore, scrittore e architetto pubblica per Guanda dal 2004. Come autore e saggista s’è occupato di narrativa di genere, psicogeografia, architettura, viaggi, eros, fiabe. Ha vinto il Premio Scerbanenco (2011), il Premio Bergamo (2018) e il Premio Bagutta (2024). Scrive per il cinema, il teatro e la televisione. È tradotto in varie lingue europee.
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